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Quando a diffondere l’odio è un professore universitario

3 Dicembre 2019 8 min lettura

Quando a diffondere l’odio è un professore universitario

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Università Siena, il prof. Castrucci evita il licenziamento andando in pensione

Aggiornamento 20 dicembre 2019: Dopo l'insediamento del Collegio di disciplina, cui spetta di valutare l'eventuale allontanamento del professor Emanuele Castrucci dall'insegnamento, è arrivata la richiesta di quest'ultimo di andare in pensione a partire dal primo gennaio 2020. Come riporta il sito dell'Università di Siena, la richiesta è stata accolta dal rettore che ha emanato l'apposito decreto.

Il collegio ha comunque stabilito di ascoltare alcuni rappresentati degli studenti di Giurisprudenza e il presidente del Comitato di didattica per raccogliere ulteriori elementi di giudizio.

 

L'Università di Siena sospende da lezioni ed esami il prof Castrucci. Il GIP rigetta l'ordinanza di sequestro del profilo Twitter del professore presentata dalla Procura di Siena

Aggiornamento 12 dicembre 2019: Il rettore dell'Università di Siena, Francesco Frati, ha disposto la sospensione del professore Emanuele Castrucci dall'attività di insegnamento (ma in questo semestre non erano previste lezioni) e dagli esami (era previsto un appello per il 13 dicembre), scrive Repubblica Firenze. Il 19 dicembre ci sarà la prima riunione del collegio di disciplina, che valuterà se destituire l'ordinario.

Lo scorso 3 dicembre, la procurare di Siena Salvatore Vitello aveva inoltre disposto il sequestro preventivo del profilo Twitter di Castrucci e l’oscuramento dei tweet su Hitler e aveva aperto un fascicolo di indagine ipotizzando il reato di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa, aggravata da negazionismo. Il giudice per le indagini preliminari (GIP) del tribunale di Siena, riporta La Nazione, ha però rigettato l'ordinanza di sequestro del profilo Twitter del professore perché nel tweet incriminato non ci sarebbero gli estremi del reato di propaganda e istigazione all'odio razziale, ma una rilettura storica e apologetica della figura di Hitler.

Il procuratore capo di Siena, Salvatore Vitello, sempre dalla pagine del quotidiano ha così commentato: "Pur rispettando la decisione del gip, noi dissentiamo da questa interpretazione. Ritenendo che ci sia istigazione all'odio razziale, con la foto di Hitler che è un'ulteriore prova a sostegno. Quel tweet è stato poi rimosso dal professore. Per questo presenteremo ricorso al tribunale del Riesame chiedendo il sequestro del profilo".

 

Prima, durante e dopo la mia prigionia mi ha ferito l'indifferenza colpevole più della violenza stessa. Quella stessa indifferenza che ora permette che Italia e Europa si risveglino ancora razziste; temo di vivere abbastanza per vedere cose che pensavo la Storia avesse definitivamente bocciato, invece erano solo sopite.
(Liliana Segre)

Quello del professor Emanuele Castrucci, ordinario di Filosofia del diritto dell’Università di Siena al centro di accuse di antisemitismo e apologia del nazismo, è un caso di studio per almeno due manuali. Il primo manuale lo possiamo intitolare L’odio è colpa dell’anonimato del web? Certo, come no... Il secondo, invece, Nascondere la testa sotto la sabbia non funziona, anzi.

Nella giornata di domenica, infatti, il giornalista di SkyTg24, Marco Congiu, porta all’attenzione del rettore dell’Università di Siena un tweet di Castrucci dove si elogia Hitler. La risposta del rettore ha dell’incredibile:

Cosa c’è di sbagliato in questa replica? Innanzi tutto, dando una veloce occhiata al profilo di Castrucci, si nota subito come questi tweet non siano l’eccezione, ma la norma. Solo per fare alcuni esempi, abbiamo l’apologia di un falso storico, I protocolli dei savi di Sion.

O tweet scritti in inglese – tanto per essere sicuri che i concetti espressi siano capiti anche all’estero – dove si fa riferimento al complottismo dei suprematisti sullo sterminio dei bianchi e la responsabilità occulta degli ebrei:

O meme con citazioni di Hitler:

Abbiamo anche un caso di caps lock accademico risalente al 2015:

È dunque evidente che questa condotta rispecchia un modo di pensare profondo e strutturato, e che non si ha paura o timore di nasconderlo in pubblico; non si pensa nemmeno che possa essere sconveniente. Derubricare questa condotta a “personale” significa pensare che atti di comunicazione pubblica, potenzialmente perseguibili per incitamento all’odio o apologia, abbiano conseguenze trascurabili, facilmente minimizzabili. Significa fingere goffamente che siano qualcosa di diverso da ciò che in modo fin troppo evidente sono.

