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Cosa sapere per affrontare al meglio la menopausa

9 Gennaio 2023 8 min lettura

Cosa sapere per affrontare al meglio la menopausa

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In un’intervista rilasciata all’Edinburgh Wellbeing Festival a maggio 2022, la giornalista e autrice Sam Baker ha raccontato di aver iniziato a soffrire di forti disturbi psicologici quando aveva 46 anni e di aver capito solo dopo di cosa si trattasse: “Ci sono voluti almeno due anni prima di capire cosa mi stesse accadendo. Non riuscivo a trovare informazioni da nessuna parte. Mi sono sentita davvero sola”. Quello che stava succedendo a Baker era in realtà un processo fisiologico, che l’autrice ha faticato a riconoscere non solo per la complessità con cui questo si manifesta ma soprattutto per la difficoltà nel trovare informazioni affidabili e chiare sul tema: Baker stava entrando in menopausa.

La menopausa è una fase fisiologica della vita delle donne e delle persone a cui è stato assegnato il sesso femminile alla nascita e consiste nella fine della funzione riproduttiva delle ovaie e della loro produzione di ormoni estrogeni. L’entrata in menopausa è definita dalla scomparsa delle mestruazioni per 12 mesi consecutivi: tendenzialmente questo accade tra i 45 e i 55 anni di età. Può anche succedere che si verifichi una menopausa prematura (prima dei 40 anni), precoce (prima dei 45 anni) o tardiva (oltre i 55 anni), o anche una menopausa indotta come accade ad esempio a coloro che devono sottoporsi a specifiche cure mediche

La fase che precede la menopausa è chiamata ‘perimenopausa’ e può durare anche diversi anni. Questa può presentare un’ampia gamma di sintomi e alterazioni fisiologiche, dovute alla fluttuazione dei livelli di estrogeni, che possono incidere anche in maniera importante sulla salute e la vita quotidiana delle persone. Innanzitutto, dal momento che gli estrogeni svolgono un’importante funzione sia per il mantenimento della densità ossea sia per la protezione delle arterie, un calo nella loro produzione può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari e di patologie osteoarticolari, come l’osteoporosi. 

Per quanto riguarda invece i sintomi, oltre all’irregolarità del ciclo, tra i più comuni ci sono le vampate di calore, le sudorazioni notturne, l’atrofia vaginale e le variazioni del tono dell’umore. In alcuni casi, si possono verificare sintomi depressivi e depressione clinica dovute ai cambiamenti ormonali o all’insonnia.

In linea generale è molto difficile stabilire quale sintomo sia interamente dovuto ai cambiamenti fisiologici che avvengono nella fase che precede l’entrata in menopausa e quali siano le conseguenze. Ad esempio, l’irritabilità, l’ansia e i sintomi depressivi possono essere provocate dalla fluttuazione degli estrogeni, ma anche essere diretta conseguenza dei disturbi del sonno, e gli stessi disturbi del sonno possono essere identificati come un sintomo della perimenopausa o come l’effetto delle sudorazioni notturne che non lasciano dormire.

Tuttavia è certo che questi sintomi possono avere un impatto importante sul benessere psicofisico della persona e, in alcuni casi, diventare anche estremamente debilitanti. Se infatti è vero che molte persone attraversano la menopausa con sintomi lievi (ma comunque presenti), è anche vero che non sono rari i casi di disturbi gravi e prolungati. Sono molte le donne che hanno preso una pausa dal lavoro, sono passate a un contratto part-time o si sono licenziate a causa dei sintomi invalidanti, decisioni cui sono giunte in alcuni casi anche per la mancanza di politiche, misure e supporto nei luoghi di lavoro. Nel suo libro sulla menopausa (The shift), Baker ha raccontato che i cali di memoria, il senso di svuotamento, la confusione mentale avevano portato lei e molte delle donne che ha intervistato a pensare di aver sviluppato una demenza senile precoce: “Se avessi saputo che quei sintomi erano dovuti alla perimenopausa e non al fatto che io stessi seriamente perdendo il controllo, avrei cercato un aiuto professionale molto prima”, ha scritto Baker.

