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Il comunicato di Amnesty International che accusa l’Ucraina di mettere in pericolo i civili e le critiche emerse anche dall’interno della stessa organizzazione

5 Agosto 2022 12 min lettura

Il comunicato di Amnesty International che accusa l’Ucraina di mettere in pericolo i civili e le critiche emerse anche dall’interno della stessa organizzazione

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Le critiche di Amnesty International alle forze armate ucraine non sono suffragate a sufficienza dalle prove raccolte: il risultato dell'inchiesta indipendente

Aggiornamento 28 aprile 2023: Il New York Times ha diffuso i risultati dell’indagine indipendente che Amnesty International ha commissionato dopo le polemiche attorno al comunicato in cui la ONG ha accusato le forze armate ucraine di aver messo a in pericolo i civili nell’opporsi all’invasione russa, in particolare lanciando attacchi da aree abitate, usando come basi edifici e scuole.

Il gruppo di esperti che ha stilato il rapporto ha risposto a due domande: 1) L'analisi giuridica compiuta da Amnesty International nel comunicato è un’interpretazione accettabile del diritto internazionale umanitario? 2) Le prove alla base del comunicato sono sufficienti a sostenere le conclusioni giuridiche esposte?

Il gruppo di esperti ha fatto presente che rientra nei doveri di un’organizzazione umanitaria indagare le violazioni del diritto internazionale tanto dell’aggressore quanto del difensore, poiché entrambi devono preservare l’incolumità dei civili.

Il rapporto ha stabilito che le conclusioni chiave di Amnesty International non sono “suffragate a sufficienza” dalle prove raccolte. L’inchiesta non ha sottoposto a verifica le prove raccolte dai ricercatori di Amnesty International, ma si è limitata a valutare la relazione tra le prove e le conclusioni raggiunte. Inoltre afferma che Amnesty International "non è riuscita a confrontarsi in modo significativo con le autorità ucraine" sulla fattibilità di luoghi alternativi, evacuazioni o avvertimenti altrettanto validi per proteggere i civili.

Un altro aspetto evidenziato dal rapporto è il linguaggio “ambiguo, impreciso e per certi versi legalmente discutibile” usato da Amnesty International. In particolare all’inizio del comunicato c’è la possibilità che si percepiscano le forze armate ucraine responsabili della morte di civili tanto quanto le forze armate russe. Questo è problematico prima di tutto perché, anche in caso di comprovate violazioni, “entrambe le parti non possono o non devono essere criticate nella stessa misura se una commette violazioni più gravi e sistematiche”.

Il New York Times riferisce che una versione precedente del rapporto conteneva un giudizio molto più severo, parlando di conclusioni “non suffragate”. Tuttavia Amnesty International, riferisce la testata, avrebbe esercitato pressioni sugli esperti affinché ammorbidissero i toni. Il rapporto è stato consegnato a febbraio, ma Amnesty International ha deciso di usarlo solo per la formazione interna, senza diffonderlo pubblicamente - in tutto o in parte.

Ieri il rapporto è stato pubblicato sul sito di Amnesty International.

Amnesty International Canada ha criticato duramente il comunicato

Aggiornamento 12 agosto 2022: La sezione in inglese di Amnesty International Canada ha rilasciato una dichiarazione in cui critica il comunicato di Amnesty International, dissociandosene. "In ogni situazione di conflitto, l'obiettivo primario di Amnesty è la protezione dei diritti umani e dei civili, in particolare di quelli più vulnerabili e a rischio. Sebbene questa fosse l'intenzione della ricerca e del comunicato stampa esteso, Amnesty International ha fallito su diversi fronti". Amnesty International Canada ha criticato in particolare l'operato della segretaria internazionale verso le sezioni interne e la successiva opera di comunicazione, che avrebbe "sfidato il principio cardine di imparzialità". Criticata anche la strumentalizzazione operata dalla Russia nei confronti  del comunicato, citato per giustificare violazioni dei diritti umani. Nel testo si critica l'incapacità di Amnesty International nell'adottare un approccio "decolonizzato":

Da sezione fermamente impegnata in un approccio equo e decolonizzato ai diritti umani, ci rammarichiamo molto per le carenze nella collaborazione tra il nostro segretariato internazionale e i colleghi di AI Ucraina, che hanno portato alle dimissioni della direttrice di Amnesty Ucraina. Un approccio decoloniale inizia con il principio di non nuocere e di mettere al centro coloro con cui abbiamo il privilegio di lavorare, in particolare quando sono più colpiti e quando ci dicono di essere in pericolo. Il modo in cui lavoriamo è importante quanto quello su cui lavoriamo e, in questo caso, il nostro modo di lavorare da una prospettiva informata all'equità è stato inaccettabilmente insufficiente.

