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Chi ha ucciso la giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh?

28 Maggio 2022 19 min lettura

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Chi ha ucciso la giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh?

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“È ora di fare giustizia”. Al Jazeera ha denunciato Israele alla Corte penale internazionale per l’uccisione della giornalista Shireen Abu Akleh

Aggiornamento 8 dicembre 2022: Al Jazeera ha annunciato di aver presentato una denuncia contro Israele alla Corte penale internazionale (CPI) dell’Aia, nei Paesi Bassi per l’uccisione della giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh, colpita da un proiettile lo scorso 11 maggio mentre stava facendo un reportage dal campo profughi di Jenin, nella Cisgiordania occupata. 

Durante la conferenza stampa tenutasi poco dopo la presentazione della denuncia alla CPI, Lina, nipote di Abu Akleh, ha detto che la sua famiglia appoggiava la richiesta di indagine del network.

“È ora di fare giustizia per Shireen e per tutti i palestinesi uccisi dall'esercito israeliano", ha detto Lina, nipote di Abu Akleh. “Le prove sono schiaccianti e chiare. È ora che la Corte penale internazionale agisca”.

Rodney Dixon KC, un avvocato di Al Jazeera che ha indagato sull'uccisione di Abu Akleh e ha presentato il dossier dei risultati alla CPI, ha detto che la morte della giornalista palestinese-americana è stata il culmine di altri attacchi ad Al Jazeera e ai suoi giornalisti, compreso il bombardamento degli uffici della rete a Gaza nel maggio 2021. Dixon ha sottolineato che la Corte dovrà ricostruire la catena di comando e indagare anche su coloro che hanno supervisionato o non hanno impedito l'uccisione di Abu Akleh. Questo sarebbe un deterrente per il futuro, ha detto l’avvocato, in modo che i colpevoli sappiano che non possono farla franca con atti del genere. 

Almeno sei indagini indipendenti sull'uccisione di Abu Akleh, tra cui una delle Nazioni Unite, hanno concluso che i giornalisti sono stati colpiti dalle forze israeliane poco dopo essere arrivati al campo profughi di Jenin. Indossavano elmetti e giubbotti blu con la scritta "PRESS" ed erano chiaramente identificabili come giornalisti.   

Israele ha cambiato la sua tesi sull'uccisione di Abu Akleh più volte, incolpando inizialmente un uomo armato palestinese, prima di affermare mesi dopo che c'è una "alta possibilità" che la giornalista sia stata "colpita accidentalmente" dal fuoco israeliano. Israele ha affermato però che non avvierà un'indagine penale.

Anche Reporter senza frontiere ha chiesto alla Corte penale internazionale di intervenire. "L'omicidio di Shireen non è il primo caso di giornalista preso di mira dall'IDF. Temiamo che non sarà l'ultimo finché non verrà fatta giustizia - una giustizia indipendente, imparziale ed efficace", ha dichiarato Antoine Bernard, direttore di advocacy e assistenza di Reporter senza frontiere. "È assolutamente fondamentale che i crimini contro i giornalisti siano contrastati da una giustizia indipendente ed efficace. Una giustizia che sia fatta e che si veda fare".

Un nuovo documentario di Al Jazeera cerca di fare luce sull’omicidio della giornalista palestinese-statunitense Shireen Abu Akleh e si interroga su quanto hanno effettivamente fatto gli Stati Uniti per arrivare alla verità

Aggiornamento 2 dicembre 2022: Fault Lines, il programma di documentari di Al Jazeera English, ha pubblicato “The Killing of Shireen Abu Akleh”, un nuovo documentario sull'uccisione da parte dell'esercito israeliano della giornalista palestinese-american Shireen Abu Akleh, uccisa lo scorso 11 maggio mentre stava facendo un reportage dal campo profughi di Jenin, nella Cisgiordania occupata. 

Attraverso interviste a testimoni oculari, il documentario fornisce un resoconto forense degli eventi che hanno preceduto la sparatoria e di ciò che è seguito. Almeno sei indagini indipendenti sull'uccisione di Abu Akleh, tra cui una delle Nazioni Unite, hanno concluso che i giornalisti sono stati colpiti dalle forze israeliane poco dopo essere arrivati al campo profughi di Jenin. Indossavano elmetti e giubbotti blu con la scritta "PRESS" ed erano chiaramente identificabili come giornalisti.   

