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L’Etimacello: #Ammortizzare

18 Gennaio 2013 2 min lettura

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L’Etimacello: #Ammortizzare

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Stravedo. Sono folle d’amore per le parole. Innamorata pazza, dedita, devota. Così delicate, ironiche, salate. Mi sono detta: usiamole, amiamole, impieghiamole tutte nelle loro infinite sfaccettature, ammiriamole da ogni loro scintillante angolazione, stuzzichiamole, spremiamole, mastichiamole. Piangiamole e ridiamole a crepapelle.

Interveniamo di fronte al macello dell’etimologia. Dove il giornalismo è paralitico, dove tecnicismi e inglesismi pietrificano significati e radici, giochiamole: per restituir loro fluidità, valore, potenza. Dignità.

 

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In Italia ci sono morti che non vogliono morire. Ci sono uomini e donne - storie personali di debiti e luoghi bui - che non si arrendono e lottano sottoterra perché il proprio destino sia più lieve, la propria definitiva caduta sia attutita, lo strazio del colpo sia attenuato. Avete sentito il tonfo? Un capitombolo prodigioso, un ruzzolone stupefacente. Eppure sono morti che continuano a stare in piedi per l’a-morte della propria terra martoriata, pregando in un coro di zombie che il loro schianto sia non troppo spaventoso, la capriola tra la vita e la morte sia meno dolorosa, le loro carcasse poi non troppo putrefatte. In Sardegna ci sono orde di ombre fini sotto il livello di un mare cristallino, rintanati a quattrocento metri in direzione inferi: grotte, gallerie, miniere nere: per smorzare le vibrazioni della propria sospensione, i tremori della propria bocciatura, i terremoti finanziari di questo pianeta scatenato. Piroette, giravolte, casquè acrobatici.
Derivazione di morte, dal latino mors, urto neutralizzato, anticamera della Camera, scorciatoia per le elezioni: sono ammortizzatori sociali chiesti a gran voce per assorbire il debito che ci siamo creati vivendo, come un siero velenoso di cui implorare il riassorbimento funesto. “Vi prego, padri padroni, ammortate la nostra passività, dissipate il nostro calore, disperdete le nostre energie, mediate tra elasticità e immobilità, tra vivi e deceduti, accoglieteci in grandi e grossi congelatori di concentramento se credete, manovrateci l’atterraggio, comprateci, estingueteci pure. Ma pro caridade non lasciateci oscillare nel precario mondo dei choosy!”

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