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In nome della libertà di informazione, Julian Assange va difeso

17 Dicembre 2019 5 min lettura

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In nome della libertà di informazione, Julian Assange va difeso

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"Per il bene della libertà di stampa, Julian Assange deve essere difeso". È l'appello di Robert Mahoney, vice direttore del Committee to Protect Journalists (CPJ) – organizzazione indipendente non a scopo di lucro impegnata nella difesa della libertà di stampa e dei diritti dei giornalisti in tutto il mondo – sul caso del fondatore di Wikileaks.

Attualmente Assange si trova nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, nel Regno Unito, in attesa dell'inizio del processo di estradizione negli Stati Uniti d'America, dopo essere stato arrestato lo scorso 12 aprile nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra (dove si trovava da 7 anni). Il 25 febbraio 2020 è prevista la prima udienza. È accusato di aver commesso crimini informatici e spionaggio e rischia 175 anni di carcere.

Wikileaks ha pubblicato nel 2010 materiale che documentava per la prima volta abusi ignorati dell'esercito USA, decine di migliaia di morti civili, in Iraq e in Afghanistan, prima non rivelati al pubblico, tra cui l'uccisione di due giornalisti della Reuters , tutto documentato nel video Collateral Murdere le condizioni dei prigionieri a Guantanamo. Wikileaks ha fornito negli anni svariati documenti riservati in cui sono emerse azioni controverse e illeciti da parte di governi e non solo, come nel 2007 quando il Guardian pubblicò un'inchiesta – basata su report ottenuti dall'organizzazione fondata da Assange – che raccontava della truffa miliardaria dell'ex presidente del Kenya, Daniel Arap Moi, e della sua famiglia. Attività che valsero all'organizzazione anche premi giornalistici internazionali.

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Lo scorso novembre, 60 medici hanno scritto una lettera aperta al ministro dell'Interno britannico sulle condizioni di salute di Assange affermando di temere per la sua salute mentale e fisica all'interno del carcere. I suoi avvocati hanno denunciato inoltre che il loro assistito non ha potuto visionare prove riguardo il suo caso, per via delle poche visite concesse loro in carcere. In precedenza, invece, i magistrati svedesi hanno comunicato di aver archiviato l’indagine, iniziata 9 anni fa, per stupro e molestie sessuali, nei confronti del fondatore di Wikileaks perché "le prove si sono notevolmente indebolite a causa del lungo periodo di tempo trascorso e per la difficoltà, dopo anni, di accertare quanto sia successo".

Il vice direttore del Committee to Protect Journalists, nel suo articolo, ricorda inizialmente che nove anni fa il CPJ aveva chiesto all'allora presidente statunitense Barack Obama di non perseguire Julian Assange, per poi spiegare perché oggi il Comitato ha deciso di opporsi alla sua estradizione.

Per Mahoney, infatti, se Obama avesse perseguito il fondatore di Wikileaks, avrebbe dovuto fare la stessa cosa con il New York Times, il Guardian e altri media che pubblicarono alcuni documenti di Wikileaks. Un atto che sarebbe stato innanzitutto "un duro colpo alla protezione della libertà di parola e di stampa" garantita dal primo emendamento della Costituzione americana e anche un regalo "ai leader autoritari che avrebbero potuto rifarsi all'esempio di Washington per incarcerare un giornalista o un editore scomodo".

Il vice direttore di CPJ sottolinea anche che l'azione di Assange, nel tempo, ha presentato diverse criticità: all'epoca i media che lavorarono con Wikileaks – Guardian, The New York Times e Der Spiegel, Le Monde e El País – analizzavano la grande mole di documenti riservati, pubblicando i contenuti di interesse pubblico e stando attenti a evitare informazioni che avrebbero potuto danneggiare la vita delle persone citate nei report. Con il tempo, però, Assange "ha iniziato a pubblicare materiale che non era stato sottoposto a questo processo giornalistico" e nel 2011 la vita del giornalista etiope Argaw Ashine, per questo motivo, fu messa in pericolo. Una modalità che per Joel Simon, direttore esecutivo di CPJ, può favorire inoltre anche la manipolazione dei documenti.

La conseguenza fu che il rapporto tra Assange e i direttori dell'epoca del Guardian e del New York Times, Alan Rusbridger e Bill Keller, venne meno. Per entrambi, comunque, il fondatore di Wikileaks deve essere difeso e protetto dalla Costituzione degli Stati Uniti d'America: "Il Primo Emendamento non protegge solo chi si comporta bene, rispetta le regole e pubblica in modo responsabile".

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Il CPJ si è interrogato, inoltre, se, in base alle sue azioni, Assange possa essere definito un giornalista: "Ogni anno, compiliamo un elenco di giornalisti imprigionati in tutto il mondo, sulla base di una serie di criteri che si sono evoluti nel tempo (...). Dopo approfondite ricerche e considerazioni, il comitato ha scelto di non inserire Assange in questo elenco, in parte perché il suo ruolo è stato spesso quella di fonte e perché Wikileaks generalmente non si comporta come un media tradizionale con un processo editoriale".

Ma, aggiunge Robert Mahoney, "indipendentemente dall'etichetta" messa ad Assange, "il suo processo è una minaccia per i giornalisti di tutto il mondo". Qualunque giornalista in qualsiasi parte del mondo infatti potrebbe essere  potenzialmente perseguitato per la pubblicazione di informazione riservate e classificate, gli informatori intimoriti e importanti inchieste giornalistiche danneggiate.

Intanto il gruppo dei medici che si è denominato "Medici per Assange" (sono ora più di 100 da tutto il mondo) ha scritto anche al governo australiano, esortandolo ad agire e "proteggere la vita del suo cittadino. In una lettera che sarà consegnata martedì al ministro degli Esteri, avvertendo che la salute di Assange continua a peggiorare. I medici hanno rivolto un appello per fermare l'estradizione e hanno chiesto di rilasciare subito Assange affinché possa ricevere cure mediche al di fuori della prigione. Un gruppo trasversale di parlamentari australiani si è riunito per discutere cosa si può fare per Assange, con la speranza di incontrarlo a Belmarsh prima della sua audizione di estradizione.

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Il Tribunale Supremo spagnolo sta inoltre indagando sullo spionaggio operato ai danni di Assange all'interno dell'ambasciata dell'Ecuador. Secondo l'accusa il fondatore di Wikileaks sarebbe stato controllato, ascoltato, i suoi computer violati per anni e queste informazioni sarebbero state poi vendute da una società di sicurezza privata spagnola, la Undercover Global SL, alla CIA e alle agenzie di intelligence americane. La società, che forniva servizi di sicurezza all'ambasciata, avrebbe anche consegnato audio e video delle riunioni che Assange ha tenuto con i suoi avvocati e sostenitori all'interno dell'ambasciata, violando le leggi sulla privacy e sul segreto professionale. Accuse gravissime che se confermate potrebbero essere usate dalla difesa di Assange per opporsi all'estradizione.

Le autorità britanniche hanno autorizzato la Corte spagnola a sentire Assange tramite una video-intervista. Il colloquio è fissato per il 20 dicembre. Nel frattempo, centinaia di giornalisti da tutto il mondo hanno firmato un appello internazionale in difesa del fondatore di Wikileaks.

Foto in anteprima via Charlotte Gracias

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