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“Servono decisioni forti, dobbiamo agire ora per le generazioni future”. Il Nobel per la Fisica ci ricorda l’urgenza della crisi climatica

6 Ottobre 2021 6 min lettura

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“Servono decisioni forti, dobbiamo agire ora per le generazioni future”. Il Nobel per la Fisica ci ricorda l’urgenza della crisi climatica

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Cosa hanno in comune il clima della Terra e uno strano materiale chiamato "vetro di spin", una lega metallica composta da atomi di ferro disposti casualmente in un reticolo di atomi di rame? In apparenza nulla, in realtà alcune cose rilevanti: non-linearità, variabilità, fluttuazioni. In una parola: complessità. Da ieri questi oggetti così diversi hanno in comune anche l'assegnazione di un premio Nobel per la Fisica, che riconosce il contributo che la scienza dei sistemi complessi ha dato alla conoscenza di molti fenomeni del mondo che ci circonda. Fenomeni che spesso hanno importanti implicazioni per le nostre vite.

Il premio, assegnato a Syukuro Manabe, Klaus Hasselmann e al fisico italiano Giorgio Parisi, è diviso in due parti. Manabe e Hasselmann sono stati premiati «per la modellizzazione fisica del clima della Terra, per la quantificazione della variabilità e la previsione affidabile del riscaldamento globale», Parisi «per la scoperta dell’interazione fra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici complessi dagli atomi fino alle scale planetarie». Il tema scientifico che unisce le scoperte e intuizioni premiate da questo Nobel è la ricerca di meccanismi e regolarità in sistemi apparentemente imprevedibili e caotici, che spaziano dalle dimensioni nanoscopiche a quelle globali. La comprensione della natura di questi fenomeni costituisce una grande sfida scientifica.

Parisi iniziò a interessarsi alle proprietà del vetro di spin negli anni '70. La particolarità di questo materiale è data soprattutto dal comportamento magnetico. Ogni atomo di ferro si comporta come un piccolo magnete (o spin), che è influenzato dagli altri atomi di ferro vicini. Mentre in un normale magnete gli atomi puntano nella stessa direzione, in un vetro di spin le cose sono un po' più complicate. Si verifica un fenomeno chiamato "frustrazione": alcuni atomi puntano in una direzione, altri in quella opposta. Se due piccoli magneti si rivolgono l'uno in "alto" e il secondo in "basso", il terzo vicino non "riesce" a decidersi dove puntare. Frustrante, appunto. Si tratta di un sistema magnetico disordinato, dal comportamento difficilmente prevedibile e che è diventato, per questa ragione, un modello per lo studio dei sistemi complessi.

Risolvendo la matematica necessaria a trovare regolarità all'interno di questo apparente disordine, Parisi è riuscito a sviluppare metodi che si sono rivelati utili per lo studio di altri fenomeni complessi. Quella che poteva sembrare una bizzarria si è rivelata essere una chiave per comprendere sistemi di cui si occupano discipline diverse, come le neuroscienze, la biologia evoluzionistica e l'informatica. La curiosità di Parisi per i sistemi complessi lo ha spinto a interessarsi perfino del comportamento in volo degli storni. «Possono sembrare molto lontani dai vetri di spin, ma c'è qualcosa in comune», spiega il fisico. Questo qualcosa è il fatto di essere sistemi in cui emergono pattern, degli schemi di comportamento collettivo e complesso, che sono il risultato di quello dei singoli elementi che li compongono.

Dalla complessità su piccola scala a quella globale. Pochi sistemi sono più complessi del clima terrestre, ma se oggi sappiamo qualcosa di più che in passato, sui fattori e i meccanismi che lo governano e su come prevederne l'evoluzione, lo dobbiamo anche ai vincitori dell'altra metà del premio Nobel per la fisica 2021.

Negli anni '60 il meteorologo Syukuro Manabe è stato tra i pionieri dello sviluppo dei modelli climatici. Nel 1967, insieme a Richard Wetherald, pubblicò quello che è oggi considerato uno dei più importanti studi della storia della climatologia. La ricerca illustrava un modello del clima terrestre che considerava l'interazione tra la radiazione proveniente dal Sole e il movimento verticale dell'aria lungo l'atmosfera. Per quanto semplificato rispetto a quelli impiegati oggi, questo modello richiedeva una capacità di calcolo notevole per i computer dell'epoca. Manabe si chiedeva cosa potesse accadere variando la concentrazione di anidride carbonica (CO2) all'interno del modello. Il risultato fu che un raddoppio della concentrazione di CO2 poteva causare un aumento della temperatura di 2.3 gradi centigradi.

