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Viaggio nel mondo parallelo dei talk show: lasciate ogni logica, voi che entrate

21 Dicembre 2018 12 min lettura

Viaggio nel mondo parallelo dei talk show: lasciate ogni logica, voi che entrate

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Una certa, diffusa, retorica - in particolare nei media mainstream - vuole il web come un'oscura selva, pullulante di troll, analfabeti funzionali e odiatori seriali; un luogo nefasto, dove Rapidità e Superficialità vanno a braccetto e producono la più tossica delle sostanze (musica sinistra): le fake news. Si è allora deciso, con Valigia Blu, di seguire - per la settimana dal 10  al 16 dicembre -  alcuni tra i principali talk show del palinsesto televisivo, compiendo un viaggio in quello che, per eroica antitesi, dovrebbe essere il reame di Re Approfondimento e Regina Accuratezza. I programmi osservati sono stati: Quarta repubblica e Stasera Italia (Mediaset); Uno mattina, La vita in diretta e I fatti vostri (Rai); L'aria che tira, Tagadà e Non è l'Arena (LA7).

Fuor di retorica su web cattivo/tivù buona, questo tipo di programmi riveste una certa importanza nel panorama mediatico del nostro paese. Come ricorda l'AgCom nel Rapporto sul consumo di informazione del 2018, nel 2017 il 91% della popolazione risultava raggiunta nel corso del giorno medio dalla televisione - a seguire radio (51%) e internet (47%). Per cui una parte considerevole di italiani si informa prevalentemente o esclusivamente attraverso i programmi televisivi.

Come per ogni viaggio avevamo preparato accurati strumenti di navigazione per tener conto dei principali argomenti - la strage di Corinaldo, quella di Strasburgo, lo sgombero dell'ex Penicillina, le manifestazioni a Torino (No Tav) e Roma (Lega), la manovra finanziaria e conseguenti screzi nella maggioranza. Ma la mappa non è il territorio, come insegna una celebre metafora, e il territorio in questione è una sorta di mondo parallelo, piuttosto infero, la cui soglia può essere varcata solo pagando un pegno ben preciso: la rinuncia alla logica.

Immergersi nei talk show nostrani comporta l'aggirarsi in un continuum di chiacchiere - con contorno di lacrime o calorosi applausi a comando. L'attualità, che sia cronaca nera, giudiziaria o politica è solo l'occasione, il canovaccio che innesca le improvvisazioni a soggetto degli attori, forti di un personaggio temprato a suon di conduzioni od ospitate - il giornalista, il filosofo, il sociologo, il politico, il criminologo, il vittoriosgarbi e così via. Quand'anche vi si trovano a parlare un uomo o una donna guidati dal lume della ragione, appaiono fuori parte, o sono presto inghiottiti dal turbine di ciarle, che affievolisce il lume fino a spegnerlo. Nell'impossibilità di dare conto di ogni metro percorso in questo viaggio ben oltre i confini della realtà, si segnalano alcune tra le tappe più astruse.

Partiamo dalla strage di Corinaldo. Già nel weekend i carabinieri avevano smentito la notizia sugli oltre mille biglietti venduti. Eppure il giorno dopo a Uno Mattina uno dei genitori dei ragazzi presenti in discoteca esibisce il numero della matrice segnalando il numero, superiore a mille, senza che venga corretto in studio. Mentre Vittorio Feltri, a L'aria che tira, dopo aver bellamente spiegato che lui in discoteca non ha mai messo piede in tutta una vita, sbotta: "Il cantante è arrivato all’una di notte, ma tu puoi tenere duemila persone dalle dieci all'una? Ma chi è quell’idiota che ha organizzato il tutto? Questo è l’idiota che andrebbe perseguito penalmente”. Poco importa che un Gaetano Blandini, direttore della Siae, si spertichi a spiegare che non è possibile sapere il numero esatto delle persone presenti, che i biglietti cartacei andrebbero sostituiti con quelli elettronici, e che in precedenza, nella trasmissione, dei voucher erano stati fatti passare per biglietti.

