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Da Gesù Bambino a Gesù Savastano: Il Natale come guerra di civiltà

24 Dicembre 2019 6 min lettura

Da Gesù Bambino a Gesù Savastano: Il Natale come guerra di civiltà

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Siamo alla vigilia di Natale, come ogni anno ciascuno di noi si è districato con amore o rassegnazione tra le varie usanze. Nel festeggiare la ricorrenza, ognuno ha modi particolari di vivere queste tradizioni, cerca di dar loro quel tocco di unicità, di infondervi il proprio spirito. C’è chi fa l’albero di Natale ecologico, o chi invece cerca un albero vero, magari il più alto possibile, e chi non bada a spese per luci e addobbi. Chi fa sia l’albero e il presepe, chi fa solo uno dei due, chi fa Spelacchio. C'è infine chi si prodiga a difendere il Natale dalla minaccia multiculturalista e dall'invasione islamica: una tradizione, quest'ultima, rapidamente evoluta a partire dalle sue recenti origini.

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Intorno al 2014, infatti, possiamo datare la comparsa della Deplorazione della Madonna immigrazionista. Un tipo di immagine votiva al contrario, dove invece di celebrare una figura, si ingiuriano con indignazione delle Madonne contrarie alle tradizioni natalizie. Come per le leggende, realtà e finzione si mescolano in questa usanza: le Madonne si ispirano a figure realmente esistenti, Cécile Kyenge (che nel 2014 era ministra per le Pari opportunità) o Laura Boldrini (che nel 2014 era presidente della Camera). Ma venivano loro attribuite frasi mai pronunciate contro le festività natalizie. Una tradizione che perdura anche oggi, e che negli anni ha acquisito una sua autonomia.

Lo spirito di questa tradizione, infatti, vuole il Natale una festa non più di amore per il prossimo e vicinanza ai nostri cari, ma di chiamata alle armi contro un nemico che minaccia i nostri cari, la nostra comunità e i suoi valori. “Se vuoi la pace, prepara la guerra” dicevano i latini; per mantenerne lo spirito molti si sono convinti che se vuoi festeggiare il Natale devi farlo combattendo. Natale come la Battaglia di Lepanto, in pratica. Così alla Deplorazione della Madonna immigrazionista si è affiancata un’altra pratica, la Difesa scolastica del Natale. Una forma mediatica e allarmista di presepe vivente, dove al posto di Gesù, dei magi e compagnia bella ci sono dei politici che portano in scena lo scontro di civiltà tra Islam e Occidente. Un Occidente rigorosamente cristiano, come se la tradizione laica fosse un difetto di civiltà e l’assenza di festeggiamenti un sintomo di tradimento, di passaggio al nemico islamico. Lo scorso anno, per esempio, su Valigia Blu parlavano del ritorno di questa tradizione, stavolta a Terni.

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Anche qui non è importante che la scuola di turno vieti o meno presepe o recite scolastiche natalizie, non conta che le frasi o le circolari attribuite a questo o quel dirigente scolastico siano vere o false. Non conta nemmeno che l’anno scorso l’Imam del Veneto abbia quasi supplicato affinché la comunità islamica non venga coinvolta da questa battaglia inscenata. I miti che stanno alla radice di ciò che festeggiamo non si basano sui fatti, così come sottoporre le questioni di fede a fact-checking è inutile agli occhi dei credenti. Non ci poniamo davvero la plausibilità di un tizio che in slitta percorre tutto il mondo in una notte sola e riesce a infilarsi nei camini o nelle stufe a legna prima di decidere quali regali comprare, né ci sembra strano che il figlio di Dio sia un capricorno prima decade, quando a un'attenta lettura del Nuovo testamento sembra più un acquario. Perciò basta che qualcuno, ad esempio un politico, faccia una dichiarazione su un presepe che non verrà fatto a scuola, perché parta la processione a mezzo stampa o social media.