Inoltre, come molti enti pubblici, l’Università di Siena ha una social media policy. Questo tipo di policy ormai non disciplinano solo la condotta degli account ufficiali dall’ateneo, ma includono un codice di condotta anche per i profili dei dipendenti. Questo perché separare le due dimensioni è qualcosa che nessuno fa davvero, specie se le opinioni espresse hanno possibili ricadute sulla credibilità professionale o dell’ente per cui si lavora. Pensate ad esempio all’ospedale della vostra città: se il primario di oncologia sul proprio profilo Facebook scrivesse che il cancro si cura col bicarbonato, o che l’omeopatia è molto più efficace della radioterapia, come vi sentireste ad affidargli la vostra vita, o quella di una persona a voi vicina? Pensereste “be’, in fondo sono solo opinioni personali” mentre vi sconsiglia la radioterapia?

La stessa Università di Siena, alla voce “Policy interna”, recita:

eventuali profili personali di dipendenti dell’Amministrazione vengono gestiti a titolo personale e in autonomia, nel rispetto del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici.

Ora, se il Codice si applica ai dipendenti dell’Amministrazione e ai loro profili personali, se si pensa che un certo tipo di responsabilità non possa essere scissa, perché si può pensare che non riguardi un ordinario, che per peso e visibilità è tra le figure più importanti di un ateneo? Il Codice disciplina persino i rapporti privati, i regali che si possono ricevere, le collaborazioni (e Castrucci aveva collaborato anche col Primato Nazionale, organo di CasaPound). Ha cioè una visione estensiva, non riduttiva, di come la condotta di un dipendente debba essere improntata al rispetto non solo della Costituzione, ma di criteri di opportunità e di possibili conseguenze per l’immagine dell’ente.

Solo ragionando in termini di impunità o difesa d’ufficio collegata al ruolo si può parlare di “opinioni personali”. O solo in termini di testa che cerca subito la sabbia – per l’appunto. Lo stesso rettore, a distanza di poche ore e all'aumentare delle comprensibili polemiche, si è così visto costretto a un’inversione a U, annunciando di aver dato mandato agli “uffici” di attivare i “provvedimenti conseguenti”.

L’account dell’Università di Siena, invece, dopo aver rilanciato quest'ultime parole del rettore ha poi diffuso quelle del Direttore del Dipartimento di giurisprudenza (dove Castrucci è ordinario), rivendicando la distanza della “linea scientifica” tenuta dal Dipartimento stesso rispetto alle parole twittate dal professore.

L'Ateneo di Siena, su disposizione del rettore, ha predisposto una denuncia alla Procura di Siena. Il Senato Accademico, poi, ha avviato un procedimento disciplinare interno, proponendo la sanzione della destituzione. È arrivata anche la condanna della Comunità ebraica di Firenze, con la Nazione che riporta le parole del suo presidente, David Liscia: «Gravissimo che simili espressioni arrivino da un docente universitario». Gli studenti, intervistati dal TgR Toscana, hanno dichiarato inoltre che «esternamente alle lezioni era abbastanza noto che quello fosse il suo pensiero».

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A commento della vicenda, due considerazioni. L’idea che esista un “far west della Rete” slegato dall’insieme dei rapporti quotidiani è un mito che va abbandonato quanto prima. Non sono due mondi paralleli, ed è pericoloso alimentare questa narrazione. Come corollario crea infatti l’idea che un cittadino rispettabile per posizione sociale sia sostanzialmente una cosa diversa dai suoi comportamenti in Rete – che questi, insomma, non possano essere invece i sintomi di qualcosa che, nel quotidiano, si manifesta con perfetta contiguità. O si nega l'influenza che, a prescindere dai settori di appartenenza, la classe dirigente di un paese ha nel concorrere a formare l'opinione pubblica, anche attraverso il modo in cui usa i social, ponendo su un astratto piano altro i comportamenti, gli esempi, i modelli culturali propugnati attraverso linguaggio e argomenti. Nel caso di Castrucci, per fortuna attraverso i social media si sono portati all'evidenza dell'opinione pubblica dei fatti che altrimenti chissà per quanto altro tempo sarebbero passati inosservati - o tollerati.

Infine, un ateneo, ovvero un’istituzione che concorre a formare menti, a fornire competenze e spirito critico, dovrebbe porsi con animo franco e scrupoloso rispetto a problemi come l’antisemitismo o verso l’apologia del nazismo, altrimenti, come nel caso specifico, si può creare l’impressione che il fenomeno venga al limite affrontato con l’idea che “sì, tizio è nazista, però alla fine se lo tiene per sé”. E l’ipocrita tolleranza è già un modo di alimentare quei problemi, perché non crea nessun attrito, nessuna presa di responsabilità, nessuna tutela per chi si trova a contatto con quelle opinioni in canali più ufficiosi, che non lasciano verbali, prove, ma che fanno parte della vita dell’ateneo stesso, ai suoi processi di formazione e selezione – ad esempio i rapporti tra professore e studenti. A meno che non si voglia far credere che nessun dipendente dell'Università abbia mai letto i tweet di Emanuele Castrucci, o che si tratti di un caso di personalità scissa, alla Professor Jekyll e Twitter Hyde.

Immagine in anteprima via Twitter

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