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Ungheria, l’assalto di Orban a università e ricerca per formare una generazione di cittadini conservatori e nazionalisti

23 Giugno 2020 8 min lettura

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Ungheria, l’assalto di Orban a università e ricerca per formare una generazione di cittadini conservatori e nazionalisti

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Aggiornamento 6 ottobre 2020: La Corte di giustizia dell’Unione Europea dichiara “illegale” la legge ungherese che imponeva dei limiti alle università straniere

La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che la legge ungherese del 2017 voluta dal partito di Viktor Orbán per ostacolare le università straniere - e in particolar modo quella fondata dal filantropo George Soros, la Central European University (CEU) - non è compatibile con il diritto comunitario.

In seguito all'approvazione della legge, la CEU ha spostato i suoi corsi di laurea a Vienna, in Austria. Soros ha commentato la sentenza come "una vittoria per i valori fondamentali dell'Unione Europea", ma ha anche riconosciuto che Orbán è riuscito a ottenere quello che voleva. "La decisione arriva troppo tardi per la CEU. Non possiamo tornare in Ungheria perché le sue leggi vigenti non soddisfano i requisiti della libertà accademica".

Il tribunale ha stabilito che "l'Ungheria non ha rispettato gli impegni" nel quadro dell'Organizzazione mondiale del commercio e, approvando quella legge, ha agito in violazione delle disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.

In base alla sentenza della Corte di giustizia europea, lo Stato membro è legalmente obbligato a conformarsi immediatamente alla decisione del tribunale e, se rifiuta, la Commissione europea potrà chiedere di sanzionarlo.

Nell'inverno del 2018 numerosi attivisti si sono radunati davanti al parlamento ungherese a Budapest. Portavano con loro una bara contrassegnata con il nome "Libertà Accademica". Si metteva in scena un lutto collettivo molto importante per la società ungherese, il primo ministro Viktor Orbán e il suo partito di estrema destra Fidesz erano riusciti a forzare la fuoriuscita della Central European University (CEU) dal paese. Pochi giorni dopo, il 3 dicembre, la CEU annunciò che a partire dall'autunno del 2019 avrebbe iniziato a trasferire a Vienna i suoi corsi di laurea accreditati dagli Stati Uniti e il proprio personale accademico.

In un articolo pubblicato su Coda, la giornalista Hope Reese ricostruisce le tappe che sta seguendo il governo di Orbán nel suo processo di egemonizzazione culturale che ha come obiettivo creare una generazione di cittadini conservatori fortemente legati ai valori tradizionali. L'ostracizzazione della CEU è stata per anni l'obiettivo principale alla base di questa strategia.

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Fondata nel 1995 dall'investitore e filantropo ungherese George Soros, la mission della CEU è quella di promuovere i valori di "un'indagine intellettuale socialmente e moralmente responsabile". L'istituzione, che è riuscita a reclutare studenti da molti paesi in via di sviluppo, ha anche guadagnato una buona reputazione per la diversità.

Nonostante sia stato egli stesso beneficiario di una borsa di studio della fondazione di Soros che gli ha permesso di studiare scienze politiche al Pembroke College di Oxford, Orbán odia profondamente il filantropo miliardario. La propaganda del suo partito, Fidesz, ha accusato Soros di gestire una rete segreta di 2.000 membri in Ungheria, attraverso la quale pagava manifestanti antigovernativi come parte di un complotto, con sede a Bruxelles, per indebolire i confini della nazione e mettere in pericolo la sua sicurezza. Si tratta di una variazione della teoria del complotto classica che vede Soros come il burattinaio supremo che sta dietro a tutti i mali che affliggono la società e indignano i nazionalisti conservatori di tutto il mondo.

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La campagna per rimuovere la CEU dall'Ungheria è iniziata nell'aprile del 2017, quando Fidesz ha presentato un nuovo disegno di legge al Parlamento ungherese che stabiliva che le università non ungheresi avrebbero dovuto essere registrate come istituti di istruzione nel paese in cui erano state istituite per la prima volta e che dovevano tenere lezioni anche lì per poter operare nel territorio nazionale. Questa legge era stata chiaramente creata ad personam per ostacolare la CEU, che aveva sede a Budapest, ma era stata ufficialmente fondata negli Stati Uniti.

