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Lezioni di Storia: bonus cultura, sussidi contro la povertà e “reddito di cittadinanza” nell’antichità

25 Luglio 2021 9 min lettura

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Lezioni di Storia: bonus cultura, sussidi contro la povertà e “reddito di cittadinanza” nell’antichità

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Lezioni di Storia, una rubrica di divulgazione storica partendo dal presente

C’è chi lo vuole abolire tramite referendum, perché sarebbe “diseducativo”. Chi lo dipinge come il male assoluto, che impedisce agli imprenditori di trovare manodopera, e chi lo considera una delle storture del politicamente corretto. In realtà il “reddito di cittadinanza” ha predecessori antichi, perché dare un sussidio (o diversi tipi di sussidi) a tutti coloro che sono cittadini di uno Stato o almeno riuscire a garantire un sostegno per venire incontro alle esigenze di chi si trova senza introiti (come è oggi il reddito di cittadinanza in Italia) è stato un problema sentito anche nelle società democratiche antiche.

Gli antenati del reddito di cittadinanza

Sgombriamo subito il campo da possibili fraintendimenti: a Roma o nell’antica Grecia non c’era, ovviamente, il “reddito di cittadinanza” come lo intendiamo oggi. Tuttavia, un diretto antenato del reddito di cittadinanza nella sua forma più radicale (ovvero quella secondo la quale basta essere cittadini a pieno titolo per avere diritto ad una elargizione di denaro) era praticata nella Atene dell’età di Temistocle, ovvero nel V secolo a.C.

Qui ogni anno, secondo Plutarco, o in forma più episodica secondo Erodoto e Nepote, venivano redistribuiti a tutti i cittadini ateniesi i proventi delle miniere di argento del Laurion. Il democratico Temistocle fece però approvare una legge che bloccava questa distribuzione indiscriminata, e convinse gli Ateniesi a dirottare i fondi per la costruzione di una flotta da usare contro i Persiani nelle future guerre. Può sembrare strano che i poveri ateniesi accettassero di rinunciare a una sovvenzione per finanziare la nascita di una marina militare, ma non dimentichiamo che così i poveri ateniesi poterono trovare posto come marinai nella flotta, e quindi divenire in pratica degli “statali con il posto fisso”, mentre i ricchi se la presero in saccoccia perché non poterono più mettere le mani sull’argento del Laurion. Insomma, per quanto possa apparire bislacco, l’abolizione della distribuzione dell’argento del Laurion a tutti da parte del democratico Temistocle, oltre che essere la base per i suoi piani imperialistici, era anche un favore alle classi più disagiate. 

L’Atene di Pericle, il bengodi dei sussidi statali

Ma fornire solo opportunità di lavoro alle classi più disagiate non era abbastanza, e i successori di Temistocle se ne resero ben presto conto.

Nel V secolo Atene diventa una democrazia radicale: tutti i cittadini (va da sé, solo se maschi e liberi, e figli, per altro, sia per parte di padre che di madre di genitori ateniesi) hanno il diritto di partecipare alle assemblee e a tutto il processo decisionale e politico. Possono intervenire, proporre emendamenti, discutere le leggi: in pratica è il paradiso dell’uno vale uno.

Ma questo porta alla luce una serie di problemi di fattibilità: per partecipare alla vita della comunità la gente aveva bisogno di tempo, e il tempo è denaro. Per andare alle assemblee, per votare, persino per partecipare ai festival e alle feste sacre che erano il cemento della comunità si dovevano rinunciare a ore e giorni di lavoro. I poveri, quindi, disertavano spesso tutto ciò perché dovevano guadagnarsi la pagnotta. L’idea geniale dei democratici radicali che volevano garantire la partecipazione del loro bacino elettorale fu dunque quella di dare a tutti i cittadini un gettone di presenza, con cui veniva pagato l’impegno per venire alle assemblee pubbliche o per far parte delle giurie dei tribunali. Non più attività di volontariato, quindi, ma lavoro retribuito su base oraria.

Fu un successo. I poveri, ovviamente solo se maschi, liberi e in possesso della cittadinanza ateniese, ci presero gusto e iniziarono a partecipare a tutto. Aristofane nelle sue commedie prende in giro i vecchietti che invece di guardare i cantieri sgomitavano per entrare nelle giurie popolari dei processi. Anche perché ad assistere a liti su eredità contese, storiacce di cronaca nera e infinite baruffe ci si divertivano più che oggi a guardare Forum e Uomini&Donne.

