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Bulgaria, non si fermano le proteste contro il governo accusato di corruzione: “Fuori la mafia dal governo”

21 Luglio 2020 6 min lettura

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Bulgaria, non si fermano le proteste contro il governo accusato di corruzione: “Fuori la mafia dal governo”

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Nelle ultime settimane la Bulgaria sta vivendo la più grande crisi politica dal 2013, quando manifestazioni pacifiche di protesta contro la corruzione a Sofia e nelle principali città del paese, a cui parteciparono migliaia di cittadini, riuscirono a far cadere il governo di centro sinistra di Plamen Oresharski.

Oggi, al centro delle critiche e dei cortei che vanno avanti da giorni, è il governo di destra di Boyko Borisov - al terzo mandato come primo ministro -, accusato dai dimostranti di corruzione, interferenze nelle attività giudiziarie e servilismo nei confronti di influenti uomini d'affari.

Il malcontento si è scatenato il 7 luglio scorso quando si è diffusa la notizia che un tratto di costa del Mar Nero di proprietà dello Stato era utilizzato per uso privato da Ahmed Dogan, potente imprenditore e intermediario politico, nonché fondatore ed ex leader del partito Movement for Rights and Freedoms (MRF) di minoranza turca e di orientamento social-liberale e centrista.

A rivelare la scoperta, con un video pubblicato su Facebook, un membro del partito di opposizione Yes, Bulgaria!, Hristo Ivanov, che ha cercato di sbarcare sul tratto di costa che ospita la villa di Dogan e che è stato bloccato da agenti in borghese delle forze di sicurezza dello Stato (NSO) che lo hanno costretto a tornare in acqua dicendogli che la spiaggia era ufficiosamente destinata a uso privato.

«Volevamo dimostrare che lo Stato è al servizio degli interessi di Dogan», ha dichiarato Ivanov in un'intervista telefonica, come scrive il New York Times, raccontando che il governo del primo ministro conservatore ha permesso a Dogan di impossessarsi della spiaggia pubblica, appartenente allo Stato secondo la costituzione, accusando, inoltre, Borisov di permettere all'imprenditore di utilizzare i servizi dell'NSO a spese dei contribuenti.

Per molti la rivelazione ha confermato i timori che lo Stato bulgaro stia subendo influenze esterne.

Se in Ungheria e Polonia sono i partiti al comando a guidare la sovversione del sistema democratico, in Bulgaria il processo è guidato da una gamma più ampia di attori, sia all'interno che all'esterno del governo, incluso un piccolo gruppo di ricchi uomini d'affari.

Le istituzioni statali "sono prigioniere di un gruppo di persone per servire i loro interessi anziché funzionare in modo indipendente come dovrebbero", ha affermato Daniel Smilov, analista del Center for Liberal Strategies, un gruppo di ricerca politica con sede a Sofia.

«C'è la sensazione di essere giunti a un bivio», ha detto Vessela Tcherneva, capo dell'ufficio di Sofia del Consiglio europeo per le Relazioni Estere. «Stanno accadendo contemporaneamente molte cose», ha aggiunto. «Innanzitutto che l'opinione pubblica ha la percezione che il patto sociale, basato su regole applicate equamente a tutti, sia stato infranto».

La notizia dell'utilizzo privato di demanio pubblico ha provocato, due giorni dopo la sua diffusione, la condanna severa del presidente della Repubblica Rumen Radev - un indipendente, sostenuto dal partito socialista bulgaro (BSP) - che ha criticato l'operato di Borisov affermando che l'NSO dovrebbe smettere di proteggere individui come Dogan.

L'indignazione dell'opinione pubblica è ulteriormente aumentata, quando si è appreso che la polizia aveva fatto irruzione negli uffici del presidente arrestando due membri del personale trattenuti per 24 ore. Il raid, infatti, è stato considerato da molti un tentativo di mettere a tacere il capo dello Stato per le critiche mosse a Dogan.

Da diverso tempo è ormai in atto lo scontro tra il presidente della Repubblica e il primo ministro bulgaro. Il mese scorso, Borisov ha accusato Radev di aver usato droni per spiarlo.

Se da un lato Radev ha dichiarato pubblicamente di sostenere i manifestanti chiedendo loro di "buttare la mafia fuori dal governo", dall'altro Borisov ha scritto sui social di essere aperto al dialogo. "Ho rispettato il diritto di manifestare e di esercitare il potere in modo responsabile".

