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Meeting di Comunione e Liberazione: una grandiosa orgia del Potere

22 Agosto 2013 14 min lettura

Meeting di Comunione e Liberazione: una grandiosa orgia del Potere

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Ecco che lei torna alle parole che decidono, alle parole che dividono: migliore, peggiore; giusto, ingiusto; bianco, nero. E tutto invece non è che una caduta, una lunga caduta: come nei sogni...
Leonardo Sciascia, Todo Modo

I.

Lo intravedo verso le undici e mezza di mattina, illuminato dalle luci al neon dei padiglioni della Fiera di Rimini, mentre si aggira tra le centinaia di stand allestiti dai 200 sponsor della 34esima edizione del Meeting di Comunione e Liberazione. Sono intorpidito e sbigottito; lui deve aver notato che lo sto osservando. Ma non se ne cura più di tanto.

Passa di fianco allo spazio della Repubblica di San Marino, compra una bottiglietta d’acqua in uno degli innumerevoli bar sparsi per la fiera, soppesa una specialità calabrese al negozio apposito, assaggia un dolciume, chiede informazioni sui fondi pensione, osserva alcuni bambini giocare allo stand di Intesa-Sanpaolo e legge divertito gli slogan sulle magliette del negozio ufficiale del Meeting.

Ha i capelli lunghi, la barba, una veste bianca ben stirata e i sandali. Non ci possono essere dubbi.

È Gesù Cristo.

Nessuno lo ferma, nessuno lo saluta, nessuno si accorge della sua presenza. Nessuno – a parte i rivenditori della Folletto. Gesù Cristo si ferma allo stand e si fa spiegare le caratteristiche tecniche dell’aspirapolvere VK140. Sembra interessato. A un certo punto il rivenditore glielo fa addirittura provare.

«Affare fatto, allora», esclama sorridente l’agente della Folletto.

Gesù Cristo estrae il portafoglio, si fa consegnare la fattura e s’infila sotto il braccio il voluminoso pacco. Poi si gira e cammina a passo lento verso di me.

«È la prima volta che vieni qui, vero?».

Farfuglio qualcosa d’incomprensibile. Lui strizza un occhiolino, mi dà una pacca sulla spalla e infine si dilegua tra la folla di bambini, volontari, giovani, famiglie, guardie e persone comuni, perdendosi a vista d’occhio nell’immensità dei padiglioni.

Sì, è la prima volta che vengo qui.

II.

Il primo Meeting di CL si è tenuto nell’agosto del lontano 1980, e da allora è sempre stato un’esibizione pubblica del potere del Movimento. Anche quest’anno i numeri sono impressionanti: più di 7 milioni di euro di budget, 170mila mq. allestiti, 3750 volontari da tutto il mondo, 120 tra incontri e tavole rotonde, oltre 900 giornalisti accreditati, una lunghissima sfilata di ministri e personalità politiche. Il titolo del 2013 (altisonante-pubblicitario come da tradizione) è «Emergenza uomo», da una citazione del fondatore don Giussani del 1988: «Emergenza uomo è il rapporto con il mistero che lo fa».

Girando per la Fiera di Rimini mi accorgo molto presto di assistere a un evento che sfonda ogni distinzione tra commercio, pubblicità sfrenata (anche le colonne erano tappezzate dagli sponsor), propaganda politica e integralismo religioso. In pratica, sono rinchiuso in un gigantesco oratorio sponsorizzato da banche, multinazionali del petrolio e aziende statali che producono armi da guerra (entrambe in odore di corruzione internazionale, tra le altre cose).

Per il resto, trovo veramente di tutto. Mi imbatto in pareti che pullulano di crociati ariani.

Ventilo l’ipotesi di indossare grembiuli dagli irresistibili slogan.

Mi lascio tentare dagli scacchi giganti sponsorizzati dal Lotto.

Accarezzo l’idea di spedire una letterina a Papa Francesco.

Saluto gli amici di Radio Maria.

Ammiro il modellino di una portaerei nello stand della Marina Militare, che immagino sia presente al Meeting in ossequio al principio cristiano di pace universale e non per il fatto che l’attuale Ministro della Difesa sia Mario Mauro, ciellino doc della prima ora.

