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Il convegno su Mariupol a Modena e i legami del mondo neofascista con l’estrema destra russa

8 Gennaio 2024 12 min lettura

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Il convegno su Mariupol a Modena e i legami del mondo neofascista con l’estrema destra russa

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Negli ultimi giorni ha destato scalpore l’annuncio dell’organizzazione di una serie di iniziative, che vedono coinvolti più o meno gli stessi relatori, in sostegno al “mondo multipolare” e alla “rinascita” di Mariupol’, eventi accomunati dal sostegno all’aggressione russa dell’Ucraina e dalla matrice ideologica di estrema destra, anche se schermata da associazioni a prima vista non schierate politicamente. Nel caso dell’iniziativa di Modena, dedicata alla città ucraina di Mariupol’, oggi occupata dalle forze armate russe dopo un assedio che ne ha visto la semi-distruzione, la polemica è stata resa ancor più forte dal luogo in cui si sarebbe dovuto svolgere l’incontro, la sala civica di via Viterbo di proprietà comunale: dopo le contestazioni sui social, il sindaco Gian Carlo Muzzarelli ha annunciato che nella riunione di giunta di martedì 9 gennaio verrà revocata l’autorizzazione all’utilizzo del locale. 

Il calendario di iniziative promosse dall’area pro-Z non è il frutto di infiltrazioni dirette del Cremlino o di astute mosse di Putin, ma è l’espressione dei contatti, alcuni dei quali risalenti addirittura agli anni finali dell’Unione Sovietica, costruiti tra riviste, associazioni e personalità del mondo neofascista italiano con l’estrema destra russa, e che vedono nella relazione privilegiata di vecchia data con Aleksandr Dugin (qui un nostro articolo su lui e sua figlia) la massima espressione. Ricostruire questi legami permette di avere una lettura d’ampio respiro su come agiscono centri e organizzazioni di estrema destra a sostegno della “operazione speciale” e in che modo riescano a dettare tempi e linea anche al di là della propria area.

Dugin, dall’underground moscovita al neofascismo europeo passando per l’Italia

Il giovane arrivato dall’Unione Sovietica, al primo viaggio all’estero, ha i capelli che gli arrivano al collo e il pizzetto, lo sguardo ironico e profondo. Conosce già alcune lingue europee, come il francese e il tedesco, e si diletta nel tradurre opere esoteriche e politiche da qualche anno, passando pomeriggi alla Biblioteca statale Lenin e alla Biblioteca di letteratura straniera a Mosca, tentando di recuperarle (alcuni di questi libri si trovavano negli spetskhran, aree ad accesso ristretto). Non è il solo: già altri prima di lui, anche loro della cerchia raccolta attorno agli scrittori Yurii Mamleev e Evgenii Golovin, nota come circolo Iuzhinskii, avevano letto e tradotto gli scritti di René Guénon, Georges Gurdjieff e altri, ed è Golovin a introdurre il ragazzo, allora poco più che diciottenne, a Julius Evola, scoperto attraverso il libro ‘La tradizione ermetica’, recuperato negli anni Sessanta alla Biblioteca Lenin. 

Aleksandr Dugin, questo il nome del giovane, aveva poi tradotto dal tedesco ‘Imperialismo pagano’, dura critica di Evola all’avvicinamento tra fascismo e Vaticano a cui contrapponeva la “resurrezione del senso romano, pagano e mediterraneo dell’uomo e della vita”. Apparso in samizdat attorno al 1981, per poi essere ripubblicato nel 1994 legalmente, Evola diventa il biglietto da visita di Dugin nell’ambiente dell’estrema destra nella capitale sovietica, che iniziava a svilupparsi attorno a iniziative più o meno pubbliche, per poi, con la perestrojka, organizzarsi in modo aperto: è il caso dell’associazione Pamyat, sorta come prima espressione semi-legale dell’area ultranazionalista, a cui aderiscono anche molti dello Iuzhinskii. Per un breve periodo Dugin è nel Consiglio centrale di Pamyat, in un’intervista del 1988 afferma come “la spiritualità deve discendere dalle antiche tradizioni e dalla nazione, riteniamo che la nazione sia portatrice degli antichi valori tradizionali, onoriamo i nostri avi e i loro antenati (…) dobbiamo ripulire lo spirito della nostra nazione dallo pseudo-internazionalismo”. Affermazioni che non si discostano da quanto oggi scrive e dice l’esponente russo. 

