L’attentato al primo ministro Fico: cosa sta succedendo in Slovacchia, uno dei paesi più instabili d’Europa
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Ha superato la notte Robert Fico, il primo ministro slovacco vittima ieri 16 maggio di un attentato. “Le sue condizioni sono gravi, ma al momento è fuori pericolo”, ha annunciato ieri in tarda serata il vicepremier e ministro dell’Ambiente, Tomáš Taraba. È stato il primo spiraglio cautamente positivo al termine di una giornata drammatica e sconcertante.
Fico è stato bersaglio di diversi colpi di pistola mentre si trovava all’esterno della Casa della cultura di Handlová, cittadina nel centro della Slovacchia, dove si era appena tenuta una riunione di governo. Colpito al torace, all’addome e a un braccio, Fico è stato trasportato in elicottero nella vicina città di Banska Bystrica. Troppo rischioso portarlo a Bratislava, lontana 190 km.
Secondo le testimonianze l’attentatore avrebbe richiamato l’attenzione del premier slovacco gridando “Robo, vieni qui”, prima di sparare. Il responsabile, subito arrestato, si chiama Juraj Cintula. È un uomo slovacco di 71 anni, membro della società nazionale degli scrittori e fondatore del comitato contro la violenza. In un video registrato dopo l’arresto e diffuso dai media slovacchi, Cintula ha spiegato di non approvare le politiche del governo e di essere in particolar modo contro il disegno di legge che vorrebbe mettere l’emittente radiotelevisiva pubblica sotto il controllo del governo.
Ci sarebbe dunque una motivazione politica dietro il gesto, anche se le indagini dovranno fare chiarezza su molti punti. Il profilo dell’attentatore appare complesso. Cintula lavora come guardia di sicurezza – per questo possedeva un’arma – e ha la passione per la scrittura. Al suo attivo ha alcune pubblicazioni, tre raccolte di poesie e due romanzi: “Il messaggio del sacrificio” e “Efata”. Quest'ultimo – riporta Euronews - è un attacco palese contro la comunità rom slovacca, in cui critica lo Stato e accusa i rom di abusare della protezione sociale.
Il giornalista investigativo ungherese Szabolcs Panyi ha identificato Cintula come appartenente (o ex appartenente) della formazione paramilitare filorussa degli Slovenskí Branci (SB).
Un coinvolgimento del Cremlino appare tuttavia poco probabile, come riconosciuto dallo stesso Panyi. In questo momento Robert Fico è, dopo Viktor Orbán il politico europeo più vicino a Vladimir Putin.
Per provare a capire quello che è successo ieri bisogna contestualizzarlo nello scenario politico slovacco, che da anni è uno dei più frammentati dell’Unione Europea, nonché caratterizzato da una grande tensione sociale.
Lo scenario politico attuale
Robert Fico è tornato alla guida del paese lo scorso ottobre, dopo aver vinto le elezioni del 30 settembre. Si trova al governo di una coalizione che potremmo definire “rossobruna” in cui convivono due partiti di estrazione socialdemocratica che hanno però da tempo virato verso una marcata impronta populista, Smer – SD (il suo partito) e Hlas-SD, e i nazionalisti di SNS.
Per Fico si tratta appunto di un ritorno, essendo già stato primo ministro tra il 2006 e il 2010 e tra il 2012 e il 2018.
L’inizio di questa legislatura è stato molto contestato, con una serie di leggi e disegni di legge considerati liberticidi e lesivi dello stato di diritto, che hanno posto Bratislava sotto la lente d’ingrandimento della Commissione Europea. Tra quelli più controversi c’è una riforma giudiziaria che prevede l’abolizione della procura speciale per casi di corruzione di alto profilo, la limitazione della protezione degli informatori e la riduzione delle condanne per crimini finanziari. Vale la pena ricordare che la Slovacchia è uno dei paesi europei con il più alto indice di corruzione percepita e dove spesso in passato la criminalità organizzata è riuscita a infiltrarsi e radicarsi negli ambienti politici. Nel 2018 il giornalista investigativo, Ján Kuciak, insieme fidanzata Martina Kušnírová, fu ucciso proprio mentre indagava su queste connessioni. La sua morte aveva provocato un’ondata di sdegno popolare che aveva portato al tempo alle dimissioni proprio di Robert Fico.