Mi esalto alla prospettiva di comprare coltelli affilati a regola d’arte.

Seguo una conferenza dei frati domenicani.

Vedo Roberto Formigoni da vicino, mentre passeggia amabilmente con il premier Enrico Letta.

Con mio grandissimo disappunto, il Celeste non indossa una delle sue tradizionali camicie psichedeliche stile San Francisco anni ’60. Anzi, è piuttosto sobrio: ha una camicia bianca e appare parecchio incazzato.

Dopo una vita di militanza dura e pura nelle file di Cl (Formigoni appartiene ai Memores Domini, l’élite del Movimento), 69 partecipazioni a incontri nell’arco di 32 anni del Meeting e i disastri politico-giudiziari dell’anno passato, l’ex governatore della Lombardia è diventato una figura imbarazzante da relegare in disparte.

Quest’anno, infatti, l’organizzazione del Meeting ha negato il palco a Formigoni. Bernhard Scholz, l’attuale presidente della Compagnia delle Opere (il braccio economico-finanziario di Cl), ha motivato questa decisione con il fatto che il Celeste non è più governatore della Lombardia. La risposta di Formigoni è stata piuttosto dura:

Patetiche, come potrei definire diversamente le parole di Scholz? Si tratta forse di umorismo tedesco che però non fa ridere nessuno. Io il Meeting ho contribuito a fondarlo, a organizzarlo quella prima volta nel 1980. […] E io sarei stato invitato negli ultimi anni in veste di presidente di Regione Lombardia. Ma andiamo, su…

Già, è proprio una fine ingrata. Se non altro, posso sempre stemperare la delusione per le sorti di Formigoni salutando una vecchia, amatissima conoscenza televisiva: lo Chef Tony.

III.

Mentre lo Chef Tony mi fissa magnetico cercando di rifilarmi dei coperchi, una selva di fotografi e cameramen mi sfreccia accanto. Sbuffano, sudano, sgomitano e rincorrono Enrico Letta, che sta facendo il giro degli stand protetto da guardie del corpo, poliziotti e il servizio d’ordine dei volontari, disposti in cerchio intorno al premier.

Decido di accodarmi al carrozzone e dopo un breve ed estenuante girovagare scandito da (pochi) applausi e (poche) grida d’incoraggiamento mi imbatto nello stand del Movimento per la vita, che già ho avuto l’occasione di conoscere a Roma durante la Marcia per la vita dello scorso marzo. L’associazione pro-life nasce nel 1975 e ha un consolidato rapporto di vicinanza con CL, con cui condivide posizioni di totale intransigenza su aborto e temi etici.

Nello stand incontro Pino Morandini, vicepresidente del MPV e consigliere provinciale in quota Pdl a Trento, con cui scambio qualche parola. Morandini mi spiega che affittano uno spazio al Meeting da più di 10 anni e che il MPV ha come scopo la diffusione della «cultura per la vita». Chiedo se la legge 194 – la normativa sull’aborto che viene applicata sempre meno negli ospedali italiani, come documentato da Repubblica in questa agghiacciante inchiesta – sia un grosso ostacolo all’affermazione della vita. «Noi non la condividiamo», inizia Morandini:

Due secoli fa c’è stata nella Lousiana la legge che ha legalizzato la schiavitù perché una parte di popolazione aveva la pelle nera. Per fortuna è stata superata perché era una grande ingiustizia, una discriminazione tra esseri umani. Il secolo scorso la Repubblica di Weimar ha fatto la legge che ha legalizzato i campi di concentramento per cui i cittadini ebrei erano considerati cittadini di serie B da discriminare. Oggi ci sono leggi che discriminano tra esseri umani nati e non ancora nati.

Faccio notare che il paragone tra gli ebrei sterminati dai nazisti e i feti abortiti potrebbe essere, ecco, un attimo esagerato. Tutt’altro, risponde Morandini: «Sono sempre esseri umani. Anzi, i bambini nel seno materno non sanno come difendersi, non hanno sindacati che li difendono, non hanno voce. Li vedi soltanto se fai l’ecografia». Un ragionamento inoppugnabile, no?

