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Come l’Europa si prepara all’emergenza energetica

12 Luglio 2022 13 min lettura

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Come l’Europa si prepara all’emergenza energetica

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Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.

In un’intervista esclusiva al Guardian, il vicepresidente della Commissione Europea, Frans Timmermans, ha dichiarato che se l’Europa non terrà sotto controllo i prezzi dell’energia il prossimo inverno, sarà concreto il rischio di proteste e disordini civili. E questo potrebbe compromettere definitivamente gli obiettivi climatici. “Non raggiungeremo i nostri obiettivi se la mancanza di energia provocherà forti disordini nelle nostre società. Dobbiamo assicurarci che le persone non siano al freddo nel prossimo inverno”. In questo momento, è in buona sostanza il pensiero di Timmermans, è prioritaria la sicurezza energetica per mantenere le industrie funzionanti, anche se questo significa dover far ricorso al carbone.

In questa direzione sembra andare il voto della scorsa settimana del Parlamento Europeo sulla tassonomia verde. Con 278 voti favorevoli e 328 contrari, il Parlamento non ha posto il suo veto all’atto delegato sulla tassonomia europea che include gas naturale e nucleare tra le tecnologie sostenibili. Secondo la proposta, gas naturale e nucleare saranno considerati verdi solo se utilizzati per la transizione dai combustibili fossili più sporchi come il carbone e il petrolio”, riporta il Financial Times. Il gas potrà essere classificato come un investimento sostenibile se le emissioni dirette sono limitate, “la stessa capacità energetica non può essere generata con fonti rinnovabili” e se sono in atto piani per passare alle energie rinnovabili o a “gas a basso contenuto di carbonio”. L'energia nucleare può essere finanziata solo se rispetta determinati standard, tra cui quelli per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi.

Per raggiungere la maggioranza assoluta necessaria per rigettare il provvedimento della Commissione Europea servivano 353 voti. Il voto del Parlamento – che, scrive Reuters, “spiana la strada alla proposta dell’Unione Europea per diventare legge, a meno che 20 dei 27 Stati membri non decidano di opporsi, cosa considerata molto improbabile” – ha suscitato reazioni contrapposte tra i critici della proposta, secondo i quali la tassonomia nella sua attuale definizione non farà altro che prolungare la dipendenza dell’Europa dai combustibili fossili, e i sostenitori della misura, che la considerano un approccio pragmatico verso le energie rinnovabili, in un momento in cui l’UE cerca di svincolarsi dalle forniture russe.

Di questo avviso anche il Commissario europeo per i servizi finanziari che ha definito la misura “una proposta pragmatica per garantire che gli investimenti privati nel gas e nel nucleare, necessari per la nostra transizione energetica, soddisfino criteri rigorosi”. 

Ma esperti, think tank e attivisti hanno detto che la legge scredita gli sforzi dell’UE per affermarsi come leader globale delle politiche climatiche. Altri paesi che hanno creato sistemi di etichettatura simili, tra cui Russia, Sudafrica e Bangladesh, hanno escluso il gas dall'elenco degli investimenti “verdi”, scrive sempre il Financial Times.

Molto critico il Guardian che ha titolato “‘Putin si sfrega le mani con gioia’ dopo che l'UE vota per classificare gas e nucleare come verdi”, riprendendo un tweet della deputata ucraina Inna Sovsun. 

“Gli interessi di parte sembrano aver preso il sopravvento. L’UE ha ora creato un pericoloso precedente che altri paesi potrebbero seguire”, ha commentato Johanne Schroeten, consulente politico del think tank sul clima E3G. Bas Eickhout, vicepresidente della Commissione ambiente del Parlamento Europeo, ha parlato di “giorno nero per la transizione climatica ed energetica”. Secondo l’eurodeputato olandese, ora operazioni di greenwashing rischiano di riuscire a ottenere finanziamenti nel settore energetico.

Così come è formulata, la tassonomia potrebbe scatenare una raffica di azioni legali, scrive Politico. Dopo il voto, Austria e Lussemburgo hanno dichiarato che avrebbero impugnato la legge presso la Corte di giustizia europea.

