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Non era Amatrice, ma un campo in Libano travolto da una tempesta di neve. Migliaia di rifugiati in condizioni devastanti

13 Gennaio 2019 5 min lettura

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Non era Amatrice, ma un campo in Libano travolto da una tempesta di neve. Migliaia di rifugiati in condizioni devastanti

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La foto di Amatrice sotto la neve, che in molti hanno condiviso sui social, era in realtà, come abbiamo rivelato qualche giorno fa, la foto di un campo rifugiati in Libano travolto da una tempesta di neve.

La foto ritrae i campi profughi ad Arsal, una zona montuosa del Nord del Libano. Ci è sembrato doveroso raccontare cosa sta succedendo in questi giorni in questi campi. La stessa pietà, apprensione e preoccupazione che avremmo riservato per i cittadini di Amatrice, oggi dovremmo riservarla per i rifugiati che da tempo vivono in questi campi. Tra l'altro le condivisioni di quella foto per la maggior parte avevano l'intento di contrapporre la situazione dei terremotati a quella dei migranti.

Una tempesta chiamata “Norma” ha colpito il Libano – in particolare la parte orientale, la Valle della Beqāʿ, e alcune zone a nord del paese –, aggravando la situazione già critica e precaria nei tanti campi non ufficiali che ospitano migliaia di profughi siriani, fuggiti dal proprio paese dopo l’inizio della guerra nel 2011, riporta Reuters. Dal 6 gennaio e per cinque giorni forti piogge e nevicate si sono abbattute su questi insediamenti informali in genere realizzati con tende o baracche costruite con legno, ferro e plastica e quindi inadatti a simili condizioni meteo, rovinando beni cibo, coperte e materassi.

In base ai dati forniti dall’UNHCR più di 360 siti che ospitano oltre 11mila rifugiati sono stati colpiti dalla tempesta. In totale, specifica ancora l’ONU, circa 850 insediamenti informali sono a rischio allagamento, con all’interno circa 70 mila rifugiati, di cui circa 40mila minori. Reuters riporta la testimonianza di Abu Shahid, fuggito tre anni fa dalla città siriana di Hasaka con la sua famiglia, che ora si trova nel campo profughi nel villaggio di Bar Elias e che ha dovuto dormire con sua moglie e i propri figli nella tenda di un vicino perché la sua era stata completamente allagata a causa delle piogge: «L’unica soluzione è lasciare le nostre cose e fuggire via. L’acqua è ovunque, dove andiamo?». In diversi campi, riporta l’Associated Press, i volontari sono intervenuti per aspirare via l’acqua dagli insediamenti, distribuendo anche stivali di gomma, coperte e indumenti invernali alle persone bisognose di aiuto.

Per via della tempesta, lo scorso 8 gennaio una bambina siriana di otto anni è stata trovata morta dopo essere caduta in un fiume e annegata.

Mercoledì 9 gennaio duecento rifugiati sono stati evacuati dal proprio accampamento sul confine settentrionale del Libano con la Siria e ospitati in scuole e moschee locali, dopo che un fiume ha esondato, ha comunicato la Croce Rossa libanese, racconta l'Independent.  

Nei campi profughi ad Arsal, una zona montuosa al confine nel nord del Libano,  alcuni tetti rudimentali delle baracche non hanno retto sotto il peso dell’abbondante nevicata che ha coinvolto la zona.

Sui social, spiega Middle East Monitor, diversi attivisti hanno lanciato l’hashtag "#Arsalstapiangendo" per denunciare la grave situazione e far attivare gli aiuti necessari per gli enti di beneficenza e ONG che lavorano nel campo.

Dopo le forti piogge e le nevicate dei giorni scorsi, la paura delle persone nei campi ora è però per le possibili malattie. «Non ci sono medicine e non ci sono medici», racconta Tarima Ibrahim ad Al Jazeera: «Non c'è abbastanza cibo, i miei bambini non hanno avuto latte per più di una settimana».

Tutto questo mentre lo scorso ottobre le Nazioni Unite hanno denunciato che “i finanziamenti destinati alle persone costrette alla fuga e agli apolidi in tutto il mondo sono in diminuzione”: “Sulla base dei contributi ricevuti fino ad oggi, ci si aspetta che i finanziamenti per il 2018 raggiungano solo il 55 per cento degli 8,2 miliardi di dollari americani necessari, a fronte del 56,6 per cento raggiunto nel 2017 e del 58 per cento raggiunto nel 2016”. Con conseguenze sempre più concrete per i profughi e sfollati interni: un aumento di malnutrizione, un sovraffollamento delle strutture sanitarie, un incremento dei rischi riguardanti la protezione a case dell’insufficienza di personale.

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In particolare per i profughi siriani, aggiunge l’UNHCR, “l’assistenza in denaro in inverno è particolarmente importante in Libano e in Giordania ed è un mezzo di sostegno efficace e critico per i rifugiati durante i periodi freddi”, (...) dove la maggioranza vive al di sotto della soglia di povertà”. Riguardo questo aspetto, Rouba Mhaissen, direttrice di SAWA for Development and Aid, che ha raccolto fondi in questi giorni per aiutare i profughi colpiti, ha confermato alla CNN che «la miseria sta aumentando nei campi, perché gli aiuti stanno diminuendo».

Attualmente il Libano (con una popolazione di poco più di 4 milioni di persone)  ospita, secondo i dati aggiornati al 31 dicembre 2018, circa 950 mila profughi provenienti dalla Siria. Il primo ministro libanese Saad Hariri ha annunciato delle misure per mitigare l'impatto di un'altra tempesta prevista per questo fine settimana, scrive Al Jazeera, specificando comunque che il governo libanese "ha sempre detto che vuole che i rifugiati siriani tornino nel proprio paese" – ad esempio non sono consentiti campi profughi ufficiali: "Il governo libanese teme che i rifugiati siriani non tornino più e restino invece in Libano proprio come hanno fatto molti rifugiati palestinesi fuggiti in Libano nel 1948". Secondo Tamira però non c'è scelta: «Il modo in cui il Libano ci ha trattato, è chiaro, vogliono che andiamo via, ma dove vado quando torno in Siria? La mia casa è stata distrutta e il governo arruolerà mio marito nell'esercito, chi ci darà da mangiare in quel caso?».

Foto in anteprima via BBC

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