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Scontro Wagner-esercito russo: la fine del mito della stabilità garantita da Putin

24 Giugno 2023 5 min lettura

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Scontro Wagner-esercito russo: la fine del mito della stabilità garantita da Putin

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Carri armati che presidiano il centro cittadino di Rostov sul Don, mitragliatrici in posizione sui marciapiedi: la marcia di Evgeny Prigozhin e della Wagner è iniziata ieri sera con un messaggio dell’imprenditore diventato comandante di ventura in cui si denunciava l’attacco missilistico dell’esercito russo a un campo base della compagnia militare nella regione di Kursk. Il video, che presenta però tracce evidenti di montaggio, ha messo in moto una serie di eventi che, nel giro di poche ore, hanno visto la città di Rostov, poco più di un milione e centotrentamila abitanti, passare sotto il controllo della Wagner. Un evento che si può definire storico, visto che era dalla Guerra civile del 1918-21 che un centro abitato di queste dimensioni, sede del comando generale del gruppo armate Sud, venisse conquistato da unità ribelli a Mosca.

La mossa di Prigozhin probabilmente è stata dettata dalla pressione crescente nei confronti della Wagner, testimoniata anche dalle dichiarazioni di Putin nell’incontro con i voenkory, i giornalisti e blogger sostenitori della guerra, lo scorso 13 giugno, in cui faceva appello alle formazioni mercenarie e di volontari a sottoscrivere i contratti con il ministero della Difesa, in vigore dal primo luglio. Parole che distanziavano il presidente dalla compagnia di Prigozhin, schierando così il Cremlino con Sergei Shoigu e Valerii Gerasimov, il ministro della Difesa e il capo di Stato maggiore accusati ripetutamente di tradimento dall’imprenditore pietroburghese. Voci su una operazione volta ad arrestare Prigozhin, non confermate ma al momento nemmeno smentite, potrebbero aver fatto decidere per la rottura totale con le autorità russe. Mai stato all’interno dell’establishment, anche se spesso definito da alcuni media come vicinissimo a Putin, la traiettoria del “cuoco”, seguita in questi mesi in una serie di articoli apparsi su Valigia Blu, è stata repentina: l’ascesa dovuta al successo dei propri distaccamenti in battaglia e l’accesso alle carceri per reclutare detenuti in cambio della libertà; gli scontri con il ministero della Difesa, le cui radici affondano nella campagna di Siria in cui la Wagner si è consacrata come formazione militare di grande importanza per il Cremlino; la presa di Bahmut e l’adozione di una retorica sempre più antielitaria, populista e ricorrente contro i “signori” e i loro figli, al sicuro nei quartieri prestigiosi di Mosca o all’estero, mentre i soldati morivano al fronte. Prigozhin più volte ha ammiccato demagogicamente alle posizioni anti-corruzione di Alexey Navalny, riconoscendo come quelle argomentazioni parlassero a una fascia importante della società russa. Anche la scelta di denominare la propria azione come marcia della giustizia sociale, spravedlivost, permette di comprendere quale sia la retorica del capo della compagnia mercenaria.

Dopo la presa di Bahmut, Prigozhin si è lanciato nell’apertura di un progetto, chiamato Wagner – Secondo fronte, volto a mobilitare l’opinione pubblica nel sostegno all’agenda politica dell’imprenditore, che ha dichiarato più volte di come la Russia si trovi trascinata in un conflitto senza senso, dove per vincere è necessario adottare misure ancor più draconiane, “bisogna diventare per qualche anno una Corea del Nord più grande”. L’accento posto sulla mobilitazione totale, assieme alla sconfessione al tempo stesso della propaganda putiniana sulla denazificazione e sulla demilitarizzazione, la definizione secca e concisa delle dichiarazioni trionfalistiche delle ultime settimane del presidente russo a proposito della controffensiva come un “mucchio di cazzate”, ha reso ancora più vasta la rottura tra Prigozhin e il Cremlino. La notte tra il 23 e il 24 giugno ha segnato, in ordine di tempo, l’ultimo, grave, sviluppo, con la decisione di prendere d’assalto i vertici militari del paese, chiedendo espressamente la testa di Shoigu e Gerasimov, e puntando fucili e mezzi d’assalto contro l’esercito russo.

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L’emergenza nelle prime ore è stata affrontata in un misto di incredulità, impreparazione e confusione. La messa in allerta del personale delle forze dell’ordine, di sicurezza e dell’esercito a Rostov e a Mosca è avvenuta con una certa difficoltà, e l’entrata degli uomini di Prigozhin nella città della Russia meridionale praticamente senza sparare un colpo sembrerebbe confermare la gestione non all’altezza della situazione: il comando generale è stato occupato, i mercenari vanno a fare colazione da Vkusno i Tochka, la catena che ha rilevato i punti di McDonald’s, e nelle strade del centro di Rostov vengono schierate le mitragliatrici in attesa dell’attacco. L’intervento di Vladimir Putin, arrivato a più di 12 ore dall’inizio della marcia della Wagner, è stato di dura condanna delle azioni di Prigozhin, mai nominato (come Navalny), e di un parallelo con la rivoluzione del 1917, definita una pugnalata alle spalle che ha svenduto la “sicura vittoria” dell’impero zarista nella Prima guerra mondiale: un dettaglio interessante, che rivela ancora una volta il timore di un collasso dello stato di fronte a possibili scenari rivoluzionari, citando anche la famosa frase sui grandi sconvolgimenti, rivolta dal primo ministro Petr Stolypin ai deputati cadetti e socialisti della Duma zarista, questa volta però sono uomini fino a ieri decorati con onorificenze importanti e esaltati dalla stampa e dalla propaganda per il proprio eroismo patriottico. Anche l’imprenditore si era lanciato in paralleli con il 1917, in una lunga intervista, ritenendo però responsabili di sviluppi simili l’elite russa.

Difficile pensare che Prigozhin possa prendere il potere, anche perché mentre scriviamo i governatori delle regioni russe e i presidenti delle repubbliche nazionali scrivono e registrano messaggi di sostegno a Putin, e non vi sono al momento, a parte casi da verificare, diserzioni nell’esercito in favore della Wagner. Ramzan Kadyrov, già alleato momentaneo del cuoco, ha annunciato di aver inviato proprie truppe per reprimere la ribellione. Una possibile neutralità delle truppe sotto la responsabilità del ministero della Difesa potrebbe dare spazio di manovra a Prigozhin, anche se le dichiarazioni di un Putin visibilmente preoccupato lasciano poco adito a scenari di questo genere. Anche se Mosca riuscirà a domare la rivolta, resta però il dato di fatto della crisi profonda della verticale del potere, dello sgretolamento totale dell’immagine di stabilità su cui Vladimir Putin ha costruito il proprio regime nel corso degli ultimi vent’anni. L’aver permesso alla Wagner, sotto la propria protezione, di ottenere spazi e risorse è un altro elemento che peserà nel giudizio delle élite verso il presidente russo, e la crisi di queste ore squarcia anche il velo dell’impossibilità di opporsi al Cremlino: il vero problema è che questa opposizione viene dai ranghi dei sostenitori di una mobilitazione totale per vincere la guerra.

Immagine in anteprima via The Conversation

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