Le richieste avanzate dai manifestanti durante le proteste sono chiare: dimissioni del primo ministro (nonostante il largo consenso raccolto per la gestione della crisi della pandemia di COVID-19) e del procuratore capo Ivan Geshev per aver dato ordine di irruzione negli uffici del presidente dimostrando così di non essere imparziale e di cercare consenso politico.

Alcuni analisti politici, come il professor Evgenii Dainov della Nuova Università Bulgara di Sofia, hanno descritto Geshev come una figura vicina a Dogan e al MRF, che beneficia del tacito sostegno del partito di Borisov, GERB. Vi sono inoltre indicazioni che GERB e MRF stiano collaborando su una serie di questioni, come racconta Deutsche Welle.

In passato, i precedenti governi guidati da Borisov e da GERB sono stati coinvolti in una serie di scandali di corruzione. Attualmente il primo ministro è indagato in Spagna per presunta partecipazione ad attività di riciclaggio di denaro.

Per questo l'opposizione ritiene che l'azione intrapresa da Geshev contro il presidente bulgaro sia un tentativo di distogliere l'attenzione dei cittadini dai problemi del governo.

Ma nonostante le pressioni delle proteste che non danno tregua, il primo ministro bulgaro non ha alcuna intenzione di rinunciare alla sua carica prima della naturale scadenza del mandato.

Sull'altro fronte lo scandalo è riuscito a ricompattare un'opposizione negli ultimi tempi frammentata che ha marciato unita per le strade della capitale.

A nulla sono servite le rassicurazioni di sabato scorso con cui Borisov ha annunciato che l'NSO non sarebbe stato più messo a disposizione di Dogan e di Delyan Peevski, un rappresentante parlamentare dell'MRF. Le manifestazioni sono proseguite prendendo piede anche a Varna, Plovdiv e altre città bulgare, coinvolgendo prevalentemente studenti, giovani e imprenditori autonomi appartenenti alla fascia di età che va dai 20 ai 40 anni.

«C'è un profondo senso di ingiustizia, di regole applicate ad alcuni e non a tutti», ha dichiarato Louisa Slavkova, direttrice di Sofia Platform, una ONG che promuove dialogo e senso civico, secondo cui le proteste ancora in corso rappresentano “la tempesta perfetta” perché giunte dopo un lungo periodo di quarantena.

Per Andrey Kovatchev, eurodeputato del partito GERB di Borisov, il presidente della Repubblica bulgaro sta usando le proteste come un'opportunità, come ha dichiarato a EUobserver.

«La motivazione del presidente è chiara. In caso di dimissioni dell'attuale governo, spetterebbe a lui formarne uno ad interim. Il timore è che questo potenziale governo provvisorio sia orientato verso il Cremlino».

Per quanto finora le proteste siano state in larga parte pacifiche, ci sono state alcune segnalazioni di uso eccessivo della forza da parte della polizia che, se reiterate, potrebbero aggravare ulteriormente le tensioni sociali.

Giovedì 16 luglio, nel tentativo di reprimere il malcontento, Borisov ha comunicato di aver licenziato tre suoi ministri.

Pur accogliendo favorevolmente la notizia i manifestanti sono tornati immediatamente in piazza continuando a chiedere le dimissioni del primo ministro.

Nell'opinione pubblica il senso di frustrazione era già molto diffuso a causa di una serie di episodi imbarazzanti che si sono susseguiti e che hanno visto coinvolti Borisov e alcuni funzionari del governo.

In una fotografia recentemente pubblicata sui media bulgari il primo ministro appare svestito mentre dorme con una pistola accanto. Un'altra immagine ritrae quello che sarebbe il comodino di Borisov pieno di banconote e lingotti d'oro.

L'uomo ha confermato che la stanza delle foto è sua ma ha sostenuto che la pistola e il denaro non lo sono e che le immagini sono state manipolate.

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Organi d'informazione hanno inoltre pubblicato una serie di registrazioni di un uomo la cui voce sembra essere quella di Borisov mentre parla in privato di affari di Stato.

«La gente è stanca della collusione tra mafia e Stato», ha dichiarato Neli Trifonova, una dimostrante 27enne che ha partecipato alle manifestazioni di protesta. «Perché è ovunque.»

foto in anteprima via @GeorgievPeter

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