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Partecipa al crowdfunding per sostenere l’edizione 2023 di Valigia Blu

21 Novembre 2022 12 min lettura

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Partecipa al crowdfunding per sostenere l’edizione 2023 di Valigia Blu

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Valigia Blu è uno spazio collettivo, senza pubblicità, senza paywall, senza editori.

Sono passati ormai più di 10 anni dalla mobilitazione su Facebook con cui abbiamo chiesto la rettifica di una notizia falsa al TG1, raccogliendo oltre 200mila firme. Da quella protesta è sorto un gruppo che via via è andato avanti, crescendo o cambiando, sempre con a cuore la corretta informazione e la voce dei cittadini.

Per tenere fede a questa convinzione è fondamentale creare senso dove c’è rumore, o troppo silenzio. Ciò per noi significa anche evitare di inserirsi a tutti i costi nel flusso da polemica del giorno, preferendo soddisfare il bisogno di capire a fondo ciò che accade. Sono queste necessità le prime vittime delle linee editoriali dei media generalisti, di modelli legati al traffico online, alle copie vendute, ai soldi degli inserzionisti.

Il nostro è un progetto indipendente senza scopo di lucro. Per sostenerlo economicamente, dal 2015 ogni anno ci affidiamo a una campagna di crowdfunding (qui trovate i dati relativi alle precedenti campagne). L’informazione è un bene comune, perciò la fiducia è un elemento centrale nel nostro modo di concepirla. Finora questa convinzione è stata ripagata da oltre 10mila donazioni, che ci hanno permesso di continuare il nostro lavoro. E ogni anno riceviamo molte donazioni anche tra una campagna di crowdfunding e l’altra, a testimonianza di un sostegno che rimane costante.

Nel nostro piccolo, cerchiamo di ripagare questa fiducia offrendo la possibilità di una conversazione informata e costruttiva, dando vita a una comunità estesa e attiva, attraverso il nostro sito, i profili social e il gruppo Facebook dedicato alla community. Ecco perché investiamo molto nella moderazione degli spazi digitali, e nel rapporto diretto con chi ci segue.

Gli anni dedicati al progetto culturale Valigia Blu rappresentano un lungo viaggio, le cui tappe recenti sono state tra le più difficili. Questo è vero per noi come per chiunque, se guardiamo solo agli eventi degli ultimi anni. C’è stata la pandemia, che ha stravolto vite, il modo in cui ci relazioniamo, e ha reso centrale quanto la salute sia un tema di rilevanza pubblica e legato al lavoro. Poi è arrivata a febbraio 2022 l’invasione dell’Ucraina, il carico di orrori che rivela ogni giorno al mondo, gli scenari di instabilità politica ed economica che evoca e delinea, l’infame disinformazione che arriva persino a negare i massacri di civili. Per non parlare della crisi climatica, i cui effetti stanno diventando evidenti anche nel nostro paese.

Intanto, nei nostri confini, la nuova maggioranza di estrema destra uscita dalle elezioni ha già mostrato quanto sia necessario un serio lavoro di scrutinio del suo operato. Lo abbiamo visto, ad esempio, con le proposte di legge contro i diritti riproduttivi, con il cosiddetto decreto “anti-rave” e quello sulle ONG, che limita fortemente il diritto di dissenso.

Sono temi che incidono sulle nostre vite, fanno conoscere nuove paure o rafforzano quelle di sempre. Eppure è proprio nei momenti più bui che diventa fondamentale individuare nuove strade, sottrarsi alla percezione di una ineluttabile immobilità o impotenza. Imparare a vedere diversamente, saper ascoltare, per non soccombere al pessimismo o alle difficoltà concrete.

A ciò si unisce il fatto che il panorama dell’informazione, in particolare quella digitale, è profondamente diverso rispetto a quando abbiamo iniziato. Oggi fortunatamente le iniziative e i siti di fact-checking sono molto più diffusi, e benché i media tradizionali - tivù e radio - siano sempre il principale mezzo di informazione nel paese, il digitale è sempre meno un oggetto strano, un “far west”. Ormai i cittadini più informati sempre più spesso intervengono, magari in tempo reale, a correggere cattiva informazione o vere e proprie bufale.

Allo stesso tempo, però, la disinformazione, così come il diffondersi di teorie cospirazioniste, è sempre più uno strumento di potere, e non qualcosa che vive in contrapposizione con l’informazione tradizionale. Sarebbe riduttivo farne solo un problema di libertà di informazione: è qualcosa che mette a repentaglio la salute delle persone e la loro incolumità, specie su temi come la pandemia e l’emergenza climatica.

