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L’India dice no al monopolio sui farmaci

4 Aprile 2013 7 min lettura

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L’India dice no al monopolio sui farmaci

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Novartis e Glivec
Era il primo aprile, ma alla Novartis non hanno pensato a uno scherzo nel leggere il verdetto della Corte Suprema di Nuova Delhi. I giudici indiani hanno definitivamente respinto la richiesta di brevetto sul Glivec, un farmaco utilizzato nel trattamento di leucemie e tumori intestinali.

Nel 2006 la Novartis aveva depositato una richiesta di brevetto sostenendo che il Glivec è la versione rinnovata e modificata dell'Imatinib - farmaco per il quale il brevetto era scaduto - con proprietà non differenti ma più efficace e di più rapida assimilazione. La richiesta è stata respinta prima dall'ufficio brevetti indiano, fino alla sentenza definitiva della Corte Suprema di pochi giorni fa. Ma già l'ufficio brevetti aveva stabilito che il Glivec mancasse di novità e che non fosse dimostrata una sua maggiore efficacia.
La sentenza della Suprema Corte si basa sull'interpretazione della sezione 3d della nuova legge indiana sui brevetti, che non riconosce la cosiddetta «invenzione incrementale», una pratica largamente applicata dalla case farmaceutiche e conosciuta come «evergreening» (da evergreen, sempre verde). Con la semplice modifica del farmaco, infatti, le aziende farmaceutiche spesso riescono a ottenere un nuovo brevetto, impedendo così che scada la tutela sul prodotto e mantenendo prezzi elevati in regime di monopolio.

Le leggi e gli accordi internazionali prevedono che il brevetto di un farmaco scada dopo 20 anni: in questo periodo solo l'azienda produttrice può venderlo, stabilendo quindi il prezzo. Scaduto il termine, fissato per consentire all'azienda il recupero del costo della ricerca e della produzione oltre che un guadagno per incentivare l'innovazione nel settore, il farmaco entra nel pubblico dominio e chiunque può produrlo e venderlo; così la concorrenza tra imprese provoca la corsa al ribasso del prezzo. Infatti, il farmaco in oggetto costa circa 2500 dollari al mese nei paesi nei quali la Novartis ne ha ottenuto il brevetto, mentre in India il generico viene venduto a circa 180 dollari al mese.

Da TRIPs ad ACTA
La sentenza assume un evidente valore politico: l'India è da tempo il produttore di farmaci a basso costo dei paesi poveri.
Per comprendere meglio la situazione dobbiamo tornare al 1994, anno in cui fu negoziato il TRIPs (Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights), un accordo internazionale promosso dal WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e firmato da Usa, Giappone, Unione Europea ed altri stati, gli stessi che poi hanno aderito ad ACTA (anche se alla fine l'Europa se ne è tirata fuori respingendo la firma finale del trattato).

TRIPs fissa gli standard per la tutela della proprietà intellettuale, quindi anche per marchi e brevetti, compreso quelli per i farmaci. Ai paesi in via di sviluppo venne però concesso un termine maggiore per adeguare la loro normativa: l'immediata applicazione, infatti, avrebbe potuto creare loro dei problemi nell'acquisto di farmaci ai prezzi elevati fissati nei paesi occidentali. Alcuni paesi, infatti, si servono dell'importazione parallela con la quale si producono farmaci o beni in altri paesi dove vengono venduti a prezzi più bassi. Questo avviene senza violare alcun diritto del produttore, anzi col suo consenso; anche se talvolta la produzione è autorizzata a seguito di sentenze, come nel caso della Bayer che si vide imporre nel 2012 una licenza obbligatoria a favore dell'indiana NATCO, nonostante il farmaco in oggetto fosse ancora tutelato da brevetto.

L'importazione parallela è consentita dai trattati internazionali, e in parte permessa anche da TRIPs, ma gli Usa hanno sempre osteggiato tale pratica spingendo a più riprese per l'approvazione di nuovi trattati più limitativi, come ad esempio ACTA. Nel 1997, 40 aziende americane fecero causa al governo del Sud Africa per impedire che importasse dall'India medicine generiche regolarmente prodotte, sostenendo che dovessero invece acquistarle direttamente dagli Usa, a prezzi notevolmente superiori. Nel 2002 gli Usa avviarono i negoziati per nuovi accordi di libero scambio con i paesi africani, i TRIPs Plus (ACTA è un TRIPs Plus), che prevedevano maggiore protezione per la proprietà intellettuale - i brevetti. Sugli accordi si abbatterono forme di lobbismo che martellavano l'opinione pubblica evidenziando la pericolosità dei farmaci contraffatti. Ci si dimenticava di precisare, però, che la contraffazione è già un reato: non occorre nessuna nuova norma per bloccare e sequestrare un farmaco contraffatto, mentre invece i TRIPs Plus consentono il sequestro e il blocco di farmaci sulla base della sospetta violazione della proprietà intellettuale. Quindi, un farmaco con gli stessi principi attivi, con nomi simili o marchi che richiamano l'originale, tutte caratteristiche proprie solitamente dei farmaci generici, può far scattare il blocco del generico alla frontiera e quindi il sequestro per violazione della proprietà intellettuale, così realizzando delle pericolose ambiguità in materia, e possibili abusi.

Altro cavallo di battaglia delle multinazionali è la necessità di tutelare la salute pubblica dal rischio di farmaci realizzati all'estero. In realtà la stessa FDA americana ammette che la quasi totalità dei medicinali è prodotta fuori dagli Usa, e in particolare nei paesi in via di sviluppo dove talvolta la sperimentazione avviene su popolazione povere ed analfabete, con leggi particolarmente permissive in materia, e quindi rischio bassissimo in caso qualcosa vada male.

