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Ungheria, la scomparsa dei media indipendenti e l’egemonizzazione culturale autoritaria

20 Luglio 2020 9 min lettura

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Ungheria, la scomparsa dei media indipendenti e l’egemonizzazione culturale autoritaria

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Ungheria, il parlamento vota una riforma che trasferisce il controllo delle università a fondazioni vicine a Orbán

Aggiornamento 28 aprile 2021: Martedì 27 aprile il Parlamento ungherese ha approvato una legge per trasferire beni statali per miliardi di dollari in nuove fondazioni – guidate da consigli di amministrazione nominati dal governo di Viktor Orbán e soggette a verifiche finanziarie minori rispetto agli enti pubblici – che controlleranno molte delle università pubbliche e delle istituzioni culturali del paese, riporta Associated Press.

Secondo quanto previsto dalla riforma, le fondazioni “garantiranno la realizzazione di obiettivi pubblici vitali”, gestendo le università in modo più efficiente, indipendentemente da chi è al potere. Il ministro ungherese dell'Innovazione e della Tecnologia, Laszlo Palkovics, ha dichiarato che questo nuovo sistema «renderà i giovani ungheresi i vincitori del futuro, fornendo loro una formazione moderna». Per i rappresentanti dell'opposizione si tratta invece di una mossa per trasferire beni pubblici nelle mani dei lealisti del governo e per ampliare il controllo di Fidesz, il partito al potere, sulla vita culturale e intellettuale del paese.

Per il governo ungherese è una riforma necessaria per modernizzare l'istruzione superiore in Ungheria, con “un ripensamento del ruolo dello Stato” in cui le fondazioni svolgeranno compiti pubblici normalmente svolti dal governo. I critici invece denunciano che le università coinvolte sono state costrette ad adottare il nuovo modello, non ricevendo alcuna garanzia sulla loro autonomia accademica. Bernadett Szel, una parlamentare indipendente, ha dichiarato che la riforma è in realtà un mezzo per il partito al governo di mantenere l'influenza su aree chiave della vita pubblica e culturale del paese, anche in caso di sconfitta elettorale alle elezioni politiche del prossimo anno.

Costretta a chiudere Klubrádió una delle ultime radio indipendenti

Aggiornamento 11 febbraio 2021: Domenica 14 febbraio Klubrádió, una delle ultime radio indipendenti dell’Ungheria, spegnerà i microfoni.
Un tribunale di Budapest ha confermato la decisione di non rinnovare la sua licenza - una sentenza che è un ulteriore colpo alla libertà dei media nel paese.

Klubrádió, che spesso ospitava voci dell'opposizione ungherese, aveva fatto appello alla Corte dopo che la sua licenza era stata revocata l'anno scorso dal Consiglio dei Media del paese per presunta violazione delle regole sulla pubblicità.

I membri del Consiglio per i media sono eletti dall'Assemblea nazionale ungherese, in cui il partito Fidesz del primo ministro Viktor Orban ha la maggioranza.

Mihaly Hardy, direttore del canale informativo di Klubrádió, ha dichiarato: "C'è un enorme pallone di propaganda costruito dal governo e Klubrádió era un piccolo buco, un piccolo pezzo di verità da cui l'aria poteva fuoriuscire, quindi hanno dovuto chiudere questo piccolo buco nel pallone e così possono costruire il loro mondo di propaganda che non riflette le realtà dell'Ungheria ".

La licenza di Klubrádió scadrà il 14 febbraio. Sarà ancora in grado di trasmettere via Internet. La stazione può fare ricorso contro la sentenza, ha detto la giudice Regina Antal.

Dunja Mitajovic, commissario per i diritti umani per il Consiglio d'Europa, su Twitter ha criticato la sentenza: "Un'altra voce è stata messa a tacere in Ungheria... È un altro giorno triste per la libertà dei media".

Anche l'International Press Institute ha condannato la decisione. Il direttore Scott Griffen ha detto che il verdetto "è devastante per ciò che resta del pluralismo dei media in Ungheria e avrà implicazioni di vasta portata dentro e fuori i confini del paese. Questo è il risultato di uno sforzo deliberato che va avanti da anni da parte delle forze politiche in Ungheria per negare a Klubrádió le frequenze. Il tribunale ha semplicemente sferrato il colpo finale".