Di fronte a questa complessità e al rischio di smarrire i punti di riferimento, abbiamo imparato a rispondere in vari modi. Prima di tutto, acquisendo la consapevolezza che non ci si può rinchiudere in sé stessi, nelle proprie abitudini lavorative, nei propri strumenti di analisi e comprensione. Questo ci ha portato ad ampliare progressivamente la rete di collaboratori e collaboratrici: se tutto attorno a te cambia, diventa importante non isolarsi, non restare uguali a sé stessi.

Abbiamo così creato anche una pagina specifica, per agevolare chi ci contatta con proposte. L’attuale rete di persone che collabora con noi conta circa 100 persone, provenienti da diverse parti del mondo. Qualcosa che ha nel tempo arricchito il nostro lavoro soprattutto sul piano umano, e che ci ha spronato nell'individuare i temi da trattare.

Abbiamo inoltre sempre più privilegiato l’approfondimento, l’analisi e il commento strutturato, magari attraverso formati come il podcast, cercando su temi specifici di dare più risalto e centralità alla voce di esperti, alla conversazione consapevole e al formato intervista. Se il dibattito pubblico sembra sempre più un campo di battaglia tra fazioni in lotta, il nostro sforzo è teso il più possibile a focalizzare e preservare la conversazione - elemento centrale di ogni democrazia sana - sull’ascolto, pure quando ciò ha previsto la polemica, o il confronto anche aspro tra posizioni diverse.

Un altro momento in cui concretizziamo questa convinzione è nella nostra newsletter settimanale, dove aggreghiamo i nostri articoli e una selezione ragionata di contenuti da siti, testate, newsletter o podcast. Un formato che nel tempo è cresciuto costantemente e che conta più di 11mila iscritti, con un tasso di apertura molto al di sopra della media di settore (50%).

Di cosa ci siamo occupati nel 2022

L’edizione appena trascorsa di Valigia Blu ha contato sul sostegno di circa 2.500 persone, per una somma complessiva di 78mila euro, superiore al traguardo previsto (70 mila). Un sostegno e una fiducia di cui siamo orgogliosi, ma che, consapevoli di come la crisi economica ed energetica stia iniziando a farsi sentire, ci ha reso ancora più responsabili sulla direzione da intraprendere.

Tra i temi principali trattati nella scorsa edizione ci sono crisi climatica, pandemia, l’invasione russa dell’Ucraina, il lavoro, l’attivismo, la politica internazionale e i grandi mutamenti in atto.

Siamo convinti che la crisi climatica sia la sfida che deve coinvolgerci come comunità mondiale, perché riguarda già tutti. Stiamo vivendo sulla nostra pelle, ormai a ogni latitudine, gli effetti di ondate di calore, siccità, eventi meteorologici estremi sempre più frequenti e intensi.

Il clima è una questione universale, una minaccia universale. Non ha ideologie o partiti politici. Necessita di solidarietà globale, di sforzi comuni, di azioni politiche decise, di nuovi modi di pensare il nostro stare in società, il nostro stare al mondo, il modo con cui stabiliamo il prezzo dei beni primari e gestiamo risorse sempre più scarse (il cibo, l’acqua, l’energia), per il cui accesso potrebbero nascere nuovi conflitti. “Il cambiamento climatico è un moltiplicatore di tutte le forme di disuguaglianza sociale. La lotta per il clima è lotta di classe”, ci hanno ricordato gli attivisti di Fridays for Future.

Nel nostro piccolo, abbiamo raccontato le implicazioni (politiche, sociali, culturali, ambientali, energetiche, lavorative, mediatiche, scientifiche) del cambiamento climatico. Tutti gli approfondimenti si trovano in una sezione specifica. Da circa un anno, ogni settimana pubblichiamo un round-up sulla crisi climatica, in cui rilanciamo 4 - 5 notizie sul cambiamento climatico che possono essere di rilievo internazionale e che può essere utile sintetizzare in italiano per dare a chi legge strumenti per potersi orientare e informare. Di recente abbiamo aperto un altro spazio in cui quasi quotidianamente inseriamo brevi sintesi di articoli o ricerche a nostro giudizio rilevanti e che però non trovano spazio nel round-up.

Con l’aggravarsi degli effetti della crisi climatica potremmo assistere a nuove pandemie. Abbiamo continuato a seguire cosa ci hanno detto nuovi studi sul nuovo coronavirus e sugli effetti a lungo termine del virus, come stanno andando avanti le indagini che cercano di capire la sua origine, come procede lo sviluppo di nuove soluzioni (farmaci, vaccini) per contrastarne diffusione e pericolosità, le criticità del sistema sanitario italiano e i problemi della sua tenuta.