Proprietà intellettuale in India
Tornando all'India, questa originariamente aveva un regime conforme alle norme internazionali in materia di proprietà intellettuale, ma nel 1970 abolì i brevetti farmaceutici per favorire la nascita di una industria farmaceutica propria. Questa modifica incrementò l'industria domestica consentendo all'India di diventare in pochi anni un esportatore di farmaci.
Proprio la realizzazione di generici indiani ha consentito all'Africa di combattere con efficacia le epidemie che hanno flagellato per anni quel continente, tra le quali l'AIDS.
Nel 2005, per poter partecipare al mercato globale realizzato dal WTO, l'India ha però dovuto accettare gli accordi TRIPs relativi alla proprietà intellettuale, reintroducendo i brevetti farmaceutici, ma nel contempo ha anche fissato una norma che riduce la possibilità di concedere i brevetti “incrementali”, cioè su farmaci rinnovati, e consente di non rispettare il brevetto se il costo è “esorbitante”. Ed ecco che la Novartis è stata la prima a sperimentare la norma che consente all'India di non rispettare un trattato internazionale se in contrasto con gli interessi nazionali. Insomma, una potenza economica che impone come pochi il suo volere alle multinazionali straniere.

Farmaci e brevetti
La brevettabilità dei farmaci è un problema molto complesso. Il costo per la ricerca e la produzione è ingente, e quindi il produttore deve in qualche modo vedersi assicurato un ritorno economico sufficiente a coprire gli investimenti e a guadagnarci qualcosa. Il WTO, agenzia specializzata dell'ONU nata nel 1967, si occupa proprio di questa materia.
Il problema sta nell'impedire che il diritto alla salute sia irrimediabilmente compromesso dalla eccessiva avidità delle aziende. Molti paesi, infatti, hanno delle politiche di welfare che consentono l'accesso ai farmaci anche ai non abbienti, ma i paesi del Terzo Mondo spesso non possono permettersi tali politiche, per cui i poveri di quei paesi si vedrebbero negare la possibilità di cure adeguate a causa del prezzo elevato fissato dalle case farmaceutiche in regime di non concorrenza (nei 20 anni del brevetto). Perciò l'applicazione delle stesse regole (TRIPs) anche ai paesi poveri ha irrimediabilmente costretto questi ultimi a confidare prevalentemente sugli aiuti umanitari e quindi sulla dipendenza dai paesi ricchi.

Esistono varie forme di aiuto per i paesi del Terzo Mondo, come ad esempio il programma Essential Drugs dell'Organizzazione Mondiale della Sanità che stila una lista di farmaci essenziali da garantire a basso prezzo (tipo l'acido salicidico, il principio attivo dell'aspirina). E non dimentichiamo le associazioni umanitarie, come Medici senza Frontiere, impegnate in campagne per favorire l'uso di farmaci recenti e quindi ancora sotto tutela brevettuale. La produzione dei farmaci generici è l'unico modo per consentire a milioni di persone dei paesi poveri l'accesso a cure per la loro sopravvivenza, ma contro questo uso si battono le lobby dell'industria farmaceutica.
L'introduzione dei generici, infatti, costringe le aziende a passare da un regime di monopolio a un regime di concorrenza. Solo nel secondo caso le aziende sono incentivate davvero all'innovazione per sostituire i farmaci i cui brevetti sono scaduti, dovendo tra l'altro concentrarsi sui processi produttivi per realizzare nuovi farmaci più efficienti per sopravvivere in concorrenza. Spesso, inoltre, la ricerca sui farmaci è portata avanti da istituzioni pubbliche, e solo in una seconda fase il farmaco passa nelle mani di aziende private che quindi ottengono i relativi profitti quasi senza costi.

La ricerca sul Glivec
Nel caso specifico la Novartis ha accolto con sfavore la pronuncia della Suprema Corte indiana, sostenendo che scoraggia gli investimenti in innovazione medica. Secondo il presidente della Novartis India Limited, si tratta di una battuta d'arresto per i pazienti.
Ma in realtà, come racconta il ricercatore del Glivec, Brian Druker, professore di medicina presso l'Oregon Health and Science University Cancer Institute, la ricerca su Glivec risale al 1960 è fu condotta prima da Peter Nowell e David Hungerford dell'università di Pennsylvania, e successivamente da Janet Rowley dell'Università di Chicago. Druker spiega che il lavoro fu finanziato principalmente da fonti pubbliche, in particolare il National Cancer Institute, ricordando che fu proprio lui a insistere per mantenere l'Imatinib, ora Glivec, nell'agenda della Ciba-Geigy, ora Novartis, nonostante l'incertezza dei product manager. Quindi, non solo la ricerca fu condotta prevalentemente con fondi pubblici, ma l'azienda non appariva nemmeno particolarmente interessata al farmaco.

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Druker conclude sostenendo che le aziende farmaceutiche devono ottenere un ritorno sui loro investimenti, ma non devono abusare dei loro diritti fissando prezzi eccessivi e realizzando politiche di monopolio. Questo va contro lo spirito del sistema dei brevetti e non è giustificato considerato gli investimenti vitali da parte del settore pubblico che rendono la scoperta di questi farmaci possibile.

Secondo il presidente di Medici senza Frontiere, la Suprema Corte indiana ha sostanzialmente riconosciuto il diritto dei pazienti ad accedere ai medicinali a prezzi accessibili, ponendo il diritto alla salute prima dei profitti. Una grande vittoria per i diritti umani.

 

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