Gli autori del video si interrogano anche su come gli Stati Uniti hanno risposto all'uccisione della giornalista e si chiedono perché l'amministrazione Biden abbia espresso fiducia nell'indagine israeliana, nonostante diversi testimoni oculari chiave non siano stati intervistati dall'esercito israeliano. Inoltre, la versione di Israele, secondo la quale Abu Akleh sarebbe stata uccisa nel fuoco incrociato tra le forze israeliane e i palestinesi armati, è contraddetta da riprese video della scena “Queste indagini fasulle sono una cupola di ferro legale per proteggere i soldati israeliani da potenziali conseguenze legali internazionali”, ha dichiarato a Fault Lines Hagai El-Ad, dirigente del gruppo israeliano per i diritti umani B'Tselem.

Il documentario mostra anche i risultati di un'innovativa indagine congiunta di Forensic Architecture e del gruppo palestinese per i diritti umani Al-Haq, che ha concluso che i giornalisti sono stati ripetutamente e deliberatamente presi di mira dalle forze israeliane. Secondo la ricostruzione digitale della sparatoria, il cecchino israeliano avrebbe sparato ripetutamente contro chiunque si trovasse nella sua linea visiva, compresi Abu Akleh, il suo collega Ali Al-Samoudi, la giornalista Shatha Hanaysha e Sharif al-Azab, un civile che ha cercato di aiutare la giornalista.

La famiglia di Shireen Abu Akleh presenta una denuncia alla Corte Penale Internazionale

Aggiornamento 22 settembre 2022: La famiglia di Shireen Abu Akleh ha formalmente presentato una denuncia alla Corte penale internazionale alla luce delle prove contenute in un nuovo report che mostrerebbero come la giornalista palestinese-americana sia stata deliberatamente uccisa dalle forze israeliane.

“Le prove sono schiaccianti. Sono passati più di quattro mesi da quando Shireen è stata uccisa. La nostra famiglia non dovrebbe aspettare un giorno in più per avere giustizia”, ha scritto la famiglia in una dichiarazione dopo la presentazione ufficiale all'Aia. “È ovvio che i criminali di guerra israeliani non sono in grado di indagare sui propri crimini. Gli Stati Uniti hanno ancora l'obbligo di indagare e prendere provvedimenti significativi per uno dei loro cittadini. Ma quando un singolo Stato non riesce a proteggere i propri cittadini, è responsabilità della comunità internazionale farlo”.

Abu Akleh è stata colpita alla testa nella città di Jenin, nella Cisgiordania occupata, a maggio, mentre copriva un raid delle Forze di Difesa Israeliane (IDF). Israele aveva inizialmente attribuito la morte della reporter a militanti palestinesi, ma dopo una grande indignazione internazionale ha successivamente dichiarato che c'era un’“alta possibilità” che fosse stata uccisa da un soldato israeliano. L'IDF sostiene che l'uccisione è stata accidentale e questo non ha giustificato un'indagine penale.

Diverse inchieste giornalistiche e un'indagine delle Nazioni Unite hanno concluso che le forze israeliane sono responsabili dell'uccisione di Abu Akleh. Un nuovo rapporto congiunto di Forensic Architecture, un'agenzia di ricerca con sede a Goldsmiths, Università di Londra, e al-Haq, un'autorevole organizzazione palestinese per i diritti umani, è il resoconto più completo dell'incidente. Il rapporto sostiene che la reporter, insieme ai suoi colleghi e a un civile che ha cercato di prestare i primi soccorsi, sono stati deliberatamente presi di mira.

Per Israele c'è una 'elevata possibilità' che Shireen Abu Akleh sia stata 'accidentalmente' uccisa dall'esercito israeliano

Aggiornamento 5 settembre 2022: Secondo le Forze di Difesa Israeliane esiste una “elevata possibilità” che la giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh sia stata uccisa dal fuoco israeliano “accidentalmente”. Come fatto notare, tra gli altri, da CNN, è la prima volta che l’IDF fa un’ammissione simile. 

Le autorità israeliano hanno pubblicato nel pomeriggio i risultati delle loro indagine sull’uccisione. Nel comunicato si legge che: 

Sembra che non sia possibile determinare in modo inequivocabile la fonte degli spari che hanno colpito e ucciso Abu Akleh. Tuttavia, c'è un'alta possibilità che Abu Akleh sia stata colpita accidentalmente dai colpi sparati dall'IDF verso i sospetti identificati come uomini armati palestinesi durante uno scambio di fuoco.