Il comitato di redazione e 70 giornalisti di Index si dimettono in seguito al licenziamento del direttore. Migliaia di persone in piazza a Budapest contro Orban e per la libertà di informazione

Aggiornamento 24 luglio 2020: Il comitato di redazione del giornale online ungherese, composto dagli editor Attila Tóth-Szenesi, Veronika Munk e János Haász, ha presentato le dimissioni in blocco venerdì mattina. La loro decisione è stata seguita da altri 70 giornalisti della redazione.

Questa scelta arriva come risposta al licenziamento del direttore di Index Szabolcs Dull, avvenuto mercoledì scorso. La redazione aveva qualificato come "inaccettabile" la decisione del presidente di licenziare il direttore.

In serata migliaia di persone sono scese in piazza in segno di solidarietà alla redazione di Index e hanno marciato per protestare contro gli attacchi del presidente Orban all'indipendenza dei media.

Licenziato il direttore del sito di notizie ungherese 'Index', uno dei pochi media indipendenti rimasti nel paese

Aggiornamento 23 luglio 2020: Szabolcs Dull, direttore del sito di informazione ungherese Index, è stato licenziato mercoledì mattina, circa un mese dopo aver dato l'allarme sulla pressione politica che grava sul suo giornale, uno dei pochi media indipendenti rimasti nel paese e che sta attraversando una crisi economica e amministrativa senza precedenti.

Nel pomeriggio, 90 giornalisti di Index hanno firmato una lettera aperta, pubblicata sul sito in ungherese e in inglese, a sostegno di Dull. "Questa decisione è inaccettabile per tutti noi", scrivono. "Il motivo del licenziamento di Dull è che aveva messo in chiaro che non avrebbe ceduto al ricatto".

Il 7 luglio, Vera Jourová, vicepresidente della Commissione europea responsabile di coordinare le politiche sui valori e la trasparenza, aveva rilasciato una dichiarazione sulla situazione del giornale online, dopo le dimissioni del suo CEO. "La pressione economica non dovrebbe trasformarsi in pressione politica", ha detto, sottolineando che i valori su cui si regge Index sono "essenziali per la democrazia".

Secondo la ONG Reporter senza frontiere, l'Ungheria si trova all'89esimo posto nel ranking mondiale sulla libertà di stampa, la sua situazione è la seconda peggiore in Europa dopo la Bulgaria.

I redattori del sito di notizie ungherese Index, uno dei più importanti del paese e una delle ultime voci critiche verso il governo di Viktor Orban rimaste, denunciano che la loro indipendenza è in "grave pericolo" a seguito di cambiamenti organizzativi voluti dal consiglio di amministrazione, secondo un articolo pubblicato su Coda.

"Index è sottoposto a una tale pressione esterna che potrebbe significare la fine della nostra redazione così come la conosciamo. Siamo preoccupati che, con la revisione organizzativa proposta, perderemo quei valori che hanno reso Index.hu il sito di notizie più grande e più letto in Ungheria ", ha scritto il suo direttore Szabolcs Dull in una dichiarazione firmata da quasi 90 dipendenti.

Il calo nei guadagni pubblicitari è la motivazione con cui il 21 giugno il consiglio di amministrazione di Index ha votato per escludere il direttore Szabolcs Dull dal consiglio ed esternalizzare la produzione giornalistica. Queste decisioni hanno creato scompiglio all'interno della redazione e le dimissioni, il 23 giugno, del CEO András Pusztay, contrario alla decisione presa dal consiglio di amministrazione. Appena una settimana dopo, il 30 giugno, anche il nuovo CEO della compagnia, Zsolt Zodi, ha presentato le proprie dimissioni. Il sito d'informazione ha quindi perso due CEO in un due settimane.

In un comunicato ufficiale, Zodi ha motivato così la decisione di dimettersi: "Dopo aver acquisito familiarità con la situazione finanziaria dell'azienda, sono giunto alla conclusione che realizzare i cambiamenti necessari in un'organizzazione così grande è un compito che va oltre le mie capacità".

La situazione in cui si trova Index, un sito nato nel 1999 che con gli anni è diventato un punto di riferimento per l'informazione ungherese, è integrata in un sistema che ha portato numerosi media, che un tempo erano indipendenti, a finire sotto il controllo del governo, secondo Dalma Dojcsak, avvocato dell'ONG Hungarian Civil Liberties Union. Diversi membri del consiglio di amministrazione di Index, infatti, hanno legami indiretti con il governo. E in un contesto politico-sociale come quello ungherese, è difficile immaginare che le loro decisioni siano prese in buona fede.

