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Dati pubblici: così il governo vuole negare l’accesso ai cittadini

27 Gennaio 2016 4 min lettura

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Dati pubblici: così il governo vuole negare l’accesso ai cittadini

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Ce lo ha detto anche il creatore del web, Tim Berners-Lee: «Dovete fare un Freedom of Information Act vero, con poche scuse per negare i dati ai cittadini». Tradotto: anche l’Italia, come promesso da Matteo Renzi fin dalle primarie del 2012, deve dotarsi di una norma che consenta davvero a chiunque – e non solo a chi abbia un «interesse diretto, concreto e attuale» – di esercitare il proprio diritto di accedere ai dati e alle informazioni di cui dispongono le amministrazioni e gli enti pubblici.

Come ha scritto l'associazione Diritto di Sapere, del resto, «l’Italia rimane una delle poche democrazie occidentali a non riconoscere ancora questo diritto fondamentale».

Dopo svariati rinvii, siamo in dirittura d’arrivo. Nel Consiglio dei Ministri dello scorso 21 gennaio, infatti, si legge dell’approvazione di una norma - sotto forma di decreto legislativo in esame preliminare - secondo cui «i cittadini potranno chiedere di conoscere dati e documenti alla Pubblica amministrazione». Non solo: «L'accesso ai dati è gratuito e la richiesta andrà soddisfatta entro trenta giorni».

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Semplice? Sì, troppo. Se non bastasse, il governo ha riassunto l'annunciato cambiamento di prospettiva rispetto alla (insufficiente) normativa vigente in una apposita slide:

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Come di consueto, tuttavia, l'esecutivo non ci ha detto altro. Abbiamo chiesto al ministero della Funzione Pubblica di avere accesso al testo che dovrebbe dettagliare quanto genericamente promesso dal ministro Marianna Madia e dal consiglio dei ministri, ma senza ricevere risposta. A quanto ci risulta, del resto, quel testo ancora non esiste.

Ma dato che nemmeno sulla trasparenza c'è trasparenza, Valigia Blu ha potuto consultare quella che secondo fonti bene informate è la migliore approssimazione della legge che verrà. La pubblichiamo affinché i lettori possano farsene un'idea e il dibattito, per una volta, ruoti intorno a questioni puntuali e circostanziate piuttosto che sui proclami propagandistici della comunicazione governativa. La norma, è bene precisarlo, dovrà in ogni caso passare il vaglio del Parlamento e della Conferenza Stato-Regioni, ma il testo già ora rivela una impostazione di fondo che fa dubitare si possa anche solo parlare di un "FOIA italiano".

Scarica la bozza della Legge sulla Trasparenza >>

I punti critici

Le criticità infatti sono molteplici. Prima di tutto, come sottolineava già l'avvocato ed esperto della materia, Ernesto Belisario, non è prevista nel testo alcuna sanzione per l'amministrazione che non dovesse adempiere alla richiesta di accesso ai dati da parte di un cittadino. "Colpisce", ha scritto Belisario su agendadigitale.eu, quanto anticipato dal Ministro Madia in conferenza stampa in ordine all’assenza di sanzioni per le amministrazioni inadempienti. Infatti, da più parti si era richiesto che le nuove norme venissero accompagnate da sanzioni che spingessero le amministrazioni ad essere davvero trasparenti e garantissero realmente il diritto dei cittadini. Il motivo è semplice:

Senza sanzioni, la nuova norma rischia di avere uno scarso impatto.

Ancora, le eccezioni che consentono alle amministrazioni pubbliche di negare il rilascio dei dati ai cittadini sono talmente tante da mettere in dubbio che, annunci a parte, con la nuova normativa cambierà realmente qualcosa. A elencarle è l'articolo 6 del testo, secondo il principio per cui l'accesso deve avvenire "nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti". Di che interessi si tratta?

Quelli pubblici sono i seguenti:

"a) la sicurezza pubblica; b) la sicurezza nazionale; c) la difesa e le questioni militari; d) le relazioni internazionali; e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; g) il regolare svolgimento di attività ispettive; h) il segreto di Stato; i) gli altri divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990".

Quelli privati:

"a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia; b) la libertà e la segretezza della corrispondenza; c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali".

I modi per opporre un rifiuto, insomma, non mancano. E del resto, si legge in un ulteriore passaggio che lascia più di qualche dubbio, "decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta". A quel punto al cittadino non resta che fare ricorso al TAR, con tutto ciò che comporta in termini di costi e tempi per l'esercizio del proprio diritto di accesso.

Da ultimo, il testo smentisce anche la gratuità dell'accesso promessa dal ministro Madia, prevedendo invece che "il rilascio di dati in formato elettronico o cartaceo è subordinato soltanto al rimborso del costo sostenuto dall’amministrazione".

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