In conformità con la nuova legge, nel 2017 la CEU ha istituito un campus fisico presso il Bard College, nello Stato di New York. Il Dipartimento per l'Istruzione dello Stato di New York ha redatto un accordo legale affermando che l'università aveva soddisfatto le richieste del governo ungherese. E ha dato tempo al governo di Fidesz fino al 1 dicembre 2018 per firmare e riconoscere alla CEU il diritto di offrire i suoi programmi di laurea in Ungheria.

Nonostante l'università americana si fosse adeguata alla legge, il governo si è rifiutato di riconoscere il diritto alla CEU di operare sul territorio nazionale. La CEU è stata quindi costretta ad annunciare la sua decisione di trasferirsi a Vienna. Secondo il rettore dell'università, Michael Ignatieff, "quello che è successo alla CEU fa parte di un piano più ampio di eliminare le istituzioni indipendenti dall'Ungheria e portare tutto sotto il controllo di uno Stato a partito unico".

Verso un'istruzione unificata conservatrice

Dalla sua elezione nel 2010, Orbán ha trascinato l'Ungheria sempre più a destra. Ha intrapreso una guerra ideologica contro gli immigrati, ha attaccato l'UE, ha rafforzato le relazioni del paese con la Russia e apportato modifiche alla Costituzione, alla magistratura e al sistema elettorale. Il governo ha anche rafforzato il controllo dei teatri nazionali e persino del mercato dei libri di testo scolastici. Quest'ultima mossa, che consente a Fidesz di diffondere le sue idee ai bambini, è emblematica di un assalto radicale all'istruzione.

L'ultimo esempio della stretta del governo ungherese attorno all'istruzione accademica è la sua acquisizione della prestigiosa Accademia delle scienze ungherese (MTA) con sede a Budapest. L'MTA è un'organizzazione privata complessa che conta circa 5.000 dipendenti, che operano in una vasta gamma di settori, dalla medicina alle discipline umanistiche. La sua rete di ricerca ha una reputazione internazionale d'eccellenza.

A luglio dello scorso anno il partito di Orbán ha preso il controllo dei suoi istituti di ricerca e deviato i sui finanziamenti al Ministero per l'innovazione e la tecnologia (ITM). Ora operano sotto la gestione di un nuovo network per la ricerca: "Eötvös Loránd Research Network" (ELKH). Il primo ministro si è riservato il diritto di veto su tutte e 13 le posizioni nel consiglio d'amministrazione di ELKH. Anche il suo presidente, che è in carica per cinque anni, è nominato ufficialmente da Orbán.

Miklós Maróth, l'attuale presidente di ELKH, è consulente e amico intimo di Orbán. Nonostante sia professore di studi mediorientali, Maróth ha scritto numerosi libri islamofobici ed è stato filmato nel 2016 mentre diceva che i musulmani dovrebbero essere espulsi e "avvolti in pelle di maiale".

Il piano di Fidesz per interferire nell'istruzione non segue uno schema preciso. Da un lato il governo ha preso il controllo di istituzioni indipendenti, mentre dall'altro ha annunciato l'intenzione di privatizzare l'Università Corvinus.

Una delle conseguenze immediate di questa decisione è che Corvinus non offre più automaticamente borse di studio statali a candidati provenienti da contesti a basso reddito. Questo avrà effetti potenzialmente devastanti sulla diversità del corpo studenti, ma la nuova gestione dell'università è stata accolta dal governo come un modello per future iniziative accademiche in Ungheria.

Un prospettiva desolante

A novembre dello scorso anno la CEU ha tenuto l'inaugurazione ufficiale del campus di Vienna. "La CEU ha costantemente difeso il principio della libertà accademica contro l'attacco mirato da parte del governo corrotto di Viktor Orbán, che era intenzionato a spazzarlo via", ha detto Soros alla folla riunita.

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Tre mesi dopo, Soros ha raddoppiato economicamente il suo impegno per l'istruzione. Tuttavia, le prospettive per le università in Ungheria rimangono desolanti. Nel giugno del 2018, la rivista filogovernativa Figyelo ha pubblicato un articolo che punta il dito su alcuni accademici della MTA associati a discipline di ricerca "liberali", come studi di genere e immigrazione, suggerendo che il governo dovrebbe avere una supervisione maggiore su di loro e sul loro lavoro. Altri articoli hanno nominato membri del personale e fornito collegamenti ai loro profili personali sui social media. Queste liste di proscrizione, create con l'obiettivo di fare pressione e incutere paura nelle persone non allineate con le politiche di estrema destra del governo, hanno portato alcuni accademici a lasciare il proprio lavoro. Altri hanno ammesso di ricorrere continuamente all'auto-censura quando si trovano sul posto di lavoro.

