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Senegal travolto da proteste senza precedenti dopo l’arresto del leader dell’opposizione: almeno 5 morti

12 Marzo 2021 6 min lettura

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Senegal travolto da proteste senza precedenti dopo l’arresto del leader dell’opposizione: almeno 5 morti

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Da quando il 3 marzo scorso è stato arrestato Ousmane Sonko, parlamentare eletto nel 2017 e leader del partito di opposizione PASTEF (Patriots of Senegal for Work, Ethics, and Fraternity), il Senegal è stato travolto da una serie di proteste popolari che non hanno precedenti negli ultimi anni.

Almeno cinque persone (tra cui un ragazzo diciassettenne) sono state uccise negli scontri avvenuti tra i sostenitori di Sonko e le forze di sicurezza in vari distretti della capitale Dakar e nel resto dello Stato.

I manifestanti hanno dato fuoco ad automobili, saccheggiato negozi – soprattutto di rivenditori francesi accusati di aver messo fuori mercato i piccoli commercianti e di aver tratto profitto in un momento in cui molti senegalesi stanno soffrendo per la recessione economica globale causata dalla pandemia – e lanciato pietre contro la polizia.

La violenza, che secondo l'opposizione ha provocato un numero maggiore di vittime – undici – è scoppiata in modo esponenziale in un paese ritenuto un'oasi di stabilità politica, sociale ed economica ed esempio del processo di democratizzazione sebbene in una regione instabile, come quella dell'Africa occidentale. Da qualche tempo, però, a seguito delle restrizioni dovute alla diffusione della COVID-19, alla crisi economica e all'aumento della disoccupazione, l'insofferenza, soprattutto nella popolazione più giovane, è diventata più profonda.

L'evolversi di quanto sta succedendo in Senegal è seguito con estrema preoccupazione a livello internazionale perché alto è il timore che questa situazione possa determinare un effetto domino su altri paesi, come Costa d'Avorio, Guinea, Mali, già al centro di scontri, contestazioni e ribellioni.

Le tensioni sono esplose immediatamente dopo l'arresto di Sonko accusato di disturbo dell'ordine pubblico mentre si stava recando a un'udienza in tribunale. A febbraio scorso il politico 46enne era stato accusato di stupro e minacce di morte da una dipendente di un salone di bellezza e per questo è stato privato dell'immunità parlamentare.

Secondo i sostenitori del leader dell'opposizione, arrivato terzo alle ultime elezioni presidenziali del 2019, e per Sonko stesso, dietro alle accuse mosse c'è il tentativo del presidente della repubblica in carica, Macky Sall, di impedirgli di candidarsi alle consultazioni del 2024. Se condannato Sonko rischia fino a dieci anni di carcere. Da parte sua, il governo ha respinto categoricamente qualsiasi coinvolgimento.

Sonko e Sall erano già stati al centro di uno scontro avvenuto nel 2016 quando Sall lo ha sollevato dall'incarico di ispettore fiscale per aver violato l'obbligo di riservatezza a seguito di un attacco al governo mosso per presunta corruzione.

Non è la prima volta che un possibile candidato alla presidenza affronta le aule dei tribunali prima delle elezioni.

Come riportato da Al Jazeera nel 2013 il figlio dell'ex presidente Abdoulaye Wade, Karim, è stato accusato di corruzione. L'uomo, dopo aver trascorso tre anni in carcere, si è trasferito definitivamente in Qatar rinunciando alla carriera politica. Anche l'ex sindaco di Dakar, Khalifa Sall, è stato arrestato, nel 2017, con l'accusa di appropriazione indebita, ricevendo poi la grazia soltanto dopo lo svolgimento delle elezioni del 2019.

La crescente disoccupazione e il conseguente esodo dei giovani verso l'Europa e soprattutto le isole Canarie, l'aumento delle disuguaglianze sociali e gli scandali di corruzione sono alla base della rabbia crescente dell'opinione pubblica.

L'arresto di Sonko ha fatto esplodere una miccia in un contesto di insoddisfazione che la diffusione della pandemia di COVID-19 ha soltanto acutizzato.