Il bonus cultura dell’antica Atene

Era previsto anche il “theorikon”, che era un antenato del nostro bonus cultura: era un pagamento per rinunciare a una giornata di lavoro e andare a teatro, a vedere i festival sovvenzionati dallo Stato a cui participavano Eschilo, Sofocle, Euripide. Ebbene sì, la grande tragedia greca era finanziata con denaro pubblico e persino gli spettatori erano pagati con fondi statali. Quando tutti questi finanziamenti furono tagliati, la grande stagione culturale di Atene finì e il baricentro culturale del Mediterraneo si spostò nei regni ellenistici, ad Alessandria e a Pergamo. Dove non più uno Stato democratico ma i sovrani investivano fondi per creare centri di studio e biblioteche. Ricordatevene, quando gridate allo scandalo per i finanziamenti allo spettacolo e alla cultura.

Roma, la legge per le frumentetiones e una lunga scia di omicidi politici

A Roma antica esistevano le frumentationes, che erano delle distribuzioni pubbliche di farina, destinate esclusivamente ai cittadini romani. In sostanza, lo Stato romano offriva grano o farina a prezzi stracciati alla plebe per venire incontro ai problemi economici della popolazione meno abbiente.

Le frumentationes erano un grande cavallo di battaglia dei Populares, quella fazione del Senato romano che poteva essere considerato l’antenato dei “Progressisti” di ogni tempo.

All’inizio le frumentationes erano distribuzioni straordinarie pensate per alleviare la fame in città nei momenti di carestia, e quindi erano misure eccezionali e a tempo determinato. I primi a pensarle come una misura strutturale furono i due fratelli Gracchi, in particolare Sempronio Gracco, tribuno della plebe nel 123 a.C., che fece approvare una legge che importava grano dalla Sicilia per distribuirlo a prezzo politico ai Romani. Non gli portò fortuna: l’anno successivo, quando propose di allargare la cittadinanza romana anche agli italici, che allora erano considerati solo alleati di Roma, e come tali pagavano molte più tasse e avevano meno diritti, un po’ come oggi gli stranieri residenti in Italia senza cittadinanza, Gli Optimates, i conservatori, insorsero e lo accusarono di aspirare alla tirannide, e il povero Sempronio Gracco fu ucciso durante i tumulti, non si sa bene nemmeno da chi. La legge sulle distribuzioni gratuite rimase lettera morta, e anche dell’allargamento della cittadinanza non se ne fece nulla.

Lucio Saturnino, un ribelle contro la sua stessa fazione

Ma una parte dei Populares non se la mise via. Pochi anni più ritardi, nel 102/101 a.C., ecco emergere un altro combattivo tribuno della plebe, Lucio Apuleio Saturnino, che tornò a proporre frumentationes per tutti e a prezzi stracciatissimi e fece approvare anche una legge agraria che distribuiva ai cittadini più poveri gran parte delle terre appena conquistate dal generale Caio Mario ai Cimbri e ai Teutoni nel nord Italia. Persino i Populares trovavano le iniziative del tribuno troppo rivoluzionarie. Anche stavolta finì malissimo. Saturnino fu accusato (pensate che novità) di aspirare alla tirannide come Sempronio Gracco. Lui rispose asserragliandosi in Campidoglio con i suoi uomini. Il Senato lo dichiarò nemico della Patria e gli mandò contro lo stesso generale Mario, che pure faceva parte dei Populares. Cosa successe durante l’assalto non è ben chiaro, si sa solo che anche qui qualcuno non meglio identificato fece fuori Saturnino, e la legge per le frumentationes finì nel dimenticatoio, anche perché il potere venne preso poco dopo dal conservatore Lucio Cornelio Silla.

Publio Clodio, il populista di Roma antica

La battaglia del grano a Roma ricomincia nel 58 a.C. Quando diventa tribuno della plebe Publio Clodio Pulcro, che è un personaggio assolutamente fuori dagli schemi. Come Giulio Cesare, fa parte della grande aristocrazia romana, perché i Claudi, la sua gens, occupano i posti di potere a Roma dai tempi di Romolo, e sono patrizi e scandalosamente ricchi. Clodio però è di tutt’altra pasta rispetto agli antenati. Si schiera con i Populares e costruisce una rete di suoi fautori negli strati più poveri della plebe romana. Lui stesso è solito passare le nottate fra bettole e bordelli della Suburra, accompagnato da un corteggio di diseredati e di gladiatori che formano la sua guardia personale. La plebe lo adora e lui la protegge. Per difenderla meglio, a un certo punto, butta alle ortiche le origini aristocratiche e si fa adottare da una famiglia plebea per potersi far eleggere tribuno della plebe, l’unica carica a cui i patrizi a Roma non possono candidarsi. Perché? Perché vuole far passare una nuova legge frumentaria, molto, molto più radicale delle precedenti.