"Nell'ambiente girano voci su ciò su cui non si dovrebbe più fare ricerca", ha dichiarato a Coda Emese Szilágyi, ricercatore presso l'Istituto di studi legali dell'MTA. "Ad esempio, non dovremmo più fare ricerca sui diritti umani o lo Stato di diritto. Sono argomenti rischiosi".

Fidesz ha anche adottato una posizione aggressiva contro i diritti delle donne. L'Ungheria è ora all'ultimo posto nel ranking europeo per la partecipazione al potere politico da parte delle donne, secondo un rapporto del 2019 dell'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere.

Nell'ottobre 2018, il governo ungherese ha revocato l'accreditamento e il finanziamento per i programmi di studi di genere nelle università pubbliche. All'inizio di quell'anno, un altro articolo di Figyelő descriveva i "diritti omosessuali e la scienza di genere" come aree di ricerca "politicamente sospette" e elencava pubblicamente i nomi dei professori associati a tali campi.

Orsolya Lehotai, dottoranda in Scienze politiche presso la New School for Social Research di New York, si è laureata presso il dipartimento di studi di genere della CEU nel 2017 e ritiene che il divieto su queste materie rifletta una profonda paura del dissenso all'interno del governo.

"Gli studi di genere ruotano attorno alle domande su come il potere e il dominio operano in vari contesti e su come influenzano la nostra vita quotidiana", ha spiegato via e-mail a Coda. "Queste sono esattamente quelle domande che mi pongo quando penso a come operano le forze illiberali ungheresi".

La reazione dell'Unione Europea

La deriva illiberale dell'Ungheria è un problema anche per l'Unione Europea. Per Petra Kammerevert, membro del Parlamento europeo ed ex presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione, le azioni di Orbán non hanno precedenti all'interno del blocco europeo.

"L'Ungheria non è l'unico Stato membro dell'Unione Europea che sta logorando i valori europei e lo stato di diritto", ha scritto. “Possiamo vedere questa tendenza anche in Polonia. Tuttavia, il governo ungherese sta effettivamente trasformando in questo senso tante altre parti della vita sociale, con un'obiettivo di limitare le libertà".

La settimana scorsa, la Corte di giustizia europea ha inoltre dichiarato illegale una legge ungherese del 2017 relativa al finanziamento estero delle ONG. La legge obbliga le ONG che hanno ricevuto finanziamenti da organizzazioni straniere a registrarsi come tali presso le autorità ungheresi e a divulgare i dati dei propri donatori. Le informazioni sono poi pubblicate online. La Corte di giustizia europea ha riscontrato che la legge ha introdotto "restrizioni discriminatorie e ingiustificate" per le organizzazioni interessate e per i loro sostenitori.

"Le restrizioni ungheresi al finanziamento delle organizzazioni civili da parte di persone stabilite al di fuori di tale Stato membro non sono conformi al diritto dell'Unione", ha affermato il tribunale in una dichiarazione.

L'UE afferma di assumersi la responsabilità di sostenere la libertà di espressione e la libertà accademica nei suoi Stati membri. Nel settembre del 2018 il Parlamento europeo ha richiesto un'indagine sull'Ungheria, ricorrendo all'articolo 7 del trattato sull'Unione Europea. In base a questa clausola, il blocco può imporre sanzioni, inclusa la sospensione dei diritti di voto, agli Stati membri che violano tali principi.

L'inchiesta è in corso, ma l'UE non ha ancora preso provvedimenti concreti contro l'Ungheria.

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Il rettore della CEU ha sottolineato un difetto fondamentale nel modo in cui opera l'Unione Europea. In quanto organo principalmente dedicato al commercio e alla cooperazione economica tra le nazioni, l'UE basa la maggior parte delle sue decisioni sul diritto commerciale, che lascia un margine molto piccolo per affrontare l'erosione di diritti come la libertà accademica.

"Non esiste una chiara difesa della libertà accademica basata sui diritti umani o sul diritto pubblico come principio a cui un'università in difficoltà potrebbe fare appello", ha spiegato Ignatieff. "Questo è un problema che l'Europa dovrà risolvere, se avrà ancora istituzioni libere tra 25 o 30 anni", ha dichiarato alla giornalista di Coda.

Immagine in anteprima: Attila Volgyi via Europapress

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