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Giù le mani dalle famiglie arcobaleno e dalle persone LGBTQIA+

23 Giugno 2023 7 min lettura

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Giù le mani dalle famiglie arcobaleno e dalle persone LGBTQIA+

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Giugno è il mese del Pride, con cui si celebra la comunità LGBTQIA+ e le conquiste ottenute, ma dove si punta anche l’attenzione a quei contesti dove l’avanzata dei diritti incontra muri o repressione aperta.

Per l’Italia il mese del Pride ha rappresentato entrambe queste realtà. Un’ondata arcobaleno si è riversata sulle principali piazze italiane, mostrando una comunità più viva e consapevole che mai. Ciò anche se la questione dei patrocini istituzionali, come nel caso del Pride romano, continui a essere un problema: un anno si tratta di una locandina, un anno si tratta di una frase in un comunicato, e così via. Mentre, nel caso del Pride di Catania e della Questura che interrompe la manifestazione, ci si è trovati di fronte a un ambiguo rapporto con le regole: interpretate con gli amici, applicate con zelo contro gli altri. 

A guardare i comportamenti delle istituzioni, infatti le persone LGBTQIA+ sono diventate ormai largamente un bersaglio nella vita politica del paese, su molteplici fronti. C’è una pressione sempre più crescente e trasversale nello stigmatizzare, nel cedere a stereotipi con una storia ben precisa, nel portare avanti quando va bene l'atteggiamento di “tolleranza”, almeno finché le persone LGBTQIA+ “non esagerano”, "non ostentano"; nel prestare il fianco all'aperta ostilità, normalizzandola. Perciò che questa pressione fosse preparatoria ad azioni legislative, amministrative o giudiziarie non stupisce.

La recente decisione della procura di Padova, che ha chiesto a una coppia di donne omosessuali la rettifica dell’atto di nascita della figlia con la cancellazione del nome della madre non biologica, è solo l’ultimo episodio di questo tipo. Un sopruso travestito da decisione a norma, e che riguarda ben 33 famiglie arcobaleno.

La richiesta della procura riguarda gli atti da coppie di mamme a partire dal 2017, ma la circolare del ministro Piantedosi dello scorso gennaio, con cui si chiedeva di vietare le trascrizione, si appoggia su una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 38162 del 30 dicembre 2022. Non si capisce il motivo della retroattività, ma si registra nel frattempo la crudeltà, che arriva in un clima incandescente, in cui anche un tema delicato come la Gestazione per altri è stato arruolato per una guerra ideologica contro le persone LGBTQ+ (con ignobili accostamenti alla pedofilia), nonostante nella stragrande maggioranza dei casi sia impiegata da coppie etero

Nel caso di Padova, la stessa ministra Roccella mescola le carte al riguardo, facendo disinformazione. Come fatto notare dal sito Pagella Politica ("Mi pare chiara però la cornice in cui questa vicenda si inserisce: in Italia si diventa genitori solo in due modi, o per rapporto biologico o per adozione. Lo ha ribadito anche la Cassazione"), la sentenza cui ha accennato Roccella al Corriere, a commento dei fatti di Padova, riguarda la gestazione per altri. Il caso di Padova, però, riguarda il figlio biologico di una delle due donne, avuto all'estero con fecondazione eterologa. 

C’è una strategia precisa, basata sull’inerzia legislativa, nell’usare la sentenza di Cassazione come motivazione in apparenza neutra di fronte a questa distruzione dei legami famigliari. Come se la circolare del ministro Piantedosi, del marzo scorso, forse un atto dovuto e ineluttabile, e non una scelta politica. Nel vuoto legislativo, chi non è tutelato viene penalizzato dall'arbitrarietà delle istituzioni.

Lo ricordava Vitalba Azzollini già nel marzo scorso, quando su Domani scriveva:

L'adozione in casi particolari, pur costituendo «una forma di tutela degli interessi del minore certo significativa», non è «del tutto adeguata al metro dei principi costituzionali e sovranazionali». Innanzitutto, questa adozione «non attribuisce la genitorialità all'adottante»; inoltre richiede, «per il suo perfezionamento, il necessario assenso del genitore biologico (…), che potrebbe non essere prestato in situazioni di sopravvenuta crisi della coppia, nelle quali il bambino finisce per essere così definitivamente privato del rapporto giuridico con la persona che ha sin dall'inizio condiviso il progetto genitoriale, e si è di fatto preso cura di lui sin dal momento della nascita». [...] La Corte ha rivolto un monito al legislatore affinché provveda alla «ormai indifferibile individuazione delle soluzioni in grado di porre rimedio all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore». Ma il legislatore è finora rimasto inerte, non colmando la carenza di garanzie rilevata dalla Consulta. 

Ma lo lascia intendere anche la stessa Silvana Sciarra, presidente della Consulta, quando intervistata da Repubblica fa presente che sta al legislatore affrontare la situazione. Come se ciò non bastasse, proprio sul caso di Padova si è espresso anche il portavoce della Commissione europea Christian Wigand:

La nostra posizione in merito ai diritti dei genitori, che include i casi transfrontalieri che coinvolgono diversi Stati membri, è che se un genitore è riconosciuto come tale in uno Stato membro gli altri Stati membri devono riconoscere tale paternità e la decisione deve essere rispettata.