Ma c'è bisogno di un cattivo perché la drammaturgia funzioni, per cui, se è impossibile decifrare l'enigma della capienza e dei presenti nel locale, il dito si può puntare alla bisogna. Ad esempio contro il ragazzo indagato per aver spruzzato lo spray al peperoncino che avrebbe causato il panico (“Si parla di spray urticante ma non c’è certezza nemmeno su quello” secondo Uno Mattina). Myrta Merlino è lapidaria, "un cretino, un imbecille, un criminale ha seminato il panico spruzzando spray al peperoncino", per Tiberio Timperi la bombolletta è stata "strumento per moltiplicare l'effetto sballo", mentre Alessandro Meluzzi a Quarta repubblica non ha dubbi: è l'opera di una gang di spacciatori magrebini, come a Torino. Magalli invece, dopo aver mostrato i volti delle vittime - quasi tutti minorenni - col pubblico nello studio dei Fatti vostri che si alza in piedi a mo di funerale in diretta, ci introduce alla natura "orgasmica" della strage:

Meglio farsi bruciare gli occhi che ammazzarsi su una scala di sicurezza, però la paura purtroppo è incontrollabile, questo ha creato quell’orgasmo che ha causato che persone schiacciassero altre persone.

Ma siccome le dita sono dieci perché puntarne solo uno? Ecco dunque additati Sfera Ebbasta, le canzoni che inneggiano al sesso, alla droga, e la musica trap in generale coi suoi "testi cupi": "la cultura della vita di certo non ce l'hanno questi rapper, come Sfera che è stato al primo maggio, come Ghali" ci fa sapere a L'aria che tira Fabrizio Borgonovo, giornalista della Verità, senza rendersi conto di aver soltanto contestualizzato le proprie ossessioni politiche. Addirittura Timperi, intervistando un diciottene presente in discoteca durante la tragedia, domanda "possiamo dire che i testi di Sfera Ebbasta so' brutti, so' volgari?", e il ragazzo, bontà sua, deve far presente che forse i problemi vanno ricercati nella gestione della sicurezza nel locale, più che nei versi delle canzoni. Ecco infine un Crepet materializzarsi di trasmissione in trasmissione per tuonare, accorato e sbigottito, contro la "cultura dello sballo", contro i genitori "ufficiali pagatori di alcol e droga per i figli", teletrasportando per magia il principio di realtà nelle fosche nebbie del victim blaming - perché se quei giovinastri non andavano a sballarsi col benestare di mamma e papà mica morivano, no?

Anche per la strage di Strasburgo si susseguono senza soluzione di continuità informazioni imprecise. Se ci fosse un premio andrebbe probabilmente assegnato a Stasera Italia, condotto da Barbara Palombelli. La notizia dell'attentato si diffonde poco prima che la trasmissione inizi, e Palombelli riesce a dire, dopo aver letto il lancio di Repubblica ("Spari al mercatino di Natale di Strasburgo"):

Sarebbe molto grave però non voglio allarmare nessuno potrebbero anche essere non so, immagino, voglio sperare una cosa tipo i petardi o qualcosa di allegro attorno al mercatino di Natale.

Naturalmente bastano pochi minuti e l'augurio si rivela infondato, ma per fortuna in studio Aldo Cazzullo ha in mano la situazione, e parla subito di "terrorismo islamico" e "tipica azione da commando", citando la strage di Charlie Hebdo. Ma alla fine gli va bene, perché ci azzecca al 50% - matrice islamica sì, ma commando formato da una persona.