Un altro aspetto controverso della politica di Fico è la sua fascinazione per le politiche di Vladimir Putin. È nota la sua posizione in merito alla guerra in Ucraina, ma tra le varie iniziative va segnalato anche un disegno di legge anti agenti stranieri, simile a quella in vigore in Russia, in Ucraina, e da qualche giorno anche in Georgia. Prevede la schedatura delle ONG che ricevono dall’estero un contributo annuale superiore a 5mila euro.
L’ultimo disegno di legge contestato è quello, già citato, che prevede lo scioglimento dell’attuale ente radiotelevisivo pubblico RTVS e la creazione di uno ex novo controllato dal governo.
Tutte queste iniziative hanno portato in piazza migliaia di persone contrarie a delle norme che, se applicate, rischierebbero di “orbanizzare” la Slovacchia, facendole seguire il percorso della vicina Ungheria. Si tratta di una piazza opposta e contraria a quella che ha caratterizzato gli ultimi anni anni in cui Fico si trovava all’opposizione.
Un paese instabile
La Slovacchia è un paese che vive da anni sulla faglia dell’instabilità politica. L’origine è stato proprio l’omicidio Kuciak. Le elezioni del 2020 sembravano aver segnato una svolta con la vittoria di una coalizione di partiti che si proponeva di risolvere l’endemico problema della corruzione. È stato un fuoco di paglia. L’esperienza dei governi guidati prima da Igor Matovič e poi da Eduard Heger è stata caratterizzata da litigi, scandali, dimissioni eccellenti e ricatti incrociati tra partiti. Una situazione che ha reso possibile il ritorno di Fico. Un Fico 2.0 potremmo dire, molto più radicale rispetto alle esperienze di governo precedenti, supportato anche da una massiccia campagna di disinformazione orchestrata dalla Russia.
Durante la pandemia si è fatto portavoce delle frange vicine ai novax, finendo addirittura arrestato in occasione di una manifestazione non autorizzata.
Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina si è dichiarato contrario alla fornitura di armi a Kyiv. Soprattutto, e questo si ricollega ai tragici eventi di ieri, a essere esacerbato è stato il linguaggio verbale, che ha raggiunto una violenza senza precedenti. Uno dei principali bersagli è stata la presidente uscente Zuzana Čaputová, definita proprio da Fico un’agente della CIA e una marionetta nelle mani dell’immancabile George Soros. Parole che sono valse all’attuale primo ministro una denuncia per diffamazione.
Čaputová, che lascerà l’incarico di Presidente della Repubblica a fine maggio, ieri è apparsa profondamente turbata dall’accaduto. In un discorso alla nazione ha parlato di attacco alla democrazia, oltre che alla persona. “La violenza è assolutamente inaccettabile. L’incitamento all’odio e la retorica piena di odio, di cui siamo testimoni in tutta la società, portano ad atti odiosi. Per favore, fermiamo questa cosa”, ha esortato.
La condanna politica all’accaduto è stata unanime e trasversale. “Siamo sull’orlo di una guerra civile”, ha affermato il ministro degli Interni, Matúš Šutaj-Eštok. La causa secondo il ministro sarebbero le tensioni politiche: “Oggi sui social network vengono fatti commenti così odiosi, quindi, per favore, smettiamola immediatamente”.
È attesa oggi in mattinata una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza nazionale. Più tardi è prevista anche una riunione di governo guidata dal ministro della Difesa, Robert Kaliňák. Sono state rafforzate inoltre le misure di sicurezza nei confronti di tutti i ministri e attorno all'ospedale dove è ricoverato Fico.
Intanto dall’estero sono giunti numerosi attestati di solidarietà. Il presidente russo Vladimir Putin, che con Fico ha un ottimo rapporto, ha parlato di crimine odioso, mentre quello ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che dovrebbe essere compiuto ogni sforzo per garantire che la violenza non diventi la norma in nessun paese, forma o ambito.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, condannando fermamente l’attacco, ha affermato che “tali atti di violenza non trovano posto nella nostra società e minano la democrazia, il nostro bene comune più prezioso”. Il premier ungherese Viktor Orbán, il politico probabilmente più vicino a Fico, si è detto “sotto shock per l’atroce attacco”.