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Iraq, in migliaia protestano contro povertà e corruzione. Oltre 200 morti e più di 6mila feriti

29 Ottobre 2019 3 min lettura

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Iraq, in migliaia protestano contro povertà e corruzione. Oltre 200 morti e più di 6mila feriti

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Iraq: il primo ministro si è dimesso, ma le proteste continuano

Aggiornamento 3 dicembre 2019: Il parlamento iracheno, domenica 1 dicembre, ha approvato le dimissioni del primo ministro Adel Abdul Mahdi. L'annuncio del passo indietro di Abdul Mahdi è arrivato lo scorso venerdì, dopo che il giorno precedente 50 manifestanti, durante le proteste anti governative, erano stati uccisi dalle forze di sicurezza nelle città meridionale di Nasiriya e Najaf, scrive Al Jazeera.

I manifestanti hanno dichiarato comunque che le proteste continueranno fino a quando non ci sarà un cambio completo del sistemo politico del paese. «Le dimissioni del primo ministro sono solo una goccia nell'oceano delle nostre richieste», ha affermato sempre ad Al Jazeera una studentessa di 20 anni di nome Dania: «Non torneremo a casa fino a quando le dimissioni del primo ministro non faranno sciogliere il parlamento e si terranno le elezioni anticipate, così che che tutti i partiti politici e le milizie attualmente al potere possano essere rimossi».

Le manifestazioni in diverse parti dell'Iraq contro corruzione, povertà e ingerenze straniere negli affari interni del paese, sono iniziate lo scorso 1 ottobre. Secondo quanto riportato dalla BBC, ad oggi, sono state uccise almeno 420 persone e 17.000 sono state quelle ferite. Le Nazioni Unite hanno esortato il governo a smettere di usare la violenza contro i manifestanti e ad approvare riforme elettorali e misure contro la corruzione.

 

In diverse città dell'Iraq decine di migliaia di manifestanti, compresi anche studenti di scuole e università, sono scesi di nuovo in piazza contro la corruzione, la disoccupazione e le difficoltà economiche nel paese. Da venerdì 25 ottobre, almeno 74 persone sono morte nel tentativo delle forze dell'ordine di reprimere le proteste e centinaia sono rimaste ferite. Uno dei manifestanti ha dichiarato: «Tutto ciò che vogliamo sono quattro cose: lavoro, acqua, elettricità e sicurezza». Le condizioni di vita di molti iracheni infatti sono fortemente precarie: povertà, accesso limitato all'acqua potabile, all'elettricità e all'assistenza sanitaria di base.

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La prima ondata di proteste contro il governo del primo ministro Adel Abdul Mahdi – nominato a ottobre dello scorso anno dal presidente iracheno Barham Saleh – è partita ai primi di ottobre, rompendo una sorta di stabilità che durava da circa due anni. In quell'occasione, gli scontri tra manifestanti e forze di sicurezza avevano causato la morte di oltre 150 persone e più di 6.000 feriti. A essere sotto accusa, oltre al governo in carica, è anche un'élite politica ritenuta non attenta ai bisogni dei cittadini comuni e sottomessa ai principali alleati dell'Iraq, cioè gli Stati Uniti e l'Iran. Secondo molti manifestanti, infatti, questi due Stati utilizzerebbero l'Iraq per contendersi una maggiore influenza sulla regione, spiega Ahmed Aboulenein su Reuters.

Per arginare le prime proteste, Abdul Mahdi aveva annunciato un rimpasto di governo e diverse riforme. Promesse che però non hanno convinto i manifestanti, che dopo più di due settimane sono tornati in piazza. Dopo il quarto giorno di manifestazioni di massa, lunedì 28 ottobre le autorità irachene hanno annunciato il coprifuoco – da mezzanotte alle 6 del mattino – nella capitale, a Baghdad, valido «fino a nuovo avviso». Lo stesso giorno il leader religioso sciita Moqtada al-Sadr ha invitato Abdul Mahdi ad annunciare elezioni parlamentari anticipate supervisionate dalle Nazioni Unite e senza la partecipazione dei partiti politici esistenti. Nella notte tra lunedì e martedì 29 ottobre, migliaia di manifestanti, tra cui molti studenti, hanno comunque continuato a protestare nella capitale, sfidando il coprifuoco: «Resteremo qui fino all'ultimo giorno, anche se ci sono un migliaio di martiri».

Foto in anteprima via Reuters

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