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La tecnologia mRNA usata per i vaccini anti COVID e le possibili future applicazioni dal cancro alle malattie genetiche

28 Aprile 2021 12 min lettura

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La tecnologia mRNA usata per i vaccini anti COVID e le possibili future applicazioni dal cancro alle malattie genetiche

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Scommessa o scoperta rivoluzionaria? Da quando sono stati approvati i vaccini di Pfizer & BioNTech e di Moderna, grande attenzione è stata rivolta alla particolare tecnologia utilizzata per svilupparli: l’RNA messaggero (mRNA). A differenza dei vaccini più tradizionali che utilizzano una versione indebolita o morta di un virus o una proteina generata in laboratorio, queste tipologie di vaccino sfruttano una molecola che noi stessi usiamo, l’RNA messaggero, appunto. L’mRNA contiene l'informazione per produrre la proteina "spike" (S) che il virus utilizza per entrare nelle cellule che infetta. Quando viene iniettato il vaccino, le cellule utilizzeranno questo RNA per produrre la proteina S del coronavirus, il nostro sistema immunitario riconoscerà questa proteina come estranea e genererà una risposta immunitaria, come avverrebbe in caso di un'infezione "naturale".

La velocità con cui i due vaccini sono stati prodotti e il fatto che prima dell’approvazione dei vaccini il grande pubblico non fosse a conoscenza di questa tecnologia potrebbe far pensare di trovarsi di fronte a una nuova scoperta o a una svolta improvvisa. In realtà l’mRNA non nasce oggi e questi vaccini sono stati sviluppati rapidamente proprio perché c’è una lunga storia di sperimentazioni alle spalle. Che inizia più di 40 anni fa.

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Tanto tempo è passato, infatti, da quando, alla fine degli anni ‘70, una giovane scienziata ungherese, Katalin Karikó, ha aperto la strada alle prime ricerche sull’mRNA. L’RNA messaggero è la molecola che si occupa di codificare e portare le istruzioni contenute nel DNA nelle cellule, per far produrre loro le proteine, alla base di tutti i meccanismi che ci fanno esistere. Se le cellule ricevono dall’mRNA le istruzioni per produrre le proteine che ci mantengono vivi e in salute, possiamo provare a creare un mRNA sintetico che induca le cellule a creare particolari proteine in grado di ridurre gli effetti di una malattia o di sviluppare anticorpi in grado di immunizzarci? Sono state queste le domande che hanno ispirato la ricerca di Karikó.

Da allora, ci sono state molte battute d’arresto, sono state distrutte carriere accademiche per mancanza di finanziamenti, diverse società sono andate quasi in bancarotta. Eppure nonostante i risultati non fossero quelli sperati, le sperimentazioni sono proseguite, il sogno dell'mRNA non è mai tramontato forse perché – scrive Derek Thompson su The Atlantic – “il suo principio fondamentale era incredibilmente semplice, persino bello: la fabbrica dei farmaci più potente al mondo potrebbe essere dentro di noi”.

Quella dell’mRNA è la storia di come funziona la ricerca di base e di quanto è importante finanziarla e sostenerla anche se non dà risultati nell’immediato, prosegue Thompson. All’inizio vengono piantate diverse varietà di semi. Alcuni muoiono: la ricerca non va da nessuna parte. Altri diventano piccoli arbusti: la ricerca non fallisce del tutto, ma produce poco valore. E alcuni semi sbocciano in alberi torreggianti con frutti abbondanti che scienziati, aziende e tecnologi raccolgono e trasformano in prodotti che cambiano le nostre vite. “Quando semini non puoi sapere se stai piantando un buco nell’acqua o la futura scoperta rivoluzionaria. E anche in questo secondo caso, non saprai mai all’inizio che tipo di scoperta farai. Per anni, la tecnologia dell'mRNA sembrava un arbusto. Nel 2020 è sbocciata in tutto il suo splendore” in un ambito di applicazione per cui non era stata inizialmente pensata.

“Ma questo rischio di incertezza – osserva Thompson – è esattamente il motivo per cui paesi come gli Stati Uniti dovrebbero incoraggiare la scienza di base e una ricerca altamente innovativa”.

Dagli inizi allo sviluppo del vaccino 

La storia della tecnologia dell’mRNA messaggero non riguarda un solo scienziato, vede protagonisti più ricercatori che nell’arco di decenni hanno portato avanti i propri studi separatamente in ambiti differenti, le cui conoscenze maturate individualmente si sono fatte patrimonio comune e hanno consentito di sviluppare il vaccino anti-COVID.

