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Ucraina, nel paese dilaniato dalla guerra non si ferma la lotta alla corruzione

27 Gennaio 2023 9 min lettura

Ucraina, nel paese dilaniato dalla guerra non si ferma la lotta alla corruzione

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Continua la stretta anti-corruzione in Ucraina

Aggiornamento del 2 febbraio 2023: La casa di Igor Kolomoisky, uno dei più importanti miliardari ucraini nonché ex alleato del presidente Zelensky, è stata perquisita dai servizi segreti ucraini. La perquisizione è stata effettuata nell’ambito di un’indagine per evasione fiscale legata all’industria petrolifera. Kolomoisky, già sottoposto a sanzioni da parte degli Stati Uniti per un presunto coinvolgimento in un massiccio caso di corruzione, ha negato qualunque illecito. Come riportato da Reuters, la perquisizione dell’abitazione di Kolomoisky è arrivata a pochi giorni da un vertice con l’Unione Europea dove si discuterà la potenziale adesione dell'Ucraina al blocco dei 27. Il giro di vite anti-corruzione sembra riflettere la volontà di Kyiv nel dimostrare di essere in grado di gestire gli aiuti economici provenienti dall’Occidente, così come quella di scrollarsi di dosso la reputazione di Stato tra i più corrotti al mondo. Il Guardian riferisce inoltre di un’altra importante perquisizione, che ha colpito la donna a capo dell’agenzia fiscale di Kyiv. La donna è stata accusata di una truffa colossale dopo l’irruzione in una delle sue quattro case, mentre vari funzionari nazionali sono stati costretti a dimettersi. Durante la perquisizione nella casa, gli agenti avrebbero trovato ingenti somme in contanti, gioielli, abiti di marca e orologi di lusso incompatibili con lo stipendio da dirigente. Vasyl Maliuk, capo dei servizi di sicurezza ucraini, ha dichiarato via Telegram: "Ogni criminale che ha l'audacia di danneggiare l'Ucraina, specialmente in condizioni di guerra, deve capire chiaramente che finirà in manette".

In meno di una settimana sono quindici gli alti funzionari dell’apparato statale ucraino a essere stati rimossi dal presidente Volodymyr Zelensky. Almeno sei di essi sono coinvolti in scandali di corruzione già di pubblico dominio, in seguito a inchieste giornalistiche e investigazioni rese note dal NABU, l’Ufficio nazionale anticorruzione. La corruzione, su tutti i livelli, è un problema che l’Ucraina affronta sin dalla sua indipendenza, diventato cruciale negli ultimi anni. È stato al centro del programma elettorale di Zelensky, e pure dopo l’invasione russa è tornato ad essere al centro del dibattito. La corruzione è una preoccupazione per gli alleati che forniscono aiuti economici e militari all’Ucraina, come pure lo è per gli stessi cittadini, sempre più intollerante a chiudere un occhio di fronte alla tragedia della guerra in atto. L’Unione Europea, nell’accettare la candidatura dell’Ucraina lo scorso giugno, ha sottolineato l’urgenza di riforme strutturali contro la corruzione e la persistente influenza degli oligarchi come due prerequisiti fondamentali prima dell’inizio delle negoziazioni bilaterali per un futuro accesso del paese nell’UE.

L’ondata di licenziamenti e dimissioni eccellenti è iniziata lo scorso sabato: il primo a essere detenuto dai procuratori anticorruzione è stato il viceministro delle infrastrutture Vasyl Lozinskyi. L’accusa è di aver inflazionato i prezzi, tra cui quello dei generatori, dell’attrezzatura acquistata per fronteggiare la crisi energetica che l’Ucraina sta attraversando dallo scorso autunno. In seguito ai molteplici attacchi missilistici dei russi sulle infrastrutture energetiche civili, la popolazione ucraina è costretta ad affrontare quotidianamente l’interruzione della rete elettrica per diverse ore, con ripercussioni pure su servizi idrici e di riscaldamento.

Lozinskyi avrebbe guadagnato almeno 400 mila dollari dalla falsificazione dei contratti di approvvigionamento, mentre sono 38 mila i dollari in contanti trovati nel suo ufficio dagli inquirenti. Poche ore dopo, Lozinsyi è stato rimosso dal suo incarico, mentre Zelensky ha dichiarato una politica di tolleranza zero nei confronti della corruzione degli apparati governativi, di cui quello di Lozinskyi sarebbe solo il primo segnale. “Certamente la politica estera e la difesa sono le nostre priorità in questo momento, ma ciò non significa che non vediamo quel che accade nella società a tutti i livelli, sia statale che regionale. Voglio essere chiaro: non c’è strada per un ritorno verso la situazione del passato” ha detto il presidente ucraino domenica sera, annunciando nuove decisioni nel giro di pochi giorni, concretizzatesi questa settimana.

