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Polonia: le donne manifestano in difesa dell’aborto nonostante il lockdown, rispettando il distanziamento sociale

20 Aprile 2020 8 min lettura

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Polonia: le donne manifestano in difesa dell’aborto nonostante il lockdown, rispettando il distanziamento sociale

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La Polonia verso il divieto totale di aborto

Aggiornamento 22 ottobre 2020: In Polonia la Corte Costituzionale ha deciso il divieto di ricorrere all’aborto anche nel caso in cui ci siano gravi malformazioni del feto. Con questa sentenza – che limita ulteriormente una delle leggi più restrittive in Europa riguardo l’interruzione volontaria di gravidanza – i giudici hanno stabilito che la legge che consentiva l’aborto in questi casi è incostituzionale. Di fatto, il paese va verso il divieto totale di interruzione di gravidanza, fino a questo momento consentita solo in tre casi: pericolo di vita per la madre, stupro e gravissima malformazione del feto. Quest’ultimo costituisce la causa più frequente (il 98%) tra gli aborti legali in Polonia. Moltissime donne, però, vanno all’estero per interrompere la loro gravidanza, o lo fanno clandestinamente.

La decisione – approvata con 11 voti favorevoli e 2 contrari – è arrivata in seguito all’appello presentato l’anno scorso da alcuni parlamentari del partito di estrema destra al governo, PiS, secondo cui l’aborto in caso di malformazioni fetali avrebbe violato la costituzione polacca, che proclama la protezione della vita di tutti gli individui. La corte – composta da giudici in maggioranza nominati dal partito di governo – ha motivato la sentenza dicendo che non può esserci protezione della dignità senza protezione della vita. Consentire l’aborto in caso di malformazioni fetali rende legali «pratiche di eugenetica sui bambini non nati, e dunque nega loro il rispetto e la protezione della dignità umana», ha dichiarato la presidente del tribunale, Julia Przylebska, considerata vicina a PiS.

Quando il verdetto è stato annunciato, attorno al palazzo si erano radunati attivisti contro l’aborto e gruppi per la libertà di scelta. Questi ultimi avevano già manifestato durante questa settimana, in previsione della decisione della corte.
"È un giorno triste per i diritti delle donne", ha scritto su Twitter la commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović. "Rimuovere le basi per quasi tutti i tipi di aborto legale in Polonia equivale a un ban e viola i diritti umani. La decisione di oggi della Corte Costituzionale significa aborti clandestini o all’estero per chi se li potrà permettere e un calvario ancora maggiore per tutte le altre persone".

«È inumano, è davvero spregevole costringere qualcuno a portare a termine una gravidanza, specialmente se il feto è malformato. E il 98% degli aborti legali effettuati in Polonia riguardano malformazioni fetali», ha detto alla BBC poco prima della decisione l’attivista polacca per i diritti sessuali e riproduttivi Antonina Lewandowska. Anche a livello internazionale, gruppi per i diritti umani – tra cui Amnesty International e Human Rights Watch – si sono espressi contro l’ulteriore restringimento della legge sull’aborto. Le organizzazioni hanno scritto in un comunicato congiunto che la decisione della Corte Costituzionale polacca “ha luogo in un contesto di attacchi governativi ripetuti verso i diritti delle donne, sforzi per svuotare i diritti riproduttivi, nonché modifiche legislative che hanno minato l’indipendenza della magistratura e lo stato di diritto in Polonia”.

 

Mercoledì il Parlamento polacco ha iniziato la discussione di una proposta di legge che riduce al minimo le situazioni in cui una donna può ricorrere legalmente all’interruzione volontaria di gravidanza. Attualmente il paese ha già una delle legislazioni più restrittive d’Europa sull’aborto, che è consentito solo in caso di stupro, incesto, se la vita della madre è a rischio o in caso di gravi malformazioni. Il progetto di legge arrivato in Parlamento, lo vieterebbe anche in quest’ultimo caso, che secondo le organizzazioni per i diritti riproduttivi rappresenta il 98% delle interruzioni di gravidanza in Polonia. Si tratterebbe sostanzialmente di un divieto quasi totale. Insieme a quello sull’aborto, è arrivato in aula un altro disegno di legge, “Stop Pedofilia”, che mira a criminalizzare l’educazione sessuale per giovani e adolescenti.

