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Il piccolo Ai Lao, figlio dell’artista cinese Ai Weiwei, sul palco per la libertà e per i diritti

28 Maggio 2015 4 min lettura

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Il piccolo Ai Lao, figlio dell’artista cinese Ai Weiwei, sul palco per la libertà e per i diritti

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Ai Lao ha sei anni, vive a Berlino e non è un bambino qualunque. Giovedì scorso è salito sul palco del Berliner Festspiele e ha ritirato a nome di suo padre il premio Ambasciatore di Coscienza 2015, pronunciando queste parole:

I really hope my dad gets his passport back.

Suo padre è Ai Weiwei, artista cinese di fama mondiale, nonché designer, architetto, blogger, attivista che non ha mai risparmiato critiche nei confronti delle politiche del governo del suo paese. Le sue opere, esposte in tutto il mondo nelle gallerie e nei musei più prestigiosi, si ispirano sempre ad argomenti che le autorità cinesi non vorrebbero venissero portati alla ribalta e discussi per non creare dibattiti pubblici. In una delle sue ultime realizzazioni, @Large, allestita nell'ex super carcere di Alcatraz, a San Francisco, per esempio, Ai Weiwei ha affrontato con forza la condizione in cui versano i prigionieri politici.

Nel 2010, Ai Weiwei è stato arrestato e percosso per aver testimoniato in difesa di Tan Zuoren, un attivista di diritti ambientali, con cui aveva diffuso i nomi di migliaia di bambini morti durante il terremoto avvenuto nel 2008 nel Sichuan.

L'anno successivo è stato nuovamente imprigionato, per 81 giorni, senza esser incriminato. Il 22 giugno 2011 è stato rilasciato su cauzione. Da quel momento è sottoposto a stretta sorveglianza e non gli è concesso di lasciare la Cina. Accusato di evasione fiscale, è stato condannato al pagamento di una multa di oltre 12 milioni di yuan (circa 1 milione e 200.000 euro).

Dal 30 novembre 2013, tutti i giorni, Ai Weiwei lascia nel cestino della sua bicicletta, all'esterno del suo studio al No. 258 Caochangdi, un mazzo di fiori freschi. È la sua protesta silenziosa che proseguirà fino a quando non gli verrà restituito il diritto a viaggiare liberamente.

fiori_protesta

Lo scorso 21 maggio, a Berlino, Ai Weiwei e Joan Baez, entrambi strenuamente impegnati nel campo dei diritti umani, sono stati nominati ufficialmente Ambasciatori della Coscienza 2015 di Amnesty International. Il premio Ambasciatore della coscienza è il principale riconoscimento che l'associazione conferisce a coloro che hanno mostrato straordinario carisma nella lotta per i diritti umani, nella loro vita e nella propria carriera professionale.

Raggiunto dalla notizia, Ai Weiwei ha dichiarato:

È per me un gran privilegio ricevere questo riconoscimento speciale. Non verrò meno all'incoraggiamento e alla grande aspettativa nei miei confronti che questo premio ha stimolato.

A ritirare il premio, c'era Ai Lao che non abbraccia il padre dallo scorso agosto, dopo essersi trasferito con la madre a Berlino. Proprio alla relazione con il piccolo, Ai Weiwei ha dedicato il cortometraggio Berlin, I love you - attraverso un lavoro di supervisione via Skype - , incluso nel progetto Cities of Love, per il quale dieci registi hanno composto e girato la propria lettera d'amore ispirandosi a dieci capitali del mondo.

via The Guardian
via The Guardian

In un'intervista rilasciata a Spiegel il 20 maggio scorso, Ai Weiwei ha confessato quanto sia doloroso vivere lontano dal figlio e come il bambino abbia perso le speranze di rivedere il padre confidando alla mamma:

Sono sicuro che non gli restituiranno mai il passaporto. L'ho sognato.

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Ma senza perdersi d'animo e con l'innocenza e la spontaneità proprie della sua età ha poi detto al papà: "In effetti, i tuoi persecutori non è che se la passino meglio di te. Nel caso fuggissi da loro, saranno sempre costretti a rincorrerti", fornendo ad Ai Weiwei una nuova chiave per analizzare il problema: "Chi vigila su di me è altrettanto frustrato. La mia angoscia e la mia insicurezza riflettono l'angoscia e l'insicurezza dello Stato. Anche lo Stato ha paura".
Uno Stato sempre più impegnato a reprimere la libertà di opinione e di espressione anche attraverso Internet senza però riuscire a mantenere il controllo come vorrebbe Alla Rete Ai Weiwei riconosce di aver creato un spazio pubblico e sviluppato una pressione che il governo non può più ignorare. Uno spazio che va usato e che deve ridefinire - oltre i confini della Cina – ciò che un governo è autorizzato a fare, i confini dei suoi poteri e l'inizio di quelli del regno della privacy del cittadino.

E proprio grazie a Internet Ai Weiwei mantiene e sviluppa il rapporto col figlio.

Ai Lao non è un bambino qualunque ma vorrebbe certamente esserlo.

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