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In Libia crimini di guerra contro migranti e civili. La denuncia dell’ONU

7 Ottobre 2021 6 min lettura

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In Libia crimini di guerra contro migranti e civili. La denuncia dell’ONU

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Detenzioni arbitrarie e torture. Arruolamento di bambini soldati e uccisioni di massa. Schiavitù e stupri. Sono gravi, gravissime le violazioni dei diritti umani perpetrate in Libia che hanno fornito “motivi ragionevoli” al Consiglio per i diritti umani dell'ONU (Ohchr) per accusare di aver commesso“crimini di guerra” contro la popolazione tutte le parti coinvolte nel conflitto tra governi e coalizioni rivali per la conquista del potere.

I risultati della Missione di inchiesta indipendente sulla Libia parlano chiaro. Particolarmente esposti ad abusi, nei centri di detenzione e per mano dei trafficanti, sia i migranti, che cercano di attraversare il mar Mediterraneo per raggiungere l'Europa, che i prigionieri delle carceri, torturati quotidianamente e ai quali viene impedito di ricevere le visite dei familiari.

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Nel documento, che verrà presentato oggi al Consiglio per i diritti umani, viene spiegato come migranti, richiedenti asilo e rifugiati siano soggetti a una sequela di abusi.

«Le nostre indagini indicano che le violazioni contro i migranti sono state commesse su vasta scala da attori statali e non statali, con un alto livello di organizzazione e con l'incoraggiamento dello Stato, il che suggerisce che si tratta di crimini contro l'umanità», ha dichiarato Mohamed Auajjar, che ha presieduto il gruppo di lavoro composto dagli esperti di diritti umani Chaloka Beyani e Tracy Robinson.

«Tutte le parti in conflitto, compresi Stati terzi, combattenti stranieri e mercenari, hanno violato il diritto internazionale umanitario, in particolare i principi di proporzionalità e distinzione, e alcune hanno anche commesso crimini di guerra», ha proseguito Auajjar.

La Missione è stata istituita dopo che, il 22 giugno 2020, l'Ohchr aveva adottato la risoluzione 43/39 con cui si chiedeva l'istituzione di una commissione di inchiesta per la durata di un anno da inviare in Libia per definire il comportamento assunto dalle varie parti coinvolte nel conflitto armato a partire dal 2016.

Gli esperti hanno raccolto ed esaminato centinaia di documenti, intervistato oltre 150 persone e svolto indagini in Libia, Tunisia e Italia.

L'organismo delle Nazioni Unite ha affermato di aver anche stilato un elenco di sospetti i cui dettagli rimarranno riservati fino a quando non ci sarà la necessità della sua pubblicazione o di una condivisione con altre istituzioni al fine di individuare le responsabilità, un chiaro riferimento all'indagine aperta nel 2011 su richiesta del Consiglio di sicurezza dell'ONU dalla Corte penale internazionale (CPI) su presunti crimini contro umanità e crimini di guerra commessi in Libia.

«Mentre i libici si sforzano di assicurare la pace, diventa più che mai necessario garantire il richiamo alla responsabilità per le gravi violazioni dei diritti umani e i crimini commessi nel paese al fine di scoraggiare ulteriori violazioni e promuovere la pace e la riconciliazione a lungo termine», ha affermato Auajjar.

Per raggiungere questo obiettivo gli autori dell'inchiesta indipendente hanno chiesto alla Libia di adoperarsi per individuare i responsabili delle atrocità commesse e alla comunità internazionale di continuare a fornire supporto alle autorità giudiziarie libiche.

A pagarne un prezzo altissimo i civili particolarmente a rischio sia durante i combattimenti avvenuti tra il 2019 e il 2020 per ottenere il controllo della capitale, Tripoli, che nel corso di violenze segnate da attacchi a ospedali, scuole, centri di detenzione per migranti e comunità che hanno determinato conseguenze drammatiche per i diritti economici, sociali e culturali della popolazione.