Non è chiaro quando sia avvenuto il primo incontro con gli intellettuali della destra radicale europea, se nel 1989 o nel 1990, ma appare molto probabile che a introdurre Dugin negli ambienti continentali siano stati i suoi contatti italiani, raccolti attorno a due importanti iniziative editoriali, le ‘Edizioni All’insegna del veltro’ e la rivista Orion. Ad animarle, due figure di rilievo dell’estrema destra italiana, Claudio Mutti e Maurizio Murelli, assieme ad altri esponenti di quell’area intellettuale come Marco Battarra, Alessandra Colla, Carlo Terracciano e altri (per un periodo vi transiterà persino Mario Borghezio, prima di diventare uno dei simboli della Lega Nord). Murelli, condannato con sentenza definitiva della Cassazione a 18 anni per concorso in omicidio dell’agente Antonio Marino, colpito da una bomba a mano durante gli scontri del cosiddetto giovedì nero del 1973, nel 1984 ottiene la semilibertà e fonda Orion, pensata come strumento per “rompere l’ortodossia ideologica” in cui era ingabbiato il neofascismo italiano e disseminare posizioni, idee e suggestioni nell’area. Il modello è il gramscismo di destra, come è stato definito dalla Nouvelle Droite francese, ovvero la costruzione dell’egemonia culturale attraverso un lungo lavoro intellettuale basato più sulla comunanza di idee che sull’appartenenza alle sigle del neofascismo. Un percorso che si intreccia con quello di Mutti, figura di rilievo per esser stato tra gli animatori della sezione italiana della Jeune Europe, organizzazione fondata dall’ex collaborazionista belga Jean Thiriart con l’obiettivo di “cancellare il tradimento americano di Yalta”, liberando la parte orientale del continente dal comunismo e unendola in uno spazio “da Brest a Bucarest” nazional-rivoluzionario, come si legge in uno dei principali testi del movimento, Un impero di 400 milioni di uomini: l’Europa, apparso in traduzione italiana nel 1965. 

L’idea di nazione europea affascina una nuova generazione militante nei partiti neofascisti dei vari paesi, e riesce ad avere una propria fortuna anche grazie a suggestioni già presenti dagli anni Quaranta tra le forze dell’Asse: Claudio Mutti incontra Thiriart nel 1964 a Parma, sua città natale, e da quel momento, assieme ad altri attivisti provenienti dal Movimento sociale italiano, tra cui il futuro medievalista Franco Cardini e il vignettista Alfio Krancić, animerà il gruppo in Italia attraverso la pubblicazione prima di Europa combattente e poi di La nazione europea, testate della Giovane Europa nel Belpaese. Filologo di formazione, specialista di lingue ugrofinniche, Mutti è un raffinato studioso dell’esperienza dei fascismi in Europa orientale, letti in chiave militante, e ha adottato la fede islamica a fine anni Settanta, con un interesse sempre presente verso le esperienze antiamericane e “antisioniste”, fossero esse la Guardia di Ferro rumena degli anni Trenta o il regime di Ruhollah Khomeini in Iran. Le Edizioni all’insegna del veltro, fondate nel 1978, rappresentano il principale contributo di Mutti, assieme alla rivista Eurasia, il cui primo numero appare nel 2004: l’editore è anche autore per Orion e suoi testi vengono pubblicati dalla Società editrice Barbarossa, altra iniziativa animata da Murelli.

