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Legge elettorale e Senato: una riforma da rivedere. E i gufi non c’entrano

2 Luglio 2014 5 min lettura

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Legge elettorale e Senato: una riforma da rivedere. E i gufi non c’entrano

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Sulla legge elettorale abbiamo espresso in questi mesi le nostre perplessità: l'Italicum è attualmente una legge a misura dei partiti, non per i cittadini. L'obiettivo dei partiti, compreso adesso MoVimento 5 Stelle che si è aperto al confronto con il PD, dovrebbe essere trovare il giusto equilibrio tra governabilità e rappresentanza.

Se si considera anche la riforma del Senato che sarà, secondo la volontà del Governo, non elettivo, il combinato disposto della legge elettorale (con liste bloccate e candidature plurime, accesso premio di maggioranza con 37% dei voti, sbarramento eccessivo per i piccoli partiti) e del Senato rischia di minare fortemente la rappresentatività e il tasso di democraticità (inteso soprattutto, ma non solo, come rapporto elettore-elettorato).

Come giustamente ha sottolineato Alessandro Gilioli su L'Espresso

Insomma, per farla breve: riforma del Senato più Italicum uguale scarsa legittimità democratica del Parlamento e soprattutto inversione di tendenza rispetto al declamato percorso di avvicinamento dei cittadini agli eletti.

L’assemblea di palazzo Madama sarà composta da 5 senatori scelti dal Quirinale, 21 sindaci e, soprattutto, 74 consiglieri regionali selezionati tra i 1014 eletti a tale carica nelle venti regioni italiane. Selezionati come? Con precisione lo sapremo solo quando verrà emenata la legge ordinaria che seguirà quella costituzionale, ma – quale che sia la soluzione tecnica – in questa selezione saranno fondamentali le decisioni o pressioni dei vertici dei partiti a livello regionale o nazionale. In altre parole: i futuri senatori non saranno scelti dai cittadini ma dai partiti. O meglio: i cittadini ne sceglieranno come sempre mille, come amministratori locali, ma non avranno voce in capitolo su quali 74, tra quei mille, saranno anche senatori.

Non si capisce davvero perché il Senato debba essere non elettivo. Se la scusa sono i costi non regge:

Finora l’unica motivazione che ho sentito è che un Senato composto da consiglieri regionali e sindaci costerebbe meno, perché questi senatori non sarebbero stipendiati per la loro seconda funzione. Già di per sé l’argomentazione è debole, ma lo diventa ancora di più se messa al confronto con altre proposte: ad esempio quella di Chiti (che riduce  il numero complessivo dei parlamentari a 415, quindi comporta risparmi maggiori rispetto a 630 deputati che continueranno a costare come prima, nel disegno Boschi-Renzi) o quelle che ipotizzano un taglio sia dei parlamentari sia dei loro emolumenti.

Tra l'altro la Commissione Affari Costituzionali dopo un imbarazzante scaricabarile sulla questione immunità dei Senatori non eletti - tutti si sono dissociati: Governo, Partito Democratica, Forza Italia, Nuovo Centro Destra, Lega - ha approvato l'emendamento con il voto favorevole di tutti (tranne M5S e Sel).

Domani, giovedì 3 luglio, dopo la lettera aperta del PD al MoVimento 5 Stelle sulla legge elettorale, ci sarà un nuovo incontro sulle riforme istituzionali. Intanto nella replica il MoVimento si dice disponibile per una nuova legge elettorale - fattibile in 100 giorni - che garantisca governabilità e stabilità. Ecco cercate, tutti, di non dimenticarvi della rappresentanza. Sul tavolo attualmente c'è una riforma in nome del potere, ci sarebbe poi una legge elettorale in nome della democrazia.

Aggiornamento 6/7/2014: L'incontro tra PD e MoV5Stelle non c'è stato (sembra previsto per domani: il vicesegretario PD Guerini avrebbe dato appuntamento a Luigi Di Maio [l'intervista al Corriere della Sera è interessante, per l'apertura ulteriore che il Movimento fa al PD rispetto alle riforme], ma Debora Serracchiani sostiene invece che l'incontro non è certo. Vedremo. (update: il PD ha annunciato di aver annullato l'incontro)

Intanto:

1) Secondo un sondaggio SWG gli italiani non sono proprio così convinti né del Senato non elettivo né dell'immunità parlamentare riconosciuta a non eletti. Stesse conclusioni del sondaggio di IPR.

 

Qualcuno sulla mia bacheca di Facebook ha commentato: evviva il coraggio dell'impopolarità. Ora il punto non è il coraggio dell'impunità. Ma il pasticcio costituzionale che sta venendo fuori.

Su Senato volete l'immunità? E allora deve essere elettivo. Oppure aboliamo il Senato ma rivediamo tutto l'impianto istituzionale. Ma non si può fare con l'idea di farlo in fretta, pur di farlo, e con questo Parlamento ("nominato" con una legge incostituzionale) e con queste larghe intese (che nessuno ha votato, anzi). Insomma il modo con cui si sta procedendo per me è tutto sbagliato. E il modo sta inevitabilmente incidendo sulla qualità della riforma.

2) Francesco Verderami sul Corriere della Sera nell'articolo "Il gioco delle preferenze camuffate" parla addirittura di una sorta di Lodo Boschi (il Ministro non ha ancora smentito, se arriverà smentita aggiornerò il post ovviamente):

 

Berlusconi avrebbe chiesto e ottenuto una rassicurazione: una legge elettorale che gli consenta di restare padre padrone del suo schieramento grazie al meccanismo della designazione insindacabile dei futuri parlamentari. Perpetuare la pratica dei nominati, insomma. L’autrice della trovata sarebbe la ministra Maria Elena Boschi (che mi auguro smentisca). In pratica si contemplerebbe un meccanismo di preferenze che scatta solo per il partito vincitore delle elezioni. Chi rimane all’opposizione (come quasi certamente succederà a Berlusconi) elegge automaticamente i capolista designati.

3) In questo processo verso spazi sempre più ristretti di partecipazione dei cittadini, nella riforma è stato inserito un emendamento che porta da 50.000 a 250.000 il numero di firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare.

Ecco perché mi è scappata una risata amara quando ho letto questo titolo: Europa: Renzi, ha senso solo se mette insieme i cittadini.

E l’Italia?

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Qui nessuno cerca di fermare le riforme. Se possiamo anche smetterla di usare questo argomento, grazie. Si cerca di contribuire per una riforma che rispetti a pieno i cittadini e le dinamiche democratiche.

Nel XXI secolo la democrazia è sfidata non solo dai terrorismi, ma da semplificazioni che danno vita a quella che viene definita dittatura delle maggioranze, un affievolirsi cioè dei controlli sui governi. È un pericolo dal quale guardarsi. La democrazia ha bisogno di partecipazione e governabilità, non di contrapporre l’una all’altra.

Vale la pena leggerla tutta la lettera al Corriere della Sera di Vannino Chiti sulle riforme costituzionali.

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