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Scuola e inclusione, perché le parole di Vannacci sono pericolose

1 Maggio 2024 5 min lettura

Scuola e inclusione, perché le parole di Vannacci sono pericolose

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È molto difficile per me scrivere questo articolo senza cedere alla rabbia. Ed è difficile non rimanere delusi dalla passività del PD che chiede di ignorare il generale Roberto Vannacci e lo fa con un post e un hashtag. L’hashtag in questione è #ignoravannacci e ha scatenato parodie anche divertenti, ma ha soprattutto sottolineato il deserto comunicativo di un’opposizione incapace di prendere una posizione, buttando tutto in caciara mediatica, e di distanziarsi in modo netto dalle parole oscene di Vannacci sulle classi differenziate dei disabili. 

Lui, che di disabilità non sa nulla, o le sue stesse parole, nell’intervista - l’ennesima - da candidato alle Europee rilasciata alla stampa annuncia: “A scuola classi separate per i disabili”. Il maschio alfa per eccellenza, che vorrebbe diventare capo-branco a Bruxelles, afferma anche che l’aborto non è un diritto e gli italiani hanno tutti la pelle bianca. Ci saranno altri che parleranno di questi due ultimi punti, io da donna con disabilità parlerò di classi differenziate e della facilità con cui ultimamente si fanno questo tipo di dichiarazioni, di come quindi le frasi di Vannacci non solo non vadano ignorate, ma debbano essere prese sul serio e contestualizzate nel clima generale. 

Perché inizia tutto così, con la pretesa di essere razionali e di buon senso. Inizia almeno dal gennaio scorso, con un articoletto di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere, dove ricorda con toni nostalgici i tempi delle classi differenziate. Un testo che, dopo le polemiche scaturite, è seguito da scuse persino peggiori del pensiero originale. Le intenzioni di Galli della Loggia erano di “sollevare il velo di retorica che solitamente ricopre il principio d’inclusione così come è praticato nella nostra scuola, attirando l’attenzione sui suoi numerosi aspetti critici”. Questo dopo aver tranquillamente insultato una larga parte di popolazione che va da insegnanti e alunni con disabilità:

La scuola italiana è il regno della menzogna e finché resterà tale non potrà che peggiorare. A cominciare ad esempio da quella che si cela dietro il mito dell’inclusione. In ossequio al quale nelle aule italiane — caso unico al mondo — convivono regolarmente, accanto ad allievi cosiddetti normali, ragazzi disabili anche gravi con il loro insegnante personale di sostegno (perlopiù a digiuno di ogni nozione circa la loro disabilità), poi ragazzi con i Bes (Bisogni educativi speciali: dislessici, disgrafici, oggi cresciuti a vista d’occhio anche per insistenza delle famiglie) e dunque probabili titolari di un Pdp, Piano didattico personalizzato, e infine, sempre più numerosi, ragazzi stranieri incapaci di spiccicare una parola d’italiano. Il risultato lo conosciamo.

Nelle sue scuse non aveva fatto che ripetere le proprie idee, tenendo a precisare che erano stati comunque i lettori ad essere “eufemisticamente prevenuti” nei suoi confronti:

È proprio sicuro che ad esempio, perlomeno nei casi gravi di disabilità intellettiva, di disabilità motoria, piuttosto che essere immersi in un ambiente totalmente altro assistiti da un incompetente non gioverebbe di più l’inserimento in un’istituzione capace di prendersi cura di simili casi in modo più appropriato e scientificamente orientato? [...] E non sarebbe allora meglio che i bambini di origine straniera prima di fare ingresso in una qualunque classe di una nostra scuola seguissero ad esempio per tre mesi un corso intensivo d’italiano? Per quale assurda ragione porre un simile problema significa apparire quasi un fautore dell’apartheid?

In sostanza, aveva continuato ad attaccare il principio di inclusione senza mai focalizzarne il vero problema: la mancanza e i continui tagli ai fondi alla formazione degli insegnanti e alla disabilità. Il mese dopo, il ministro dell'istruzione Giuseppe Valditara accenna all’ipotesi di creare classi separate per alunni italiani e stranieri con grave deficit linguistico, scatenando anche lui forti polemiche sul tema.