Mi congedo da Morandini e mi dirigo verso lo stand di Tempi, rivista ciellina diretta da Luigi Amicone. Il settimanale ha lanciato proprio al Meeting una notevole raccolta firme contro la legge sull’omofobia. Secondo alcune associazioni, la legge «avrà gravi ripercussioni sui diritti fondamentali dell’uomo riconosciuti dalla nostra Costituzione, tra cui il diritto alla libertà di pensiero (art.21) e alla libertà religiosa (art.19)». In che modo? Lo spiega un volantino (ripreso sul sito di Tempi) articolato in diversi punti che gira per tutta la Fiera.

Ad avviso di Tempi e delle associazioni ultra-cattoliche, l’approvazione della norma comporterebbe l’incriminazione di chi si batte contro il “matrimonio” (virgolettato nel volantino) gay, di «coloro che pubblicamente affermassero che l’omosessualità rappresenta una “grave depravazione”, citando le sacre scritture» e persino di «coloro che pubblicamente dichiarassero che gli atti compiuti dagli omosessuali “sono intrinsecamente disordinati”, in virtù del proprio credo religioso».

Insomma, opporsi a una norma che difende le vittime di odiose e retrograde discriminazioni non è «una battaglia di retroguardia», ma è al contrario una nobile battaglia «contro il rischio di una pericolosa violazione della libertà di espressione del pensiero e del credo religioso».

Mi allontano dallo stand con il volantino in mano e lo getto nel primo cestino che trovo. Guardo l’orologio: sono quasi le 15. Tra poco Enrico Letta parlerà all’incontro inaugurale del Meeting 2013.

IV.

L’enorme auditorium è già gremito. C’è attesa nell’aria. Quando entra il premier, la sala scatta in piedi all’unisono e tributa una lunga standing ovation. Ascolto in successione il videomessaggio di Giorgio Napolitano e gli interventi della presidente del Meeting Emilia Guarnieri e di Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà, ex presidente della Compagnia delle Opere e pezzo grosso di CL. Le luci diventano sempre più soffuse mano a mano che si avvicina Il Momento.

Finalmente Letta si muove verso il pulpito di legno e comincia la sua omelia governativa. Il tono è vagamente sofferto, le parole calibrate al millimetro, le citazioni ponderate (ad esempio il Salmo Ottavo, molto caro a don Giussani), la difesa del Governone Di Larghe Intese oltremodo rocciosa.

Viene esaltata «la forza fecondatrice dell’incontro», mentre i «professionisti del conflitto» sono invitati a pentirsi dei loro peccati. Gli applausi scrosciano a ritmo regolare, e l’atmosfera è spaventosamente neo-democristiana. In quell’ora di discorso Letta non è il premier italiano; è un remake in carne e ossa di una scena di Todo Modo di Elio Petri.

In un’intervista a La Stampa, Giorgio Vittadini si è schierato apertamente a favore del Governo Letta, dicendo di essere «per la sua continuazione a oltranza», poiché «siamo come in guerra, e abbiamo bisogno di una continuità di governo». Bernhard Scholz, dal canto suo, ha spiegato che «noi crediamo che questo governo debba avere vita lunga. E che anzi debba rafforzarsi per fare finalmente le riforme attese».

Il fatto che Comunione e Liberazione straveda per il governo di larghe intese non deve assolutamente stupire. Anche perché siamo di fronte alla perfetta evoluzione di un esperimento nato dieci anni fa, quello dell’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, un raggruppamento politico trasversale che raccoglie – come ricordano Ernesto Milanesi e Sebastiano Canetta nell’ebook gratuito Rimini, meeting & coop – «personalità del calibro di Enrico Letta, Angelino Alfano, Luigi Casero, Pierluigi Bersani, Luca Volontè, Ermete Realacci, Maria Grazia Sestini, Gianni Alemanno, Maurizio Sacconi, Tiziano Treu, Vannino Chiti, Maurizio Gasparri». Nelle parole del fondatore, l’attuale Ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi, l’obiettivo principale dell’Intergruppo è «promuovere l’iniziativa privata dei cittadini in forme di autorganizzazione per sperimentare un rapporto più evoluto fra programmazione statale e soggetti privati».

