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Mandati di arresto della Corte Penale Internazionale per leader israeliani e di Hamas: cosa sappiamo e cosa può succedere

6 Maggio 2024 12 min lettura

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Mandati di arresto della Corte Penale Internazionale per leader israeliani e di Hamas: cosa sappiamo e cosa può succedere

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Il procuratore capo della Corte Penale Internazionale ha richiesto mandati di arresto internazionale per i leader di Hamas, per Benjamin Netanyahu e per il ministro della Difesa israeliano

Aggiornamento del 20 maggio 2024: L’ufficio del procuratore capo della Corte Penale Internazionale Karim Ahmad Khan ha annunciato la richiesta di mandati di arresto verso alcuni leader di Hamas e verso alcuni membri del governo israeliano, tra cui lo stesso premier Benjamin Netanyahu. La Corte Penale Internazionale dovrà ora decidere se convalidare le richieste.

I mandati di cattura per Hamas riguardano Yahya Sinwar, capo dell'organizzazione nella Striscia di Gaza, Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, comandante dell’ala militare di Hamas e Ismail Haniyeh, capo dell’ufficio politico di Hamas.

Secondo l’ufficio del procuratore capo Khan, sulla base delle prove raccolte i tre sarebbero responsabili di diversi crimini di guerra e contro l’umanità, commessi almeno dal 7 ottobre nei territori di Israele e della Striscia di Gaza. Tra questi, lo sterminio, la presa di ostaggi, lo stupro e la violenza sessuale, la tortura e il trattamento crudele nel contesto della prigionia. Ci sono anche “ragionevoli motivi per credere che Sinwar, Deif e Haniyeh siano penalmente responsabili dell'uccisione di centinaia di civili israeliani in attacchi perpetrati da Hamas (in particolare dalla sua ala militare, le Brigate al-Qassam) e da altri gruppi armati il 7 ottobre 2023 e della presa di almeno 245 ostaggi”.

Nel raccogliere le prove, l’ufficio del procuratore capo ha intervistato vittime e sopravvissuti agli attacchi in sei località, oltre ad aver visionato materiali audiovisivi (tra cui riprese di telecamere di sicurezza), foto, dichiarazioni dei membri di Hamas e prove di esperti. Khan sostiene che i tre leader abbiano personalmente visitato alcuni ostaggi poco dopo il loro rapimento. Ci sono inoltre “ragionevoli motivi” per ritenere che gli ostaggi siano abbiano subito abusi sessuali e stupri durante la prigionia. Alcuni dei crimini che vedono accusati i tre leader di Hamas sarebbero commessi tutt'ora.

Il procuratore capo Khan ha inoltre chiesto che venga emesso un mandato di cattura verso Benjamin Netanyahu, Primo Ministro israeliano e Yoav Gallant, ministro della Difesa istraeliano. Anche per loro le accuse riguardano crimini di guerra e crimini contro l’umanità, commessi nella Striscia di Gaza almeno a partire dall’8 ottobre 2023.

Tra i crimini di cui sono accusati ci sono l’inedia di civili come metodo di guerra, il causare intenzionalmente enormi sofferenze, o gravi danni fisici, l’uccisione intenzionale di soggetti protetti dalle Convenzioni di Ginevra (come i civili), gli attacchi intenzionalmente diretti contro una popolazione civile, il ricorso allo sterminio e all’omicidio - anche nel contesto della morte per inedia, la persecuzione e altri atti inumani.

Per l’ufficio del procuratore capo tutti i crimini in questione sono stati commessi “nel contesto di un conflitto armato internazionale tra Israele e Palestina e di un conflitto armato non internazionale tra Israele e Hamas (insieme ad altri gruppi armati palestinesi) che si svolge in parallelo”. Per quanto riguarda i crimini imputati a Netanyahu e Gallant, l’ufficio ritiene che siano stati commessi “nell’ambito di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile palestinese in applicazione della politica dello Stato”.

Anche in questo caso le prove sono state raccolte attraverso interviste con sopravvissuti, testimoni oculari, visione di materiale audiovisivo e fotografico, oltre che tramite immagini satellitari e dichiarazioni dei presunti responsabili. Il quadro che emerge è di una privazione sistematica e intenzionale di quei beni e servizi indispensabili alla sopravvivenza, in particolare attraverso l’imposizione di un “assedio totale su Gaza”, e alla messa in pratica di un piano volto ad affamare la popolazione civile come strategia di guerra.

Nelle conclusioni si ricorda che Israele ha il diritto di difendere la propria popolazione, ma questo diritto non lo solleva dall’obbligo di rispettare il diritto internazionale umanitario.

