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Il Nobel per la Letteratura a Gurnah accolto con freddezza in Italia

16 Ottobre 2021 6 min lettura

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Il Nobel per la Letteratura a Gurnah accolto con freddezza in Italia

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di Claudia Boscolo

La notizia del conferimento del Premio Nobel per la letteratura a Abdulrazak Gurnah è stata accolta con relativa freddezza da parte dell’ambiente culturale italiano. L’Accademia di Svezia ci ha ormai abituati alle sue decisioni sorprendenti, tanto che è ormai quasi ovvia la scelta di autori semisconosciuti, la cui opera è tuttavia particolarmente significativa. Nel caso di Gurnah, lo scrittore ha all’attivo dieci romanzi e diverse pubblicazioni accademiche di grande spessore e rilevanza sulla questione postcoloniale. Come studioso, Gurnah ha insegnato a lungo presso il dipartimento di lingua e letteratura inglese della University of Kent nel Regno Unito, dove è a tutt’oggi professore emerito. Si tratta di una voce fondamentale nell’ambito degli studi sul postcolonialismo, come sottolinea Nicoletta Brazzelli, professoressa associata di letteratura anglo-americana presso il dipartimento di lingue e letterature straniere dell’Università Statale di Milano, e autrice della monografia L’enigma della memoria. Il romanzo anglofono di V. S. Naipul a Taiye Selasi (Carocci, 2019). Brazzelli ha rilasciato una lunga intervista in forma di guida alla lettura dell’autore, in cui evidenzia che «[d]i Gurnah sono stati tradotti finora in italiano solo tre romanzi (Paradiso, Sulla riva del mare, Il disertore), in tempi diversi e senza che ottenessero un particolare successo o almeno una certa visibilità». I romanzi sono stati pubblicati da Garzanti e sono al momento fuori catalogo, poiché non hanno venduto a sufficienza per ristamparli. Le ragioni di tale insuccesso presso il pubblico italiano sono state indagate dall’ex direttore editoriale della casa editrice milanese Oliviero Ponte di Pino, in carica dal 2000 al 2012 e quindi responsabile della pubblicazione di Gurnah. In una breve dichiarazione rilasciata al Corriere della Sera il giorno successivo alla proclamazione del Nobel, di Pino afferma che l’autore dava «voce a mondi che da noi erano poco conosciuti ma più vicini di quanto non potessimo immaginare. Forse ci siamo mossi in anticipo sui tempi e sul gusto del pubblico e della critica, e questo in editoria è sempre un errore». La scoperta di Gurnah e la sua traduzione italiana nei primi anni Duemila è stata quindi un’impresa encomiabile, poco compresa da un pubblico disattento, ma forse anche messa poco in risalto dalla stessa casa editrice.

Quello dell’editoria italiana è un ambiente asfittico, dove emergono poche voci acclamate come rilevanti e a cui si dà visibilità sproporzionata rispetto alla grande varietà delle opere letterarie prodotte a livello sia nazionale sia internazionale. Un ruolo decisivo è giocato anche dai costi della traduzione, onere gravoso specie rispetto al rischio che i costi non vengano coperti dalle vendite. Una traduzione è sempre un investimento importante e, quando non garantisce un ritorno economico, rappresenta un fallimento per gli editori.

Detto ciò, un autore come Gurnah, di cui ora apprendiamo la rilevanza culturale, avrebbe forse meritato più esposizione con inviti non solo accademici, come è avvenuto fino a oggi. In Italia dalla comparsa delle traduzioni dei suoi romanzi è stato invitato proprio da Brazzelli all’Università Statale di Milano e a Venezia all'Università Ca’ Foscari. Si tratta di appuntamenti prestigiosi, che tuttavia, come tutto ciò che riguarda l’accademia, non raggiungono il grande pubblico. 

Come sottolinea Brazzelli, «[i]l fatto che Gurnah sia uno studioso e un docente a mio parere è molto importante, perché spesso la sua narrativa permette di cogliere elementi che sono centrali nella letteratura postcoloniale, e dunque si nota una sorta di travaso di idee e concetti che generano la complessità dei testi di Gurnah». Si tratta quindi di uno scrittore che a partire dalla teoria letteraria approda al romanzo con una struttura concettuale e narrativa solida. 

