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Ron DeSantis, il favorito alle primarie repubblicane, usa le ‘guerre culturali’ per attaccare la democrazia

3 Marzo 2023 8 min lettura

Ron DeSantis, il favorito alle primarie repubblicane, usa le ‘guerre culturali’ per attaccare la democrazia

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La Florida del governatore Ron DeSantis è al centro del dibattito culturale e politico statunitense, dopo che nei giorni scorsi il probabile candidato da battere alle primarie repubblicane ha bloccato un corso di approfondimento di African American Studies per le scuole superiori. Nella versione 2022, il corso conteneva un modulo finale in cui si parlava di intersezionalità, Black Lives Matter e temi LGBTQ. 

La conseguenza è che il College Board, una struttura nazionale del complicato sistema scolastico USA, ha modificato il corso eliminando una serie di riferimenti a personaggi e togliendo testi di alcuni accademici considerati “controversi”, come ad esempio The bluest Eyes di Toni Morrison o Between the world and me di Ta-Neishi Coates o Drama, libro per ragazzi di Raina Telgemeier. Lo stesso Board, vedendo come e quanto la questione montava, è tornato sulla questione e in un comunicato ha parlato di “calunnie” contro quel corso. La risposta di DeSantis è un ulteriore rilancio: la minaccia di cancellare tutti i corsi denominati di “advanced placement” – ovvero corsi che si tengono nelle high schools e che introducono a temi del college, molto importanti per chi vuole provare a entrare in una buona università. 

L’eventuale cancellazione dei corsi AP, forse non realizzabile perché a pagare questa formazione non profit non è lo Stato della Florida, sarebbe molto grave perché a seguirli sono centinaia di migliaia di studenti e perché sono un investimento sul futuro in un paese competitivo e dove l’istruzione costa cara.

Quella del corso di African American Studies è solo l’ultima delle misure di DeSantis tese a togliere dai curricula scolastici riferimenti a questioni che riguardano la storia e la società americane. La sua non è una battaglia solitaria: in 44 Stati il partito repubblicano ha proposto di vietare per legge l’introduzione della Critical Race Theory – in 18 Stati la legge è stata approvata (qui tutte le informazioni). L’ultimo a guidare la crociata in ordine di tempo e con più visibilità degli altri perché da molti considerato il prossimo candidato alle presidenziali del partito repubblicano, è DeSantis che ha voluto una legge statale Anti Woke e un’altra denominata Don’t say gay che vieta di parlare di orientamento sessuale e identità di genere agli alunni sotto una certa età. La legge non definisce cosa si intenda per “orientamento sessuale” e “identità di genere”, il che lascia enorme discrezionalità al potere politico.

Per raccontare cosa succede in Florida e perché, sarà utile fare dei passi indietro. La Critical race theory non è una disciplina ma una cornice teorica: si tratta di insegnare come e quanto la storia americana fatta (anche) di razzismo e suprematismo bianco abbia contribuito a plasmare le proprie istituzioni. Per capire di che parliamo, segnaliamo il passaggio di un’intervista a Kimberlé Crenshaw, professoressa tra le teoriche della CRT: 

“La teoria sostiene che occorra prestare attenzione a ciò che è accaduto in questo paese e a come ciò che è accaduto continua a determinare traiettorie di vita differenti. Parlandone potremo diventare quel paese che diciamo di essere. (…) E sappiamo che non possiamo arrivarci se non possiamo affrontare e parlare onestamente di disuguaglianza”.

È possibile che si usi questa lente eccedendo un poco? Certo, ma lo sforzo dell'amministrazione DeSantis e di molte altre assemblee legislative a guida repubblicana che in questi anni hanno approvato leggi che regolano cosa si può leggere nelle scuole e nei college sembra essere uno sforzo per proporre una narrazione della vicenda statunitense che nasconde sotto al tappeto una serie di accadimenti cruciali e indispensabili per spiegare perché e come la società USA contemporanea sia quel che è oggi. Comprese certe distorsioni e aspetti negativi della cultura black. 

Questa ultima culture war è diventata nazionale dopo che il presidente Trump si è lasciato andare a un paio di tirate contro “l’indottrinamento dei nostri ragazzi”, parlato di “abusi sui bambini” ed ha commissionato un rapporto nel quale si raccomanda di sottoporre gli studenti ad “educazione patriottica”. Nel presentarlo, Trump disse: “Questa crociata contro la storia americana è propaganda tossica, un veleno ideologico che, se non viene rimosso, dissolverà i legami che ci uniscono e distruggerà il nostro paese”.

Dalla Casa Bianca lo scontro su come e cosa insegnare nelle scuole è tracimato negli Stati e negli school boards, organismi della comunità delle scuole sulle quali sovrintendono, prendono decisioni relative alle scuole locali. Naturalmente una contea bianca e repubblicana avrà uno school board che le somiglia e viceversa. Poi ci sono quelle dove si litiga, come quella dove si è verificato uno degli scontri più duri attorno alla CRT. È il caso dello school board di Loudon, in Virginia, a ridosso della capitale federale, con una popolazione che ha visto crescere la presenza di minoranze in maniera rapida e imponente e tra gli ultimi luoghi dell’Unione a bandire la segregazione razziale dai luoghi pubblici e nelle scuole. 

Nel 2021, si è arrivati a botte e arresti durante la riunione dello school board locale dopo nei programmi erano state introdotte nozioni che non piacevano a quel fronte conservatore che  aveva intenzione di usare la CRT come arma politica. Nelle scuole, infatti, non si insegna la CRT perché questa è, semmai, materia per il college o l’università.