Per l’Avvocato generale militare, inoltre, “non sussiste alcuna ipotesi di reato che giustifichi l'apertura di un'indagine della Polizia militare”. 

Nel dare la notizia, il sito Al Jazeera ha ricordato le varie inchieste (tra cui quella delle Nazioni unite) in base alle quali Abu Akleh è stata colpita da fuoco israeliano, smentendo inoltre la presenza di combattenti palestinesi sul luogo dell'uccisione.

Due settimane dopo la morte della giornalista palestinese-americana di Al Jazeera, colpita mentre si trovava a Jenin, nel nord della Cisgiordania, per seguire un raid nel campo profughi, sono almeno tre le ricostruzioni che sostengono le dichiarazioni rilasciate dalle autorità palestinesi e dai colleghi della reporter secondo cui il proiettile che l'ha uccisa proveniva da un'arma delle forze militari israeliane. A documentarle Bellingcat, il gruppo di ricerca investigativa con sede in Olanda, Associated Press (AP) e CNN.

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Cosa è successo la mattina dell'11 maggio?

Video e immagini circolati in rete nei giorni scorsi mostrano che, poco prima delle 6.30, un convoglio israeliano era parcheggiato nella stessa via in cui si trovavano Abu Akleh, altri tre giornalisti – come riferito da CNN – e alcuni astanti che, ai primi colpi sparati provenienti dalla direzione in cui sostavano i veicoli militari, hanno cercato di ripararsi. L'esercito aveva una visuale chiara della strada.

Sulla scena non erano presenti militanti palestinesi. Viene così smentita una delle tesi di Israele secondo cui Abu Akleh sarebbe rimasta vittima di fuoco incrociato. Ipotesi per la quale non è stata fornita, finora, alcuna prova e che da subito non ha trovato riscontro nelle dichiarazioni dei testimoni oculari.

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L'unica presenza confermata di militanti palestinesi nell'area è a circa 300 metri di distanza dal convoglio, in una posizione in cui edifici e muri impediscono di vedere il luogo dove si trovava Abu Akleh.

Per portare avanti la propria inchiesta i reporter di AP sono andati sul posto, nel punto esatto in cui Abu Akleh è stata uccisa, ai margini del campo profughi di Jenin, palcoscenico quella mattina di uno scontro tra le forze israeliane e i militanti palestinesi catturato in un video condiviso da Israele poco dopo la morte della giornalista, usato per attribuire immediatamente la responsabilità dell'omicidio alla controparte, e smontato da un fact-checking della ONG israeliana B'Tselem.

Since publishing our report into the killing of Shireen Abu Akleh, new footage has emerged showing the moments before her shooting.
This new footage is consistent with our findings, which placed IDF vehicles ~190 meters away from the spot where Abu Akleh was shot. pic.twitter.com/z1L3PY45A2

— Bellingcat (@bellingcat) May 21, 2022

Le interviste rilasciate ad AP da cinque testimoni oculari palestinesi (come quelle rilasciate a CNN) corroborano l'analisi di Bellingcat che aveva già confermato come le forze israeliane fossero vicine ad Abu Akleh quando la giornalista è stata colpita. Il gruppo, specializzato nella geolocalizzazione di eventi nelle zone di guerra attraverso l'analisi di foto e video condivisi in rete, è stato il primo a individuare la posizione del convoglio nella stessa strada dove è stata uccisa la donna.

I giornalisti che si trovavano con lei quella mattina hanno dichiarato come, al loro arrivo, fosse tutto tranquillo, che non c'erano scontri in corso, né militanti nelle immediate vicinanze. Un video (che si trova in rete in versioni di durata diversa e che è quello di cui CNN è entrata in possesso nella sua interezza) lo conferma.

Nelle immagini si vede il gruppo di giornalisti e fotoreporter incamminarsi in maniera compatta, per non correre rischi ed essere inequivocabilmente riconoscibile grazie ai giubbotti antiproiettile con la scritta “stampa” in evidenza. Shireen Abu Akleh, il suo collega di Al Jazeera, Ali al-Samoudi, una giovane fotografa, Shatha Hanaysha, e un altro giornalista palestinese, Mujahid al-Saadi, si dirigono, lungo la strada lunga e stretta, incontro al convoglio, parcheggiato a circa 200 metri di distanza, secondo la ricostruzione di AP e di CNN, a circa 190 metri per Bellingcat.

