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COVID-19, vaccini in tempi record: ecco come è stato possibile

28 Dicembre 2020 6 min lettura

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COVID-19, vaccini in tempi record: ecco come è stato possibile

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In un articolo sul Guardian Adam Finn, professore di pediatria presso il Bristol Children’s Vaccine Centre dell'Università di Bristol in Inghilterra, spiega alcuni motivi grazie ai quali siamo riusciti, al di là di ogni plausibile previsione, ad avere diversi vaccini contro il nuovo coronavirus, SARS-CoV-2, a meno di un anno dalla pandemia globale che ha stravolto il mondo.

La velocità con cui si è arrivati all'approvazione di vaccini efficaci contro la COVID-19 è senza precedenti. È legittimo dunque chiedersi come sia stato possibile ottenere un simile risultato senza alcun tipo di compromesso rispetto agli standard previsti dai processi di sperimentazione e approvazione. Il professor Finn giustamente sottolinea che spiegare tutto questo solo con le meraviglie delle scienza sarebbe un po' vago. Ecco perché ha individuato alcune spiegazioni per comprendere al meglio la conquista scientifica storica di questi giorni.

1) Molto prima della crisi della COVID-19, c'era la consapevolezza della possibilità che scoppiasse una pandemia negli anni a venire ed erano già stati realizzati dei piani per affrontarla. Governi, agenzie internazionali e fondazioni avevano messo in comune le risorse e diverse aziende e istituzioni accademiche, tra cui BioNTech, Moderna e l'Università di Oxford, hanno anche lavorato a nuove tecnologie in grado di generare vaccini dai genomi di patogeni infettivi, testandoli per diversi anni.

2) Il professor Yong-Zhen Zhang, della Fudan University di Shanghai, e i suoi colleghi in Cina hanno ottenuto rapidamente materiale biologico da un primo caso di COVID-19 e hanno identificato un nuovo coronavirus. Hanno ottenuto così altrettanto rapidamente la sequenza genetica dell'RNA del virus e hanno reso pubbliche queste informazioni. Il fatto che le piattaforme di vaccini a RNA e quelle basate su vettore virale richiedessero solo il genoma, e non un campione del virus vivo, ha permesso che la progettazione e la produzione fossero più spedite.

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3) Gli sviluppatori del vaccino hanno avuto accesso a finanziamenti immediati e imponenti. Normalmente, ottenere soldi per sviluppare nuovi vaccini richiede tempo. Ma, a fronte degli elevati costi sanitari ed economici della pandemia, i finanziatori hanno consentito tutte le opzioni possibili.
Come ha sottolineato, sempre sul Guardian, la professoressa Charlotte Summers, docente di medicina di terapia intensiva presso l'Università di Cambridge: "È vero che in passato per sviluppare vaccini ci sono voluti anni, ma la maggior parte di quel tempo spesso non è stato impegnato per intraprendere sperimentazioni cliniche, ma per raccogliere fondi per le sperimentazioni, negoziare contratti e richiedere l'approvazione normativa. Le sperimentazioni storiche sui vaccini si sono svolte raramente durante una pandemia come questa, mentre milioni di persone sono esposte quotidianamente a infezioni e migliaia di loro sono disposte a partecipare alle sperimentazioni".

4) I processi di scrittura dei protocolli di sperimentazione clinica e di ottenimento delle approvazioni necessarie per realizzarli sono stati accelerati. Di solito si procede molto lentamente, perché le richieste vengono sottoposte a comitati etici e autorità di regolamentazione che devono valutarle insieme a molte altre. Ma questa volta i ricercatori lavoravano e si incontravano spesso ed è stato impiegato personale aggiuntivo. I comitati ricevevano le domande, stabilivano le priorità e prendevano decisioni generalmente entro 24 ore. Tutti hanno raddoppiato i loro sforzi per mettere questi studi al primo posto. Tra l'altro i dati delle sperimentazioni cliniche, grazie alle tecnologie informatiche, sono immediatamente disponibili per l'analisi man mano che vengono raccolti.

5) Gli studi hanno attirato un numero enorme di volontari. Molte persone hanno deciso di partecipare e dare una mano. In genere, le sperimentazioni sui vaccini richiedono settimane o mesi per il reclutamento, ma per questi studi - aiutati dalla velocità delle informazioni sui media, dai social media e dalla capacità dei soggetti di manifestare immediatamente l'interesse online - è stato possibile identificare i volontari disponibili in poche ore.

