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Il lavoro ai tempi della crisi e del governo tecnico. Dialogo (vero) tra amici

19 Settembre 2012 11 min lettura

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Il lavoro ai tempi della crisi e del governo tecnico. Dialogo (vero) tra amici

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> È uno dei momenti più strani della mia vita, direi frustrante ma mi sembra davvero uno schiaffo a Cristo visto quanto è difficile lavorare di questi tempi.

Ho appena saputo che dal primo ottobre sarò un dipendente a tempo indeterminato. La legge Fornero infatti obbliga i datori di lavoro a interrompere forme di contratto come quella che avevo io.

Nella pratica non cambia niente. Non cambiano le tutele sul licenziamento né le vorrei perché a mia volta potrei andarmene in qualsiasi momento. Il compenso annuo rimane lo stesso. Nessuna banca mi darà un mutuo, nessuno mi farà credito.

C'è solo una differenza: il mio capo paga più tasse allo Stato. Dunque se la crisi economica ci dovesse far affondare, semplicemente affonderemo più velocemente. Non è una promozione, è un obbligo, ed è anche un obbligo doloroso. Doloroso perché pericoloso.

Quando inizi a lavorare fantastichi sulla stabilità, sul contratto, sulla casa e la famiglia. E pensi alla formula principe che ti dovrebbe aprire le porte a questo mondo: il contratto a tempo indeterminato.

Bene, il contratto è arrivato ma di magico non c'è assolutamente niente.

> E che ti dico, ti ringrazio per questa sincerità. Che mi rincuora, e mi fa sentire meno solo. Pur non avendo contratti di alcun tipo.

> Conosco questa storia: io sono quasi costretto a restare partita iva. Con la differenza che di anni ne ho quasi 36 e ho lievemente le palle più piene di tutto ciò.

> Scusa ma sul mutuo dovresti informarti di piú...

> Ma tu sei pazzo. Con sta crisi economica accendere un mutuo vuol dire rischiare di dover passare la tua vita a prendere scelte finalizzate solo a pagare la casa e non a fare ciò che vuoi.

> Per fare il mutuo poi, deve mettere come garanzia un altro stipendio e un'altra casa, amen.

> Io ho il problema dalla parte opposta. Gestisco insieme ad amici delle gelaterie dove gli universitari facevano la fila per lavorare perché la retribuzione oraria è alta, i turni leggeri, flessibilità estrema ed orari elastici. Ne andavamo molto fieri, il tutto grazie ai contratti a chiamata aka ad intermittenza. Tutti quelli che lavoravano da noi avevano un contratto, era tutto bello e pulito. Ora l'ultima riforma tra i suoi obiettivi sta tentando di debellare in tutti i modi questo tipo di contratto, magari guidata da buoni fini eh, ma portando per noi l'impossibilità di utilizzarlo e molto probabilmente a costi troppo alti da sostenere. Nonostante nella mia breve vita abbia avuto pesante frequentazioni sindacali, mi viene da chiedermi se seriamente siamo più arretrati sul diritto del lavoro o sull'innovazione tecnologica in sto paese.

> Ma è teoricamente giusto che il tuo datore di lavoro paghi le tasse (e però anche i contributi previdenziali) per un lavoratore dipendente. Poi possiamo discutere sulla pressione fiscale, ma se no diamo ragione a chi teorizza forme di evasione para-legali.

> Certo però se il mio capo dovesse chiudere perché non ha evaso un euro (perché l'unica cosa certa è che la quantità di pagamenti in nero aumenterà esponenzialmente dal primo ottobre) nessuno ne trarrà alcun giovamento.

> Il problema è che per uno che entra in azienda a indeterminato perché non se ne può fare a meno ci sono tantissime altre aziende che per non tenersi il carico fiscale ti schiacciano sulla partita iva o su forme di precariato cronico. È il carico fiscale la tragedia. Qui lo dico e qui lo nego, non possiamo prescindere da questa cosa, altro che tutele dei lavoratori.

> Ecco, c'è anche questo. Per uno che entra ci sono tanti altri che, semplicemente, saranno licenziati.

> Questo discorso vale solo per le piccole imprese...per favore eh!

> No no macché vale per tutte le imprese.