An @AP reconstruction of the killing of veteran reporter Shireen Abu Akleh in the occupied West Bank lends support to assertions that the fatal bullet came from an Israeli gun. A conclusive answer could prove elusive because of distrust between the sides. https://t.co/uFI5zY2zYH

— AP Middle East (@APMiddleEast) May 24, 2022

«Siamo usciti allo scoperto in modo che potessero vederci», ha detto ad AP al-Samoudi, colpito quel giorno anche lui da proiettili. «Non ci hanno detto che dovevamo andarcene, per cui abbiamo proseguito lentamente, avanzando di circa 20 metri».

Improvvisamente, prosegue l'uomo, i soldati hanno sparato un colpo di avvertimento, che lo ha costretto a chinarsi e a tornare indietro. Un secondo colpo lo ha raggiunto alla schiena. Abu Akleh è stata colpita alla testa e sembra che sia morta sul colpo. Shatha Hanaysha ha confermato alla CNN quanto dichiarato dal collega: «Siamo stati di fronte ai veicoli militari israeliani per circa cinque, dieci minuti, prima di muoverci per assicurarci che ci vedessero. È nostra abitudine muoverci in gruppo, mettendoci di fronte in modo che ci riconoscano prima di iniziare a spostarci».

Quando sono iniziati gli spari, Hanaysha si è riparata dietro a un albero, vicino a un muro. Sulla corteccia, sul lato rivolto verso l'esercito, sono stati trovati segni di schegge di colpi di arma da fuoco o di frammenti.

Inizialmente Hanaysha ha creduto che Abu Akleh fosse inciampata. Quando si è accorta che non respirava e che sanguinava sotto la testa ha capito che era stata colpita.

Sharif Azer, un abitante di Jenin che proprio in quegli attimi stava andando al lavoro, è corso sul posto non appena ha sentito gli spari per capire cosa stesse accadendo. In un video si vede l'uomo scavalcare il muro dove Hanaysha si stava riparando, aiutare la ragazza a scappare e soccorrere Abu Akleh.

Secondo quanto raccontato ad AP, Azer sostiene di aver visto i soldati puntare le armi nella direzione dei giornalisti.

«Ci hanno sparato più di una volta. Ogni volta che qualcuno si avvicinava, sparavano contro», ha detto.

Eliminata la possibilità di una sparatoria tra forze israeliane e militanti palestinesi in cui Abu Akleh sarebbe stata colpita involontariamente, resterebbe in piedi l'altra ipotesi avanzata da Israele che AP trova più plausibile, sebbene anche per questa non vi siano finora prove. “Nelle vicinanze”, lungo la strada dove si trovavano il convoglio e i giornalisti, Israele sostiene che potrebbe esserci stato un militante palestinese armato che avrebbe sparato più volte contro uno dei veicoli dell'esercito e a cui un soldato avrebbe risposto dall'interno di uno dei mezzi con un fucile dotato di mirino telescopico.

L'indagine dell'esercito si sarebbe concentrata proprio su quel fucile nonostante si continui a insistere che un proiettile palestinese vagante possa aver ucciso Abu Akleh.

Per le forze armate israeliane non è possibile fornire risposte certe non mettendo a confronto il proiettile che ha ucciso Abu Akleh con l'arma. «Senza la possibilità di esaminare il proiettile, il dubbio rimane», ha dichiarato il maggior generale Yifat Tomer-Yerushalmi, procuratrice capo dell'esercito, nel corso di un intervento alla conferenza annuale dell'Ordine degli Avvocati nazionale.

Da parte loro, i palestinesi continuano a rifiutarsi di consegnare la pallottola per paura che le prove vengano inquinate e non hanno cambiato idea sulla possibilità di collaborare con Israele sulle indagini.

Tomer-Yerushalmi ha inoltre precisato che, poiché l'omicidio è avvenuto in una zona di combattimento attiva, non sarebbe stata aperta automaticamente un'indagine penale fino al completamento di una inchiesta preliminare, a meno che non esista un sospetto credibile e immediato che sia stato commesso un reato penale.

Tutti i testimoni che hanno rilasciato dichiarazioni ad AP e CNN hanno insistito sul fatto che non ci fossero militanti nell'area tra i giornalisti e l'esercito. Per l'agenzia di stampa internazionale un uomo armato avrebbe potuto potenzialmente ripararsi senza essere visto nel cimitero, che è pieno di cespugli, o nella fabbrica di mattoni a cielo aperto, sul lato est della strada dove si trovavano i giornalisti.