In un articolo pubblicato sul sito dell’università Ca’ Foscari a Venezia, Shaul Bassi afferma, «Gurnah, in termini accademici […] è un quintessenziale autore postcoloniale, che vive e racconta a cavallo dei continenti, e che non può in alcun modo rientrare comodamente in alcuna categoria di letteratura nazionale, che purtroppo continua a essere la principale cornice di riferimento degli studi letterari a scuola e nelle università». Questo suo non stare all’interno di paradigmi rigidi, non poter essere incasellato e quindi neppure inserito nel quadro di una strategia di piazzamento delle sue opere in una particolare nicchia di mercato, rende le sue opere difficili da avvicinare e da diffondere. La peculiarità della scrittura di Gurnah, il suo sostare fuori dal canone pur esprimendosi attraverso il genere del romanzo con una lingua nitida e uno stile realista, lo rende estraneo alle logiche di vendita che predominano nel settore dell’editoria, come in quello di qualsiasi altro prodotto. Non a caso Garzanti, che da anni ormai punta sui paratesti molto più che sui contenuti, non lo ha ripubblicato, preoccupandosi maggiormente della scarsa popolarità dell’autore presso il grande pubblico che del suo valore letterario, rinunciando quindi all'apprezzamento che Gurnah ha ricevuto presso il nocciolo dei lettori forti. Riconosciuto finalmente il suo valore dall’Accademia di Svezia, si spera che questo processo subisca una inversione di marcia, e che la sua scrittura penetri in modo più capillare nel mercato.

In una intervista rilasciata alla BBC, alla domanda se attraverso la sua scrittura si sia posto come obiettivo quello di operare un cambiamento sociale così da indurre la società a riflettere sugli effetti molteplici del colonialismo rispetto all'identità degli individui e in ultima analisi delle culture di origine, Gurnah risponde che per lui il romanzo è uno strumento per raccontare ciò che conosce senza il desiderio di orientare l’opinione pubblica, ma ciò avviene come naturale conseguenza nel momento in cui la realtà storica viene narrata attraverso il romanzo. Si tratta di una questione centrale nel dibattito sul romanzo in questa epoca: l’impatto che il racconto delle realtà storiche ha sulla consapevolezza dei lettori è all’origine della recente ibridazione del romanzo, che sconfina ormai sempre più spesso in altri generi letterari. La scrittura di Gurnah, invece, tiene ben separata finzione e saggistica, e in questo senso rappresenta un approccio piuttosto classico nell’arte del romanzo. Anche questo essere romanziere fino in fondo - a differenza di molte delle figure letterarie più note - lo caratterizza come perfetto rappresentante della categoria. 

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Si è detto che questo è un Nobel politico e non veramente letterario, cioè motivato dalla contingenza più che dalla qualità dei testi, affermazione discutibile, in quanto da sempre l’Accademia Svedese premia autori la cui opera coglie e rappresenta le grandi trasformazioni della società. Basti pensare a Heinrich Böll, ma anche a Luigi Pirandello, a Dario Fo, a Bob Dylan. Non si può affermare che quelli non siano stati premi politici. È possibile che causi irritazione il fatto che ai grandi nomi della letteratura mondiale non venga riconosciuta una statura tale da giustificare il Nobel, tuttavia lo spirito del premio consiste anche nell'aiutare a diffondere l'opera di autori rilevanti seppur misconosciuti, e non a consacrare i giganti. 

Scrive ancora Bassi, «Con questo premio sono istantaneamente partite sia le critiche di coloro che considerano questo un Nobel più politico che letterario (segue la litania di tutti gli scrittori occidentali più raffinati e meritevoli) sia quelle di coloro che facevano il tifo per autori postcoloniali più noti e influenti [...] alla fine è stato premiato ancora una volta un autore africano che scrive in inglese pur essendo di madre lingua swahili». Questa contraddizione nell’opera di Gurnah, il fatto che da interprete delle conseguenze del colonialismo scriva non nella sua lingua madre ma in quella dei colonizzatori è in effetti l'aspetto più interessante della sua opera. Si tratta in ogni caso di una questione evidente solo a occhi esperti, in quanto lo si leggerebbe in traduzione sia se l'opera fosse scritta in swahili, sia - com'è di fatto scritta - in inglese. Il problema riguarda solo il mondo anglofono, e in ogni caso Gurnah ha vissuto e insegnato nel Regno Unito per la maggior parte della sua vita, e rappresenta perfettamente la estesa comunità di residenti nei defunti imperi coloniali (inclusa quindi anche l'Italia) che ogni giorno vivono in prima persona tutte le questioni legate alla doppia identità.  Perfetta lettura quindi anche in italiano, considerato il nostro personale imbarazzo nel non avere mai fatto i conti con la nostra feroce e violenta storia coloniale.

Immagine anteprima via PalFest sotto licenza CC BY 2.0

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