Per dare l’idea di come il fenomeno sia diventato nazionale, Media Matters ha segnalato come nel 2021 FoxNews abbia nominato 3.929 volte la Critical Race Theory contro le 132 dell’anno precedente. 

La destra alimenta uno scontro culturale per farne una battaglia identitaria contro chi vuole distruggere l’America, propagandare e convertire alla “cultura gender”, far vergognare “gli americani” per il passato razzista delle istituzioni e della società – e sì “sono una donna, sono una madre” riprende esattamente quella modalità di fare politica e propaganda. L'appiglio usato da questo fronte conservatore è legato ai toni di una parte dei libri contro cui si scaglia, che pongono problemi reali - una narrazione piena di buchi e distorsioni -  con toni talvolta comprensibilmente duri. 

Ma la portata della crociata va oltre i titoli "radicali" di autori come Coates o Xendi e tocca anche libri per bambini dai contenuti innocui. Del resto la bozza di legge di riforma del sistema di formulazione dei programmi e selezione del personale docente nomina vagamente alcune questioni generali lasciando enormi margini discrezionali alla burocrazia nominata dal governatore ma ordina di "eliminare dai propri programmi i corsi di laurea o di laurea specialistica in Teoria Critica della Razza, Studi di Genere o Intersezionalità, o qualsiasi corso di laurea inerente a questi sistemi di credenze". Per giustificare questa censura si fa riferimento legislativo a un testo sulla discriminazione a scuola che bandisce il razzismo, ma anche spiega che nessun gruppo ha una storia razzista e nessuno si deve sentire in colpa o responsabile delle azioni commesse da altri in passato (qui l'articolo 4a del testo). 

La destra americana all’attacco dell’educazione all’antirazzismo

La destra repubblicana non è nuova a questo tipo di battaglia culturale sui curricula scolastici, usati come strumento di mobilitazione della base più conservatrice - come l’aborto o il matrimonio tra persone dello stesso sesso. L'organizzazione federale del sistema scolastico, con i curricula che vengono stabiliti dai Boards of education di ciascuno Stato, rende possibile il riprodursi a livello locale di epocali scontri di principio che si riverberano sul dibattito politico nazionale. 

Un esempio clamoroso è quello dell’insegnamento della biologia in Texas, dove nel 2009 venne nominata una commissione per riscrivere i curricula della quale facevano parte un reverendo che predicava il ritorno all’America delle origini (padri pellegrini e puritanesimo), negava il riscaldamento globale e parlava dell’uragano Katrina come di una punizione divina. Quella commissione scelse di introdurre il creazionismo e il disegno divino accanto all’evoluzionismo. Nel 2017 lo stesso Board del Texas modificava quella scelta, eliminando le parti che criticano l’evoluzionismo, ma lasciando spazio all’insegnamento del creazionismo – una sentenza della Corte Suprema del 1968 stabiliva che insegnare il creazionismo vìola la costituzione in quanto promuove una religione rispetto alle altre.

Tornando invece alla Florida, tra le altre mosse del governatore e del suo staff c’è la richiesta di autorizzazione da parte delle scuole per i libri da comprare o tenere nelle biblioteche e c’è l’ordine di coprire le librerie di classe fino a quando le commissioni di esperti non avranno stabilito se e come i volumi sugli scaffali siano in linea con le leggi approvate lo scorso anno.

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Leggi che sono vaghe e lasciano enorme spazio alla discrezionalità ed enorme potere alle singole famiglie che possono sentirsi “offese” e promuovere cambiamenti ai curricula. L’effetto reale è quello dell’autocensura da parte di maestri e professori, minacciati da multe molto alte e persino di carcere: il Time ha intervistato una serie di insegnanti che spiegano come stiano modificando i programmi, eliminando anche scritti di Martin Luther King. Quanto ai librai delle biblioteche, in Florida devono seguire un corso di perfezionamento sulla “selezione del materiale”, mentre in Texas, dove i genitori avranno trenta giorni per fare le loro raccomandazioni agli School boards che poi deciderà cosa va bene e cosa no, stanno ordinando un numero di libri fino a sei volte inferiore agli anni passati. E un professore è stato licenziato dopo aver postato sui suoi account social un video degli scaffali vuoti della scuola dove lavorava ed essere stato accusato da DeSantis di promuovere una narrazione falsa.

La campagna di DeSantis e dei suoi colleghi governatori repubblicani è la scommessa che agitando fantasmi e fornendo una versione caricaturale ma spaventosa di cosa sia l’insegnamento di alcuni temi, una parte della società americana moderata ci creda e si spaventi. Un esempio? L’ex governatrice della South Carolina e candidata alle primarie repubblicana Nikki Halley ha sostenuto che la legge “don’t say gay” della Florida è troppo timida. Usare le guerre culturali è utile a vincere le primarie del partito dove vota soprattutto la base più conservatrice. L’uso della storia e dei pericoli per la stabilità della società occidentale e alla famiglia posti dalle teorie che la destra chiama "gender" come arma della battaglia politica sono presenti  anche in Europa, dall'Ungheria alla Polonia fino ai toni usati da alcuni media italiani e i segnali americani indicano come sia utile seguire quella vicenda per capire che piega prenderà anche da questa parte dell’Atlantico. Nei decenni passati le culture wars hanno visto organizzarsi fronti opposti e, alla lunga, è la parte meno conservatrice ad aver vinto (il matrimonio tra persone dello stesso sesso è un diritto costituzionale sancito dalla Corte Suprema). La battaglia legale contro DeSantis è già cominciata: una serie di professori universitari, rappresentati dall'ACLU (American Civil Liberties Union hanno chiesto ai tribunali della Florida di bloccare la legge. Altre cause verranno.

Immagine in anteprima: Frame video via YouTube

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