Tutto ha inizio oltre 40 anni fa, nel 1978, quando Katalin Karikó, Ph. D. presso il Centro di ricerca biologica di Szeged, in Ungheria, comincia i suoi studi sul ruolo dell'RNA che deve però interrompere quando il programma di ricerca dell'università esaurisce i fondi. È il 1985. Insieme a suo marito e alla sua bambina di 2 anni, Karikó si trasferisce negli Stati Uniti, a Filadelfia, dove vince un post-dottorato alla Temple University. La ricerca sull'mRNA era ancora agli albori. Anche i compiti più elementari erano difficili, se non impossibili. Come si producono le molecole di RNA in un laboratorio? Come si ottiene l'mRNA nelle cellule del corpo?

Nel 1989 Karikó diventa assistente di ricerca del dottor Elliot Barnathan, all'epoca cardiologo presso l'Università della Pennsylvania. Era una posizione di basso livello, precaria e senza fondi. Tuttavia, la scienziata ungherese non si perde d'animo e insieme al dottor Barnathan iniziano a progettare come inserire l'mRNA nelle cellule inducendole a produrre nuove proteine. In uno dei primi esperimenti, speravano di riuscire a istruire le cellule a produrre una proteina chiamata recettore dell'urochinasi. Se l'esperimento avesse funzionato, avrebbero rilevato la nuova proteina con una molecola radioattiva che sarebbe stata attratta dal recettore. Tra l'incredulità di molti colleghi, l'esperimento riesce.

A quel punto sembrano aprirsi prospettive inimmaginabili. Si poteva usare l'mRNA per rafforzare i vasi sanguigni per un intervento chirurgico di bypass cardiaco. Oppure addirittura il sistema escogitato avrebbe potuto estendere la durata della vita delle cellule umane.

Invece le ricerche incontrano molti ostacoli fino a sembrare di essere prossime ad arenarsi. Karikó si trova di fronte a un problema che pare insormontabile: il corpo umano non riconosceva l’RNA sintetico e lo rigettava immediatamente impedendo così la trasmissione delle istruzioni alle cellule per produrre le proteine desiderate. Le sue richieste di fondi vengono respinte, la carriera di Karikó rischia di arrestarsi. 

Dopo circa un decennio in cui gli studi proseguono a singhiozzo, nei primi anni Duemila arriva la svolta. Karikó ha conosciuto Drew Weissman, immunologo dell’Università di Boston, attualmente impegnato nella realizzazione di un vaccino universale contro i coronavirus. I due capiscono che per poter fare in modo che l'mRNA sintetico oltrepassasse le difese delle cellule umane dovevano modificare uno dei suoi quattro mattoncini molecolari, i nucleosidi, che costituiscono un filamento di RNA e che a seconda di come sono ricombinati danno informazioni alle cellule. Dopo diversi esperimenti, Karikó e Weissman riescono a modificare il mattoncino che nella versione sintetica induceva le difese dell’organismo. “La soluzione scoperta da Karikó e Weissman era l'equivalente biologico della sostituzione di un pneumatico”, spiegano i giornalisti Damian Garde e Jonathan Saltzman sul sito web scientifico Stat.

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I due ricercatori pubblicano gli esiti della loro ricerca e attirano l’attenzione di un gruppo di ricercatori, professori e venture capitalist, fondatori di una società chiamata Moderna, e, in Germania, di una coppia con un background di ricerca sull’immunoterapia, Ugur Sahin e Özlem Türeci, a loro volta fondatori di diverse società tra cui una che si occupa di ricerca di trattamenti a base di mRNA per il cancro: il suo nome è BioNTech.

All’epoca, ha raccontato Türeci a The Atlantic, c’era molto scetticismo sull’efficacia dei trattamenti a mRNA perché non c’era un prodotto basato su questa tecnologia che fosse stato approvato dalle agenzie del farmaco: “Era una tecnologia nuova. Lo sviluppo dei farmaci è altamente regolamentato ed è difficile approvare percorsi diversi da quelli con cui si ha maggiore esperienza”.

Per anni BioNTech e Moderna hanno continuato le loro sperimentazioni nonostante i loro prodotti non venissero approvati, grazie al supporto di filantropi, investitori e altre società. Moderna ha collaborato con il National Institute of Health (NIH), negli Stati Uniti, e ha ricevuto decine di milioni di dollari dalla DARPA, la Defense Advanced Research Projects Agency, per sviluppare vaccini contro diversi virus, incluso Zika. Nel 2018, BioNTech ha firmato un accordo con Pfizer per sviluppare un vaccino a base mRNA contro l'influenza.

Secondo Pfizer, la tecnologia a mRNA era molto promettente per la sua flessibilità e velocità. “Puoi modificare l'mRNA molto rapidamente. Questo è abbastanza utile per un virus come l'influenza, che richiede due vaccini aggiornati ogni anno”, ha spiegato a The Atlantic Philip Dormitzer, che guida i programmi di ricerca e sviluppo sui vaccini virali dell’azienda farmaceutica statunitense.