Arriviamo a Roberto Vannacci, candidato alle Europee da un disperato Matteo Salvini che non sa più dove raccogliere voti. Il generale è diventato un personaggio mediatico dopo la pubblicazione, nell'agosto 2023, del suo libro Il mondo al contrario, dove offende tra gli altri donne, omosessuali, migranti. In questi mesi, i più grandi quotidiani nazionali hanno pubblicato decine articoli su di lui pressoché inutili, siamo stati costretti a sentire la sua opinione sulla qualunque, intanto che si atteggiava a paladino della libertà di espressione. Come se non bastasse, lo scorso marzo è uscita l’autobiografia intitolata Il coraggio vince. Ricordiamolo, Vannacci è un militare e per questo ha precisi obblighi e responsabilità quando parla in pubblico. Ed è per questo che il ministro della Difesa Guido Crosetto e lo Stato maggiore dell'Esercito italiano si sono dissociati dai contenuti espressi nel suo primo libro. 

Ma, di fatto, tra tanta sicumera e sfacciataggine, e tra tanti pensieri qualunquisti o peggio, Vannacci è l’ennesimo tuttologo che pontifica su argomenti che perlopiù ignora, e vorrebbe persino essere votato. E tra questi argomenti rientra per l’appunto l’inclusione scolastica. Allora spieghiamogli qualcosa.

L’abolizione delle classi differenziate avviene nel 1977 con la Legge 517/77, dopo che i genitori di persone con disabilità hanno lottato per riconoscere i valori umani dei propri figli chiamati subnormali. Negli Anni ’70, non solo in Italia, nacquero una serie di movimenti per I Diritti delle Persone con Disabilità e fu in questo contesto che nel 1975 venne redatta la Relazione conclusiva della Commissione Falcucci concernente i problemi scolastici degli alunni handicappati che afferma quali siano i princìpi e le modalità per rendere possibile l’integrazione stessa.

Nella premessa è scritto:

“La scuola proprio perché deve rapportare l’azione educativa alle potenzialità individuali di ogni allievo, appare la struttura più appropriata a far superare le condizioni di emarginazione in cui altrimenti sarebbero condannati i bambini handicappati, anche se deve considerarsi coessenziale una organizzazione dei servizi sanitari e sociali finalizzati all’identico obiettivo”.

In questa Relazione si dichiara l’impossibilità di non ammettere qualche bambino nella scuola pubblica, sancendo indirettamente la fine delle scuole speciali. 

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Da allora a oggi, la scuola ha continuato su questo percorso impegnativo, con luci ed ombre e spesso con gran fatica per mancanza di fondi e insegnanti. Si va comunque avanti in un percorso progressivo che contempla garanzie, formazione e previsione di luoghi di coordinamento e che può segnare davvero una differenza sostanziale, discutendo ampiamente sul ruolo dell’insegnante, tanto che è stato recentemente presentata la proposta di legge Introduzione della cattedra inclusiva nelle scuole di ogni ordine e grado, redatta e sottoscritta da un gruppo di noti esperti dell’inclusione scolastica quali Evelina Chiocca, Paolo Fasce, Fernanda Fazio, Dario Ianes, Raffaele Iosa, Massimo Nutini, Nicola Striano. Probabilmente le classi separate non ci saranno mai più perché il concetto di inclusione è ormai nel patrimonio genetico della scuola. E allora perché è necessario non prendere sottogamba e bollare come ridicole certe dichiarazioni?

Antonio Scurati, ospite da Fabio Fazio a Che tempo che fa, ha dichiarato che dalla storia della censura ha imparato che “la democrazia è fondamentalmente una continua lotta per la democrazia”. Ecco. Fare queste affermazioni ad alta voce nel silenzio totale della politica, che non condanna e non prende posizioni in un’ottica di interesse personale e non collettivo, questo non prendersi mai la responsabilità di quello che si dice (“Mai detto che i disabili vanno separati”, ha affermato Vannacci dopo aver scatenato la bufera), sposta non solo il linguaggio democratico, ma i valori stessi della democrazia sempre più indietro.

Abbiamo un bellissimo articolo 3 della Costituzione italiana che sancisce il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini come un diritto fondamentale. Prendiamocene cura. Non lasciamolo in pasto a questi miseri personaggi.

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