La «sussidiarietà», del resto, è la parola chiave di Comunione e Liberazione. È il principio fondante, come spiegato nel fondamentale saggio di Ferruccio Pinotti La lobby di Dio (2010),

di un network che unisce imprese, banche, parrocchie, consultori, scuole, università, agenzie di servizi, strutture sanitarie e decine di altre realtà […] che operano sul territorio, dalla Lombardia alla Calabria, con un obiettivo ufficiale: il benessere del cittadino; e un fine nascosto: la confessionalizzazione della società attraverso il controllo del potere.

Siamo di fronte a un modello esplicitamente corporativo, dal momento che la sussidiarietà ciellina

rappresenta la mano dello Stato sul mercato, che non si limita a regolare, ma determina i vincitori stroncando la concorrenza. Nell'interpretazione ciellina della sussidiarietà, l'iniziativa privata non è solo indirizzata: i soggetti in campo sono scelti dalla politica. Il privato viene selezionato sulla base dell'impronta confessionale che può apportare alla società o sulla base della fedeltà alla regia del movimento. Il privato viene dunque scelto, assistito e perfino creato attraverso le nomine, l'impostazione dei bandi, gli accreditamenti, i contratti, le convenzioni e la distribuzione della spesa pubblica.

Organizzato in questa maniera, un simile sistema di potere ha finito per attrarre anche una certa sinistra più orientata al business e, soprattutto, le cooperative rosse. Qualche anno fa il presidente di Coop Italia (che figura tra gli sponsor del Meeting) ammise senza troppi problemi che «le nostre cooperative e le imprese della Cdo si muovono sulla base degli stessi valori. Stiamo creando un'unica grande realtà. Faremo grandi cose insieme».

Nel 2003, inoltre, Pierluigi Bersani (per anni assiduo frequentatore del Meeting) sancì il patto tra il centrosinistra e CL con una dichiarazione poco equivocabile:

Solo l'ideale lanciato da Cl negli anni Settanta è rimasto vivo, perché è quello più vicino alla base popolare. È lo stesso ideale che era anche delle cooperative: un dare che è anche un educare. Quando nel 1989 Achille Occhetto volle cambiare il nome del Partito comunista italiano, per un po' pensò di chiamare il nuovo partito “Comunità e libertà”. Perché tra noi e voi le radici sono le stesse.

Stessi valori, stesse radici, stessa visione del mondo. Stessi affari, dopotutto. Stessa torta da spartire: lo Stato – o quello che ne rimane.

Il governo di «pacificazione nazionale» è il sogno proibito di Comunione e Liberazione (& soci) diventato orribile realtà.

V.

9 Cose Divertenti Che Ho Imparato A Rimini E Che O Non Succederanno Mai O Non Farò Mai Più:

  1. La crisi è finita;
  2. A ottobre ci sarà una nuova, fiammante legge elettorale;
  3. L’Imu sulla prima casa sarà tolta molto presto;
  4. Secondo il ministro Mauro, l'unica soluzione per garantire Agibilità Politica® a Berlusconi è regalargli un'amnistia o un indulto. «Come nel dopoguerra, con l'amnistia Togliatti».
  5. Il problema “esodati” è praticamente risolto (e senza la deportazione degli “esodati” in Africa, a quanto pare);
  6. Bisogna volersi tutti bene, riconciliarsi, trovare la mediazione, non alzare i toni, ponderare, incontrarsi; altrimenti l’odio ci corroderà l’anima e Pierluigi Battista parlerà di «primitivismo culturale che, da sinistra come da destra, liquida e squalifica come “inciucio” ogni accordo, come capitolazione ogni punto di intesa».
  7. Nel 2013 è ancora possibile scrivere un articolo su un taccuino giallo, chiamare la redazione, dettarlo al telefono a uno stagista e farsi beffe della crisi dell’editoria e dell’Internets. (Episodio visto personalmente in sala stampa).
  8. La rete wi-fi del Meeting ha il filtro su tutti i siti porno possibili immaginabili.
  9. Forza, ripetiamolo tutti insieme, in coro: la crisi è finita.

