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USA, elezioni di metà mandato: niente onda rossa repubblicana, Biden tiene. Iniziano due anni difficili per Democratici e Repubblicani

9 Novembre 2022 6 min lettura

USA, elezioni di metà mandato: niente onda rossa repubblicana, Biden tiene. Iniziano due anni difficili per Democratici e Repubblicani

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Ci vorrà qualche giorno per sapere esattamente come andrà a finire al Senato, ma una cosa è certa: nonostante il gradimento nei suoi confronti rimanga piuttosto basso, Joe Biden può tirare mezzo sospiro di sollievo mentre i Repubblicani hanno un problema Trump e un nuovo astro nascente nel governatore della Florida Ron De Santis. L’onda color rosso repubblicano che alcuni prevedevano non c’è stata, il partito del presidente in carica ottiene il miglior risultato nelle elezioni di metà mandato dal 2002, quando il voto venne influenzato in maniera clamorosa dalla guerra al terrore di George W. Bush. Da Reagan in poi solo due presidenti avevano perso così poco.

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Guardiamo ai seggi fondamentali: il Partito Democratico ne guadagna uno al Senato in Pennsylvania e allo stato attuale dovrebbe mantenere quelli in Nevada e in Arizona - dove lo spoglio dei voti per posta della contea più popolosa e tendenzialmente democratica comincerà il 9 sera sera negli USA, a notte fonda in Italia. Per il seggio della Georgia si andrà al ballottaggio il 6 dicembre, perché nessuno dei due candidati ha raggiunto il 50% più 1 dei voti.

Gli scenari possibili: se i Dem terranno Nevada e Arizona, il ballottaggio in Georgia diventa ininfluente per quanto importante - si rimarrebbe nella situazione attuale con la maggioranza per il partito di Biden garantita dal voto della vicepresidente Harris, oppure 51 a 49 se il democratico Warlock vincesse in Georgia; se i Dem perdessero uno tra Nevada e Arizona, la Georgia diventerebbe fondamentale, se perdessero entrambi, la Georgia non conterebbe perché il partito repubblicano avrebbe comunque la maggioranza.

Diverso il discorso alla Camera dove, mentre scriviamo, i Repubblicani sono in vantaggio in un numero di seggi tale che darebbe loro la maggioranza (i seggi in bilico erano 82), ma non quella che avrebbero sperato. Il risultato della Camera è particolarmente interessante perché una parte consistente dei seggi che i Repubblicani strappano ai Democratici sono in Stati a maggioranza blindata democratica come New York e California. Evidentemente in alcune contee bianche e piuttosto ricche il messaggio repubblicano sulla criminalità in aumento ha funzionato. La retorica anti-polizia, usata abilmente per dipingere i Democratici come candidati estremi, è certamente stata un fattore penalizzante.

Alla Camera, i Repubblicani avevano dalla loro il vantaggio del ridisegno dei collegi elettorali che viene fatto da chi ha la maggioranza nello Stato ed è spesso uno strumento per modificare i confini in maniera da garantirsi dei vantaggi. La maggioranza risicata (probabilmente) conquistata è dunque un risultato non buono. Se il Partito Democratico ha avuto problemi a gestire una maggioranza di un voto, dovendo continuamente trattare con i senatori Manchin e Sinema che ne hanno ridimensionato l’agenda, alla Camera il probabile leader McCarthy si troverà a gestire un gruppo di estremisti trumpiani molto più numeroso che in passato. Il primo test cruciale è quello del voto per autorizzare l’aumento del deficit federale, un tempo dall'esito scontato e che oggi rischia di essere un problema: se il tetto non viene alzato il governo federale è paralizzato. La retorica sul deficit è un tipico argomento repubblicano - nonostante i presidenti repubblicani tendano a farlo crescere - e con un paese tanto polarizzato condurre una battaglia sul tema può essere un rischio da prendere. Al contempo, paralizzare lo Stato federale potrebbe fornire argomenti ai Democratici sulla scarsa responsabilità di un Partito Repubblicano in mano agli estremisti.

I vincitori delle elezioni di metà mandato

Si dice che se c’è un perdente di queste elezioni, questi sia Donald Trump. È una mezza verità. Lo è perché molte delle figure più vicine a lui e più estreme in materia di contenuti hanno perso. Non lo è perché alcuni hanno vinto in Stati importanti (il neo senatore dell’Ohio Vance, dal cui libro Hillbilly Elegy è stato tratto un film Netflix) e perché molti seggi sicuri repubblicani tra quelli della Camera vengono vinti da filo trumpiani che avevano come ostacolo tra loro e Washington quello di vincere le primarie. Vinte quelle, il seggio è sicuro. Come la sinistra democratica alla Ocasio Cortez, l’ala radicale del partito repubblicano cresce dove il partito è forte e perde dove la partita si gioca più al centro.