Un tentativo simile di limitazione dell’aborto c’era già stato nel 2016, bloccato dalle proteste di migliaia di donne che erano scese in piazza vestite di nero in diverse città della Polonia (manifestazioni conosciute come #BlackMonday o #CzarnyProtest), e poi ancora nel 2018. Le manifestazioni sono state sostenute da movimenti femministi di tutto il mondo.

Come molti altri paesi in questo momento, però, anche in Polonia sono in atto misure di distanziamento sociale per il contenimento della diffusione del nuovo Coronavirus, tra cui il divieto di assembramenti. Organizzazioni e attiviste femministe hanno accusato il partito, Diritto e Giustizia (PiS), al governo dal 2015, di voler sfruttare l’attuale emergenza sanitaria di COVID-19 per discutere una legge che restringerebbe i diritti di donne e giovani.

Secondo Klementyna Suchanow, tra le organizzatrici della protesta del 2016, «il governo sta sfruttando il lockdown per promuovere il disegno di legge». Irene Donadio dell'International Planned Parenthood Federation European Network ha dichiarato a Euronews che l’organizzazione ritiene che «non sia una coincidenza» lo studio della proposta «durante il periodo di blocco dovuto al coronavirus, in cui non c'è libertà di movimento e di riunione». Piotr Buras, direttore del Consiglio europeo per le relazioni estere a Varsavia, ha affermato che il testo è arrivato in aula questa settimana perché il regolamento parlamentare imponeva di presentarlo entro sei mesi, e il termine sarebbe scaduto a maggio. Anche lui però è convinto che l’emergenza Coronavirus offra «un'opportunità unica ai sostenitori di questa legge per farla passare».

Dopo due giorni di discussione in aula, comunque, il disegno di legge contro l’aborto è stato temporaneamente rimandato in commissione per ulteriori approfondimenti, e adesso, sostanzialmente, non si sa che fine farà, nonostante PiS avesse espresso supporto per la proposta. In teoria, infatti, in Polonia si dovrebbe votare a maggio, anche se la data di queste elezioni è adesso incerta per via dell’epidemia, e la coalizione di governo ha presentato una proposta di legge per prolungare il mandato del presidente Andrzej Duda di due anni.

Secondo Draginja Nadazdin, direttrice di Amnesty International Polonia, «anche se è vergognoso che i deputati non abbiano rigettato del tutto questa proposta retrograda, il voto [parlamentare] è un segnale del potere della protesta, anche durante la pandemia di COVID-19».

Nonostante il lockdown, infatti, le donne polacche hanno trovato comunque il modo di manifestare, sia online che fisicamente, utilizzando metodi alternativi e creativi rispettando il distanziamento sociale.

«La voce delle migliaia di persone che hanno preso parte alle proteste di questa settimana è stata smorzata dalle mascherine, ma il loro messaggio si è sentito forte e chiaro», ha aggiunto Nadazdin.

Quello delle donne polacche in difesa dell’aborto è stato il primo movimento sociale a portare avanti una protesta (anche) di piazza al tempo di COVID-19 in Europa.

Le proteste delle donne per le strade e online

Martedì intorno all’ora di pranzo le strade vuote del centro di Varsavia, Poznan e altre città si sono riempite di donne. In fila davanti a negozi di generi alimentari, opportunamente distanziate almeno un metro e mezzo l’una dall’altra e dotate di mascherine come vogliono le prescrizioni, reggevano cartelli e poster con disegnati fulmini rossi, simbolo della protesta contro le proposte di legge in discussione in parlamento, lo slogan “combatti il virus, non le donne” e l’hashtag #pieklokobiet, “l’inferno delle donne”.