Poi è arrivata la pandemia da SARS-CoV-2, la corsa per lo sviluppo di un vaccino in tempi brevi e Moderna e Pfizer si sono trovate a reindirizzare i loro piani di ricerca per contrastare la COVID-19. “È stato davvero un caso in cui i nostri ricercatori hanno scambiato la proteina influenzale con quella del nuovo coronavirus. Si è scoperto che non era un’ipotesi così strana”.

Le applicazioni future

Il successo dei due vaccini ha generato un entusiasmo travolgente intorno alle possibili diverse applicazioni della tecnologia mRNA e del principio su cui si basa. Una sequenza di mRNA potrebbe riparare un cuore danneggiato producendo una proteina che stimola la crescita dei vasi sanguigni. Un altro potrebbe codificare un enzima mancante per far regredire una malattia genetica rara, scriveva a fine dicembre Kelly Servick in un articolo su Science. D’altronde, già prima della pandemia il settore farmaceutico aveva intravisto nell’mRNA una tecnologia promettente per sviluppare farmaci e vaccini in modo semplice e flessibile. Come detto, Pfizer aveva pianificato di utilizzare l’mRNA per sviluppare un vaccino contro l'influenza stagionale per la sua particolare flessibilità. 

Sono diverse le sperimentazioni in atto al momento. Un team di Yale ha brevettato una tecnologia simile per un vaccino contro la malaria, una malattia che uccide più di 400mila persone ogni anno. 

La malaria non è causata da un virus o da un batterio, ma da protozoi parassiti appartenenti al genere Plasmodium. Le specie di plasmodi responsabili della malaria umana si trasmettono in modo naturale da uomo a uomo mediante la puntura di zanzare infette appartenenti al genere Anopheles. I plasmodi attuano una serie di strategie in grado di eludere il nostro sistema immunitario rendendo così possibile contrarre la malattia più e più volte e poco efficaci eventuali vaccini. L’unico esistente garantisce solo una protezione parziale.

Il vaccino sviluppato dal team di Yale ha mostrato risultati promettenti sui topi: utilizza un RNA auto-amplificante, o saRNA, che genera una grande risposta immunitaria con una piccola dose di vaccino. “Se dovesse mostrarsi efficace, rispetto al vaccino anti-COVID, con saRNA sarebbe sufficiente iniettare un centesimo di mRNA per avere lo stesso effetto”, ha commentato Richard Bucala, co-inventore del vaccino e scienziato presso la Yale School of Medicine. 

BioNTech sta testando la tecnologia per fare in modo che vengano create proteine su richiesta associate a tumori specifici (melanoma, cancro al seno e cancro alle ovaie, tumore al pancreas e alla pelle) per insegnare al corpo a combattere il cancro avanzato. Per ogni malato di cancro, BioNTech preleva un campione di tessuto da un tumore per eseguire un'analisi genetica. Sulla base di quel test, l'azienda progetta un vaccino mRNA personalizzato, che dice alle cellule del paziente di produrre proteine ​​associate alla specifica mutazione del tumore. Il sistema immunitario impara a cercare e distruggere cellule tumorali simili in tutto il corpo. Si tratta di un ciclo di analisi e progettazione non così diverso da come è stato sviluppato il vaccino contro il nuovo coronavirus. A partire dal sequenziamento di SARS-CoV-2 è stata identificata la proteina spike e realizzata una terapia efficace. 

Moderna ha avviato dei test per sviluppare vaccini contro il citomegalovirus e, insieme all’azienda farmaceutica Merck, contro il cancro alla testa e al collo. L’idea – scrive Emanuele Menietti su Il Post – è “creare un vaccino mirato per ogni paziente, sulla base delle mutazioni genetiche riscontrate nelle cellule tumorali, e di somministrarlo insieme al Keytruda, un farmaco specifico per i tumori distribuito da Merck”.

Ulteriori sperimentazioni sono state avviate da altre aziende farmaceutiche sulla fibrosi cistica, sull’insufficienza cardiaca, sul deficit di ornitina transcarbamilasi (OTCD), una patologia del ciclo dell’urea, sull’amiloidosi da transtiretina, una patologia multisistemica rara.

BioNTech sta, infine, sperimentando delle terapie con mRNA sintetico per rallentare e invertire gli effetti della sclerosi multipla. “Sono fermamente convinto ora più che mai che l'mRNA possa davvero portare a un cambiamento significativo", ha commentato Türeci di BioNTech. “In linea di principio, tutto ciò che puoi fare con le proteine ​​può essere sostituito dall'mRNA”. 

Non esiste la bacchetta magica 

In linea di principio tutto è possibile, ma Peter Hotez, noto scienziato esperto di vaccini, salute globale e malattie tropicali, invita a stare attenti ai facili entusiasmi. 