Tra i vincitori delle elezioni di metà mandato c’è innegabilmente John Fetterman, neo senatore della Pennsyvania, che rappresenta per certi aspetti il prototipo del candidato di cui i democratici hanno bisogno nei contesti vinti da Trump nel 2016, quegli Stati del Midwest che vivono il declino industriale da decenni. Fetterman è stato sindaco di una cittadina, ha look, modi e toni da lavoratore bianco ma una moglie immigrata, è relativamente radicale su alcune questioni. Fetterman ha avuto un ictus durante la campagna elettorale e perso il faccia a faccia Tv, ma è riuscito lo stesso a vincere.

L’altro vincitore è Ron De Santis, governatore della Florida e potenziale avversario di Trump nelle primarie per la presidenza. Nella notte De Santis ha fatto un discorso “nazionale”, non solo celebrativo ma all’attacco toccando tutti i temi sui quali ha sfidato lo Stato federale: tasse, aperture Covid, cultura woke. La sua voglia di candidarsi alla presidenza è piuttosto evidente, la sua vittoria lo rafforza in Florida, che è uno Stato cruciale per vincere la Casa Bianca. De Santis si posiziona da mesi come un Trump senza il bagaglio pesante dell’ex presidente, ma sconfiggere il suo modello alle primarie non sarà facile. Si prevedono primarie repubblicane piene di colpi bassi, il che non significa nulla: Trump disse cose terribili contro il senatore del Texas Cruz durante le primarie del 2016, ma Cruz divenne uno dei sostenitori più popolari e importanti di Trump.

Vanno segnalate, inoltre, il primo eletto della Gen Z, Maxwell Frost, attivista per la regolamentazione delle armi, in Florida; Sarah Huckabee, ex imbarazzante portavoce di Trump divenuta prima governatrice dell’Arkansas; le prime storiche elezioni di una donna in Vermont e Alabama, e di un afroamericano governatore in Maryland. Nel complesso il Partito Repubblicano riesce a essere un po’ meno bianco e maschio del solito.

I temi decisivi per il risultato finale

Nelle ultime settimane i sondaggi indicavano un peso ridotto della questione dell’aborto rispetto al tema dell’inflazione, divenuta la preoccupazione maggiore degli elettori. La verità è che per chi ha votato democratico la sentenza della Corte Suprema è stato il primo tema menzionato negli exit poll e che in diversi Stati i referendum che proteggono il diritto all’aborto hanno vinto, così come molte sfide per la carica di governatore sono andate ai Democratici in Stati per loro complicati anche grazie al peso del tema (il Michigan, il Wisconsin, sopratutto il Kansas). Per i Repubblicani l’inflazione e l’immigrazione erano le principali preoccupazioni.

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A dare una spinta decisiva alla tenuta dei Democratici sono stati i giovani. Questi hanno votato più che nel 2018 quando avevano già battuto un record. Le donne e le minoranze, come sempre, hanno dato un vantaggio ai democratici. Al partito di Biden rimane la preoccupazione di un voto ispanico che continua a calare (60% contro 66% del 2020). La sorpresa di questo voto sono gli elettori cosiddetti indipendenti - negli USA ci si registra al voto dichiarando la propria preferenza per un partito o come tali. Per un soffio, gli indipendenti hanno votato di più il partito di Biden, il che è una novità assoluta per le elezioni di midterm.

Cominciano due anni complicati per l’amministrazione Biden e per il Partito Democratico che deve ragionare su una sua ricandidatura, convincere il presidente a non ripresentarsi. Molto naturalmente dipende dall’esito dei tre seggi del Senato di cui si è detto. Ma comincia una fase molto complicata anche per il Partito Repubblicano, che si troverà diviso sulla strada da prendere. In qualsiasi modo i Repubblicani proveranno a raccontare questo voto al pubblico, il risultato è deludente. A Washington si parlava di “onda rossa”, il figlio di Donald Trump, Donald jr. twittava “bagno di sangue” e in diversi alberghi della capitale federale erano stati affittati saloni per celebrare il trionfo. Le cronache raccontano che le feste sono state sottotono.

Immagine in anteprima via zeebiz.com

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