Nei video diffusi sui social, però, non c'è traccia di militanti. Il ministero della Sanità palestinese ha confermato che, quel giorno, a Jenin, non sono stati uccisi o feriti altri palestinesi. Anche i media locali non hanno registrato vittime oltre ad Abu Akleh.

Walid al-Omary, caporedattore a Gerusalemme di Al Jazeera, ha confermato di non aver visto alcuna prova di militanti presenti tra i giornalisti e l'esercito.

«Se fosse stato presente un militante palestinese in quell'area, perché non colpirlo direttamente? Hanno i cecchini.», ha detto. «Per noi è chiaro che hanno preso di mira Shireen.»

New video evidence and eyewitness testimony suggests the Palestinian-American journalist, Shireen Abu Akleh, was shot in a targeted attack by Israeli forces https://t.co/v47b6XeOPi

— CNN (@CNN) May 25, 2022

L'indagine della CNN, che si è basata su video della scena della sparatoria, dichiarazioni di otto testimoni oculari, pareri di un analista forense di tracce audio e di un esperto di armi da fuoco, non lascia dubbi: Abu Akleh è stata uccisa in un attacco mirato delle forze israeliane.

In un video di 16 minuti filmato con un cellulare da un residente di Jenin, Salim Awad, condiviso nella sua interezza con la CNN, si vede l'uomo dirigersi verso il punto in cui si erano radunati i giornalisti e poi zoomare sui veicoli blindati israeliani parcheggiati in lontananza, mentre dice: «Guarda i cecchini».

«Non c'è stato alcun conflitto o confronto. Eravamo 10, circa. Ridevamo e scherzavamo con i giornalisti», racconta. «Non avevamo paura di nulla. Non ci aspettavamo che sarebbe successo niente, perché quando abbiamo visto i giornalisti in giro, abbiamo pensato che quella sarebbe stata una zona sicura».

Dopo circa sette minuti dall'arrivo di Awad, sono partiti i colpi di arma da fuoco contro i quattro giornalisti.

«Abbiamo visto circa quattro o cinque veicoli militari in quella strada con i fucili che spuntavano dall'interno e uno di loro ha sparato contro Shireen. Eravamo proprio lì, l'abbiamo visto. Quando abbiamo cercato di avvicinarci, ci hanno sparato. Ho cercato di attraversare la strada per aiutare, ma non potevo», ha detto Awad.

La CNN ha esaminato un totale di 11 video che mostrano la scena e il convoglio militare israeliano da diverse angolazioni, prima, durante e dopo l'uccisione di Abu Akleh. Tra essi il filmato di una bodycam di uno dei militari diffuso dall'esercito israeliano, che riprende i soldati che corrono attraverso un vicolo stretto, impugnando fucili d'assalto M16 in varie versioni, e poi si riversano nella strada dove sono parcheggiati i veicoli blindati. Una fonte militare israeliana ha detto a CNN che quel giorno sia i suoi soldati, sia i militanti palestinesi sparavano con fucili d'assalto M16 e M4.

Nei video si vedono cinque veicoli israeliani allineati in fila sulla stessa strada dove è stato uccisa Abu Akleh, più a sud. Il veicolo più vicino ai giornalisti è contrassegnato con il numero uno bianco, quello più lontano, con il numero cinque. Sulla parte posteriore dei veicoli, sopra i numeri, c'è una fessura rettangolare stretta.

L'esercito israeliano ha fatto esplicito riferimento a questa fenditura in una dichiarazione nella sua indagine preliminare sull'uccisione di Abu Akleh, affermando che la giornalista potrebbe essere stata colpita da un soldato israeliano che sparava da una “fessura destinata agli spari in un veicolo dell'IDF usando un mirino telescopico”, durante uno scambio a fuoco. Diversi testimoni oculari hanno riferito alla CNN di aver visto fucili da cecchino sporgere dalle fessure prima dell'inizio dei colpi, che non erano stati preceduti da altri spari.

Jamal Huwail, professore presso l'Arab American University di Jenin, che ha aiutato a portare via il corpo senza vita di Abu Akleh, ha affermato di ritenere che i colpi provenissero da uno dei veicoli israeliani, che ha descritto come un “nuovo modello che ha un'apertura per i cecchini”.

«Stavano sparando direttamente ai giornalisti», ha detto Huwail, ex parlamentare e membro del partito Fatah a Jenin.