A marzo 2020 Hotez era convinto che il vaccino più efficace sarebbe stato quello sviluppato dalla casa farmaceutica Merck che negli anni scorsi ha sviluppato un vaccino efficace contro Ebola utilizzando il virus della stomatite vescicolare (VSV) che non ha alcun effetto sull’uomo ma che è in grado di generare una risposta immunitaria neutralizzante contro Ebola. Contro il nuovo coronavirus questa tecnologia promettente ha invece fallito negli studi clinici e Merck è stata costretta a interrompere lo sviluppo del vaccino.

Questa storia è una lezione fondamentale di come funziona la scienza, spiega Hotez. “La tecnologia che funziona per un'epidemia potrebbe non funzionare per quella successiva e non sapremo mai cosa funziona prima di averlo provato. Ecco perché dico che è troppo presto definire i vaccini a mRNA un miracolo”. 

"Non c'è la bacchetta magica e l'mRNA non è perfetto per tutto", spiega Dormitzer di Pfizer. “L’mRNA non è il Santo Graal. Scopriremo che ci sono malattie contro le quali l'mRNA ha sorprendentemente successo e altre contro cui non ha effetto. Dobbiamo dimostrarlo per ogni singola malattia infettiva, una per una”, aggiunge Türeci.

Nel caso dell’mRNA, scrive Monica Panetto su Il BoLive, “le nanoparticelle lipidiche che contengono l’RNA messaggero devono raggiungere tessuti o organi del corpo attraverso il flusso sanguigno e questo non è sempre così semplice”. Inoltre, quando vengono somministrate poche dosi, l’mRNA si degrada poco dopo la vaccinazione, e in caso di dosi ripetute “potrebbero manifestarsi effetti collaterali dovuti per esempio all’accumulo delle nanoparticelle lipidiche nell’organismo o a una risposta infiammatoria all’RNA estraneo”.

I vaccini di oggi sono l’esito dei successi e dei fallimenti passati

Tutta questa storia ci lascia un’altra lezione per il futuro. Anche rispetto alle applicazioni future dell’mRNA. Se è vero che non ci sono bacchette magiche, tutte le sperimentazioni fatte, i percorsi e le intuizioni dei singoli ricercatori, i test fatti per provare le ipotesi formulate, anche i fallimenti e le esperienze che sembrano più lontane, hanno consentito di arrivare a dei vaccini efficaci contro il nuovo coronavirus in tempi rapidissimi.

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“Il coronavirus potrebbe essere uno degli obiettivi vaccinali più facili che abbiamo visto nei tempi moderni. Quasi tutto quello che abbiamo lanciato ha funzionato”, osserva Hotez. Ma se è stato davvero un bersaglio facile – commenta Dereck Thompson su The Atlantic – è perché c’è stato un lavoro scientifico collettivo a monte. 

Quattro anni fa, in seguito allo scoppio della sindrome respiratoria mediorientale (MERS) una ventina di scienziati del NIH, della Vanderbilt University, del Dartmouth College e di altre istituzioni hanno pubblicato un’analisi dettagliata della forma e del comportamento della proteina spike. Questo ha permesso di partire avvantaggiati nello sviluppo di un vaccino.

Per decenni, i ricercatori hanno lottato per progettare invano un vaccino per l'HIV. Ma quello che a molti è sembrato un vicolo cieco ha portato diversi ricercatori e sviluppatori del vaccino a spendere tempo e denaro per sperimentare tecniche non provate, come l'mRNA sintetico e la tecnologia del vettore virale alla base del vaccino Johnson & Johnson. Quasi il 90% dei vaccini COVID-19 utilizzava una tecnologia che “potrebbe essere ricondotta a prototipi testati nelle sperimentazioni sui vaccini contro l'HIV”, ha scritto l’economista del MIT Jeffrey E. Harris.

Moderna e BioNTech avevano trascorso anni a mettere a punto la loro tecnologia andando avanti nonostante nessun prodotto a base mRNA venisse autorizzato.

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“Senza gli sforzi di Katalin Karikó per far funzionare la tecnologia mRNA– conclude Thompson – il mondo non avrebbe Moderna o BioNTech. Senza i finanziamenti governativi e la filantropia, entrambe le società sarebbero probabilmente fallite prima del 2020. Senza i fallimenti della ricerca sul vaccino contro l'HIV che hanno costretto alcuni scienziati a fare da pionieri in nuovi campi, a quest’ora forse non avremmo saputo come far funzionare la tecnologia mRNA. Senza un team internazionale di scienziati che alcuni anni fa ha svelato i segreti della proteina spike del coronavirus, non avremmo avuto le informazioni necessarie su questo patogeno per progettare un vaccino. La tecnologia mRNA è nata da molti semi”.

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Immagine in anteprima: Foto di mwooten da Pixabay

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