VI.

Gli aderenti di Cl fanno ogni minuto la volontà di Dio, che Dio lo voglia o no.
Mino Martinazzoli

L’edizione di quest’anno è stata accompagnata, come di consueto, da vigorosi squilli di tromba e editoriali simpatetici da parte di quasi tutta la stampa italiana. All’esordio del Meeting, ad esempio, Dario Di Vico ha scritto sul Corriere della Sera: «Cl si conferma come attore importante della scena politico-culturale del Paese in virtù dei suoi legami di massa e del contributo che ha saputo fornire alla riflessione sul rapporto tra Stato e società». E ha aggiunto che

Comunione e Liberazione è un fenomeno che meriterebbe di essere studiato molto di più di quanto lo sia stato, soprattutto per la straordinaria capacità che ha mostrato nell'intrecciare fede, politica e welfare.

Sarà.

Quello che ho visto nei giorni in cui sono stato al Meeting non è «la straordinaria capacità» di mescolare «fede, politica e welfare»: è invece un mondo chiuso e settario, che risponde solo ed esclusivamente a regole proprie e produce una fortissima sensazione di alienazione in chiunque non ne faccia parte.

Come ha spiegato lo psicoterapeuta Luigi Cortesi ne La lobby di Dio, CL «costruisce ed è il proprio mondo» e ha un’aspirazione che sorpassa ampiamente quella di un semplice partito politico.

Un partito serve per muoversi nel mondo, non si sostituisce a esso. Il disegno politico o l'utopia servono a capire cosa si desidera costruire. Se il partito politico diventa una difesa, dimostra di non essere in comunicazione con gli altri. In sostanza non vuole il dialogo, ma lo usa come arma. È spaventoso che dei cristiani agiscano in questo modo, anche attraverso deliberate e contraddittorie scelte politiche.

L’aspetto più deleterio è che negli ultimi anni questa concezione/costruzione del mondo ciellina ha penetrato la vita pubblica ed economica di questo paese.

Basta pensare alla Compagnia delle Opere, ormai diventata una specie di Confindustria parallela che può contare su 36mila imprese iscritte, 38 sedi in Italia (17 all’estero), un fatturato complessivo che si aggira sui 70 miliardi di euro e una discreta sfilza di scandali giudiziari. Scandali che, beninteso, non hanno minimamente turbato i vertici, la cui filosofia evidentemente è: «Dio esiste, quindi tutto ci è permesso».

Oppure basta pensare all'occupazione di scuole e università, luoghi ideali per ottenere appalti, fare proselitismo e attirare migliaia di giovani nella propria orbita. Giovani che poi si possono ritrovare al Meeting (spesso a spese loro) mentre puliscono per terra, trascinano carrelli, cercano di propinarti biglietti della lotteria/cianfrusaglie varie e ripetono a memoria i vari mantra del Movimento, per nulla scalfiti dal dubbio, pronti a obbedire ciecamente alla volontà di CL, il tutto con il sorriso perennemente stampato sulla faccia.

Per il resto, l’istantanea del Paese prodotta dal Meeting non potrebbe essere più devastante.

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Ogni anno preti, cardinali, sbirri, militari, ministri, deputati, banchieri, petrolieri, affaristi, speculatori, intellettuali organici e < inserire qui umanità varia > si strusciano dentro un padiglione, si annusano, si fiutano, concludono accordi, firmano intese e s’immergono in un fiume di soldi – il tutto senza il minimo imbarazzo, senza vergogna, senza mai farsi sfiorare dal più risibile scrupolo morale.

In fondo, il Meeting di Comunione e liberazione non è altro che una grandiosa orgia del potere a cielo aperto. Una noiosa, terrificante, interminabile orgia.

Un’orgia che siamo costretti a guardare in tutti i suoi aspetti più ripugnanti, senza la minima possibilità di distogliere lo sguardo.

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