Nelle strade e sui social, infatti, chi protesta non si limita a chiedere la liberazione di Sonko ma anche quella dell'intero paese da una determinata classe politica e dal presidente attualmente in carica che ha mancato di rispondere, sia nel primo che nel secondo mandato, alle attese della popolazione. Già nel 2016 i cittadini erano scesi in piazza per protestare contro l'assegnazione di una licenza petrolifera a una società di cui faceva parte il fratello del presidente poi dimesso.

Molti manifestanti, inoltre, temono che Sall sia pronto a usare la riforma della Costituzione, in corso dal 2016, per riuscire a ottenere un terzo mandato (attualmente i mandati presidenziali consentiti in Senegal sono due), come accaduto in Guinea e Costa d'Avorio.

La situazione nel paese era già in parte precipitata a febbraio quando la polizia ha arrestato alcuni attivisti del PASTEF, membri del movimento del Fronte per un movimento di rivoluzione popolare antimperialista e panafricano (FRAPP) e altri esponenti politici.

Varie ONG hanno immediatamente lanciato l'allarme sul giro di vite, sull'uso della tortura nel condurre le operazioni e più in generale su una serie di abusi messi in atto. Amnesty International ha chiesto alle autorità senegalesi di "fermare gli arresti arbitrari di oppositori e attivisti, rispettare la libertà di riunione pacifica e la libertà di espressione e fare luce sulla presenza di uomini armati di randelli che si muovevano insieme alle forze di sicurezza", mentre Reporters sans Frontières ha denunciato “un'ondata senza precedenti di violazioni della libertà di stampa”.


Khadidiatou Ndiouck Faye, direttrice della prigione di Cape Manuel, a Dakar, commentando l'arresto di Guy Marius Sagna, coordinatore della coalizione nazionale No to EPAs, ha ammesso che i prigionieri politici poco collaborativi sono rinchiusi in celle punitive dove "la regola è che il detenuto arrivi a suicidarsi".

A seguito delle rivolte dei primi giorni di marzo l'attività didattica è stata sospesa per una settimana, l'accesso a Internet e ai servizi di messaggistica è stato limitato e due emittenti televisive private, Sen TV e Walf TV, sono state chiuse per aver dato largo spazio alle proteste nella programmazione.

Le tensioni hanno cominciato ad allentarsi solo quando, a cinque giorni dall'inizio dei disordini, un tribunale ha disposto il rilascio di Sonko su cauzione, dopo aver confermato l'accusa a suo carico.

Alioune Badara Cissé, difensore civico del Senegal, ha esortato le autorità a fermare minacce e intimidazioni contro i manifestanti. Allo stesso modo ha chiesto a chi scende in strada di protestare pacificamente e di fermare i saccheggi.

In una conferenza stampa Cissé ha sottolineato la necessità da parte delle autorità di aprire un dialogo con i giovani,  replicando così al ministro dell'Interno Antoine Felix Abdoulaye Diome che aveva promesso di utilizzare "tutti i mezzi necessari per un ritorno all'ordine".

Per Cissé tutte le parti in causa devono compiere un passo indietro perché il paese è ormai "sull'orlo di un'apocalisse".

Dopo la scarcerazione Sonko ha chiesto ai propri sostenitori di continuare a mobilitarsi in maniera pacifica esercitando il diritto di manifestare.

L'11 marzo è stata proclamata, dal presidente della Repubblica, una giornata di lutto nazionale in memoria delle vittime dei disordini. Sall ha anche annunciato, a partire dalla mezzanotte del 19 marzo,  la revoca dello stato d'emergenza sanitario che ha determinato l'adozione di varie restrizioni, incluso il coprifuoco nella capitale Dakar che aveva suscitato l'ira della popolazione.

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Ad oggi il Senegal ha registrato 36.195 casi di coronavirus e 935 decessi.

Per sabato 13 marzo è stata indetta dal neonato Movimento per la difesa della democrazia (M2D) – una coalizione formata da diversi partiti dell'opposizione e da gruppi della società civile – una manifestazione pacifica nel cuore di Dakar, a Place de la Nation, per chiedere “l’immediato rilascio di tutti i detenuti politici”. Proteste analoghe sono state organizzate in altre città del paese e nel resto del mondo dagli emigrati senegalesi che vivono all'estero.

Foto anteprima via Afrique Media

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