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«Ho solo criticato il governo». Il giornalista condannato a 18 anni di galera per ‘terrorismo’

10 Dicembre 2013 3 min lettura

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«Ho solo criticato il governo». Il giornalista condannato a 18 anni di galera per ‘terrorismo’

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"Eskinder Nega è più di un simbolo, è l'incarnazione della grandezza della verità, dello scrivere e  raccontare la verità, del perseverare nella verità e del resistere all'oppressione della menzogna"
Carl Bernstein

In Etiopia da più di venti anni governa lo stesso partito. Chiunque protesti, manifesti, esprima il proprio dissenso viene messo a tacere. Ai giornalisti che muovono critiche pubblicamente è riservato un trattamento speciale: un periodo di detenzione direttamente proporzionale alla 'pericolosità' dell'imputato. I capi d'accusa variano, l'obiettivo è unico: reprimere la libertà di espressione e di associazione. È quanto accaduto a Eskinder Nega, giornalista, vera e propria spina nel fianco del potere. Negli ultimi venti anni Eskinder è stato imprigionato sette volte, rischiando anche la pena di morte. Nel 2005, a seguito delle proteste scaturite all'indomani delle elezioni, è stato arrestato con l'accusa di tradimento insieme alla moglie Serkalem Fasil che ha poi dato alla luce, in detenzione, il figlio Nafkot. Nel settembre 2007 Eskinder è stato arrestato per l'ottava volta, dopo aver partecipato a un evento organizzato dal partito di opposizione durante il quale aveva criticato l'uso della legge antiterrorismo in vigore dal 2009. Il 13 luglio 2012 è stato condannato a 18 anni di prigione proprio grazie a quella legge da lui aspramente attaccata poiché più volte applicata, evidentemente, in modo strumentale. Il 2 maggio 2013 la Corte suprema federale ha confermato la condanna a suo carico.

Vincitore nel 2012 del PEN | Barbara Goldsmith Freedom to Write Award, da quando gli è stata negata per legge la possibilità di pubblicare articoli sulla stampa (che pure ha subito pesanti censure con l'immediata chiusura di tredici quotidiani), ha proseguito a scrivere per vari blog continuando a dar voce all'oppressione a cui è sottoposto il paese. A settembre 2013 il Guardian ha pubblicato un suo articolo nel quale ha chiesto apertamente all'Unione Europea di applicare sanzioni mirate nei confronti dell'Etiopia (poiché se da un lato l'aiuto economico ha consentito la costruzione di scuole, ospedali e strade, dall'altro ha permesso il rafforzamento della posizione del governo) e di vietare i viaggi ai funzionari etiopi implicati nelle violazioni di diritti umani. Attualmente Eskinder è recluso presso la Kaliti Prison di Addis Abeba dove i prigionieri politici convivono con detenuti condannati per reati criminali.

Per Eskinder è nato il movimento Free Eskinder Nega e di lui si è occupata più volte Amnesty International.

Oggi, 10 dicembre, 65esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, ci uniamo all'appello di Amnesty per la raccolta di firme in favore di Eskinder, nell'ambito della maratona globale per i diritti umani "Write for Rights" che si protrarrà fino al 22 dicembre. Le firme raccolte in tutto il mondo serviranno non solo a mettere pressione sulle autorità etiopi ma anche ad esprimere sostegno alla famiglia di Eskinder.

Per sottoscrivere l'appello per Eskinder Nega clicca qui

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Per l'occasione Serkalem Fasil ha lanciato un messaggio in difesa del marito, per fare in modo che la mobilitazione non cessi, per lui come per tutti gli altri giornalisti detenuti ingiustamente.

Il suo messaggio è semplice: bisogna credere fermamente che ciascuna nostra azione, fosse anche rappresentata da una firma su una petizione, possa determinare cambiamenti; perché se la pressione continuerà, forse non oggi, né domani, ma prima o poi qualcosa dovrà necessariamente accadere.

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