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Le minacce dello spin doctor di Salvini: le parole di odio tollerate da Facebook (e dalla politica)

22 Aprile 2019 6 min lettura

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Le minacce dello spin doctor di Salvini: le parole di odio tollerate da Facebook (e dalla politica)

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E così lo spin doctor di Matteo Salvini, in un gioco al rialzo tra provocazioni e trolling sempre più spinto, mentre la terribile strage in Sri Lanka - che ha visto l'esplosione di 8 bombe in chiese e in alberghi e oltre 300 vittime - ci restituiva immagini agghiaccianti e spaventose, ha deciso di augurare la buona Pasqua in questo modo (Morisi è in foto il primo sulla destra):

Sarà stato un momento di debolezza, di solito sono molto abili a diffondere e istigare odio, aggirando palesemente le policy dei social, ammantando i messaggi di aggressività passiva, mentre si mettono alla gogna cittadini, mentre si minaccia, si diffondono false informazioni sui migranti e messaggi subdolamente razzisti, con tanto di "bacioni e amici". Stavolta non ce l'ha fatta. Il messaggio voleva essere chiaro, non dovevano esserci margini per possibili fraintendimenti. Non sia mai avessimo inteso che con l'espressione "siamo armati" intendesse armati di idee e passione politica. Per evitare qualsiasi equivoco la foto (che risale al 2018) parla chiaro: il "Capitano" (come chiama il suo datore di lavoro) imbraccia una mitragliatrice.

Reale o meno che sia la minaccia, una democrazia non può tollerare un simile linguaggio da parte soprattutto di chi ricopre ruoli e incarichi istituzionali (lo spin doctor di Salvini, ricordiamolo, è consulente del Governo).

"Vi siete accorti che fanno di tutto per gettare fango sulla Lega?". Qui Morisi evidentemente si riferisce alle inchieste per corruzione, emerse in questi giorni, che vedono coinvolto anche il senatore leghista Armando Siri, sottosegretario ai Trasporti.

L'inchiesta ha scatenato un duro contraccolpo nel governo, con il vice premier Luigi Di Maio che chiede le dimissioni di Siri e il Ministro Toninelli che gli ha già intanto ritirato le deleghe. L'accusa, avanzata dai magistrati di Roma e Palermo, come riporta Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, è di aver fatto pressione per ottenere emendamenti per favorire l'imprenditore dell'eolico, Vito Nicastri, in cambio di soldi. Vito Nicastri è da un anno agli arresti domiciliari, ed è ritenuto un prestanome del superlatitante Matteo Messina Denaro, che sarebbe suo socio occulto.

Tra gli indagati anche un docente universitario, Paolo Arata, che avrebbe fatto da tramite. Arata negli anni scorsi - riporta Sarzanini - è stato uno dei sette professori a cui Matteo Salvini ha affidato la stesura del programma di governo della Lega. Anche Armando Siri fu uno dei professori che, per «Noi con Salvini», si occupò di economia, riforma fiscale e flat tax. Siri nel 2014  aveva patteggiato una condanna per bancarotta fraudolenta.

Il figlio di Arata è stato assunto a Palazzo Chigi dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Giancarlo Giorgetti. E anche su questo il Movimento 5 Stelle ha attaccato il suo alleato di governo: "La domanda che, per una questione di opportunità politica, ci poniamo, è se Salvini fosse a conoscenza di tutto questo. Ci auguriamo e confidiamo che il leader della Lega sappia fornire quanto prima elementi utili a chiarire ogni aspetto. Non solo al M5S, con cui condivide un impegno attraverso il contratto di governo, ma anche ai cittadini".

Questo il contesto di questi giorni che molto probabilmente ha ispirato il post di Morisi.

Appena ho visto circolare quel post sono intervenuta pubblicamente su Facebook, rivolgendomi tra l'altro proprio alla piattaforma: "Se un cittadino comune avesse postato un testo simile con una foto simile, il post sarebbe stato rimosso e l'account molto probabilmente messo in punizione, sospeso per diversi giorni. Qui siamo al paradosso: più hai potere e più è complicato far rispettare le regole. Più hai potere e più vieni trattato con i guanti bianchi. Più hai potere e più le piattaforme sono in difficoltà su come trattare i tuoi contenuti di odio. Un paradosso inaccettabile".