Quando le usanze si sedimentano nel tempo e nelle comunità, accade poi che si istituzionalizzino, acquisendo quindi lo statuto di cerimonie ufficiali. Per cui la Difesa scolastica del Natale quest’anno ha visto importanti iniziative in varie città e regioni, persino con largo anticipo. In Piemonte, per esempio, la Regione ha scritto ai presidi delle scuole invitandoli a fare un presepe in ogni scuola "per tutelare e mantenere vive l'identità culturale e le tradizioni". A Grosseto il Comune ha scelto di celebrare in maniera ancora più ortodossa, approvando una mozione che impegna sindaco e giunta “affinché all’interno di ogni scuola comunale e all’interno del palazzo comunale sia allestito in vista delle prossime festività un presepe, ben visibile e di consone dimensioni”.

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Ci sono poi quei casi in cui la tradizione si evolve, e il mito vive di volontà propria. Ormai la difesa scolastica del Natale non ha quindi più bisogno di chiamare direttamente in causa i propri nemici, o di ancorarsi alla falsificazione della cronaca. Come un devoto affluente sfocia inevitabilmente nell'oceano della propaganda nazionalista.

Accade tuttavia che con i festeggiamenti si esageri, o per opulenza o troppo zelo, o persino per sfiga. È capitato proprio alla Lega, che dai miti celtici e dalle sacre ampolle del Po si è ormai convertita e civilizzata al cristianesimo sfegatato. Nella giornata di sabato, durante il congresso del partito, l’account ufficiale della Lega twitta un meme che raffigura Gesù con un presepe in mano, e una citazione dalla serie Gomorra: “E mo c’aripigliamm tutt kill ke’ o nuost”.

Da Gesù Bambino a Gesù Savastano in guerra per riprendersi il presepe, il tweet ha scatenato ben più di una perplessità - nessuno ha pensato di difendere il messaggio ricordano l'episodio di Gesù che scacciava i mercanti dal tempio per riprenderselo. Il ricorso al napoletano appare tra l’altro in contraddizione con le frasi sui meridionali “da aiutare a casa loro” pronunciate da Bossi proprio durante il congresso.

Nella giornata di domenica arriva su Twitter la spiegazione della Lega - fatto inusuale, vista la tendenza tanto di quell’account tanto di quello del suo leader a non correggere errori o bufale. Si sarebbe trattato di un “errore nella procedura di traslazione”, per cui l’account ufficiale avrebbe twittato in automatico un post pubblicato su Facebook da un utente esterno.

Una spiegazione che sembra un po’ la versione nerd di “è stato lo stagista”. Non è possibile verificare quanto dichiarato, perché anche se la Lega utilizza una qualche applicazione per twittare in automatico i post dalla pagina Facebook, non sappiamo come funzioni (twitta in automatico dei post in base ai dei parametri stabiliti, o c'è una selezione a monte? E, in quest'ultimo caso, che tipo?), non sappiamo se l'errore sia dipeso da un bug o da un intervento umano, né perché non sia già successo in passato (o è già successo ma non è scoppiata alcuna polemica?). Se "l'errore nella procedura di traslazione" ha agito da sabato a domenica mattina circa, ha "traslato" su Twitter qualunque post pubblicato dagli utenti sulla pagina Facebook della Lega durante quell'intervallo di tempo, e lo staff ha provveduto a cancellare tutti i tweet senza dar conto della decisione? La stessa dicitura "errore nella procedura di traslazione" ci costringe nel regno delle deduzioni.

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C'è a monte una scarsa trasparenza nel rendere conto delle decisioni prese e dei contenuti pubblicati attraverso applicazioni terze o scelte dello staff, e del resto stupisce che la Lega si sia dissociata da un contenuto del genere, anche solo “traslato” da utente esterno, ritenendolo offensivo. Era in effetti in linea con altre tradizioni militaresche e guerreggianti delle festività secondo il Carroccio, basti pensare all’ostentazione pasquale delle armi automatiche officiata da Luca Morisi (spin doctor del partito) lo scorso aprile sul proprio profilo.

Per cui dobbiamo dedurre – ancora – che la policy social della Lega, in particolare sotto le feste, sia "pubblichiamo solo l'hate speech approvato dal nostro staff".

Foto in anteprima via Ansa

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