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In seguito a un cambio di proprietà nel 2018, Index aveva creato un "barometro dell'indipendenza" per i suoi lettori. Il 21 giugno il quadrante è passato da "indipendente" a "in pericolo".

Circa l'80% dei media del paese, secondo ricercatori indipendenti, è ormai sotto controllo dello Stato o proprietà degli alleati del governo. Alcuni dei magnati  vicini a Orban hanno acquistato media anche in altre parti d'Europa, scrive Coda.

E con il 62% degli ungheresi che dichiara di essere soddisfatto della gestione sanitaria del governo durante la pandemia, il partito di estrema destra Fidesz ritiene di poter mettere a tacere tutte le voci critiche che rimangono.

Secondo un report sulla situazione dei media in Ungheria del 2019, firmato dalle principali organizzazioni per la difesa del diritto all'informazione (International Press Institute, Article 19, Committee to Protect Journalists, European Centre for Press and Media Freedom, European Federation of Journalists, Free Press Unlimited e Reporter senza frontiere), negli ultimi 10 anni il governo di Orban ha sistematicamente smantellato l'indipendenza, la libertà e il pluralismo dei media, ha distorto il mercato e ha diviso la comunità giornalistica nel paese. E in questo modo ha ottenuto un livello di controllo dell'informazione senza precedenti in uno stato membro dell'UE.

Con la stragrande maggioranza dei media concentrati nelle mani del governo o dei suoi alleati, i giornalisti ungheresi intervistati durante la realizzazione del report descrivono un sistema coordinato di censura e controllo dei contenuti che non si vedeva dalla caduta del regime comunista.

La situazione si è inasprita a tal punto che la divisione tra media pro-governativi e indipendenti è stata sostituita da una separazione ideologica nella quale chiunque sia critico con il governo viene additato come "attivista politico", "odiatore dell'Ungheria", "non ungherese", "agente segreto straniero" o, peggio ancora, "traditore". E i "nemici del governo" pagano cara la propria indipendenza: questi media vengono sottoposti a forti pressioni politiche ed economiche, rivolte non solo verso i giornalisti ma anche verso gli inserzionisti, con l'obiettivo di isolare e portare al fallimento le poche redazioni libere rimaste. Nel frattempo lo Stato finanzia con soldi pubblici il blocco mediatico pro-governativo, alimentando in questo modo la macchina di propaganda autoritaria più grande d'Europa.

I giornalisti indipendenti sono screditati pubblicamente e discriminati sistematicamente da parte dello Stato quando si tratta di accesso alle informazioni. A loro viene negato l'accesso alle informazioni pubbliche, senza alcuna spiegazione, e vengono esclusi dagli eventi ufficiali. I funzionari pubblici si rifiutano di rilasciare interviste ai media indipendenti, per fedeltà al governo o per paura di rappresaglie.

Numerosi esperti sono convinti che la strategia del governo sia quella di consentire l'esistenza di pochi media indipendenti, quanto basta per rivendicare l'esistenza di una stampa libera, ma allo stesso tempo tutti gli sforzi sono concentrati nel potenziare la propaganda statale e isolare gran parte della popolazione dalle narrazioni critiche.

Ad aprile, la nuova legislazione d'emergenza per la gestione sanitaria della pandemia, aveva fatto temere ancora una volta per la libertà di stampa in Ungheria. La legge che dava pieni poteri al primo ministro e che gli permetteva di legiferare per decreto senza bisogno del parlamento durante tutta la durata dello stato d'emergenza nazionale, introduceva anche pene fino a 5 anni di carcere per chi diffondesse intenzionalmente "disinformazione che ostacoli la risposta del governo alla crisi sanitaria".

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Il cammino verso l'egemonizzazione culturale conservatrice e autoritaria che sta portando avanti il governo di Orban preoccupa l'Unione Europea. L'assenza di un'informazione libera, la difficoltà di avere un dibattito aperto, la paura e l'autocensura stanno diventando prassi nella società ungherese. E la perdita di una delle poche voci critiche con il governo rimaste nel paese sarebbe un duro colpo per la libertà d'espressione. L'ennesimo.

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