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Lotta alla crisi climatica tra l’attivismo dei giovani, il negazionismo politico-mediatico e gli indifferenti – Conversazione con Antonio Scalari [podcast]

20 Maggio 2023 4 min lettura

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Lotta alla crisi climatica tra l’attivismo dei giovani, il negazionismo politico-mediatico e gli indifferenti – Conversazione con Antonio Scalari [podcast]

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“Un disastro annunciato, ma abbiamo ignorato i segnali”. Il meteorologo Luca Mercalli sull’alluvione che ha travolto l’Emilia-Romagna facendo 13 vittime e lasciando 20.000 persone senza casa non usa giri di parole: «Il surriscaldamento globale va fermato, siamo tutti colpevoli. Nessuno vuole fare sacrifici tranne i ragazzi che si battono per il clima». 500 mm di pioggia in pochi giorni, tanta quanta ne cade in un anno ad Aosta. I fiumi non possono assorbire una tale quantità d'acqua, i suoli imbevuti franano, l'intero sistema va in crisi.

Alluvioni in Emilia Romagna: un disastro annunciato e perché c’entra anche il cambiamento climatico

Nel suo rapporto annuale sulle temperature medie globali, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) ha detto che c’è buona probabilità che nei prossimi cinque anni la Terra sperimenterà nuovi record di temperatura e il riscaldamento globale supererà gli 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, una soglia oltre la quale potrebbero esserci ripercussioni di vasta portata per la salute, la sicurezza alimentare, la gestione dell'acqua e l'ambiente, potenzialmente irreversibili, come mostrato in diversi rapporti dall’IPCC, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite. 

Si tratterebbe di una marcata accelerazione dell'impatto umano sul sistema climatico globale che farebbe precipitare il mondo in un “territorio inesplorato”, ha avvertito l'agenzia delle Nazioni Unite. Ricordiamo che, con l’accordo sul clima di Parigi nel 2015, gli Stati si sono impegnati a cercare di contenere le temperature globali non oltre gli 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.

Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM): La Terra potrebbe superare la soglia di 1,5°C entro il 2027

Nel suo ultimo rapporto, l'IPCC scrive che “le attività umane, principalmente attraverso le emissioni di gas serra [causate dai combustibili fossili], hanno inequivocabilmente causato un riscaldamento globale e un aumento della temperatura superficiale globale di 1.1°C”. Questo aumento della temperatura è avvenuto per la gran parte dal dopoguerra ad oggi. 

Più del 99% degli studi pubblicati sulla letteratura scientifica riconosce che il cambiamento climatico esiste ed è causato dalle attività umane. Eppure nei talk show e su alcuni giornali si continua a mettere in scena un dibattito che non c’è, con i media nel ruolo di megafono di tesi senza fondamento. È una rappresentazione che alimenta presso l'opinione pubblica la sensazione, distorta, che sia in corso una reale discussione scientifica tra pari. È falso. Attualmente non è in corso nessuna discussione, degna di questo nome, all'interno della comunità scientifica sulle cause del cambiamento climatico. 

Cambiamento climatico: vademecum contro la disinformazione

Ha scritto Antonio Scalari, esperto di giornalismo scientifico e comunicazione della scienza, collaboratore storico di Valigia Blu“Le alluvioni in Emilia-Romagna non hanno fermato la disinformazione e la cattiva informazione. Come non le avevano fermate la siccità durata più di un anno, le ondate di calore, il crollo dei ghiacciai alpini. Anzi, hanno dato loro un nuovo impulso. In televisione sono comparse le facce di personaggi già noti per essere impegnati da anni nel diffondere pseudoscienza, travestiti e presentati come esperti dai media che offrono loro un palcoscenico. Alcuni programmi televisivi, abituati a sostituire l’informazione e il giornalismo con la messa in scena di pseudo-dibattiti distorti e confusionari, continuano a fare quello che hanno sempre fatto. I professionisti della cattiva informazione non sono quasi mai negazionisti. La crisi climatica, per loro, è un argomento come un altro. Di quello che accade in Italia e nel resto del mondo, del ritorno di El Niño, delle ondate di calore, di ciò che la scienza ha scoperto negli ultimi decenni, di tutto ciò sanno poco o nulla. La crisi climatica, e gli eventi estremi, sono temi come altri con cui riempire le scalette. Ma sono proprio la cattiva informazione e il giornalismo scadente a fare da diffusori della disinformazione. Questo avviene, a maggior ragione, in un contesto politico come quello attuale, in cui al governo sono insediate le forze culturalmente più inclini al negazionismo. La realtà fisica della Terra, il ciclo del carbonio, i meccanismi climatici ed ecosistemici procedono indifferenti a tutto questo. Il problema, al punto in cui siamo, è tutto nostro: umano, culturale, politico. Al punto in cui siamo il negazionismo climatico non è più solo una forma, grave, di disinformazione (documentata da decine di studi, libri e inchieste giornalistiche); una manifestazione di malevola ignoranza; una copertura per interessi di alcuni settori. Al punto in cui siamo il negazionismo climatico è, a tutti gli effetti, un’ideologia criminale”.

Sono decenni che lottiamo contro la disinformazione sistematica. Di cui sono responsabili anche le compagnie energetiche. Lo abbiamo visto con il caso Exxon Mobil che, pur avendo previsto con precisione il ritmo e la portata dei cambiamenti climatici più di 40 anni fa, aveva minimizzato i rischi posti dal continuo utilizzo di combustibili fossili. 

Un’accusa simile è stata mossa la scorsa settimana da ReCommon, Greenpeace e dodici privati cittadini nell’atto di citazione in giudizio nei confronti di ENI. Si tratta della prima causa di questo tipo in Italia. Per le due organizzazioni, sebbene ENI fosse consapevole sin dal 1970 che la combustione di combustibili fossili è la causa principale del cambiamento climatico e dei rischi “catastrofici” di bruciare i suoi prodotti, la società energetica ha utilizzato strategie di “lobbying e greenwashing” per minimizzare i rischi derivanti dal suo modello di business e dalle sue attività. ReCommon e Greenpeace “chiederanno al Tribunale di Roma l’accertamento del danno e della violazione dei diritti umani alla vita, alla salute e a una vita familiare indisturbata” e che ENI “sia obbligata a rivedere la propria strategia industriale per ridurre le emissioni derivanti dalle sue attività di almeno il 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020. Una causa simile a questa, presentata nei Paesi Bassi da Friends of the Earth, 6 gruppi di attivisti ambientali e oltre 17mila cittadini olandesi, ha portato a una sentenza storica che impone a Shell di ridurre le proprie emissioni di carbonio del 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019. 

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Intanto si continuano ad attaccare gli attivisti climatici che con le loro proteste, del tutto pacifiche e non violente, denunciano l’inazione dei governi nella lotta alla crisi climatica. 

Ne abbiamo parlato con Antonio Scalari, esperto di giornalismo scientifico e comunicazione della scienza e collaboratore di Valigia Blu. 

Immagine in anteprima via pxfuel.com

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