Questo parametro, noto come sensitività climatica, è di particolare importanza per la nostra comprensione del sistema climatico. La comunità scientifica ne ha discusso per molto tempo, elaborando stime che vanno da 1.5 a 4.5 gradi. Di una cosa possiamo essere certi: la sensitività climatica non è zero. Dall'era pre-industriale ad oggi la concentrazione atmosferica di CO2 non è raddoppiata, bensì è cresciuta di circa il 50%, e la temperatura globale è già aumentata di più di 1 grado. Calcolare il valore della sensitività climatica non è semplice, a causa dell'incertezza che circonda diversi feedback climatici (cioè fattori che possono amplificare o contenere gli effetti del riscaldamento), che riguardano elementi come la copertura nuvolosa e l'estensione dei ghiacci. Non sappiamo con certezza cosa potrebbe accadere, anche in un futuro prossimo (e questo non dovrebbe esserci di conforto). Gli studi di Manabe vengono comunque oggi considerati una pietra miliare della climatologia, che ha consentito di produrre le prime affidabili previsioni sul riscaldamento globale. Il valore di 2.3 gradi si colloca tra le stime di sensitività climatica oggi considerate più realistiche.

Il lavoro di Klaus Hasselmann ha cercato di rispondere a domande come questa: è possibile trarre conclusioni sulle tendenze a lungo termine del clima impiegando dati meteorologici caotici e affetti da "rumore"? Spesso si fa confusione tra meteo e clima, tra variazioni locali, che si verificano nel breve periodo, e tendenze climatiche che si manifestano in un arco temporale più ampio. C'è chi, confondendo previsioni meteorologiche e modelli climatici, ritiene che qualsiasi previsione a lungo termine sul clima del pianeta sia inaffidabile, dal momento che non possiamo ancora sapere se, per esempio, pioverà tra un mese in una certa località. Hasselmann è riuscito a rispondere in modo positivo a quella domanda: è possibile mettere in relazione fenomeni che si sviluppano nel breve e nel lungo periodo come, rispettivamente, le precipitazioni atmosferiche e le correnti oceaniche. I suoi modelli sono serviti inoltre per identificare i segni delle attività umane nel riscaldamento globale e a distinguerli da altri fattori naturali, escludendo l'ipotesi che l'aumento della temperatura sia da attribuire ai secondi.

Commentando i premi Thors Hans Hansson, presidente del Comitato Nobel per la Fisica, ha dichiarato che «le scoperte riconosciute quest'anno dimostrano che le nostre conoscenze sul clima poggiano su solide basi scientifiche, basate su una rigorosa analisi delle osservazioni». Questo Nobel premia la fisica dei sistemi complessi, come quella che ha permesso di elaborare modelli avanzati del clima terrestre e di confermare che l'attuale riscaldamento globale è causato dalle attività umane che impiegano i combustibili fossili.

Lo stesso Parisi ha affermato:

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«Ai decisori politici ribadirei che è urgente prendere decisioni forti in questa fase, e che ci si muova a ritmo molto più sostenuto verso dei provvedimenti a favore del clima. C’è il rischio che si instauri un feedback positivo che aumenti ancora di più le temperature. Dobbiamo agire ora, dobbiamo agire per le generazioni future».

Non era necessario un premio per confermare il valore e l'importanza di studi e conoscenze su cui esiste da anni un ampio consenso scientifico, frutto del contributo di moltissimi ricercatori («abbiamo lanciato avvertimenti sul cambiamento climatico per circa 50 anni», ha ricordato Hasselmann in un'intervista). Eppure, questo riconoscimento non potrebbe essere più opportuno e attuale. Anche pensando a quanto sia ugualmente complessa - in un senso non solo scientifico e tecnologico, ma anche politico, sociale ed economico - la crisi climatica che dobbiamo oggi affrontare.

Foto anteprima Ansa

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