Da giorni si vocifera che la Corte Penale Internazionale (CPI), il tribunale internazionale permanente con sede a L’Aja istituito nel 2002 per perseguire crimini internazionali, intenda emettere dei mandati di arresto internazionale per i vertici militari israeliani e quelli di Hamas. A quanto riportato da numerose testate internazionali, tra i nomi figurerebbero anche quelli del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il ministro della difesa Yoav Galant e il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Herzi Halevi, oltreché quelli di Ismail Haniyeh (leader politico di Hamas in Qatar), Yahya Sinwar (leader nella striscia di Gaza) e Mohammed Deif (leader delle operazioni militari di Hamas).

Stando alle regole della CPI, i mandati di arresto internazionali possono essere emessi in seguito ad una richiesta promossa dal Procuratore della Corte, che viene vagliata dai tre giudici che compongono la Camera preliminare della stessa. Il procuratore può richiedere un mandato d’arresto se, all’interno di una indagine in corso, vi siano “fondati motivi” di ritenere che siano stati commessi crimini internazionali vietati dallo Statuto della Corte (Articolo 58 dello Statuto). 

Non è ben chiaro da dove siano arrivate queste voci, ma sembrano tre gli scenari possibili. Nel primo caso, il Procuratore della CPI, Karim Khan, potrebbe essere prossimo a finalizzare la richiesta, e in questo caso le informazioni potrebbero essere trapelate proprio dal suo ufficio. Nel secondo caso, la richiesta sarebbe stata già presentata e sarebbe attualmente all’esame della Camera preliminare, il che allarga il novero delle possibili fonti di fuga di notizie. Nel terzo caso, la Camera preliminare potrebbe aver già esaminato le richieste del procuratore ed emesso un mandato di arresto in via confidenziale. Tuttavia, questo sembra lo scenario più improbabile, perché il mandato d’arresto deve essere trasmesso agli Stati che fanno parte dello Statuto, e al momento nessun paese ha lasciato intendere di averlo ricevuto.

Sta di fatto che le autorità israeliane si sono affrettate a respingere queste ipotesi, le quali rimangono puramente speculative al momento. Il 30 aprile il primo ministro israeliano ha contestato in un lungo video pubblicato sulla piattaforma X (precedentemente Twitter) l’avvio di possibili indagini affermando che l’emissione di un mandato di arresto avrebbe impedito ad Israele di esercitare il proprio diritto a difendersi legittimamente e costituirebbe un “oltraggio di proporzioni storiche”. Secondo alcune fonti, gli Stati Uniti starebbero già pensando a delle misure ritorsive nei confronti dei membri della Corte, così come già accaduto in passato in seguito all’apertura delle indagini per crimini di guerra in Afghanistan. 

In risposta alle crescenti pressioni, il procuratore della Corte Penale Internazionale ha emesso un comunicato nel quale richiede che cessino immediatamente tutti i tentativi di intimidire la Corte, minare la sua indipendenza e imparzialità, nonché influenzare o ostacolare le sue indagini. 

È importante sottolineare che l'intervento della CPI non preclude l'esercizio della legittima difesa; al contrario, serve proprio a garantire che le operazioni di legittima difesa vengano condotte nel rispetto dei limiti imposti dal diritto internazionale.

Di quali crimini potrebbero essere accusati i capi israeliani e di Hamas?

Allo stato attuale, non è possibile sapere con certezza di quali crimini specifici tratti l'eventuale richiesta di arresto. La competenza della Corte è estremamente ampia e include genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e aggressione (Articolo 5 Statuto CPI). La situazione nella Striscia di Gaza potrebbe potenzialmente fornire elementi per configurare molte di queste ipotesi criminali. Inoltre, non è da escludere che vengano contestati cumulativamente più crimini per una stessa condotta.

Se l'accusa comprendesse anche quella di genocidio, potrebbe avere un impatto sui procedimenti giurisdizionali attualmente in corso che coinvolgono Israele per la potenziale commissione di questo crimine. Il Sudafrica ha infatti recentemente proposto un ricorso di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia, con sede sempre a L’Aja, per le possibili violazioni della Convenzione contro il genocidio del 1951 (non si tratta in questo caso di responsabilità penale – è difficile infatti pensare di poter sottoporre una entità astratta, uno Stato, a sanzioni penali – ma di violazioni del diritto internazionale). Basti considerare che in uno dei rari casi in cui la Corte Internazionale di Giustizia ha esaminato accuse di genocidio, come nel caso Bosnia contro Serbia (2007), la CIG ha accettato le conclusioni del Tribunale Penale per l'ex-Jugoslavia, che aveva stabilito la commissione di genocidio nel massacro di Srebrenica del 1995 (para. 319). Un mandato di arresto per genocidio potrebbe dunque rafforzare, ancorché non significativamente, l’ipotesi dell’esistenza di una plausibile commissione di questo crimine nella Striscia.

