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Tra falsi allarmi e Beppe Grillo, informarsi correttamente su Ebola è una impresa

21 Ottobre 2014 3 min lettura

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Tra falsi allarmi e Beppe Grillo, informarsi correttamente su Ebola è una impresa

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Fare corretta informazione su temi come l'epidemia di Ebola è un po' come svuotare il mare con un cucchiaino, di fronte ai falsi allarmi sui «casi sospetti» rilanciati dai media, alle manifestazioni di partiti come la Lega Nord e Fratelli d'Italia, al grido di "EBOLA, NO GRAZIE", e ai provvedimenti improvvisati di alcuni amministratori locali, come il sindaco di Padova Massimo Bitonci. Provvedimenti, peraltro, già smontati nel merito da altre autorità che ne evidenziano l'inutilità e l'inapplicabilità.

Ai falsi allarme e alle ordinanze "anti-Ebola" si aggiunge ora anche il leader 5 Stelle Beppe Grillo, che in un post chiede che si rompa il «tabù» del tema dell'immigrazione e che, per scongiurare le minacce incombenti del virus Ebola e addirittura dell'Isis, i clandestini vengano «rispediti da dove venivano». Profughi sì, clandestini no, in una sorta di distinzione tra buoni e cattivi, dove il cattivo in questo caso sembra essere il clandestino in quanto tale.

E il grillino Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, conferma in un'intervista la posizione di Grillo, affermando che l'immigrazione rappresenta un pericolo per la sicurezza.

Sorvoliamo sul problema dell'Isis e concentriamoci sul virus Ebola. Devo confessare un pregiudizio. Non mi aspettavo molto, su un argomento di questo tipo, da chi durante uno spettacolo sposava le teorie complottiste sull'Aids mimando con gesti sconci il «retrovirus che muta», mentre il pubblico rideva di gusto (non ho mai capito perché). Ma, tornando a oggi, ciò che accomuna le inutili ordinanze "anti-Ebola" e il post di Grillo è la tesi (fondata, chi più chi meno, sulla malafede) che il rischio maggiore di importazione di possibili casi di infezione da virus Ebola venga dall'arrivo dei migranti sulle coste italiane. Tutta la questione, che esiste, della diffusione dell'epidemia a livello internazionale viene ridotta a questo, almeno per quanto riguarda il nostro paese. Ma i casi spagnolo e americano dimostrano che nell'immediato il rischio maggiore di diffusione di Ebola al di fuori dell'Africa deriva dal traffico aereo e da una non attenta gestione sanitaria dei pazienti, anche di quelli fatti rientrare di proposito nel paese di origine per essere curati.

Sia i sindaci "anti-Ebola" che Grillo, inoltre, nell'additare tutti i migranti come una minaccia per la salute pubblica, non fanno alcuna distinzione tra paesi di provenienza a rischio, dove è in corso l'epidemia (Sierra Leone, Guinea, Liberia), e paesi non a rischio. In ogni caso, la probabilità che un individuo affetto da Ebola, proveniente da uno dei paesi in cui è in corso l'epidemia, possa arrivare a sbarcare sulle nostre coste è ridotta al minimo. Il periodo di incubazione della malattia è, generalmente, di 2-21 giorni, con una media di 8-10 giorni. Un «disperato», come scrive Grillo, quanto tempo impiega, mettendosi in viaggio il primo giorno di incubazione della malattia, a raggiungere con mezzi di fortuna il Nord Africa (un viaggio di quasi 5000 chilometri), dove nessun paese ha ancora chiuso le frontiere, e da lì via mare le coste della Sicilia, prima che la malattia raggiunga già uno stadio avanzato? In quanti lo hanno fatto o lo stanno facendo? Non si sta registrando alcun esodo di massa da quei paesi. E chi, attraverso qualsiasi mezzo, sia arrivato in italia da più di 21 giorni non può costituire ragionevolmente una minaccia di infezione. Ma, certo, Grillo parla anche in generale di «malattie epidemiche», quindi probabilmente dovremmo impedire gli ingressi da pressoché ogni paese del mondo.

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Grillo chiede «una visita medica obbligatoria all'ingresso», ma questa viene già svolta dal personale medico impiegato nell'operazione Mare Nostrum e, sul territorio dove vengono ospitati profughi, anche dalle strutture sanitarie locali.  Cosa chiedono, dunque, in più Grillo e i sindaci "anti-Ebola"? Forse non è un caso che nessuno di loro associ lo spettro del contagio a chi può arrivare in Italia in aereo sebbene anche in questo caso, come ricorda il direttore scientifico dell'Istituto nazionale per le malattie infettive, il rischio sia molto basso, data l'assenza di collegamenti diretti con i paesi dove è in corso l'epidemia.

Non è un caso, perché il passeggero di un volo in arrivo non suscita quel senso di paura e minaccia che provoca la "invasione di massa" via mare. È quella l'immagine dell'immigrazione che tutti hanno in mente e unire in un post la parola «Ebola» alla foto del barcone dei «disperati» rafforza questa immagine.

Come recita in conclusione il post di Grillo: «E' questo quello che vogliamo? Basta saperlo.»

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