Cercare aiuto o supporto quando si presentano i primi sintomi della menopausa non è in realtà facile o scontato. Per le persone transgender e non binarie in perimenopausa, di cui si parla ancora meno che delle donne cisgender, questa fase della vita può essere traumatica e difficile da affrontare e parlarne può di per sé costituire un’esperienza violenta oltre che, in alcuni casi, portare a un forzato coming out. Per quanto riguarda le donne cisgender, la reticenza è dovuta principalmente al ruolo di genere a loro attribuito. Helen Bennett, terapeuta specializzata in menopausa, spiega a Valigia Blu

Molte donne riportano di provare vergogna riguardo il periodo di transizione verso la menopausa. Possono sentirsi meno femminili, meno attraenti, anziane, danneggiate o difettose. Tra amici spesso non si ammette di avere sintomi dovuti alla menopausa perché questi vengono percepiti come un segno di invecchiamento o debolezza, così le donne che vivono una menopausa difficile possono sentirsi isolate e faticano a capire a chi chiedere supporto. 

Anche secondo una ricerca condotta da Ipsos, è difficile aprirsi tra persone amiche: in Italia ad esempio ci si sente molto più a proprio agio a parlare di età, sessualità e salute mentale che non di menopausa.

Il disagio che porta molte donne a non parlare dei propri sintomi non si ferma all’ambito amicale o familiare. L’organizzazione britannica che si occupa di parità di genere Fawcett Society ha intervistato 4,014 donne di età compresa tra i 45 e 55 anni che stessero attraversando o che avessero già attraversato la perimenopausa o la menopausa. Da questo studio è emerso che il 77% delle donne ha uno o più sintomi definiti come “molto difficili”, il 69% ha detto di aver avuto problemi di ansia e depressione e l’84% difficoltà a dormire. Nonostante ciò, il 45% delle donne intervistate (e il 29% di coloro con almeno cinque o più sintomi gravi) ha detto di non aver parlato di menopausa col proprio medico. Tra le motivazioni che hanno portato le donne intervistate a scegliere di non parlarne c’è il timore di non essere prese sul serio. Secondo Bennett, infatti, le donne “sono spesso ignorate dai medici quando chiedono aiuto”. Anche la ginecologa e autrice Jen Gunter ha raccontato di donne che hanno avuto la sensazione che “i loro medici non potessero o non volessero rispondere alle loro domande sui cambiamenti dei loro corpi”. Molte hanno detto di essere state “liquidate con sguardo vuoto o luoghi comuni come ‘Non è così grave’ o ‘Fa tutto parte dell’essere donna’, o di essersi sentite dire di ritornare quando sarebbero state ‘davvero in menopausa’”.

Menopausa e stigma

Attorno al tema della menopausa resiste ancora d’altronde un forte stigma, specialmente nelle società occidentali. Parlando degli Stati Uniti, ad esempio, Mary Jane Minkin, medica esperta in menopausa e docente alla Yale Medical School, ha detto: “La menopausa è un argomento ancora tabù, specialmente negli Stati Uniti, dove uno dei più importanti obiettivi per le donne è quello di restare giovani per sempre […] In un Paese in cui adoriamo la giovinezza, può essere molto difficile per una donna” vivere questa fase della vita “perché mentre entra in menopausa, sta anche invecchiando. E questo può essere duro per molte donne”.

La glorificazione della giovinezza, in particolare della giovinezza delle donne, non è d’altro canto però un problema individuale o di un solo Paese quanto una questione di genere delle società patriarcali, in cui un uomo che invecchia acquista valore e importanza mentre una donna che invecchia viene sminuita, ridicolizzata e messa da parte. Secondo Baker, “Il problema risiede in una società che vede una donna che, non più fertile, ha ‘oltrepassato la sua utilità’ e non sa più davvero cosa farsene di lei. Anzi, non ci vede affatto”. Da qui nascono la vergogna e la frustrazione provate dalle donne in perimenopausa, la poca divulgazione sul tema e le informazioni piuttosto confuse sui rischi per la salute, la prevenzione, le terapie e la sintomatologia ad oggi disponibili. Come spiega Bennett a Valigia Blu “la menopausa riguarda metà della popolazione eppure ci sono ancora molti fraintendimenti sul tema”.