Per quanto riguarda l’invasione dell’Ucraina, abbiamo amplificato il più possibile le voci a nostro avviso più cruciali per capire la complessità dello scenario e la brutalità della guerra in corso: dissidenti politici, attivisti, media indipendenti in lotta contro la censura, studiosi. Agli approfondimenti abbiamo affiancato un lavoro selettivo di traduzione, che ha significato per noi prima di tutto contrastare un’agenda mediatica in cui gli ucraini sono stati più oggetto del discorso che interlocutori, e dove gli oppositori di Putin, le vittime del regime, sono largamente assenti. Dove fin troppo spesso l’informazione generalista ha fatto da megafono alla propaganda del Cremlino.

Abbiamo intensificato la copertura di varie aree del mondo, raccontando storie, eventi, contesti che a volte restano al di fuori dei radar del nostro giornalismo, e che pure sono fondamentali per capire il presente. Ci siamo affidati all’esperienza di nuovi collaboratori e collaboratrici, scegliendo giornalisti o ricercatori esperti di particolari aree geografiche o di determinate tematiche.

In questi mesi abbiamo parlato di Israele e Palestina, dell’Afghanistan con il ritorno dei Talebani, di Nord Africa (in particolare Tunisia, Algeria ed Egitto) e Medio Oriente, di Asia, dei diversi stravolgimenti politici e dei nuovi attivismi in molti paesi del continente africano, di cosa sta accadendo in Sudamerica, un continente interessato in questo momento da un profondo cambiamento politico e sociale. Per l’Europa ci siamo occupati di Balcani, paesi baltici e Scandinavia, oltre che del Regno Unito nel dopo-Brexit.

Abbiamo raccontato le storie e le battaglie di tanti attivisti che lottano per una società migliore: lo sciopero della fame di Alaa Abd-el Fattah, attivista simbolo della Primavera araba in carcere in Egitto, la richiesta di verità e giustizia per l’uccisione della giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh, l’estradizione di Julian Assange, le proteste delle donne in Iran, per fare alcuni esempi.

Sempre in tema di diritti umani, abbiamo mantenuto alta l’attenzione verso quegli aspetti del nostro paese purtroppo cruciali, come il razzismo, la violenza di genere e le discriminazioni contro le persone LGBTQIA+. In questi casi lavoriamo per illuminare gli aspetti sistematici dei problemi, senza fermarci ai casi in sé. Ad esempio, per la violenza di genere, partendo dall’ennesimo, terribile episodio di cronaca nera, abbiamo analizzato gli aspetti che non funzionano delle leggi in vigore, confrontando poi l’Italia con altri paesi dove si è riusciti a incidere maggiormente sul fenomeno.

Portiamo avanti per quanto possibile anche un approccio costruttivo ai problemi, toccando le possibili soluzioni che potrebbero essere implementate, o evidenziando progetti che mettono in pratica quelle parole facilmente impugnate in astratto (come “pace”). Quando il mondo attorno a noi offre un raggio di speranza, è importante evidenziare da dove proviene.

Abbiamo, infine, continuato a occuparci di scuola, sanità e lavoro, dando spazio alle rivendicazioni di chi lotta in prima linea. Abbiamo indagato le nuove tipologie lavorative, parlato di gig economy, analizzato il fenomeno delle grandi dimissioni, raccontato le lotte degli operai contro le delocalizzazioni e per la salvaguardia dei diritti sindacali.

La vera obiettività è la trasparenza

Uno degli aspetti che ci contraddistingue è quello di prendere posizione sui temi che toccano nel profondo la dignità umana e l’interesse pubblico. Nel farlo, partiamo da una scrupolosa e attenta indagine della realtà, presupposto imprescindibile per qualunque opinione che voglia partecipare a un sano dibattito. Se i fatti ci restituiscono il mondo in un certo modo, prenderne atto e comunicarlo nel modo più chiaro e trasparente è per noi la massima forma di obiettività, lasciando poi ovviamente a chi legge la possibilità di essere o meno d’accordo, di muovere rilievi critici. Senza manipolazioni, trucchi retorici o sofismi a buon mercato.

Determinati contesti politici e umanitari (come la radicalizzazione del Partito repubblicano negli Stati Uniti e l’insurrezione del 6 gennaio 2021, l’invasione su larga scala dell’Ucraina della Russia), non possono essere approcciati “dando voce a tutti”: ciò presuppone realtà simmetriche e paritarie. Se un contesto scivola verso l’eccezionalità, se i dati di realtà comunicano una situazione di pericolo o emergenza, di minaccia verso diritti umani specifici, mettere sullo stesso piano punti di vista in conflitto è un approccio da Ponzio Pilato. È lo stesso motivo per cui, di fronte alla violenza di genere, si ritiene deontologicamente sbagliato dare lo stesso spazio alla prospettiva di chi quella violenza la compie e di chi la subisce.