> Vabbè che il carico fiscale sia la tragedia lo sappiamo bene. Ma qui si discute della riforma Fornero, che è altra cosa. E per anni ci siamo stracciati le vesti sui falsi co.co.pro. e sulla flessibilità mascherata. Adesso mi venite a dire che è meglio il cocopro del tempo indeterminato? Scusate, non vi seguo del tutto.

> E hai ragione. Ma io aggiungo una cosa: non puoi fare una riforma così senza pensare alla riduzione delle tasse sul lavoro, perché il rischio è che diventi un disastro.

> E ripeto anche se per la tua generazione la parola pensione è vuota di significato, in quel contratto c'è una cosa che si chiama contributi e c'è una cosa che si chiama tfr. e le ferie pagate.. e la malattia pagata, e la paternità/maternità. Però questo è un ricatto.

> E c'è anche una parola più vicina: 'instabilità'. Nel giorno in cui ti assumono a tempo indeterminato. Non ti sembra una cosa incredibile? Speriamo che la crisi non sia troppo violenta. Quello che tu dici per me era già vero nella sostanza. Ora è vero anche nella forma. Però tra noi non c'era bisogno, se avessi avuto da lamentarmi di qualcosa avrei potuto farlo.

> E ma su questo rapporto di fiducia si basano la maggior parte dei rapporti di lavoro nelle piccole aziende. Allora dobbiamo decidere se la "precarizzazione" della legge Biagi usata a strafottere sia stata un bene o un male.

> Ribadisco, hai ragione tu. Ma l'effetto della Fornero sarà disastroso.

> L'effetto della Fornero infatti non può prescindere dalla defiscalizzazione alle imprese (che però doveva essere l'effetto combinato di SalvaItalia + CresciItalia). Il governo la ha promessa anche di recente, tra l'altro promettendo una logica premiante degli imprenditori virtuosi. Il punto è che al solo pronunciare le parole "cuneo fiscale" in campagna elettorale si perdono dei punti nei sondaggi.

> Penso che fino a qualche anno fa questa conversazione non l'avremmo mai affrontata e francamente ho difficoltà a seguirvi.

> Hai centrato un punto importante. Lo spread tra le regole e i bisogni.

> Io ho un co.co.co da sei anni e per me, che lavoro nel pubblico, non si realizzerà mai quello che ti è capitato a meno di un concorso ad hoc per me. Capisco che ti interroghi su come procederà la tua azienda e il tuo datore di lavoro per una comunità lavorativa cresciuta in questi anni. Ben vengano gli interventi fiscali ma io alla base dei rapporti lavorativi ci metto innanzitutto il lavoro e i miei diritti.

> E però nel pubblico una volta assunto NON sei licenziabile.

> Per ora... Non ERI, licenziabile. (ti ricordo la norma Fornero).

> Mi risultava che fosse una dichiarazione d'intenti.

> Cito: "Si stabilisce che le nuove regole in materia di lavoro valgono solo per i dipendenti delle imprese private, rinviando ad interventi futuri ed incerti l’introduzione di misure che individuino gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche." Quindi...per ora non sarei licenziabile...

> 'Sta norma l'hanno fatta col rigore dei geometri, così, sulla carta, va bene di suo, non rispetto al mondo del lavoro.

> Comunque mi ha colpito (in senso neutro, non negativo) l'idea che tu consideri "uguale stipendio" il proprio netto in busta, tralasciando tutte le voci a lui favorevoli di un contratto a tempo indeterminato che non risultano appunto nel netto finale e che non sono tasse.

> È che la nostra ggenerazione è convinta di non arrivare a 50 anni.

> vabbè ma almeno almeno le ferie pagate sono una differenza, almeno almeno gli straordinari (sempre che uno li segni), il tfr... ragazzi sono cose su cui i nostri avi hanno sputato sangue.

> Io riesco a pensare solo all'adesso.

> Non sto parlando della pensione, infatti.

> Ferie pagate non so cosa voglia dire (cioè in questi anni non ho ricevuto riduzioni di stipendio quando andavo in ferie, né potrò mai andare in 'ferie forzate' per consumarle). Tfr è vero. Ma a che costo per l'azienda? Davvero, avrei fatto a meno.