Il dibattito confuso sulla terapia ormonale sostitutiva

Un altro dato significativo riportato dalla Fawcett Society - e che mette in evidenza proprio i fraintendimenti e la confusione che ruota attorno al tema della menopausa - è quello per cui solo al 39% delle donne britanniche intervistate che hanno parlato col proprio medico è stata proposta la terapia ormonale sostitutiva (TOS). La terapia ormonale sostitutiva consiste nell’assunzione degli ormoni estrogeni che un corpo in menopausa smette di produrre. Dal momento che gli estrogeni possono stimolare l’ispessimento dell’endometrio, la loro assunzione viene solitamente accompagnata dalla somministrazione di progestinici per proteggere l’utero. In questo caso si parla di terapia ormonale sostitutiva combinata. Questa terapia agisce sui sintomi e disturbi dovuti alla perimenopausa e menopausa, riducendoli o attutendoli, restituendo così uno stile di vita dignitoso. Inoltre è stata indicata come un’arma di prevenzione per malattie cardiovascolari e patologie osteoarticolari, ma i pareri sui suoi benefici sono discordanti.

Attorno alla terapia ormonale sostitutiva si è infatti creato negli anni un dibattito acceso e spesso confuso. Nel 2002 era stato pubblicato uno studio che sosteneva che la terapia ormonale sostitutiva combinata aumentasse il rischio di tumore al seno, problemi cardiaci, ictus e trombosi venosa. Questo studio è stato poi messo in discussione e confutato da altre ricerche successive che non solo hanno definito la terapia come sicura e spesso necessaria, ma hanno anche messo in evidenza i suoi benefici, tra cui il ridotto “rischio di mortalità, insufficienza cardiaca o infarto miocardico”.

Il tema è ancora piuttosto dibattuto e, come spiega la professoressa di epidemiologia all’Università di Oxford Jane Green, al momento è impossibile definire la terapia ormonale sostitutiva come sicura o non sicura perché molto dipende dalla persona. L’approccio consigliato oggi al personale medico è infatti quello di valutare caso per caso e comprendere, insieme alla persona in perimenopausa, se un piano terapeutico sia utile, necessario o controindicato.

Il coinvolgimento e l’ascolto diventano quindi fondamentali, sia per restituire dignità a un corpo in sofferenza, sia per sfatare miti e pregiudizi. A questo proposito, Bennett sostiene che le strade da percorrere in questo senso siano essenzialmente due: maggiori “fondi per la ricerca sulla salute delle donne e sugli ormoni per capire l’impatto che questi hanno a livello individuale” e un’informazione chiara e accessibile. “Possiamo combattere lo stigma attorno la menopausa”, dice a Valigia Blu, “parlandone, educando donne, partner e personale sanitario sulla perimenopausa e i sintomi della transizione menopausale così che le donne possano capire cosa sta accadendo loro e possano essere sostenute fin dall’inizio”. E la formazione e la divulgazione diventano necessarie anche per cominciare a parlare di menopausa in maniera diversa.

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A differenza di ciò che viene spesso fatto credere, dei falsi miti e dello stigma che ancora ruota attorno a questo tema, la menopausa infatti “non è una condanna a morte”, come ha scritto Jen Gunter. Non solo perché, con un’aspettativa di vita più alta rispetto al passato, si può trascorrere ormai oltre un terzo della propria esistenza in menopausa e post-menopausa, ma anche perché il valore di ogni persona va oltre la sua capacità riproduttiva.

Ciò di cui piuttosto le persone in perimenopausa avrebbero bisogno sono informazioni chiare e accessibili su ciò che sta loro accadendo, sulle terapie disponibili, e su quale sia il miglior percorso per ciascuna di loro, per vivere questa nuova fase della vita in maniera sana e dignitosa.

(Immagine in anteprima via Freepik)

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