«Gli attacchi aerei hanno ucciso decine di famiglie. La distruzione delle strutture sanitarie ha avuto un forte impatto sull'accesso all'assistenza sanitaria e le mine antiuomo lasciate dai mercenari nelle aree residenziali hanno ucciso e mutilato civili», ha commentato Auajjar.

«La detenzione arbitraria nelle prigioni segrete e le condizioni insostenibili della carcerazione sono ampiamente utilizzate dallo Stato o dalle milizie contro chiunque sia percepito come minaccia ai loro interessi o opinioni», ha affermato Tracy Robinson, rivolgendosi ai giornalisti.

La violenza nelle carceri libiche è commessa in maniera così diffusa e strutturata da poter costituire un crimine contro l'umanità.

Profonda preoccupazione è stata espressa per la presenza nel paese di combattenti stranieri provenienti dal conflitto siriano e di mercenari privati, presumibilmente reclutati dal gruppo paramilitare russo Wagner nella lotta per la conquista della capitale libica dal 2019 al 2020. Ancora oggi queste forze sono presenti nel territorio libico nonostante sia stato chiesto espressamente di lasciarlo.

Tra le violazioni del diritto internazionale confermate dalla Missione c'è il reclutamento di minorenni per destinarli alla guerra.

«Il nostro rapporto documenta anche il reclutamento e la partecipazione diretta dei minori alle ostilità, la sparizione forzata e le uccisioni extragiudiziali di figure femminili importanti e continue forme di violenza sessuale e di altro tipo esercitate contro soggetti vulnerabili, incluse le persone LGBTQI", ha affermato Robinson.

L'arruolamento di minori siriani dai 15 ai 18 anni in qualità di mercenari per combattere nelle file degli schieramenti libici contrapposti sarebbe stato facilitato dalla Turchia, conclude il rapporto.

La ricerca ha inoltre confermato le accuse di atrocità commesse nella città di Tarhuna, a sud-est di Tripoli, tra il 2016 e il 2020, dove sono state trovate fosse comuni contenenti corpi di uomini, donne e bambini.

Secondo le informazioni raccolte la milizia di Kaniyat sarebbe responsabile dell'uccisione di centinaia di persone le cui ferite indicano che erano state colpite ripetutamente dopo essere state bendate, ammanettate e legate.

L'instabilità cronica della Libia è stata la causa anche dello sfollamento interno di centinaia di migliaia di civili che sono finiti in aree mal attrezzate e non adatte all'accoglienza.

Alcuni gruppi etnici, tra cui i Tawergha, i Tebus e gli Alahali, sfollati dal 2011, continuano a subire gravi abusi a causa della mancanza di azioni intraprese dalle autorità libiche che non garantiscono la sicurezza e il loro ritorno ai paesi di origine, in violazione degli obblighi ai sensi del diritto internazionale.

Nonostante il perdurare di una situazione critica e difficile Mohamed Auajjar ha sottolineato quanto il governo di unità nazionale recentemente insediato stia provando a creare un dialogo tra le parti e come le autorità giudiziarie stiano indagando sulla maggior parte dei casi documentati nel rapporto della Missione d'inchiesta.

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Riconoscendo l'importanza di un'indagine completa sui diritti umani al fine di determinare le responsabilità e promuovere pace e sicurezza, il gruppo di lavoro ha raccomandato al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite di prorogare di un anno il mandato assegnato.

All'inizio di quest'anno, dopo mesi di negoziati avviati in seguito al cessate il fuoco raggiunto ad ottobre 2020, Mohamed Ahmed al-Manfi e Abdul Hamid Dbeibah sono stati eletti alla guida, rispettivamente, del Consiglio Presidenziale e del nuovo esecutivo di unità nazionale, per guidare la Libia verso le elezioni parlamentari fissate per il prossimo dicembre.

Immagine anteprima via ANSA/Zuhair Abu Sarwail

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