Già nella seconda metà degli anni Ottanta vengono pubblicati da Mutti libri sulla rinascita del nazionalismo russo, sul pensiero conservatore dell’età imperiale (come la traduzione in italiano di Bizantinismo e mondo slavo di Konstantin Leont’ev), un’attenzione che in un certo senso rende l’incontro con Aleksandr Dugin il compimento di un percorso. Secondo Jean-Yves Camus e Anton Shekhovtsov, sarebbe stato Mutti a far incontrare Dugin con Alain de Benoist, mente della Nouvelle Droite francese, e da lì il giovane militante russo avrebbe poi conosciuto altre figure di rilievo dell’ambiente europeo, come il belga Robert Steuckers, che probabilmente lo ha introdotto al pensiero geopolitico, e il gruppo spagnolo della rivista Hiperborea, derivante dalla Cedade, circolo neonazista noto anche per aver organizzato la celebrazione del centenario della nascita di Adolf Hitler. 

Il primo libro di Dugin all’estero, Continente Russia, viene pubblicato in italiano da Mutti nel 1991. L’attività di Dugin è frenetica in questi anni a cavallo tra la fine dell’Unione Sovietica e la nascita della Federazione Russa: scrive per Den, giornale fondato dallo scrittore Aleksandr Prokhanov (poi diventato Zavtra); è tra i promotori del Fronte di liberazione europea, struttura che convoglia i contatti stretti in giro per il continente; porta in visita a Mosca le conoscenze fatte in Francia e in Italia. Riesce a portare anche Jean Thiriart, il vecchio fondatore di Jeune Europe, ormai fautore di un impero continentale da Dublino a Vladivostok in funzione antiamericana. 

Le speranze di poter rianimare l’Unione Sovietica sostituendo al comunismo una propria sintesi delle idee della galassia neofascista europea risultano però fallaci, anche per la variegata composizione dell’estrema destra russa, dove vi erano presenti diverse anime, dai nostalgici dell’età zarista ai boneheads. La nascita del Partito nazional-bolscevico russo, avvenuta dall’incontro tra Dugin e lo scrittore Eduard Limonov, rientrato in patria dopo poco più di un quindicennio in esilio, per un periodo mette in secondo piano i contatti internazionali stretti negli anni precedenti per concentrarsi sulla costruzione dell’organizzazione, elemento significativo della controcultura russa della seconda metà degli anni Novanta. La rottura con Limonov nel 1998 vede Dugin concentrarsi sempre più sullo sviluppo di un proprio profilo politico, autore di libri sulla geopolitica e leader del Movimento internazionale eurasiatico, con una propria rilettura dell’eredità ideologica del neofascismo europeo associata a elementi neotradizionalisti e ispirata a una interpretazione radicale dell’opera di Heidegger. 

La lunga marcia dell’estrema destra filo-russa: associazioni, circoli e eventi

Il rinnovato interesse per le vicende russe negli ambienti dell’estrema destra italiana inizia tra il 2012 e il 2014, quando vi è il ritorno di Vladimir Putin al Cremlino dopo la parentesi della presidenza di Dmitry Medvedev, all’insegna di una svolta conservatrice molto decisa. Un interesse che va anche al di fuori del tradizionale recinto dei circoli e dei cenacoli, perché coinvolge la Lega, travolta dagli scandali finanziari e in cerca di una nuova identità. Al congresso del Carroccio del 2013 interviene Alexey Komov, presentato come ambasciatore russo alle Nazioni Unite (in realtà rappresentava la sezione di Mosca del World Congress of Families), il quale dal palco sottolinea la comunanza di vedute tra il partito di Salvini e la Russia sui valori cristiani e europei. Un legame particolare, quello tra Komov e i difensori italiani della famiglia, che si estende anche ad altre organizzazioni come ProVita, ma è con i leghisti il più solido.