Un vero e proprio “reddito di cittadinanza” a fondo perduto

Clodio non vuole distribuire grano a prezzo politico come i suoi predecessori: vuole che lo Stato romano regali sistematicamente ogni mese a tutti i cittadini grano gratis. Il che per le casse della Res Publica è un salasso. Ma, incredibilmente, riesce a trovare su questo anche i voti di molti Optimates conservatori. Li convince perché non è solo furbo (e li conosce bene, perché viene dalle loro fila), ma perché ha intuito una legge fondamentale dell’economia: i sussidi pubblici possono far ripartire l’economia stagnante. I ricchi Optimates accumulavano quantità sconvolgenti di denaro perché erano palazzinari che affittavano a Roma case ai poveri. Ma se i poveri si impoverivano ulteriormente, e dovevano spendere tutti i loro soldi per comprare grano, ecco che gli Optimates si ritrovavano con tantissimi loro affittuari che non erano in grado di pagare le pigioni. Buttarli fuori non risolveva la situazione, perché poi rimanevano loro sul groppone le case sfitte. Annullare i debiti sarebbe stato un disastro per loro. Ma se lo Stato avesse dato gratis ai poveri il grano (e tirato lui  fuori i soldi) gli Optimates avrebbero avuto di nuovo affittuari in grado di pagare il fitto. Insomma, Clodio era un keynesiano ante litteram, ma gli Optimates erano imprenditori italiani perfetti: già allora cercavano il modo di collettivizzare le perdite e privatizzare i guadagni. E con questa sorta di New Deal dell’antica Roma la lex Clodia frumentaria passa al Senato: tutti i cittadini romani hanno diritto al grano gratis.

Clodio finisce malissimo e il “reddito di cittadinanza” viene ridimensionato

Ma niente, le leggi frumentarie a Roma portano una sfiga pazzesca a chi le propone. Poco dopo anche Clodio finisce ammazzato male, ufficialmente in un tafferuglio di strada con un’altra testa calda dell’epoca, Tito Annio Milone, degli Optimates, che sarà difeso da Cicerone dall’accusa di omicidio ma dovrà poi comunque scappare in esilio. La plebe romana infatti è infuriata nera per la morte del suo paladino. Il funerale di Clodio si trasforma in una rivolta popolare, con mezza Curia Ostilia che finisce a fuoco e Pompeo che è costretto a cercare di sedare gli animi e garantire un processo in cui Milone sia condannato severamente. Cesare, che è in Gallia, nicchia: Clodio tecnicamente fa parte dei suoi ma il fatto che sia morto non è così male, poteva diventare un concorrente pericoloso ed era ormai una scheggia impazzita per il triumvirato.

Pompeo si appoggia agli Optimates e subito cerca di depotenziare le frumentationes, ma pure Cesare quando prende il potere vuole ridimensionarle. Rifà le liste degli aventi diritto perché dice di voler eliminare parecchi “furbetti” e imboscati che non hanno diritto al sussidio, e riduce quindi la loro entità. Ma le lascia. Perché ormai per la plebe di Roma sono un diritto acquisito.

Con il principato cambia tutto

Resteranno, infatti, per tutta la durate dell’impero distribuzioni di grano alla plebe di Roma. Ma caduta la Res Publica saranno atti di benevolenza del principe, prese da lui o da suoi magistrati, e vengono usati soprattuto per evitare rivolte.

Con la trasformazione di Roma in una monarchia, il diritto dei cittadini ad avere una vita dignitosa si trasforma infatti in un “regalo” legato alla bontà del sovrano. Dal diritto passiamo a una forma di carità. Anche perché le cariche vengono sempre più distribuite dal sovrano stesso e non vi è più motivo di tenersi buoni i cittadini dal momento che essi in realtà non votano più nulla e non hanno alcun potere decisionale.

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Verrebbe quindi da dire che quando una democrazia pensa a sostegni economici ai suoi cittadini, che siano frumentazioni antiche o moderni redditi di cittadinanza, è un segno che comunque è una democrazia evoluta e i cittadini e i loro voti contano ancora qualcosa.

Quando vengono abolite o trasformate in elargizioni dall’alto legate al buon cuore del potentato di turno, non è un buon segno: significa che la democrazia è morta.

Immagine in anteprima: Classical Numismatic Group, Inc. , CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

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