Secondo Chris Cobb-Smith, esperto di armi da fuoco, nei video del raid dell'esercito girati all'alba presso il campo di Jenin, si vedono soldati israeliani e militanti palestinesi combattere con fucili d'assalto M16 in varie versioni. Ciò significa che entrambe le parti avrebbero sparato proiettili da 5,56 millimetri.

Anche senza accedere al proiettile che ha colpito Abu Akleh, esistono modi per determinare chi l'ha uccisa analizzando il tipo di spari, il suono e i segni lasciati dai proiettili sulla scena del crimine.

Cobb-Smith ritiene che Abu Akleh sia stata presa di mira da singoli colpi, non da una raffica di spari automatici. Per giungere a questa conclusione, Cobb-Smith ha esaminato le immagini ottenute da CNN, che mostrano i segni dei proiettili lasciati sull'albero dove la donna si è accasciata e Hanaysha si è riparata.

«Il numero di colpi sull'albero dove si trovava Shireen dimostra che non si è trattato di un colpo casuale, ma che è stata presa di mira», ha detto.

BREAKING: Palestinian officials say their investigation into the shooting death of Al Jazeera journalist Shireen Abu Akleh shows she was deliberately killed by Israeli forces. There was no immediate response from Israeli officials. https://t.co/gxIvLJtK7a

— The Associated Press (@AP) May 26, 2022

A 16 giorni dall'uccisione di Abu Akleh l'Autorità Palestinese ha annunciato i risultati dell'indagine svolta, basata su interviste a testimoni, un'ispezione sul luogo dove è avvenuta l'uccisione e la relazione medico legale, che conferma che le forze israeliane hanno deliberatamente sparato e ucciso la giornalista.

Rivolgendosi ai media presenti a Ramallah, in Cisgiordania, il procuratore generale palestinese, Akram al-Khatib, ha detto che è chiaro che una delle forze di occupazione israeliane abbia sparato un proiettile che ha colpito alla testa Shireen Abu Akleh mentre stava tentando di scappare.

L'autopsia e un'analisi forense condotti a Nablus dopo la morte di Abu Akleh hanno mostrato che le hanno sparato alle spalle, indicando che stava tentando di fuggire mentre le forze israeliane continuavano a sparare contro il gruppo di giornalisti.

«L'origine unica degli spari è quella delle forze di occupazione con l'obiettivo di uccidere», ha ribadito al-Khatib.

Cosa accadrà adesso?

Al Jazeera ha incaricato un team legale di deferire l'uccisione della sua giornalista alla Corte penale internazionale (CPI) dell'Aia.

La testata ha dichiarato di aver formato una coalizione internazionale composta dal suo team legale e una serie di esperti e di star preparando un dossier sull'omicidio di Abu Akleh da presentare al pubblico ministero della CPI.

Oltre all'uccisione di Abu Akleh la documentazione prodotta da Al Jazeera includerà il bombardamento israeliano “e la distruzione totale” dell'ufficio a Gaza nel maggio 2021, e “le continue istigazioni e gli attacchi” ai suoi giornalisti che lavorano nei Territori palestinesi occupati.

"Here in Palestine, we are extremely affected by the occupation, even journalists."

Palestinian street artists paid tribute to slain Al Jazeera journalist Shireen Abu Akleh by painting her portrait on a mural in Gaza city ? pic.twitter.com/XgdmI56AmL

— Al Jazeera English (@AJEnglish) May 27, 2022

Al Jazeera ha, inoltre, sottolineato come l'uccisione o l'aggressione fisica a giornalisti che lavorano nelle zone di guerra o nei Territori occupati sia un crimine di guerra ai sensi dell'articolo 8 dello Statuto della Corte penale internazionale.

Intanto gli avvocati che stanno lavorando a una denuncia presentata ad aprile presso la Corte penale internazionale (CPI) in cui si accusa Israele di prendere di mira sistematicamente i giornalisti che lavorano in Palestina e di non aver indagato a pieno sugli omicidi degli operatori dei media, che equivalgono a crimini di guerra, hanno affermato che includeranno nella documentazione anche l'uccisione della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh.

L'annuncio è stato fatto in una conferenza stampa a Londra ed è arrivato all'indomani della decisione dell'Autorità Palestinese e di Al Jazeera di presentare casi separati alla CPI sull'uccisione di Abu Akleh.