Quando si costituisce l’Associazione Lombardia-Russia, presentata alla stampa con un evento al Pirellone, sede del consiglio regionale, il 19 febbraio 2014, l’esponente del Wcf ne diventa il presidente onorario. Nascono una serie di realtà, ufficialmente non collegate alla Lega ma animate in gran parte da suoi esponenti e in alcuni casi, come nel Lazio, da dirigenti all’epoca di Casa Pound (Mauro Antonini, ora leghista, all’epoca era un leader dei fascisti del terzo millennio), regionali ma tutte con il marchio Russia: una strategia perseguita da Gianluca Savoini, già fedelissimo di Matteo Salvini e giornalista della Padania, tra il 2014 e il 2019 spesso in viaggio da e per Mosca per poi essere indagato nell’ambito del caso Metropol sui finanziamenti russi alla Lega, procedimento archiviato nell’aprile del 2023. 

Quando nel 2015 a Torino si fonda Piemonte-Russia, la scelta per la carica di presidente onorario ricade su  Aleksandr Dugin, ormai spesso ospite di iniziative politiche in Italia. “Il mondo attuale, perso in un delirio mondialista, è la negazione del mondo tradizionale come noi lo abbiamo conosciuto e la Russia pare oggi l’unico baluardo e l’unico faro verso cui guardare con speranza”, si leggeva nel comunicato stampa di Piemonte-Russia, la cui attività pubblica sarà però molto discontinua. Invece per il filosofo russo gli incontri si susseguono, tra lezioni alla Lega Giovani, presentazioni di libri con Savoini ed Eliseo Bertolasi, oggi rappresentante italiano del Movimento internazionale dei russofili, iniziativa lanciata dal Ministero russo degli Esteri, ma da tempo attivo nei rapporti tra le destre a Mosca e in Italia. Spesso Dugin viene presentato come consigliere di Putin, una definizione errata, ma che consente di giocare sull’ambiguità di un ruolo inesistente, e nel 2016 intervista Matteo Salvini per il suo programma su Tsargrad TV, emittente di proprietà dell’oligarca nazionalista Konstantin Malofeev. 

In Emilia Romagna la locale associazione si basa però su elementi provenienti non dalla Lega (in cui alcuni confluiranno successivamente), ma da un’organizzazione, Stato & Potenza, attiva alla fine degli anni Duemila e poi scioltasi, e che si è autodefinita “socialista patriottica”, con posizioni anti-immigrazione, militariste e pro-nucleari. Il gruppo da sempre ha coltivato legami con la rivista Eurasia e con il Centro Studi Eurasia-Mediterraneo, quest’ultimo animato da Stefano Vernole, un passato nell’area di Pino Rauti nell’MSI e oggi vicino alla Lega. A presiedere l’associazione vi è stato prima Stefano Bonilauri, leader di Stato & Potenza, poi passato a dirigere le edizioni Anteo, e poi oggi Luca Rossi, allontanato nel 2020 dalla segreteria modenese del partito di Salvini dopo aver espresso sui social la propria gioia per la detenzione di Patrick Zaki in Egitto. Ormai unica delle associazioni create durante l’innamoramento della Lega per il Cremlino, Emilia Romagna-Russia è attiva con propri eventi proprio a Modena, assieme al circolo identitario La Terra dei Padri, dichiaratosi sezione del Movimento Eurasiatista d’ispirazione duginiana. Un attivismo aumentato con la guerra in Ucraina, a sostegno dell’aggressione russa e con una particolare attenzione alle posizioni di Dugin, ospite in video più volte per gli eventi de La Terra dei Padri, come per una iniziativa dedicata alla memoria della figlia Daria Dugina, morta per una bomba collocata sotto la sua auto nell’agosto del 2022, e per la rassegna dell’editoria eurasiatista assieme a Maurizio Murelli.