Una sentenza non è un atto neutro che in automatico rende lecito discriminare e umiliare, e l'aver citato quella della Cassazione è un atto improprio tanto della procura di Padova tanto della ministra Roccella, poiché quella sentenza, come detto, non riguarda la fecondazione eterologa. La ministra Roccella, sempre per il caso di Padova, indica come soluzione la strada dell’adozione. Dimenticando di essere lei stessa contraria alle adozioni da parte di coppie omosessuali, ritenendo “migliore condizione quella di una madre e un padre”. Ma tralasciando soprattutto il fatto che per le coppie omosessuali l'adozione è illegale, mentre è possibile solo la stepchild adoption. Che però rappresenta una strada lunga e laboriosa e, ancora una volta, chiede a delle famiglie di passare per tribunali e avvocati per validare una situazione di fatto. Senza contare i rischi che, durante questo periodo, al genitore biologico capiti una disgrazia, lasciando l'altro genitore e il minore in un limbo giuridico. Difficilmente questa maggioranza ovvierà a ciò, anzi.

Da questo punto di vista, la recente decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo rischia di porre una pietra tombale su qualunque rivendicazione. La Corte ha rigettato il ricorso di alcune coppie omogenitoriali contro l'Italia (così come di una coppia etero), proprio per il rifiuto del paese di trascrivere all'anagrafe i figli avuti con la maternità surrogata. I ricorsi sono stati rigettati perché, secondo la Corte, c'era la possibilità di ricorrere all'adozione. Non è difficile immaginare che questa sentenza puntellerà un muro che già si stava innalzando.

Come Valigia Blu vogliamo prima di tutto ribadire il nostro sostegno incondizionato alle persone LGBTQIA+, in base a un fondamentale principio: quello dell’alleanza. La tolleranza è solo una forma ipocrita di persecuzione, mentre l’alleanza è un caposaldo nel cammino che ha fatto avanzare una civiltà, in ogni epoca e in ogni paese in cui un gruppo sociale è uscito dalla marginalità e dall’oppressione in cui veniva relegato. L'alleanza è tra pari, la tolleranza si esercita verso chi è giudicato non alla nostra altezza.

Il rispetto della Convenzione ONU sui diritti del minore dovrebbe essere la pietra angolare di ogni dibattito sulle famiglie arcobaleno e quello che stanno subendo. Chi parla di “senso comune”, chi parla di “natura”, chi relativizza con astratte formule di principio i diritti, chi trasforma i minori di famiglie esistenti in un'arma politica, sta solo travestendo le proprie intenzioni, senza avere il coraggio di dire ad alta voce ciò che pensa davvero. A costoro diciamo solo: non sarà la storia a giudicarvi, parlano già gli ultimi decenni.

Abbiamo già assistito a questo tipo di retoriche, almeno fin dalla fine degli anni ‘80: esercitare la memoria è utile per scovare chi nel dibattito pubblico ricicla vecchi tormentoni, riadattandoli al presente. Vi ricorre - ancora - la stessa ministra Roccella, ancora proposito del caso di Padova, quando parla di “ecologia umana” o “ambientalismo” da far valere quando si parla di famiglie, oltre che per piante e animali. Come se non esistessero studi sulle famiglie omogenitoriali che sconfessano dichiarazioni di questo tipo e l'omofobia che le anima.

Ma un paese dove il dibattito pubblico non problematizza a sufficienza la situazione che emerge da rapporti come Rainbow Europe 2023, che ci colloca sotto l’Ungheria per quanto riguarda la condizione delle persone LGBTQIA+ (e tra gli ultimi in Europa), è un paese che per larga parte ha già scelto da che parte stare. Ignorando volutamente, inoltre, le numerose inchieste e i report di questi ultimi anni, che attestano i fiumi di denaro investiti da think-thank e associazioni anti-arbortiste e anti-LGBTQIA+ in Europa. Il report The tip of the iceberg, per esempio, parla di 707 milioni di dollari investiti dal 2009 al 2018 in propaganda anti-gender, soldi provenienti anche da Stati Uniti e Russia. 

Il tutto mentre magari si ricorre a triti cliché, come quando per altri fronti, ad esempio la carriera alias o l’identità di genere, si evocano “lobby trans”, o gli “attivisti” contrapposti alla voce della ragione e della scienza. Da questo punto di vista, sarebbe opportuno iniziare a parlare di un business molto influente: il business della persecuzione.

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L’attuale governo sta usando le persone LGBTQIA+ come una strategia di deviazione, per distrarre dai problemi che non sa affrontare, o che sta affrontando in modo disastroso. Questo è un modello che stiamo vedendo anche in altri paesi, come per esempio il Regno Unito, dove i conservatori devono fare i conti con il fallimento della Brexit, e preferiscono quindi colpire una minoranza per spostare il focus del dibattito pubblico. 

Ma il cinismo di questa strategia produce effetti durevoli sul paese e, siamo consapevoli, pesca adesioni da tutto l'arco politico. È necessario prima di tutto sostenere quelle associazioni che in Italia si battono per i diritti LGBTQIA+, aprire il più possibile spazi, sostenere quelli esistenti, rendere soggetto protagonista chi è oggetto di attacchi discriminatori. Mostrare, per esempio quel tessuto sociale che si è subito mobilitato a Padova, a partire dalla scuola, e che non rientra nelle astrazioni imposte dalla propaganda.

È necessario, se possibile, dare sostegno economico a chi porta avanti cause civili e penali per far valere i diritti delle famiglie arcobaleno e delle persone LGBTQIA+ in generale. Non esiste un “sano dibattito” se l’incolumità e la dignità di alcuni partecipanti è diventata negoziabile, se i figli di chi dovrebbe dibattere diventano un danno collaterale accettabile.

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