«Siamo in fila per il negozio, come prevede la legge. Abbiamo le maschere per il viso, ma questo non significa che ci chiuderanno la bocca», ha detto al giornale polacco Gazeta Wyborcza una donna intervistata per le strade della città di Bytom.

Fulmini rossi e slogan inneggianti allo sciopero delle donne campeggiavano su bandiere appese ai balconi, sventolate da auto in corsa accompagnate da colpi di clacson, o legate a biciclette che hanno bloccato il traffico nel centro di Varsavia.

Altre decine di donne si sono invece radunate attorno al parlamento con in mano degli ombrelli neri – simbolo del movimento per l’aborto in Polonia.

«Pensavano che non avremmo protestato affatto. Credo abbiano pensato che saremmo state spaventate dalle conseguenze economiche», ha detto alla CNN Marta Lempart, fondatrice e coordinatrice del movimento dello Sciopero delle donne (Strajk Kobiet).

Oltre che per le strade, la protesta è stata anche online, con migliaia di donne che hanno postato selfie e messaggi in opposizione alla proposta di legge. “Il governo ha fatto i suoi calcoli e nel bel mezzo di una pandemia può discutere un disegno di legge per restringere la legge sull’aborto. Noi non possiamo riunirci, ma possiamo protestare lo stesso e dire un secco ‘no’”, ha scritto su Twitter la giornalista Zaneta Gotowalska.

Anche Amnesty International e altre organizzazioni di diversi paesi hanno supportato la protesta delle donne polacche, seguendo l’hashtag #ProtestAtHome.

I disegni di legge contro l’aborto e l’educazione sessuale

I due disegni di legge discussi dal Parlamento polacco sono entrambi di “iniziativa popolare”, ossia presentati attraverso una raccolta di almeno 100.000 firme. A spingere le proposte sono stati gruppi di destra, tra cui “l’Istituto di Cultura Legal Ordo Luris”, un’organizzazione anti abortista e contro i diritti Lgbti. I due progetti sono stati presentati durante la sessione del parlamento dalla deputata Elzbieta Witek, del PiS.

Il primo disegno di legge, “Stop Aborto” ha atto la sua comparsa per la prima volta nel 2018, e ha ricevuto il supporto di politici del partito di governo. Prevede una modifica al codice penale che eliminerebbe la possibilità di interrompere legalmente la gravidanza in caso di gravi malformazioni del feto, limitando quindi ulteriormente una delle leggi più restrittive d’Europa.

Dal 1993, infatti, l’aborto infatti è legale esclusivamente entro la 12esima settimana di gravidanza solo nel caso di stupro o incesto, se la vita della madre è a rischio o se il feto presenta gravi malformazioni. I medici che trasgrediscono la legge rischiano dai sei mesi agli otto anni di prigione. Come spiega Human Rights Watch, anche se formalmente l’aborto è legale, ci sono “molte barriere che nella pratica ne limitano l’accesso a donne e ragazze”. Tra queste, la “clausola di coscienza”, largamente invocata dai medici, che consente loro di rifiutarsi di fare aborti per via di convinzioni personali o religiose.

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La proposta di legge “Stop Pedofilia” è stata approvata in prima lettura a ottobre 2019, ma fino a oggi non aveva fatto altri progressi in parlamento. Attraverso una modifica del codice penale, il disegno punisce “chiunque promuova o approvi rapporti sessuali o altre attività sessuali di un minore”. Le organizzazioni che si occupano di educazione sessuale o di fare informazione su diritti e salute riproduttiva, tra cui anche insegnanti e personale sanitario, temono che la legge potrebbe colpire il loro lavoro, facendogli rischiare fino a tre anni di reclusione.

Anche quella contro l’educazione sessuale è una battaglia portata avanti a più riprese dal partito di governo, specialmente in chiave anti Lgbti, utilizzando lo spauracchio dell’ “ideologia del gender”.

Foto via Klementyna Suchanow - @KSuchanow

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