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È comunque difficile immaginare che i mandati di arresto contengano accuse particolarmente gravi, poiché è necessario provare l'esistenza di "fondati motivi" che questi crimini siano stati commessi. Ad esempio, il genocidio richiede la difficile prova dell'intento genocidiario (il quale è stato recentemente esplorato dalla Relatrice Speciale per i Territori Palestinesi Occupati, Francesca Albanese, nel rapporto "Anatomy of a Genocide", attraverso l'utilizzo di indizi concorrenti). Allo stesso modo, dimostrare in modo inequivocabile l'esistenza di crimini di guerra non è sempre semplice, poiché il diritto umanitario lascia un certo margine di errore per le azioni militari che non siano gravemente negligenti. Anche nel caso ipotetico di crimini di guerra, sarebbe comunque difficile stabilire un collegamento diretto e univoco tra le condotte dell’esercito e le responsabilità degli alti ufficiali senza la dimostrazione di ordini specifici. Infine, la prova di crimini contro l'umanità richiede la dimostrazione di una politica governativa sistematica in tal senso, il che può essere un compito arduo.

Per questi motivi, la CPI potrebbe adottare una strategia simile a quella adottata nel caso dei mandati di arresto adottati nei confronti di Vladimir Putin e Maria Alekseyevna Lvova-Belova, che si concentravano su crimini di guerra più facilmente dimostrabili in base alle prove a disposizione (in quel caso si trattava di deportazione forzata di bambini, su cui vi erano numerose prove).

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Nel caso di Israele, gli esperti ritengono probabile che la CPI possa volersi concentrare sul crimine di guerra consistente nell’affamare intenzionalmente i civili [art. 8(2)(b)(xxv) dello Statuto], di cui sembrerebbero esistere prove sufficienti. In questo senso potrebbero leggersi gli avvertimenti del Procuratore della CPI, che nel dicembre 2023 aveva intimato a Israele di permettere l’ingresso nella Striscia di assistenza umanitaria in maniera efficiente e continuativa, prospettando possibili conseguenze negative [“humanitarian assistance must be allowed in at pace, at scale in Gaza (…) if Israel doesn’t comply now, they shouldn’t complain later”].

Per quel che riguarda Hamas, è invece molto probabile che la CPI contesti la commissione di omicidi intenzionali [art. 8(2)(a)(i) Statuto di Roma] e la presa di ostaggi [art. 8(2)(a)(viii) Statuto di Roma]. Non è possibile escludere la compresenza di altre accuse di crimini di guerra, quali tortura [art. 8(2)(a)(ii) dello Statuto], stupro [art. 8(2)(b)(xxii) dello Statuto], e utilizzo di scudi umani [art. 8(2)(b)(xxiii) dello Statuto].

Può la CPI esercitare giurisdizione su Israele, che non è uno Stato parte dello Statuto? 

La CPI può esercitare giurisdizione sul territorio della Palestina, il che comprende aprire delle indagini ed emettere mandati d’arresto. Attraverso un meccanismo ad hoc, la Palestina ha infatti dichiarato di accettare la giurisdizione della CPI nel 2015, e poi ha successivamente aderito allo Statuto della Corte. Si pensava che la CPI non potesse esercitare la sua giurisdizione sul territorio palestinese perché la Palestina non è propriamente uno “Stato” ai sensi del diritto internazionale, ma nel 2021 la Camera Preliminare della Corte ha chiarito che è sufficiente che la Palestina faccia parte dello Statuto, chiarendo anche che la giurisdizione della CPI si estende anche ai crimini commessi nei territori occupati israeliani, vale a dire la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme Est. 

Non è necessario che Israele faccia parte dello Statuto perché la Corte possa valutare i crimini commessi sul territorio palestinese da cittadini israeliani. Per la Corte, è sufficiente che una condotta venga compiuta sul territorio di uno Stato Parte, e si considerano tali tutte le condotte che abbiano avuto luogo, in tutto o in parte, o producano effetti in tale Stato, anche se eventualmente iniziate, proseguite o concluse sul territorio di un altro Stato (v. la decisione della Camera preliminare del 2019 sulla giurisdizione nella situazione Bangladesh/Myanmar, para. 61). 