Due argomenti tengono comprensibilmente banco nei giorni successivi: le condizioni di salute del giornalista Antonio Megalizzi e la fuga dell'attentatore. Le informazioni passate dalle agenzie, come ad esempio l'Ansa, suggerirebbero prudenza, visto che si susseguono notizie contrastanti (la stessa Agi nel dare conto del ferimento all'inizio usa il condizionale per le condizioni di salute di Megalizzi). Invece, di trasmissione in trasmissione, riceviamo informazioni contrastanti senza capire quasi mai la fonte, o il contesto. Da Uno Mattina veniamo a sapere che Megalizzi "è assolutamente non in pericolo di vita", per I fatti vostri "è grave"; La vita in diretta ci informa che è "in coma", Tagadà che le "condizioni di salute" sono "preoccupanti", mentre a Stasera Italia Megalizzi risulta "in coma e non operabile". Se non che, nella puntata di venerdì di Uno mattina, con tanto di collegamento da Strasburgo con l'inviata Marilù Lucrezio, le condizioni di Megalizzi diventano "stabili", e la giornalista del Tg1 aggiunge "domani credo sia la giornata decisiva", dopo aver premesso che i familiari sono sul punto di perdere ogni speranza e prima di spiegare che il giornalista aveva un proiettile conficcato nella nuca. Tutto e il contrario di tutto in un solo segmento.

Quanto all'attentatore, dalla fuga alla sua uccisione veniamo via via informati che potrebbe essersi rifugiato in Germania, o in Svizzera, o in Italia, oppure essere rimasto in Francia, magari a Strasburgo aiutato da qualche complice. Luoghi dati come numeri al lotto, tracciando il pericolo di uno sfuggente e rabbioso lupo solitario armato, e davvero non si capisce in base a quale ipotesi potrebbe essere andato in una direzione piuttosto che in un'altra. In pratica una timeline Twitter al rallentatore.

Ma è nella cronaca politica che il talk show mostra appieno il gusto per la chiacchiera e la consistenza fantasmatica, nelle due varianti possibili: con o senza pubblico in studio. Al di là della copertura riservata ai vari schieramenti, è evidente come l'agenda politica del Governo sia pervasiva tanto nel linguaggio quanto nell'interpretazione degli eventi politici, come un format multicanale, sul modello La strana coppia, dove il Presidente del Consiglio ha un ruolo secondario. Non c'è bisogno che i protagonisti siano in studio, come Di Maio da Nicola Porro a giurare che il reddito di cittadinanza si farà a gennaio. È la lettura stessa degli eventi che non prescinde da quest'asse, e i politici d'opposizione, per quanto si sbraccino, sono inquadrati in una cornice a senso unico. Così un Ruggeri (Forza Italia) a L'aria che tira può strepitare contro il reddito di cittadinanza perché andrà anche "a 100 mila rom italiani e stranieri residenti da dieci anni in Italia". Forse se l'avesse cantato su una base trap sarebbe stato redarguito, chissà.

Uno Mattina, Marco Frittella commenta la manifestazione No Tav come qualcosa che può turbare l'equilibrio nella maggioranza, facendo passare la manifestazione come controcanto a quella della Lega tenutasi a Roma. "Hanno partecipato molti esponenti del Movimento 5 Stelle", aggiungendo che "il fatto che il M5S cerchi una esposizione di piazza non aiuta il compromesso sulle grandi opere come la Tav".  Sparisce così la contraddizione attuale del Movimento, che prima di vincere le elezioni era contro le Grandi opere, salvo poi scoprire, una volta al Governo, che la realtà è un po' più complessa. Difatto il Movimento 5 Stelle, nella figura del vicesindaco Montanari, è stato contestato proprio durante quella manifestazione. Della manifestazione della Lega, invece, a L'aria che tira si riesce a dire che "Salvini ha parlato senza rancore, ha citato Martin Luther King" (Molinari) e che "Salvini è tecnicamente interprete della vecchia formula di lotta e di governo" (Labbate), creando un qualche imbarazzo a Gennaro Migliore, parlamentare del Pd, che deve far presente alcune lievi divergenze tra Salvini e il reverendo King sui diritti umani.