> Ferie pagate vuol dire che vanno a bilancio dell'azienda e ogni giorno non fatto va nella colonna rossa. Quindi per salvare il bilancio l'azienda deve fartele fare e se vuole mantenere la stessa operatività deve assumere una persona, se non altro per sostituirti a tempo determinato. Quello che dici tu è schiavismo pagato (e torniamo allo spread tra regole e bisogni).

> Un milione di posti di lavoro persi tra gli under34 in quattro anni. Quello che tu chiami schiavismo da queste parti è quasi un privilegio.

> A me interessa lo spread tra lavoro e aspirazioni personali. (O lo spread tra lavoro e salute. Qualcosa che solo ora forse, ma nemmeno, si tiene in conto).

> È la solita storia ragazzi. Possiamo parlare di diritti, è bellissimo. Il mondo gira da anni in altro modo e non gliene frega un cazzo a nessuno. Al massimo quelli grandi ci ricordano che siamo schiavizzati.

> Voglio dire: Io ora ho un classico posto di lavoro a tempo pieno (e determinato: un anno. Forse buone possibilità di rinnovo. Se non mi cacciano perchè sono incapace). Praticamente, oggi, faccio parte di una aristocrazia con culottes e parrucchino. Rispetto ai drammi in cui versano tanti miei coetanei (ma poi perchè coetanei? Perchè lavoro=giovani? Perchè, un disoccupato 50enne invece? ). Mi mordo la lingua a ogni accenno di lamento, anche se sono lamentoso di mio e avrei già mille lamentele da fare. Solo che: è quello che voglio? Sono felice? Era quello che volevo fare? Mi sento bene? No. Cioè, non "no". Solo che è tutt'altro paio di maniche. Io volevo fare un lavoro in autonomia, magari anche con meno sicurezza ma più libertà. Perchè c'ho una vita misera da vivere e preferisco la libertà (non è che ora sono schiavo ma insomma capitemi). Solo che, di mio, non so fare una mazza, di pratico, e non sono abilitato a fare nulla di spendibile nel famoso mercato. Insomma proprio non posso essere imprenditore di me stesso come Italia Futura vorrebbe. E quindi, per ora, sono dipendente. Ma non chiedetemi se sono felice.

> Va beh, siamo alla retorica dei diritti...mi sa che stasera si è bevuto. Cazzo quanta gente sta rimorendo in questo momento.

> Quindi adesso è colpa mia? Li ho uccisi io quelli che hanno combattuto per i diritti? Ma andate a cacare.

> Scusate ma nessuno ha citato i contributi previdenziali. Lo stipendio da dipendente costa tanto all'azienda perché ci deve pagare una montagna di contributi previdenziali che non sono "tasse", sono soldi del dipendente che vanno a costruire la pensione, seppur minima oramai. Leggo dal sito INPS: "L'aliquota media a carico ditta (salvi ulteriori sgravi ed agevolazioni) è pari al 32,70% della retribuzione lorda per la generalità dei lavoratori dipendenti. La quota a carico del dipendente è normalmente pari al 9,19% della retribuzione."

> Voi barattereste briciole di pensione in cambio di un coefficiente di stabilità del lavoro presente? Io no, scusatemi. Rischio di rimanere sia senza pensione che senza lavoro. I contributi Inps tanto varrebbe che ce li liquidassero ogni mese a questo punto.

> > Io sono solidale con te ma la sintesi del tuo discorso è: i diritti sono negoziabili? Si. Dunque, viva Marchionne.

> Ma è anche paura di perdere il lavoro.

> Questa è la sintesi tua, abbi pazienza. La sintesi mia è diversa: chi ipotizza di poter negoziare i suoi diritti è perché semplicemente si trova - come tanti, me incluso - nella consapevolezza che questi figli di puttana non ridurranno il carico fiscale. Insomma, la medicina per curare la gamba in cancrena c'è ma siccome non abbiamo i soldi, la tagliamo.

> Ma è sulla paura che si basano i ricatti.

> Cmq che tu ti senti in colpa perché la tua azienda è costretta addirittura a pagarti la pensione (minima) mi sembra una cosa fuori dal mondo...