6) I primi vaccini hanno dimostrato di avere un'elevata efficacia e questo ha velocizzato gli studi. Durante la sperimentazione di un vaccino i soggetti testati vengono suddivisi in due gruppi: a uno si somministra il vaccino, all'altro un placebo. Se, per ipotesi, l'efficacia di un vaccino fosse del 100%, potrebbe essere sufficiente rilevare pochi casi di malattia per essere praticamente certi che questo effetto sia da attribuire al vaccino, anche perché questi casi si verificherebbero tutti nel gruppo di persone che riceve il placebo. Ma se l'efficacia fosse molto più bassa, ci sarebbero dei casi di malattia anche nel gruppo di persone che riceve il vaccino. Perciò, servirebbe accumulare un numero maggiore di casi per capire se le differenze tra i due gruppi siano dovute a effetti casuali o se siano da attribuire all'effetto protettivo del vaccino. Ciò allungherebbe la sperimentazione, che in questo caso invece si è potuta svolgere in tempi più rapidi.

7) Gli studi sui vaccini sono stati valutati attraverso un processo di "revisione progressiva" (rolling review), un approccio diverso dal solito. Normalmente i risultati e i dati vengono sottoposti all'approvazione tutti insieme una volta terminata la sperimentazione, un processo che richiede mesi. L'intero studio viene quindi presentato alle autorità di regolamentazione che quindi iniziano la loro revisione, un'altra fase che dura mesi. Questa volta i dati sono stati forniti alle agenzie man mano che si rendevano disponibili e venivano riesaminati mentre gli studi erano in corso. Quando sono arrivati i risultati finali, quelli erano gli unici dati rimasti da rivedere. L'intero processo ha richiesto mesi, ma per ultimare gli ultimi passaggi sono stati necessari solo giorni. In più le aziende hanno deciso di scommettere e rischiare, producendo i vaccini prima dell'autorizzazione finale. Se la sperimentazione fosse fallita, tutte le dosi di vaccino già prodotte sarebbero state inutili. Fortunatamente, questo non è successo.

Altri vaccini stanno per arrivare e molte più informazioni sulla sicurezza e sugli effetti collaterali - scrive Finn - si accumuleranno man mano che saranno somministrati su scala più grande rispetto alla sperimentazione. «Ma il fatto che siamo già in grado di iniziare a proteggere le persone vulnerabili e altamente esposte con l'immunizzazione è il risultato di lungimiranza, duro lavoro e alcuni colpi di fortuna».

Si tratta di un risultato che senz'altro va al di là delle aspettative. Ma bisogna considerare che la ricerca sui vaccini contro il virus SARS-CoV-2 non è partita da zero. Come ricorda Philip Ball su Nature, per anni i ricercatori hanno rivolto la loro attenzione ad altri coronavirus, come quelli della SARS e della MERS. Ad esempio, gli scienziati del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, negli Stati Uniti, hanno appreso, proprio dalle ricerche su SARS e MERS, che per lo sviluppo dei vaccini a RNA sarebbe stato meglio adattare la sequenza utilizzata in modo che la proteina Spike risultante presentasse la forma che normalmente assume prima di agganciarsi ai recettori sulle cellule umane che il virus infetta. I ricercatori hanno capito che in questa versione "stabilizzata" la proteina avrebbe funzionato meglio come antigene, stimolando una risposta immunitaria più efficace. Il rapido sviluppo del vaccino è stato reso possibile dalle conoscenze acquisite in anni di ricerca.

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Anche il vaccino prodotto dall'Università di Oxford insieme alla compagnia AstraZeneca, anche se adotta una tecnologia diversa (un vettore virale che contiene la sequenza della proteina Spike), ha beneficiato, osserva Ball, dei precedenti studi nel campo, su SARS, MERS e altre malattie come Ebola e la malaria. Uno sforzo collaborativo, che ha visto la partecipazione della ricerca pubblica e privata, e che ha reso possibile raggiungere i risultati che oggi celebriamo.

«Per me - conclude la professoressa Summers nel suo intervento sul Guardian - la domanda non è come siamo riusciti a ottenere una vaccinazione per il nuovo coronavirus in così breve tempo, ma piuttosto: perché non siamo ancora riusciti ad avere lo stesso impatto su malattie come la tubercolosi, l'HIV e la malaria, che da molti anni uccidono milioni di persone? E cosa potrebbe accadere se impegnassimo lo stesso urgente sforzo globale verso le altre sfide che dobbiamo affrontare, come l'emergenza ambientale o la sempre più preoccupante resistenza antibiotica

Foto anteprima PixxlTeufel via Pixabay

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