La comunanza ideologica del fronte pro-Z balza agli occhi quando si vanno a ricostruire le iniziative nei vari luoghi, perché vedono come organizzatori esponenti e militanti dell’area della destra identitaria e radicale. A Lucca, dove è prevista la presenza online di Dugin, è Vento dell’Est, associazione sorta in sostegno ai separatisti del Donbas, a organizzare l’evento. Presidente del consesso è Lorenzo Berti, già fondatore di CasaPound a Pistoia e poi candidato con la Lega alle amministrative del 2022 nella stessa città, quando definì giorno squallido e lutto nazionale il 25 aprile. Oltre alle città toscane, l’associazione ha organizzato propri eventi a Taurisano, comune salentino, con la presenza del senatore leghista Roberto Marti, presidente della Commissione cultura di Palazzo Madama. 

L’adesione, passata o attuale, di molte delle figure coinvolte nella promozione delle iniziative a sostegno della guerra al partito di Matteo Salvini sembrerebbe contribuire a delineare una divisione nella destra al governo, che vede in Giorgia Meloni una sostenitrice dell’indirizzo atlantico dell’Italia. In passato anche in Fratelli d’Italia ci sono stati sostenitori della politica espansionista russa, come Maurizio Marrone, già assessore regionale in Piemonte ed ex console onorario della Repubblica di Donetsk a Torino, ma allo stesso tempo vi è l’attività del senatore, già ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, indirizzata a un contrasto totale verso Mosca e Pechino. 

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Lo scorso 11 dicembre, nei locali del Senato a piazza Capranica a Roma, si è tenuto il IX forum delle libere nazioni della post-Russia, aperto dal senatore, ormai da un decennio in FdI, e sponsorizzato da The Global News, rivista online il cui comitato scientifico è presieduto dall’ex ministro degli Esteri e dove si trovano anche nomi legati alla storia dei Radicali. Il forum vede i rappresentanti di movimenti e nazioni spesso sulla carta, come la Kazakia, gli Stati Uniti di Siberia o la repubblica di Pskov, e più volte la sua attività è stata criticata dall’emigrazione russa per questo. Una linea molto dura, quella adottata da alcuni parlamentari del partito della Meloni, e che vede anche risvolti peculiari come nel caso del porto d’armi concesso a Emanuele Pozzolo per difesa personale contro non specificate minacce provenienti dall’Iran, il cui regime è stato bersaglio degli attacchi del deputato negli scorsi mesi, prima del proiettile sparato a Capodanno. A differenza della Presidente del Consiglio, però, Salvini, dopo i primi tentativi di proporsi come “mediatore” con Mosca, non ha più dedicato dichiarazioni e attenzioni alla Russia e al conflitto in Ucraina, per cui l’ipotesi di una divergenza con gli alleati di governo resta tale e senza fonti certe se non le coincidenze tra le simpatie (e le militanze) politiche dei militanti pro-Putin.

La tournée dello schieramento pro-Z si basa su legami, contatti, circoli e associazioni che vedono il lavoro di anni (in alcuni casi di decenni) del sodalizio esistente tra un’area proveniente dal neofascismo italiano e l’estrema destra russa nella declinazione di Dugin; quel che dovrebbe far riflettere è lo spazio ottenuto da personalità riconducibili, esplicitamente o meno, a questo spazio politico, presentate nella veste di giornalisti, saggisti, in alcuni casi persino storici, spesso ritenuti specialisti o esperti di Russia, Ucraina e Est europeo, dovuto anche a una riduzione del dibattito legata alle vicende di casa nostra, non in grado di spiegare la complessità del mondo e di società molto diverse da quella italiana. Il rischio è di confondere i piani, paradossalmente ritenendo che esponenti di estrema destra siano i rappresentanti non delle proprie idee, di quelle di Dugin, di Putin o di chi altro, ma possano essere il volto di una società russa rappresentata sovente come un monolite, immagine lontana dalla realtà.

Immagine in anteprima: La locandina del convegno su Mariupol organizzato a Modena

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