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#jagärhär, l’esercito svedese che diffonde amore in rete sfidando troll e odiatori

17 Gennaio 2019 5 min lettura

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#jagärhär, l’esercito svedese che diffonde amore in rete sfidando troll e odiatori

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Si chiama #jagärhär (conosciuto nel Regno Unito come #iamhere, io sono qui) il gruppo (chiuso) su Facebook che conta quasi 74.000 membri, per la maggior parte svedesi, che stanchi dei conflitti che nascono in rete e dei commenti che inquinano discussioni pregiudicando il confronto si attivano per rendere Internet un posto migliore.

Quotidianamente il gruppo si organizza per difendere le persone attaccate online da troll e odiatori per combattere la diffusione della disinformazione.

Il procedimento è semplice: quando odio e disinformazione prendono il sopravvento nei commenti sui social, #jagärhär invita i suoi membri ad esprimere reazioni positive per riequilibrare la discussione e "spiazzare" l'algoritmo di Facebook.

Uno dei casi più recenti ha coinvolto Linnéa Claeson, giovane giocatrice di pallamano, editorialista del quotidiano svedese Aftonbladet e attivista per i diritti delle donne quando le è stato riconosciuto, al termine del 2018, il premio di avvocato svedese dell'anno.

Linnéa Claeson

Nel momento in cui una valanga di commenti negativi, riguardanti l'aspetto fisico (il colore arcobaleno dei capelli) e le idee femministe, si è abbattuta contro Claeson l'intervento dei membri del gruppo #jagärhär ha modificato la conversazione al punto tale da spingere la redazione del quotidiano svedese Aftonbladet a moderare la propria pagina Facebook, eliminando tutti i discorsi che incitavano all'odio.

"È così stancante che tutto quello che mi riguarda abbia una connotazione negativa. Grazie per tutto l'amore", ha scritto Claeson in un post pubblicato nel gruppo per ringraziare chi l'aveva aiutata e sostenuta.

«Certamente i social non sono lo specchio della popolazione, ma quando si leggono i commenti, si ha spesso l'impressione che l'80% della popolazione pensi, per esempio, che l'omosessualità sia una malattia», ha dichiarato al Guardian la giornalista Mina Dennert, fondatrice di #jagärhär. Vincitrice di diversi riconoscimenti per la sua professione, tra cui il prestigioso premio “Anna Lindh” nel 2017 per aver sostenuto ideali giusti e democratici, Dennert è iraniana di nascita, adottata all'età di 1 anno e cresciuta in Svezia. Vittima da piccola di vari episodi razzisti, a 14 anni la donna è stata oggetto di un attacco neo-nazista durante una festa dove, mentre era in stato di incoscienza per aver bevuto troppo, le sono stati tagliati i capelli e il suo corpo è stato coperto da simboli nazisti.

Mina Dennert

Il gruppo #jagärhär è nato il 16 maggio 2016, dopo che Dennert aveva notato un aumento di commenti inquietanti sui social media. «Quello che mi ha spinto a fare qualcosa è stato vedere persone che non avrei mai immaginato iniziare a pubblicare commenti davvero razzisti». Dennert, infatti, aveva scoperto che un amico aveva condiviso su Facebook materiale razzista.

«Non era tanto per l'odio su Internet, ma per il fatto che diffondevano una visione del mondo basata su una affermazione assurda dopo l'altra». Così è nata l'idea di creare una specie di squadra online. «Ho chiesto ad alcuni amici cosa ne pensassero. La strategia è semplice. Ci tagghiamo in modo che sia facile trovarsi l'un l'altro e clicchiamo “mi piace” sui commenti reciprocamente, così che passino in cima alla discussione. Dimostriamo di esserci, così le persone si sentono a proprio agio nell'intervenire».

L'obiettivo che il gruppo si pone è che la sezione dei commenti assomigli di più alla società e il modo per farlo è consentire agli utenti di parlare e partecipare.

Per la fondatrice di #jagärhär quando si comprende di non essere soli si acquisisce più forza perché spesso essere vittima dell'odio equivale a coprirsi di vergogna, poiché è imbarazzante sentirsi diversi. Ti dicono 'sei stupido, sei disgustoso', spostando l'attenzione su di te e non sul fatto che loro sono neo-nazisti, per esempio.

"È tempo di una nuova campagna", si legge in uno dei primi post del gruppo. "Non possiamo permettere che commenti razzisti e odiosi rimangano senza risposta, per questo motivo per rispondere non ricorriamo all'odio, agli abusi, agli insulti o a commenti compiacenti".

In un primo momento l'attività del gruppo è consistita nel chiedere a chi diffondeva informazioni false di sostenere le rispettive dichiarazioni con delle fonti.

All'indomani dell'elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, Dennert è stata sommersa dalle richieste di migliaia di persone che volevano diventare membri del gruppo. Nei mesi successivi, #jagärhär ha cambiato il suo approccio concentrandosi principalmente sulla mobilitazione dei membri nel sostenere le persone che vengono molestate online.

In una delle prime campagne, a dicembre 2016, i membri di #jagärhär avevano scatenato i loro commenti positivi per contrastare quelli razzisti e sessisti nati a seguito di una pubblicità della catena svedese di negozi Åhléns che ritraeva un minore dalla pelle scura, il cui genere non era chiaro, vestito da Lucia, una figura tradizionale celebrata in Svezia che trae le sue origini da santa Lucia. In pochi giorni la campagna pubblicitaria aveva ricevuto circa 200 commenti negativi su Facebook contro più di 20.000 "mi piace" o reazioni col cuore.

L'iniziativa ideata da Dennert ha provocato anche reazioni negative. La giornalista riceve regolarmente minacce di morte e al padre sono stati recapitati alcuni proiettili. La donna e il marito sono diventati bersaglio dei troll che hanno pubblicato dati personali sensibili della coppia.

Più venivano sferrati attacchi personali, più il sostegno al gruppo veniva a mancare. Inizialmente molte aziende avevano mostrato interesse nel voler collaborare. Via via lo scenario è cambiato «Il primo anno siamo stati molto apprezzati e abbiamo vinto tanti premi. Tutti volevano lavorare con noi. Ma una volta che gli attacchi sono iniziati, quelli che intendevano collaborare si sono allontanati. Erano spaventati».

Per alcuni #jagärhär è una forma di censura, ma Dennert e i 18 moderatori del gruppo tengono a precisare che agli utenti non viene mai suggerito cosa dire. Più semplicemente si chiede di difendere coloro che sono attaccati online.

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Per Roger Wiklander, uno degli amministratori, il gruppo si pone contro odio e disinformazione in maniera compatta infondendo il coraggio ad altri di fare altrettanto. Un commento su tutti ha spinto Wiklander a svolgere questo tipo di attività. In un articolo che incoraggiava le persone a donare vestiti ai rifugiati, un utente aveva scritto “Ha-ha-ha, immondizia per la spazzatura!”.

Dal 2016, la campagna contro odio e disinformazione adottata del gruppo svedese si è diffusa in altri paesi europei. Gruppi gemelli sono stati creati e sono tuttora attivi in tutto il continente, in particolare in Germania e Slovacchia, composti rispettivamente da 45.000 e 6.000 membri.

Foto anteprima via SVT

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