Per questo, nonostante gli Stati Uniti sembrino contestare la giurisdizione della Corte in questo caso, la Corte è competente a pronunciarsi sugli eventuali crimini commessi da ufficiali israeliani. D’altro canto, anche per i mandati di arresto nei confronti di Putin la Corte aveva esercitato la sua giurisdizione nei confronti di cittadini di uno Stato non parte della CPI. Tuttavia, in quel caso gli Stati Uniti avevano dichiarato il loro favore nei confronti dell’operato della Corte.

Invece, per quanto riguarda i crimini commessi da Hamas sul territorio israeliano, la Corte è abilitata a esercitare la sua giurisdizione in virtù dell’Articolo 12(2)(b), che permette la giurisdizione sui crimini internazionali che siano commessi dai cittadini di uno Stato parte dello Statuto, indipendentemente dal collegamento territoriale.

In ogni caso, la giurisdizione della Corte penale può essere esercitata soltanto in maniera “complementare” alla giurisdizione penale nazionale, ossia soltanto qualora quest’ultima non stia venendo, o non sia stata già, esercitata (Articolo 17 Statuto CPI). Se la CPI emetterà i mandati d’arresto, avrà giudicato che Israele non ha ancora condotto, o non è intenzionata a condurre in maniera effettiva, processi sui crimini in questione.

Quale sarà l’impatto dei mandati d’arresto e i destinatari verranno arrestati davvero?

Le probabilità che le personalità soggette al mandato di arresto siano effettivamente sottoposte a giudizio, o che possano effettivamente essere destinatarie di una condanna, non sono realisticamente molto elevate. La CPI ha un apparato istituzionale e di enforcement limitato per cui necessita attivamente della collaborazione delle autorità locali per ogni attività significativa, dalle indagini, alla conduzione del processo, all’esecuzione coercitiva della condanna. Considerando che le autorità palestinesi hanno un controllo limitato del territorio, soprattutto nelle parti occupate da Israele, e che Israele difficilmente collaborerà, è molto probabile che l’effettività delle indagini e delle operazioni della CPI sia compromessa in partenza. Anche qualora si dovesse giungere a processo, molte delle accuse discusse potrebbero cadere per la mancanza di prove necessarie.

Pochi sono stati i mandati di arresto emessi dalla CPI nei confronti di capi di Stato e raramente hanno portato alla consegna dell’indagato alle autorità. Ad esempio, l’ex capo di Stato del Sudan, Omar Al Bashir, soggetto a mandato di arresto nel 2009, è tuttora in libertà, nonostante non sia più al potere dal 2019.

In ogni caso, questo non significa che l'emissione di un mandato di arresto non avrebbe conseguenze significative. Innanzitutto, dal punto di vista simbolico, sarebbe comunque un evento di rilievo, poiché segnerebbe la prima volta che la CPI emette un mandato di arresto nei confronti del primo ministro di una "democrazia occidentale". Storicamente, infatti, la CPI è sempre stata più attiva sul fronte africano, il che ha generato continue critiche di selettività e accuse di doppio standard.

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Inoltre, un mandato di arresto potrebbe comportare una perdita reputazionale notevole per la politica internazionale di Netanyahu. Israele rischierebbe di trovarsi in posizione sempre più isolata nei confronti della comunità internazionale, dopo essersi posto in aperto contrasto con le Nazioni Unite per non aver rispettato l’ordine di cessate il fuoco del Consiglio di Sicurezza dello scorso 25 marzo. Non è da escludere che alcuni Stati possano desiderare di rivedere le proprie relazioni con Israele e ridurre il supporto militare per evitare il rischio di essere associati negativamente a uno Stato accusato di crimini di guerra. Ad esempio, attualmente la Germania è oggetto di critiche e accuse di supportare crimini genocidiari, il che potrebbe spingerla a prendere ulteriori misure precauzionali nel trasferimento di armi qualora un mandato di arresto fosse effettivamente emesso.

Dal punto di vista pratico, invece, il mandato comporta che tutti gli Stati parte della CPI debbano collaborare per arrestare la persona indicata e consegnarla alla giustizia. Per gli interessati, questo comporterebbe non avere più la libertà di viaggiare in 124 paesi, tra cui tutti i paesi membri dell’Unione Europea, la maggior parte dei paesi africani e del centro America. Mentre resterebbero al di fuori di questo gruppo Stati come Stati Uniti, Russia, Cina e parte dell’Asia centrale e meridionale. Se il prospetto di diventare un “fuggitivo” internazionale potrebbe non avere un impatto significativo per un leader militare di Hamas, per una personalità politica abituata alla scena internazionale come Netanyahu l’idea potrebbe essere più difficile da accettare.

Immagine in anteprima: il procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Karim A. A. Khan KCFrame video Al Jazeera via YouTube

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