Nelle conclusioni si annuncia infine che "sono in corso importanti discussioni, tra cui  per un'approfondita revisione interna, e Amnesty International Sezione Canadese (di lingua inglese) è impegnata a garantire che portino a cambiamenti significativi e più equi nel modo in cui Amnesty opera a livello globale".

Nei giorni scorsi, inoltre, Pär Wästberg, cofondatore della sezione svedese di AI, si è dimesso per protesta contro il comunicato sulle tattiche militari ucraine.

Amnesty international si scusa per “il dolore causato” dal comunicato

Aggiornamento 8 agosto 2022: "Amnesty International si rammarica profondamente per la sofferenza e la rabbia che comunicato stampa sulle tattiche di combattimento dell'esercito ucraino ha causato".

Così ha scritto l’ONG in una dichiarazione pubblicata ieri sul proprio sito (disponibile anche in italiano), dove si legge anche:

La priorità di Amnesty International in questo e in ogni conflitto è garantire la protezione dei civili. Infatti questo è stato il nostro unico obiettivo quando abbiamo pubblicato quest'ultima ricerca. Pur sostenendo pienamente le nostre scoperte, ci rammarichiamo del dolore causato.

Amnesty International ha anche ribadito che nulla di quanto da loro documentato sulle forze armate ucraine giustifica le violazioni commesse dall’esercito russo. "Nulla di quanto abbiamo documentato sulle forze ucraine giustifica in alcun modo le violazioni russe. La Russia è l'unica responsabile delle violazioni commesse contro i civili ucraini".

La direttrice di Amnesty International Ukraine ha annunciato le proprio dimissioni

Aggiornamento 6 agosto 2022: Nella giornata di ieri Oksana Pokalchuk, direttrice di Amnesty International Ukraine, ha annunciato in un post sulla propria pagina Facebook le dimissioni dall'incarico ricoperto per l'ONG. Pokalchuk, pur ricordando il positivo lavoro svolto dall'organizzazione in Ucraina, ha citato come motivo delle dimissioni divergenze e incomprensioni a proposito del comunicato pubblicato il 4 agosto.

“Le tattiche di combattimento ucraine mettono in pericolo i civili”: così si legge in un comunicato diffuso ieri da Amnesty International. L'Ong in particolare accusa l’esercito ucraino di aver usato come base edifici civili come scuole od ospedali, e di aver condotto da lì attacchi.

L’accusa è il risultato di indagini condotte nelle regioni di Charkiv, Donbas e Mykolaiv, dove gli esperti di Amnesty hanno condotto ispezioni e interviste sul campo, affiancandovi analisi di immagini satellitari. In 19 villaggi e paesi delle regioni, è risultato che le forze armate ucraine hanno lanciato attacchi da aree civili popolate, in molti casi lontane dalle zone di combattimento.

In cinque casi riportati, le truppe ucraine hanno usato come base de facto (ad esempio per mangiare o riposare) strutture ospedaliere. Su 29 scuole visitate, 22 presentano traccia di attività militari. “Abbiamo documentato uno schema ricorrente da parte delle forze armate ucraine, che mettono a rischio i civili e violano le leggi di guerra quando quando operano in aree popolate", ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

L’uso di scuole, è fatto notare, non è di per sé una violazione delle leggi internazionali, ma lo diventa se sono presenti potenziali obiettivi civili nelle vicinanze, nel qual caso è necessario avvertire la popolazione a rischio e all’occorrenza assisterle nell’evacuazione. “Questo non sembra essere successo nei casi esaminati da Amnesty International”, si legge.

Alla fine del comunicato è specificato che l’accusa alle forze armate ucraine non può essere intesa come una giustificazione della condotta delle truppe russe. Si legge infatti:

Molti degli attacchi russi documentati da Amnesty International negli ultimi mesi sono stati effettuati con armi intrinsecamente indiscriminate, tra cui munizioni a grappolo vietate a livello internazionale, o con altre armi esplosive con effetti ad ampio raggio. Altri hanno usato armi guidate con vari livelli di accuratezza; in alcuni casi, le armi erano abbastanza precise da colpire oggetti specifici.

