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Perché il piano scuola è da bocciare

3 Luglio 2014 7 min lettura

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Perché il piano scuola è da bocciare

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Foto via profilo Flickr di Palazzo Chigi

Un premio per chi lavora di più

“Un premio ai prof, ma dovranno lavorare di più”. Così titolava La Repubblica ieri, e questo passa dello sfolgorante “piano” per la scuola che il Governo Renzi ha presentato ieri.

Già l'impostazione, con quel “dovranno lavorare di più”, ha suscitato polemiche: da un lato una fetta di “società civile” ha cominciato a lodare il proposito, perché in Italia è diffusa e radicata la convinzione che gli insegnanti siano una casta di privilegiati che lavora poche ore al giorno. L'attuale contratto prevede infatti per medie e superiori 18 ore di docenza “frontale”, cioè, in pratica di lezioni in classe, e 80 ore annuali fra collegi, riunioni e altre attività. Non sono mai state conteggiate nei contratti le ore a casa, che servono ai docenti a preparare le lezioni, correggere i compiti, approfondire: una serie di attività necessarie e che ogni buon docente compie ogni giorno, ma che risultano “invisibili” e pertanto la maggior parte delle persone ritiene inesistenti, ma che vari studi  negli anni hanno stimato che portino il carico di lavoro degli insegnanti a ben più di 40 ore settimanali effettive. I docenti italiani, inoltre, non lavorano meno dei loro colleghi nel resto del mondo: in tutti i paesi sviluppati le ore di docenza frontale sono 18, le ore a casa sono conteggiate a parte a forfait in base al numero di alunni  e spesso, non sono previste neppure le ore obbligatorie per riunioni e attività collegiali. Anche il numero di giorni di scuola è uguale o addirittura inferiore a quello previsto in Italia, perché i giorni di vacanza sono quasi equivalenti, anche se distribuiti in maniera diversa nel corso dell'anno.

Il Governo Renzi, da quanto si capisce, vorrebbe portare “l'orario” di lavoro degli insegnanti a 36 ore settimanali (o meglio, si intuisce, a 36 per le elementari e 24 per medie e superiori), su base volontaria. Cioè, in pratica, ogni docente potrà scegliere se aderire o no alla proposta di fare ore in più. Non sarebbe questa, nonostante lo strombazzamento, una grande innovazione: da anni, infatti, i professori di medie e superiori possono all'inizio dell'anno dare disponibilità a fare fino a 24 ore di lezione o fare ore di supplenza in più per coprire eventuali assenti. Perché pochi lo fanno? Semplice, perché 24 ore di docenza in classe sono pesantissime, e richiedono un carico maggiore di lavoro a casa (cioè di quello che fino ad ora non viene comunque conteggiato: correzione compiti, preparazione delle lezioni, reperimento del materiale, etc.) per cui, di solito, pochissimi si offrono volontari. Quello che infatti il Governo Renzi, come quasi tutti i governi precedenti e gran parte della società, fatica a capire della scuola è che la scuola non produce bulloni: ogni lezione funziona se è preparata con cura, e non basta “aumentare” le ore in classe perché l'apprendimento da parte degli alunni sia più efficace. Il docente potrà quindi anche fare sei ore in più in classe, ma questo non aumenterà la qualità della sue lezioni. Detto in maniera molto semplice: il docente bravo e scrupoloso accetterà, per motivi biecamente economici, di fare sei ore in più, ma per quelle ore, al contrario di quanto fa adesso, non creerà materiale nuovo appositamente pensato per gli alunni, riciclerà qualcosa di già pronto pensato per altri, e quindi la qualità complessiva del suo insegnamento sarà inferiore; il docente incapace o pigro potrà tranquillamente accettare di fare sei (ma anche nove, ma anche diciotto) ore in più: tanto continuerà a fare quello che fa ora, e cioè poco o nulla, con la soddisfazione però di venire pagato meglio.

A cosa servono e dove si svolgeranno queste ore in più?

Non si capisce poi esattamente a cosa serviranno queste ore in più. Nella bozza pare che alcune saranno usate per coprire le assenze dei colleghi (quindi tagliando posti di lavoro per i giovani supplenti precari, che spesso di supplenze brevi campano), ma anche di attività di progettazione per la scuola, o di incarichi (cioè per fare vicepreside, vicari e altro). Pare chiaro quindi che non serviranno per la correzione dei compiti, che quindi, andrà svolta da docente a casa, per conto suo, come ora.