Nel gioco delle parti, inoltre, è comprensibile che parlamentari della Lega o del M5S leggano la protesta francese dei gilet gialli come qualcosa che, grazie a loro, in Italia abbiamo scongiurato, o per dare addosso alla Francia e lamentare i due pesi e due misure con cui l'Europa tratta noi e loro. Giornalisticamente lo è molto meno fungere da spalla, con Vittorio Feltri - ancora lui, sì - che arriva a paragonare il 30% di consensi della Lega (secondo i sondaggi) al Pci di Berlinguer (secondo i voti dell'epoca). Prendiamo poi lo sgombero dell'ex Penicillina con cui, come raccontato su Internazionale da Annalisa Camilli, sono stati buttati per strada "senza dimora italiani e stranieri, richiedenti asilo esclusi dal sistema di accoglienza e persone che da anni vivono ai margini della città". Una quarantina di persone date in pasto alla macchina della propaganda sulla sicurezza, che inghiotte gli ultimi per saziare la pancia dell'elettorato.

Com'è stato raccontato lo sgombero lunedì, giornata in cui ricorrevano i 70 anni della Dichiarazione dei diritti dell'uomo? Parlando in termini di "clandestini e irregolari", o come questione di immigrazione e ordine pubblico. Tragicomica la puntata di Stasera Italia, dove Palombelli introduce il dibattito chiedendo a Casini "Questo pone un problema a una città cattolica dove c'è il Papa, dove si fa il Natale a Sant'Egidio con i poveri?" perché si sa, "a Roma c'è sempre stato un po' di pudore, prefetti, sindaci hanno sempre esitato a prendere questo tipo di iniziative". Casini naturalmente è molto preoccupato, perché "se le persone che noi sgomberiamo, giustamente perché noi rispettiamo le leggi, finiscono a bivaccare davanti alle stazioni è chiaro che non facciamo una cosa positiva".

In collegamento c'è Claudio Borghi, incalzato senza tregua dalla giornalista: "Questa è una vittoria per la Lega, perché aveva promesso gli sgomberi e li ha realizzati", "ma queste persone dove andranno?". Borghi, serafico, dice che "va bene i diritti umani, ma i diritti umani sono anche delle persone perbene, normali", ma Palombelli lo bracca, "sì ma il rischio è che queste persone ce le troviamo per strada a spacciare", e poi lo inchioda alla macroscopica contraddizione della Lega: i diritti umani sono un problema per un partito che "difende la cristianità". In studio c'è anche la giornalista Claudia Fusani, che prova ad articolare un discorso di senso, ma subito viene zittita perché riparte la solfa dell'"aiutiamoli a casa loro". Persino Gino Strada, intervistato in un servizio, è così presentato da Palombelli: "se c'è qualcuno che ha realizzato lo slogan 'aiutiamoli a casa loro' quello è Strada".

Nulla di quanto visto durante la settimana, tuttavia, prepara all'esperienza di Non è l'arena, condotta da Massimo Giletti. Una vera e propria macchina del kitsch dove i mezzi giornalistici tradizionali - come l'inchiesta, l'intervista o la denuncia di collusioni e crimini - viaggiano sotto il giogo della spettacolarizzazione, e il pathos nazional-popolare è l'unico fine contemplato per qualunque mezzo. Due sono i casi della puntata che hanno creato riverbero sulla stampa. Il primo è quello delle sorelle Napoli, Irene, Anna e Gioacchina, che da anni nella siciliana Mezzojuso denunciano i tentativi dei clan di sottrarre loro l'azienda agricola di famiglia. Nella puntata le tre sorelle sono in collegamento, mentre in studio ci sono Pietrangelo Buttafuoco ("uno dei più grandi intellettuali italiani"), Rita dalla Chiesa (nel ruolo della figlia del Generale Dalla Chiesa) e Nunzia de Girolamo (nel ruolo di Nunzia de Girolamo).