Il ministro della Difesa Ucraina, contattato prima della pubblicazione del comunicato, non ha rilasciato dichiarazioni. Dopo la pubblicazione, il ministro degli Esteri ha accusato Amnesty International di ricercare “falsi equilibrismi”, mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha accusato l’Ong di “voler spostare le responsabilità dall’aggressore alla vittima”.

Il comunicato ha suscitato reazioni molto accese, da un versante o dall’altro. Si è arrivati a parlare di “scudi umani” usati dagli ucraini, o apertamente di “crimini di guerra” (accusa che nel comunicato non è mai esplicitata, come invece avvenuto in altre occasioni). Fatta salva la doverosa necessità di documentare qualunque violazione di diritti umani, convenzioni e trattati internazionali, il comunicato di Amnesty International presenta alcuni elementi che sono quanto meno dubbi o controversi.

Il primo e più importante è il fatto di aver ignorato Amnesty Ukraine, che non ha partecipato alla preparazione e alla stesura del comunicato. Ciò ha portato Oksana Pokalchuk, direttrice di Amnesty International Ukraine, a pubblicare un duro status sulla propria pagina Facebook, con cui di fatto la sede nazionale dell’Ong si è dissociata. Pokalchuk ha anche fatto presente che il comunicato non è stato tradotto e pubblicato sul sito di Amnesty International Ukraine, perché considerato di parte. La spaccatura, oltre alle pesanti accuse sui metodi condotti, è qualcosa che non va ignorato, perché potrebbe potenzialmente arrivare a pregiudicare l'operato nel paese dell'Ong. Su Twitter un ex membro dell'Ong, Maxim Tucker, ha mosso critiche analoghe al metodo impiegato per il comunicato "Quando lavoravo ad Amnesty ci dedicavamo a rapporti dettagliati che contestualizzavano gli eventi. Il rapporto di Amnesty sull'Ucraina di oggi non lo fa. Il risultato suggerisce che l'Ucraina è più responsabile delle persone uccise dagli attacchi russi rispetto alla Russia stessa. È bizzarro e fuorviante".

Dato poi il tipo di conflitto che si sta configurando, alcune raccomandazioni di Amnesty International, secondo cui le truppe ucraine dovrebbero tenersi lontane da centri abitati, suonano come irrealistiche. Il comunicato sembra ignorare un aspetto tutt'altro che secondario: è possibile per l'esercito invaso evitare di combattere nelle aree abitate? Tra gli altri, sull'argomento il New York Times riporta il parere di Jon Spencer, ex maggiore dell'esercito americano e specialista in studi sulla guerra urbana:

Dire: 'Non state nelle aree urbane' non ha senso. [...] I russi stanno avanzando per conquistare le città. Gli ucraini devono andare in difesa nelle città per impedire che ciò accada. [...] Se gli ucraini fossero usciti allo scoperto e avessero combattuto contro le forze armate russe, la guerra sarebbe già finita - sarebbero tutti morti.

Ci sono poi gli aspetti di sensazionalismo nel modo in cui è stato redatto e lanciato il comunicato che si presta a fraintendimenti e strumentalizzazioni, come in parte già visto. Se in una guerra in cui la propaganda ha un ruolo molto importante ciò è pressoché inevitabile, chi lavora nella comunicazione, tanto più se si tratta di una Ong internazionale, ha il dovere di porsi il più possibile il problema di come evitare ciò. Non sarà mai possibile annullare il rischio, ma tuttavia rispetto al contesto generale del conflitto il taglio del comunicato e la presenza di alcuni disclaimer non restituiscono la natura e la sproporzione delle forze in campo e delle strategie portate avanti. Questo può fornire assist alla strategia di propaganda russa. Il Cremlino ha sistematicamente incolpato l’esercito ucraino di ogni danno o attacco a obiettivi civili (parlando di attentati, fuoco amico, o di bersagli militari nascosti), senza farsi mai scrupoli nel mentire apertamente - come per il massacro di Bucha.