Altro problema sarà, molto banalmente, dove svolgerle. Mettiamo infatti il caso che il docente resti a scuola sei ore in più, e non in classe, perché non ci sono colleghi da supplire. Se anche vuole mettersi a correggere compiti o progettare le sue lezioni sorge un problema di spazi: i docenti non hanno negli edifici scolastici un proprio ufficio. Esistono le sale docenti, certo, che sono aule di solito piuttosto piccole e dotate di un solo tavolo e (forse) un computer. Impossibile pensare che decine di docenti si contendano quello spazio per diverse ore, fosse anche solo per correggere gli elaborati degli alunni, o che usino la postazione informatica tutti assieme per trovare materiale e stamparlo. Impossibile che usino la sala biblioteca per trovare materiale per le lezioni (le biblioteche in molte scuole non esistono, i cataloghi non sono aggiornati, e le aule sono quasi sempre chiuse perché non c'è personale) o le aule informatiche, anche perché, laddove esistono, se la scuola verrà tenuta aperta dalle 8 alle 22, saranno occupate dalle lezioni. Quindi, in pratica, il docente vagolerà per i corridoi, rimpiangendo di non potersene andare a casa, dove almeno, sulla sua scrivania e con la sua libreria a portata di mano, potrebbe fare qualcosa di utile.

Una scuola aperta dalle 8 alle 22

Affrontiamo ora l'altro problema, quello del quando. Renzi vuole una scuola “aperta dalle 8 alle 22”, cosa che nessun paese europeo offre. Ok, ma, banalmente, chi la tiene aperta? Oltre al contratto degli insegnanti, bisognerà rivedere quello degli ATA e dei bidelli, e contrattare con le amministrazioni comunali la fornitura di riscaldamento (oggi, per risparmiare, le amministrazioni comunali e provinciali tendono a tenere le scuole aperte sempre meno e condensare addirittura gli orari dalle 8 alle 14, per poi chiudere tutto) e rivedere tutti i contratti con le ditte che offrono il servizio di trasporto scolastico per gli alunni. Non è inoltre pensabile che i professori possano coprire orari così estesi: pensiamo a chi si ritroverebbe con la cattedra spezzata su più scuole, a svariati chilometri di distanza l'una dall'altra, come spesso avviene: dovrebbe fare la mattina da una parte, il pomeriggio da un'altra e la sera magari in una terza sede? Mancano poi nelle scuole mense o almeno i fondi per i buoni pasto degli insegnanti: perché se si pretende che restino a scuola, per esempio, tutti dalle 8 alle 19 e oltre, bisognerà provvedere a farli anche mangiare da qualche parte, persino a cena.

Il quando è un problema anche per le cosiddette aperture estive promesse da Renzi. Qua il Governo dovrà affrontare un altro nemico: il caldo. Da fine giugno in poi le scuole italiane sono saune: basta una botta di scirocco e nelle classi si toccano come niente di 40 gradi. Saranno dotate di aria condizionata? Perché non è pensabile tenere 26/30 alunni (il numero è quello, ormai, per classe) in aule piccole e mal areate a far lezione a giugno/luglio. Poi le lezioni chi le fa? I docenti sono tutti a scuola fino al 30 giugno anche oggi, e sono impegnati a fare esami o, quelli che non fanno esami, in riunioni. Prendono le ferie (i famosi 32 giorni +6 previsti dal contratto) a partire dal 1 luglio,  e aggiungendoci il giorni libero dovuto dal contratto, a arrivano così al 31 agosto quasi tutti. A scuola chi ci resta? Certo, si può costringere i docenti a prendere come ferie obbligatorie i 15 giorni a Natale, ma allora bisognerà prendere accordi con Comuni e Provincie perché tengano i riscaldamenti aperti per i docenti, che vagoleranno per i corridoi, visto che gli alunni saranno comunque in vacanza.

Decide il Dirigente Scolastico

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Infine la ciliegina sulla torta: gli incarichi e il bonus per i docenti meritevoli saranno a quanto pare  dipendenti solo dalla decisione del Dirigente Scolastico. Cioè, in pratica, se un docente per qualche motivo starà sulle scatole al suo dirigente, ciao aumenti di stipendio. Si dice che il Dirigente sarà premiato in base ai risultati, immaginiamo quelli degli INVALSI, ma non si capisce però come i risultati di prove che determinano al massimo la preparazione degli alunni in matematica e italiano possano venir usate per proporre premi a insegnanti, chessò, di musica, tecnologia, lingue o arte. Inoltre i risultati INVALSI si sanno l'anno successivo allo svolgimento delle prove: quindi il supplente bravo che ha lavorato bene o il docente che ha chiesto trasferimento o perso la cattedra per una contrazione degli alunni non potranno percepire un eventuale premio, perché saranno già in servizio altrove.

E ora bisogna trovare i soldi

Tutte queste innovazioni si scontrano poi con un problema banale ma enorme. Bisogna trovare i soldi. Già da anni nelle scuole attività molto simili a quelle proposte (corsi di alfabetizzazione e recupero per gli alunni stranieri o in difficoltà, corsi aggiuntivi al pomeriggio, supplenze brevi) venivano offerte e pagate grazie al FIS, ovvero il fondo di istituto assegnato ad ogni scuola. Che negli ultimi tre anni è stato falcidiato, per colpa della spending review. Ora si vuole reintrodurre quello che si è tolto, in pratica, ma il Ministero delle Finanze dovrà trovare i fondi da qualche parte. Dove? Non si sa ancora. Attendiamo notizie dal mirabolante Governo Renzi.

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