Lunedì è stato stato rimosso dal suo incarico Pavel Halimon, vice capogruppo in parlamento di Servi del Popolo, il partito fondato da Zelensky. Halimon era stato già indagato per corruzione per alcuni affari nel settore agrario compiuti nel 2020, mentre le accuse del quotidiano indipendente Ukraiinska Pravda del 23 gennaio hanno riguardato il suo acquisto, alcuni mesi fa, di una villa di lusso a Kyiv. Halimon ha intestato l’acquisto a una prestanome, mentre il prezzo registrato nel contratto è inferiore svariate volte a quello di mercato.

Lo stesso giorno è stato costretto a dimettersi il vice procuratore generale Oleksiy Symonenko. Secondo un’inchiesta, anch’essa pubblicata dai giornalisti di Ukraiinska Pravda il 20 gennaio, Symonenko è stato in vacanza in Spagna tra dicembre e gennaio, attraversando il confine con un Mercedes intestato alla compagna dell’imprenditore galiziano Grigory Kozlovsky, proprietario di un’industria di tabacco accusata in passato di produzione per il mercato nero ed evasione fiscale. La controversia potrebbe segnare, inoltre, la fine dell’eccezione per cui gli alti funzionari pubblici hanno diritto ad attraversare liberamente il confine, aggirando il divieto di uscita dal paese degli uomini tra i 18 e i 60 anni introdotto dalla legge marziale.

Il giorno successivo, martedì mattina, è stato quello del grande rimpasto, che ha sconvolto più l’opinione pubblica occidentale rispetto a quella interna, abituata da decenni a una classe politica inaffidabile. Sono stati rimossi dall’incarico cinque governatori regionali (non tutti sono sospettati di corruzione, ad esempio il governatore di Kyiv Oleksij Kuleba potrebbe essere promosso nell’Ufficio presidenziale) e sei viceministri, fra i quali il nome più altisonante è quello di Vyacheslav Shapovalov, segretario al ministero della Difesa e responsabile per il rifornimento logistico delle Forze Armate ucraine. Un’inchiesta di Yurii Nikolov su ZN.UA ha pubblicato i contratti di acquisto dei beni alimentari da destinare ai soldati al fronte firmati da Shapovalov, nei quali i prezzi sarebbero triplicati rispetto a quelli sugli stessi prodotti nei supermercati di Kyiv. Shapovalov ha definito le accuse “infondate” e “manipolatorie”, ma l’Ufficio anticorruzione ha confermato di aver aperto delle indagini sui contratti del ministero della Difesa tre mesi prima della pubblicazione dell’inchiesta apparsa sui giornali.

Nikolov aveva rinunciato, come molti altri giornalisti ucraini, a criticare il governo durante i primi mesi dell’invasione su larga scala per non minare la fiducia della popolazione, nonostante sia da oltre dieci anni uno dei giornalisti investigativi più importanti del paese in tema di corruzione statale ad alto livello. Dalla fine dell’estate, alcune sue fonti all’interno del governo avevano cominciato ad informarlo che qualcosa non andava. “L’Ucraina ha un’opportunità unica per distanziarsi dal modello russo, dove i soldi vengono guadagnati tramite qualsiasi affare pubblico. Se alcune persone vogliono arricchirsi durante la guerra, mentre la nostra economia è dipendente per il 60% dagli aiuti, abbiamo il dovere di fermarle” ha detto Nikolov su Politico.

Il capo di Shapovalov è il ministro della Difesa Oleksij Reznikov, una delle personalità più importanti in Ucraina in seguito all’invasione russa. Reznikov ha difeso Shapovalov, definendo l’inchiesta “assoluto nonsense” e “informazione distorta”, fornendo poi una serie di giustificazioni inverificabili e minacciando un’indagine interna per individuare i responsabili del leak. Interpellato dal New York Times e dal Guardian, il direttore dell’Anti-corruption Action Center Vitalii Shabunin ha sviluppato il pensiero di Nikolov. “Dall’inizio della guerra, si è assistito a un nuovo contratto sociale tra società civile, giornalisti e governo: non sarete criticati pesantemente come prima, ma  la vostra reazione per ogni scandalo ed inefficienza dovrà essere la più dura possibile. Con le sue dichiarazioni, il ministro della difesa ha spezzato questo accordo: la popolazione non ha più fiducia in Reznikov”.

Com’è cambiato il sistema di potere in Ucraina dopo l’invasione russa

Zelensky stesso è stato accusato da diversi giornali, tra cui il Kyiv Independent, di essere ben più tollerante verso le accuse di corruzione del suo inner circle, i collaboratori più stretti dell’amministrazione presidenziale, rispetto al resto dell’apparato statale. Sotto questa ottica può essere letto il licenziamento del segretario dell’Ufficio presidenziale Kyrylo Tymoshenko, accusato in realtà già mesi prima di aver utilizzato per scopi personali un fuoristrada Chevrolet Tahoe donato dalla General Motors per trasportare aiuti umanitari nelle zone del conflitto.