> No ma poi quando sentite queste cose di persone attorno a voi la prossima volta che vi parlano di merito, mandateli affanculo. Qui non si è più in grado di sostenere o dare opprtunità, si tiene in base al servilismo o a quanto si può sfruttare, che è aberrante a prescindere dalle capacità.

> Ma ci si dovrebbe anche chiedere come mai non si possono dare opportunità in questo paese di merda che si è mangiato il futuro.

> Poi c'è mia sorella che dice "vorrei avere il tuo lavoro", perchè per seguire la sua passione è rimasta, di fatto, precaria a vita (e ha una decina d'anni più di me), dovendolo costruire ogni mese il lavoro. Che vuoi dire poi.

> Io tra 100 frustate al giorno e 20 al mese non vedo privilegiati, vedo un diverso grado di sopruso.

> Fino a una decina di anni fa l'INPS per altro era al 12% ra paghiamo il 26%. Quando io vengo pagato da libero professionista ci devo pagare sopra un 30% circa (dipende da aliquota) di IRPEF, 26% di INPS, poi un minimo di IRAP e considerare tutte le spese indirette di gestione (commercialista, banca). Su 1000 euro (vogliono poi dire 1210 euro per il cliente considerata l'IVA) riesco portare a casa 400 euro pulite. Io fatturo 1210 (compresa IVA) al cliente, io riesco a tenermi 400 euro lo stato 800. Non è normale.

> L'amica Inpgi mi suca 1000 euro quest'anno. E io sono un cassintegrato. Ciao.

> 1000 euro vuol dire che hai fatturato.

> Ho fatturato, ovvio. E perché non mi posso permettere nemmeno un'auto?

> Poi il problema è quello che mi dai indietro. Cosa mi dai? Mi garantisci scuola, sanità, servizi sociali efficienti??? perch io ti pago anche di più se mi dai dei servizi in cambio. Ma perchè io oltre a pagare oltre il 50% di tasse quando vado a chiedere l'asilo per mio figlio mi fai pagare altre 520 euro al mese (con gli aiuti comunali e della comunità europea, altrimenti sarebbero 920)?

> Un mio amico in partita Iva è in regime agevolato fino a 35 anni, dice, poi lo bastonano.

> Sì la famosa legge Bersani, quella dei 35 anni. Nel 2006 hanno fatto la legge sulla partita iva agevolata fino ai 35 anni.

> Ma non è l'eden. Io sto sudando per far quadrare i conti, non è buono.

> Alla mia collega di associazione hanno fatto aprire la partita iva così la Rai risparmiava le spese sul suo contratto con la scusa di sta partita iva agevolata. Ora la dovrà chiudere.

> La stessa cosa dovrei farla io il prossimo anno che compio 36 anni. Ma senza partita iva qui nessuno vuole contrattualizzarlo un giornalista professionista.

> E la stessa cosa volevano fare con me all'università quando facevo il manager didattico. Ma ho preferito non aprirla.

> No ma avete capito che abbiamo un debito pubblico mostruoso che qualcuno ha costruito? Quel debito chi cavolo volete che lo ripaghi?

> Ahahhahahahahah. Dai: "Kunta Kinte, lo capisci che per farci venire dall'Africa a lavorare nei campi di cotone si sono indebitati? E adesso chi lo deve pagare secondo te, eh? Noi!"

> Boh. Guardate che questo paese non ha avuto sempre un debito così grande.

> Ma stamo a pagà i debiti dei porchettari del Lazio, ce ne rendiamo conto? E ce lo stanno chiedendo quelli che hanno fatto i debiti coi porchettari del Lazio.

> E quindi che facciamo? O andiamo a prendere quelli e li infilziamo sui forconi, oppure falliamo. Comunque è un fatto che le tasse siano così alte perché dobbiamo ripagare il debito.

> Ma tu lo sai che non è l'unico modello possibile?

> Il problema non è che le tasse sono alte, è cosa finanziano e come funziona quello che finanziano o dovrebbero finanziare.

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> Ah le tasse sono alte anche perché gli imprenditori evadono usando i co.co.pro come dipendenti.

> Ma allora perché ci scandalizziamo degli editori che sotto pagano e schiavizzano i giornalisti precari? E' colpa del carico fiscale? E tutti i loro milioni di utili?

> Uè però non trollate :D

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