Moltissime persone hanno iniziato a segnalare il post a Facebook. Fino ad ora la segnalazione è stata rigettata: "il post rispetta le policy della piattaforma". Ora il sistema di segnalazione presenta dei limiti oggettivi: puoi scegliere solo alcune voci pre-impostate dalla piattaforma e non ti è data possibilità di spiegare le ragioni. Cosa che si attiva solo dopo aver ricevuto la risposta solitamente negativa: il post rispetta le nostre policy etc etc. Qui però abbiamo diversi ordini di problemi. Ed è il motivo per cui mi rivolgo direttamente ai responsabili di Facebook per avere spiegazioni.

Per molto meno in questi anni abbiamo visto account sospesi, bloccati per giorni e post rimossi.

Un post come quello di Morisi merita da parte della piattaforma un'attenzione particolare, proprio per il ruolo che ricopre. Intanto quel post potrebbe rientrare nella casistica prevista dalla piattaforma che non tollera "qualsiasi contenuto riguardante dichiarazioni di intenti, inviti all'azione, rappresentazioni, supporto o promozione della violenza a seguito della votazione, della registrazione degli elettori o del risultato elettorale". Ma c'è un'aggravante, ripeto, ed è proprio il ruolo di Morisi, che potrebbe essere con quel suo asserire "Si avvicinano le Europee e se ne inventeranno di ogni per fermare il Capitano. Ma noi siamo armati e dotati di elmetto!" fonte di ispirazioni di azioni violente. È un pericolo che la piattaforma e prima ancora la politica dovrebbero valutare o meglio non sottovalutare. Insomma la combinazione ruolo, immagine e testo dovrebbe essere considerata in modo molto serio. La piattaforma non può isolare la foto e valutare esclusivamente se quella foto rispetta o meno gli standard. I criteri quando parliamo di persone con ruoli e pesi particolari, ben diversi dai cittadini comuni, si complicano. E davanti a questa complicazione i social appaiono sempre più spiazzati e confusi.

C'è poi anche un'altra questione su cui mi piacerebbe avere una spiegazione da parte dei vertici di Facebook. Un utente, Simone Delicati, nei commenti al mio post, riporta che tempo fa aveva segnalato sempre un post di Morisi e che la segnalazione era stata accolta, ma poi il post non è mai stato rimosso:

"Il problema, cara Arianna, è anche questo: lo screenshot è relativo a una mia segnalazione dell'anno scorso, accolta, in cui facebook affermava di avere eliminato sia il post di Luca Morisi che avevo segnalato sia il gruppo in cui era stato postato (cioè "Matteo Salvini Leader", > 60.000 membri) perché entrambi contrari alle norme della community. In realtà, sia il post che il gruppo non sono mai stati cancellati e non c'è nessuna possibilità di farlo presente e richiedere l'attuazione di quanto scritto nero su bianco. Sarei grato a chiunque riuscisse a darmi una spiegazione".

È evidente che siamo di fronte a una disparità di trattamento, più soft e arrendevole nei confronti dei potenti, più rigido e severo nei confronti dei cittadini comuni. Laddove dovrebbe essere proprio il contrario per il potenziale di impatto e influenza che personaggi di un certo peso e ruolo politico possono avere sull'opinione pubblica e sulle azioni dei singoli, rispetto ai cittadini comuni.

È chiaro che la questione non si esaurisce solo nella valutazione delle risposte della piattaforma a simili contenuti. La politica da tempo preme sui social affinché gestiscano e contengano i contenuti di odio. Contenuti di odio spesso immessi sui social dagli stessi politici. Una politica incapace di reagire ed espellere da se stessa elementi che fanno dell'odio e della violenza il cuore della loro proposta. In qualsiasi altro paese democratico, un post come quello dello spin doctor del Ministro dell'Interno avrebbe suscitato la giusta riprovazione da parte della società e delle istituzioni democratiche. I 5Stelle che sono al governo con Salvini cosa hanno da dire su un simile messaggio? In un altro paese lo spin doctor sarebbe stato accompagnato alla porta.

Un messaggio del genere richiede resistenza e reazioni democratiche. Da parte della politica e le piattaforme non sono escluse da questa responsabilità di risposta.

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