Non si è invece concretizzata, al momento, la rimozione di un altro influente consigliere presidenziale, Oleh Tatarov, accusato in passato di appropriazione indebita e coinvolgimento in schemi di economia sommersa. Tatarov ha una forte influenza sul sistema giudiziario – l’ex procuratrice generale Iryna Venediktova ha archiviato un caso a suo carico nel 2020 – e sulle forze dell’ordine. Ivan Vyhovsky, l’ex capo della polizia appuntato a ministro degli Interni dopo la tragedia dell’elicottero di Brovary del 18 gennaio, sarebbe un uomo a lui vicino secondo alcune fonti. Il licenziamento di Tatarov sarebbe caldeggiato persino da Washington, ma per ora non sembra all’orizzonte.

Gli unici due organi verso cui Tatarov e altri personaggi chiave dei meccanismi corruttivi in Ucraina non possono espandere la propria influenza sono l’Ufficio nazionale anticorruzione (NABU) e la Procura specializzata anticorruzione (SAPO), quest’ultima responsabile della supervisione sulle indagini penali inviate dal NABU. Entrambi sono due organi politicamente indipendenti, mentre non lo è l’ultimo elemento della triade istituzionale anticorruzione, l’Agenzia nazionale per la prevenzione della corruzione (NAPC), un organo governativo deputato a sviluppare leggi e regolamenti contro il fenomeno corruzione. La triade, implementata nel 2015, è stata fortemente richiesta da Fondo monetario internazionale e Unione Europea come requisito per accedere ai prestiti internazionali e firmare l’Association Agreement. Anche nel documento ufficiale della Commissione europea di accettazione dell’Ucraina come paese candidato, la nomina di un direttore per il NABU è stata indicata come cruciale nelle riforme anticorruzione, venendo iscritta nei sette punti urgenti per l’adeguamento del paese agli standard comunitari.

Il direttore del NAPC è invece Oleksandr Novikov, più volte entrato in conflitto con personalità politiche vicine a Zelensky, tra cui Andriy Smirnov. Intervistato dal Guardian, Novikov ha sottolineato come la sua agenzia abbia “tutti gli strumenti necessari per garantire trasparenza, accountability e integrità nell’uso dei fondi”, ma a mancare sia spesso una completa volontà politica nell’attivarli. “Se tutti sono d’accordo riguardo le misure di un programma anticorruzione statale, non si tratta di un vero piano anticorruzione”, continua. Anche Novikov ha definito le dichiarazioni del ministro della difesa Reznikov “inappropriate”, sostenendo come non tutti nell’ufficio presidenziale sembrino essere d’accordo con la decisione di Zelensky di rendere prioritaria la lotta alla corruzione anche in tempo di guerra.

Pur con alcune riserve, le misure intraprese da Zelensky nell’ultima settimana sono state soprattutto un segnale dell’Ucraina ai suoi partner occidentali. La corruzione endemica nel paese è ben nota, ma ciò che è davvero fondamentale per mantenere la fiducia di chi fornisce supporto e aiuti è mostrare operatività e volontà nel combatterla. Il timore più grande degli Stati Uniti di un uso disfunzionale degli aiuti, soprattutto militari, è per ora disatteso. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price ha definito le misure intraprese dal presidente ucraino “rapide” ed “essenziali”. La conferma dell’invio di 31 carri armati Abrams contemporaneamente agli scandali interni sono l’indizio di una fiducia che non si è incrinata.

Nell’ultimo ranking di Transparency International del 2021, l’Ucraina si attestava al 122 posto mondiale e come secondo stato più corrotto d’Europa, dopo la Russia. La misurazione di Transparency è incentrata sulla percezione della corruzione, una variabile dunque estremamente soggettiva, ma che rende l’idea dello stato dell’arte in Ucraina, tipico peraltro della gran parte dei paesi post-comunisti. Secondo un sondaggio di USAid, in un anno la percentuale di ucraini che ritiene la corruzione ingiustificabile è passata dal 40% al 64%, mentre la percentuale di coloro che sono pronti a denunciare un caso di corruzione dopo esserne venuti a conoscenza è balzata dal 44% all’84%. Se la lotta alla corruzione dall’alto di Zelensky è fondamentale per non perdere la fiducia dei partner, l’occhio vigile su questi processi sembra partire dal basso.

Nei primi mesi dell’invasione russa, l’unità dimostrata dagli ucraini, indipendentemente da lingua, religione e stato sociale, è stata il fulcro della resistenza, ma ha anche prodotto alcuni tabù. Tra questi, la decisione di rimandare qualsiasi critica verso il governo alla fine della guerra, poiché il contrario avrebbe prodotto caos politico e favorito gli occupanti russi. L’agglomerarsi di una tale quantità di scandali sembra aver provocato la rottura di un argine, e nuove inchieste appaiono ogni giorno, come se aspettassero un segnale per essere rese pubbliche. Come scrivono Soniia Lukashova e Roman Romanyuk su Ukraiinska Pravda, “gli episodi di corruzione degli ultimi giorni si somigliano molto più di quanto sembri in apparenza. Il loro motivo comune è l’irrefrenabile desiderio di trattenere per sé qualcosa dal fiume di denaro innescato dalla guerra. Un istinto primordiale di “mordere” la propria fetta di poche centinaia di migliaia di dollari, pur con la consapevolezza che le proprie azioni possono produrre centinaia di vite perdute o rovinate”.

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