Un esempio è quello relativo proprio alla situazione in Ucraina. Di fronte a polarizzazioni che riteniamo strumentali e inadatte a leggere il conflitto in corso (“pro-Ucraina vs pro-Russia”, “pro-bellicisti vs pacifisti”, “buoni vs cattivi”, “pragmatici vs idealisti”), abbiamo preso posizione agli inizi di giugno. Prima di farlo abbiamo atteso alcuni mesi, nei quali abbiamo valutato il più possibile ogni aspetto del conflitto, individuando così quelli per noi più centrali: 1) Un progetto di invasione con i tratti del genocidio 2) Il fondamentale principio di legittima difesa sancito dalla Carta delle Nazioni Unite.

Coerenti con questa visione, lasciamo in ogni articolo la possibilità di commentare o contattarci per segnalare errori, o per fornire feedback. Il racconto dei fatti richiede metodologie scrupolose, l’umiltà di riconoscere gli errori e la cura nel porvi rimedio. Se effettuiamo delle correzioni, per trasparenza lo segnaliamo alla fine dell’articolo.

La conversazione è ascolto 

Proprio perché crediamo nell’ascolto come momento fondamentale dell’informazione e della partecipazione democratica, prestiamo molta attenzione alla nostra community. Da tre anni abbiamo un gruppo Facebook, “Valigia Blu Community”, aperto annualmente a chi partecipa al crowdfunding donando almeno 20 euro.

Il gruppo è diventato un importante punto di contatto. Per capire quali temi potrebbero essere coperti, ma anche per confrontarsi con eventuali critiche od osservazioni che possano aiutarci nel migliorare il lavoro svolto.

I nostri sforzi sono sempre tesi a rendere sicuri gli spazi che gestiamo. Per garantire una conversazione costruttiva è importante infatti che le persone possano parlare liberamente, senza il timore di essere aggredite, stigmatizzate, e partendo da una base di rispetto reciproco.

Di recente questo per noi ha significato modificare in parte la policy per i social media. Un certo inasprimento del dibattito pubblico, infatti, è diventato purtroppo un segno dei nostri tempi, il riflesso di una radicalizzazione della vita politica del paese su alcuni grandi temi. Per tale motivo, in particolare sulla pagina Facebook, quando pubblichiamo articoli su temi sensibili, moderiamo il dibattito per una finestra di alcune ore a ridosso della pubblicazione, dopodiché i commenti vengono chiusi.

Ciò per preservare sia il benessere di chi deve moderare, non esponendo per troppo tempo le persone al rischio di comportamenti e condotte abusive. Ma anche per ricordare che un vero confronto, un vero scambio di idee, richiede sforzo, attenzione e cura, e ciò non accade quando si urla da dietro una tastiera o uno smartphone senza prestare davvero attenzione a chi sta oltre lo schermo. In ogni caso è sempre possibile commentare gli articoli sul sito, dove c’è pre-moderazione, o contattarci per messaggio privato o via mail. In questi casi è nostra premura rispondere il prima possibile. Se decidiamo di ricorrere, in casi estremi, a un ban, restiamo comunque disponibili per dare conto della decisione a chi ci contatta via mail.

Come partecipare al crowdfunding 2023

Per continuare il nostro lavoro abbiamo bisogno del vostro sostegno. Libri, ebook, tazze e tazzine con il logo Valigia Blu: scegliete la vostra ricompensa e contribuite a un nuovo anno di buona informazione con Valigia Blu.

Potete donare usando PayPal o la carta di credito, oppure fare un bonifico (trovate tutti i dati nella colonna a destra in fondo alle ricompense).

Il crowdfunding di questa edizione avrà una durata leggermente ridotta nel tempo. Questo per due motivi. Prima di tutto, negli anni abbiamo visto che le donazioni si concentrano in particolare nella parte iniziale e finale del crowdfunding. Perciò un lungo periodo significherebbe protrarre a lungo un certo tipo di comunicazione promozionale, che potrebbe nel tempo dare fastidio.

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Come revocare il consenso: Puoi revocare il consenso all’invio della newsletter in ogni momento, utilizzando l’apposito link di cancellazione nella email o scrivendo a info@valigiablu.it. Per maggiori informazioni leggi l’informativa privacy su www.valigiablu.it.

Il secondo è che una campagna di crowdfunding è molto impegnativa in termini di risorse fisiche e mentali. Se c’è una lezione che abbiamo imparato dall’emergenza pandemica, è di non scindere mai la salute dal lavoro: se qualcosa può essere fatto diminuendo lo stress e il carico di fatica, è utile provare a muoversi in quella direzione, per quanto possibile.

Ogni centesimo che donerete attraverso il crowdfunding sarà speso per sostenere economicamente il progetto Valigia Blu, pagando chi collabora e i costi di gestione.

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