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Aggiornamento 24 giugno 2022: Dopo Bellingcat, Associated Press (AP), CNN e Washington Post, anche un’indagine del New York Times è giunta alla conclusione che il proiettile che ha ucciso la giornalista statunitense-palestinese di Al Jazeera, Shireen Abu Akleh, è partito dalla posizione approssimativa in cui si trovava un convoglio militare israealiano, molto probabilmente sparato da un soldato di un'unità d'élite. L’inchiesta, durata un mese, è riuscita a dimostrare che non c'erano palestinesi armati vicino alla giornalista, quando è stata colpita, e che dal luogo in cui si trovava il convoglio israeliano sono partiti 16 colpi. Ciò contraddice le affermazioni di Israele secondo le quali Abu Akleh sarebbe stata uccisa per errore da un soldato israeliano che stava tentando di colpire un palestinese armato, e che il militare avrebbe sparato solo cinque proiettili in direzione dei giornalisti. Il New York Times non è riuscito a trovare prove che dimostrino che il soldato che ha sparato ha riconosciuto la giornalista e l’ha colpita deliberatamente, e non è stato in grado di stabilire se il militare, prima di aprire il fuoco, avesse visto che Abu Akleh e i suoi colleghi indossavano giubbotti con la scritta “Press”. Alle stesse conclusioni del New York Times e delle altre testate giornalistiche è giunta anche l’indagine indipendente dell’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite sulla base di sopralluoghi, interviste a testimoni, consultazione di esperti, analisi di foto, audio e video. “Tutte le informazioni che abbiamo raccolto - comprese quelle ufficiali dell'esercito israeliano e del procuratore generale palestinese - sono coerenti con la conclusione che gli spari che hanno ucciso Abu Akleh e ferito il suo collega Ali Sammoudi provenivano dalle forze di sicurezza israeliane e non da spari indiscriminati di palestinesi armati, come inizialmente sostenuto dalle autorità israeliane. Non abbiamo trovato informazioni che suggeriscano l'esistenza di attività di palestinesi armati nelle immediate vicinanze dei giornalisti”. L'Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, ha sollecitato le autorità israeliane affinché avviino un’indagine sull'uccisione di Abu Akleh e di tutte le altre vittime da parte delle forze israeliane in Cisgiordania e nel contesto delle operazioni di contrasto a Gaza. Dall'inizio dell'anno, riferisce l’Ufficio per i diritti umani dell’ONU, le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso 58 palestinesi in Cisgiordania, tra cui 13 bambini.

Aggiornamento 17 giugno 2022: Al Jazeera ha ottenuto un'immagine del proiettile utilizzato per uccidere la giornalista palestinese-statunitense Shireen Abu Akleh. Il proiettile è stato progettato per perforare le armature e viene utilizzato in un fucile M4. In base all’analisi degli esperti con modelli 3D, la munizione era dello stesso calibro (5,56 mm) di quelli usati dalle forze di difesa israeliane. Inoltre, stando a quanto dichiarato ad Al Jazeera, da Fayez al-Dwairi, ex generale maggiore giordano, sia l'arma che il proiettile utilizzati per uccidere Abu Akleh sono regolarmente in dotazione alle forze israeliane. L'assistente del Ministro palestinese per gli Affari Multilaterali Ammar Hijazi ha dichiarato che il proiettile rimarrà al governo palestinese per ulteriori indagini. Intanto, una nuova inchiesta, pubblicata il 12 giugno dal Washington Post, è giunta alla conclusione che Abu Akleh sarebbe stata uccisa da un soldato israeliano. Attraverso l’esame di oltre 60 video, post sui social, fotografie, l’ispezione dell’area e l’analisi acustica degli spari, il Washington Post è giunto alla conclusione che il colpo che la giornalista palestinese-statunitense sarebbe partito dalla posizione in cui si trovava un convoglio militare israeliano verso il quale Abu Akleh si stava avvicinando insieme ad altri suoi colleghi. L’analisi del Washington Post smentisce ancora una volta, dunque, la tesi sostenuta dalle forze di difesa israeliane secondo la quale Abu Akleh sarebbe stata colpita non intenzionalmente durante uno scontro armato tra forze palestinesi ed esercito israeliano. Come ribadito anche nell’articolo del Washington Post non ci sono prove che dimostrino che i soldati del convoglio militare israelino non fossero a conoscenza della presenza sul posto di giornalisti o che non abbiamo sparato deliberatamente contro di loro.

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