Bisogna far presente che, circa l’uso di edifici civili a scopi militari, questo era già stato accertato per entrambi gli eserciti. Non è certo una novità, anche se così può essere sembrato, oltretutto con l'aggravante dell'unilateralità (anche per cattiva divulgazione dei principali commentatori). Come si legge infatti nel rapporto della seconda missione OSCE, finora il rapporto più esaustivo stilato sull’invasione dell’Ucraina (motivo per cui ci atterremo a questo nei dati di seguito forniti):

La seconda missione si rammarica di constatare che il conflitto continua ad avere un impatto negativo sul diritto all'istruzione. Questo impatto negativo si manifesta in diversi modi. In primo luogo, scuole, università e altre istituzioni educative sono utilizzate per scopi militari e/o diventano, deliberatamente o accidentalmente, oggetto di attacchi militari. L'uso di istituzioni educative per scopi militari è stato confermato dal capo della Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina (HRMMU) Matilda Bogner, che il 10 maggio 2022 ha dichiarato che l'HRMMU ha "ricevuto informazioni sul fatto che in molte aree le forze armate - di entrambe le parti - hanno usato le scuole come basi e hanno piazzato attrezzature militari pesanti nelle vicinanze delle scuole".

Leggi anche >> ‘Il livello di morte, distruzione e sofferenza continue inflitte ai civili è terribile e inaccettabile’: il devastante rapporto OSCE sulla guerra in Ucraina

Nel comunicato di Amnesty International si parla come visto di un numero molto ridotto di scuole esaminate, ma si lascia intendere che la condotta ucraina “esponga le aree al fuoco di risposta delle forze russe”, il che può rafforzare una falsa dinamica di causa ed effetto. Tuttavia il livello di distruzione verso obiettivi civili da parte delle forze russe è attestato come una strategia portata avanti a prescindere, senza quindi il principio di distinzione. Si parla finora di almeno 1888 scuole danneggiate o distrutte, ma non è che in 2/3 di queste sia stato trovato equipaggiamento militare.

Episodi come quello del centro commerciale di Kremenchuk, dove le truppe russe, per colpire un obiettivo hanno usato bombe imprecise ma capaci di colpire un’area estesa, così come il sistematico ricorso a munizioni a grappolo, rendono evidente che non è in alcun modo possibile ridurre il rischio di perdite civili, poiché è violato a monte il principio di distinzione. Nel comunicato si parla di ospedali e strutture sanitarie, ma nel complesso è attestato che almeno 200 ambulanze sono state attaccate o distrutte. Per quanto riguarda le operazioni di evacuazione, si tralascia uno dei tanti aspetti orribili di questa guerra, ovvero gli attacchi condotti in violazione dei cessate il fuoco, o durante proprio operazioni di evacuazione.

Se, come ricorda opportunamente Nello Scavo, corrispondente speciale di Avvenire (che ha difeso l'operato di Amnesty International in Ucraina), la "guerra non è un derby domenicale", appare tuttavia una scelta infelice quella della segretaria generale Callamard, che ha commentato le polemiche parlando di "folle sui social media" e "troll" ucraini e russi.

Certo questo avviene purtroppo sistematicamente a ogni rapporto emesso, a ogni notizia: ma tra le critiche arrivate ci sono molte voci autorevoli che non possono essere ignorate o liquidate così, arruolandole a priori presso una o l'altra curva. Tra l'altro un simile commento costituisce un ulteriore offesa ad Amnesty International Ukraine. E critiche e polemiche non sono certo arrivate solo da questi due paesi, o da troll. Colpisce, da questo punto di vista, che Amnesty International non abbia messo in conto che ci sarebbero potute essere reazioni aspre, e che non abbia messo in atto una strategia di gestione della crisi comunicativa - ad esempio chiarendo come ha operato nello specifico, ricordando in modo molto più esteso il lavoro svolto finora, o evitando a monte un taglio un po' troppo "acchiappaclic".

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Nell’era digitale, non basta insomma un tweet fissato in alto per rendere intellegibile una guerra d’invasione con una volontà genocida, mentre si comunica altro. Rapporti o inchieste corpose (come le stesse condotte dal Team investigativo di Amnesty International) arrivano molto dopo le polemiche, o sono ignorati da quei meccanismi di selezione che prediligono contenuti di più rapida consultazione e capaci di scuotere maggiormente, eppure dovrebbero costituire le colonne portanti di qualunque dibattito attorno alla guerra in corso). Questo è un problema che purtroppo potrebbe essere irrisolvibile - come si comunica in tempo reale un massacro indiscriminato in corso? Come si rende a distanza comprensibile una scala e una volontà di distruzione di cui non si ha esperienza? - e, in un certo senso, costituisce la principale vittoria di chi lo porta avanti.

Immagine in anteprima: gli effetti della guerra a Charkiv – frame video Vice News via YouTube

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