A un certo punto Giletti solleva l'attenzione su una delle numerose intimidazioni subite dalle sorelle, una sassaiola. L'episodio, spiega il conduttore, vedrebbe coinvolto anche un uomo apparentato con un membro del Consiglio comunale e con le stesse sorelle Napoli. A mo di procuratore da legal thriller, Giletti chiede conferma dell'episodio alle sorelle, poi mostra sullo schermo la composizione del Consiglio comunale - sagome bianche coi nomi del sindaco, e degli assessori. Poi specifica che solo due sono parenti delle sorelle: la vicesindaca Giorgia Napoli e il presidente del consiglio, Giovanni Tantillo. "Solo due su undici" dice Giletti, "mi confermate questa cosa?". Dopo la conferma, stacco sul servizio che vede l'inviato intervistare sulle tracce dei due; si specifica che il padre di Tantillo, il quale si nega al telefono, poi risponde seccato, ha i terreni confinanti con quelli delle sorelle Napoli. Tornati in studio, dopo la pubblicità Giletti annuncia: "Questa sera il nome deve uscire". Dopo un altro servizio in cui è intervistato il sindaco, che nicchia sull'episodio, dice di non ricordare, di non aver visto bene, alla fine arrivano la confessione e il pianto catartico delle sorelle ("dottor Giletti, lei mi pilota le lacrime! È vero che mi pilota le lacrime?"). Le donne sono così usate come pistola fumante, dopo che tutto aveva puntato l'attenzione su Tantillo; tutto ciò che abbiamo visto non era la copertura di un caso, ma la china che portava al climax della confessione. "Ovviamente ciascuno si assumerà la responsabilità legale di ciò che dice", chiosa Giletti dopo l'ennesimo stacco pubblicitario.

Ha però destato maggior clamore sulla stampa un altro episodio della puntata, l'aggressione subita da Fabrizio Corona nel "bosco della droga" di Rogoredo. Corona era andato là per un servizio su uno di quei classici luoghi di spaccio dove nemmeno le forze dell'ordine mettono piede. Presente in studio, Corona ci spiega più volte che lui si fa di adrenalina, che tanto morirà giovane, mentre Giletti gioca la parte del fratello maggiore che vuol portare consiglio. Ora: qual è il senso di mandare una persona che si sta disintossicando, per sua stessa ammissione all'inizio del servizio, in mezzo a pusher e cocaina? È un po' come affidare un'inchiesta sul gioco d'azzardo illegale a un ludopata. Oltretutto Corona, accompagnato nel bosco da un ex carcerato nel ruolo di fixer, non ha avuto l'accortezza di sfilarsi rolex e gioielli, tanto che la psicoterapeuta Stefania Andreoli in collegamento dà agevolmente la diagnosi: Corona è una persona "con bassa percezione del rischio". Si può pensare quello che si vuole su Corona, ma certo viene da chiedersi, mentre si assiste ai fraterni consigli di Giletti, per quale motivo la redazione abbia deciso di mandare lui in una situazione così a rischio, invece di affidarsi a un giornalista esperto. Ma la questione scivola in secondo piano, perché poi si passa a parlare della relazione con Asia Argento, che a quanto pare ha lasciato Corona dedicandogli Adius di Piero Ciampi.

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Cosa resta alla fine di questo viaggio, a parte un possibile disturbo post-traumatico da stress televisivo? Restano la consapevolezza di non saper nulla riguardo ciò di cui si è sentito ciarlare per ore e ore, l'impressione che questo tipo di programmi alla fine riempie i palinsesti senza troppi oneri, riempie il silenzio delle case inondandole di voci, rumore, simulacri. E, a margine, resta un "alla faccia!" nel ricordare uno degli editoriali di Franco di Mare, conduttore di Uno Mattina, che bolla il web come "mezzo con cui alterare la percezione della conoscenza, uno strumento di falsificazione" citando, tra le varie folli credenze, l'idea che il cambiamento climatico sia opera di Satana. Un riferimento a Cristiano Ceresani, collaboratore del Ministro Lorenzo Fontana, che però parlava ai microfoni di Uno mattina in famiglia e non da un profilo Facebook. Peccato poi che Ceresani non abbia detto esattamente "il cambiamento climatico è colpa di Satana", come virgolettato impropriamente dalla stampa mainstream - possiamo però concordare su Satana e Apocalisse come fake news.

Foto in anteprima via Programma.sorrisi.com

Aggiornamento ore 11.53: rispetto alla precedente versione abbiamo rettificato il passaggio su Grillo a Torino. Era un errore, in realtà si trattava del vicesindaco Montanari.

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