Diverse istituzioni finanziarie, tra cui la Banca Europea per gli Investimenti, hanno già dichiarato che probabilmente ignoreranno l’inclusione di gas e nucleare tra le fonti di energia sostenibili. “A nostro avviso, il gas fossile e il nucleare non dovrebbero avere accesso agli stessi finanziamenti a basso costo delle energie rinnovabili. Questo porterà inevitabilmente a sottrarre i finanziamenti per la transizione verde, rallentandone i progressi”, ha commentato Anders Schelde, responsabile degli investimenti del fondo pensione danese AkademikerPension.

Nel frattempo, il presidente russo Vladimir Putin ha minacciato “conseguenze catastrofiche” per i mercati energetici mondiali se i paesi occidentali imporranno ulteriori sanzioni a Mosca, riporta ancora il Financial Times. Parole che rendono sempre più concreto il timore che la Russia possa cercare di interrompere le forniture di greggio se i membri del G7 andranno avanti con il piano di limitare il prezzo del petrolio russo.

La Francia si sta preparando per affrontare questo scenario, ha detto il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire, riducendo i consumi energetici di imprese e famiglie e costruendo nuove infrastrutture di rigassificazione del gas naturale liquido proveniente da oltreoceano. Inoltre, riporta Reuters, “le aziende francesi ad alta intensità energetica stanno accelerando i piani di emergenza e convertendo le loro caldaie a gas per farle funzionare a petrolio, nel tentativo di evitare interruzioni nel caso in cui un'ulteriore riduzione delle forniture di gas russo porti a interruzioni di corrente”. Contestualmente, “il governo francese sta lavorando con Goldman Sachs e Société Générale per valutare come assumere il pieno controllo della società di servizi EDF” in modo tale da ristrutturare il gruppo, carico di debiti “a causa anche dei ritardi e sforamenti del budget per i nuovi i nuovi impianti nucleari in Francia e in Gran Bretagna e problemi di corrosione in alcuni dei suoi reattori obsoleti, che hanno pesantemente colpito il prezzo delle sue azioni negli ultimi mesi”, scrive il Guardian. Attualmente lo Stato possiede l’84% della società.

Non va meglio in Germania che si sta “preparando” a un’interruzione (potenzialmente permanente) del flusso di gas russo a partire dall’inizio di questa settimana, quando inizieranno i lavori di manutenzione del gasdotto Nord Stream 1. Si tratta di un evento annuale che richiede la chiusura dei rubinetti del gas per 10-14 giorni, spiega il Guardian. Per evitare danni peggiori il Canada consentirà “l’esportazione di attrezzature vitali per il principale gasdotto russo in Germania, eliminando un potenziale ostacolo alla ripresa delle forniture di gas all’Europa”. Attraverso un “un permesso limitato nel tempo e revocabile”, il Canada invierà una turbina in Germania che poi là consegnerà a Gazprom in Russia. In questo modo il Canada non avrà violato le sanzioni nei confronti della Russia e la Germania non rischierà di compromettere le forniture di gas necessarie per l’inverno, scongiurando lo “scenario da incubo” prospettato dal ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck.

Intanto, l'azienda tedesca di servizi pubblici Uniper “ha formalmente chiesto un pacchetto di salvataggio a Berlino”. Una richiesta che “probabilmente porterà il governo a possedere una quota sostanziale dell'azienda sull'orlo dell'insolvenza a causa della drastica riduzione delle forniture di gas dalla Russia”, scrive il Financial Times. L'amministratore delegato di Uniper, Klaus-Dieter Maubach, ha avvertito le famiglie e le industrie tedesche di prepararsi a una “ondata enorme” di prezzi energetici più alti l'anno prossimo.

La scorsa settimana, la Camera alta del Parlamento tedesco ha approvato un pacchetto di leggi sull'energia che include nuovi obiettivi di espansione delle energie rinnovabili, strumenti di salvataggio per gli importatori di gas e il possibile ritorno delle unità a carbone e a petrolio nel mercato dell'energia. “Una decisione dolorosa ma necessaria”, ha commentato Habeck, suscitando le critiche dei gruppi ambientalisti secondo i quali un ipotetico ritorno a un'energia così fortemente inquinante è un compromesso eccessivo che potrebbe pregiudicare anche il raggiungimento degli obiettivi climatici più importanti. Tuttavia, intervenendo a un evento organizzato dall'Associazione per le energie rinnovabili, il cancelliere Olaf Scholz ha dichiarato che è ora di “mettere il turbo all'espansione delle energie rinnovabili”.

Nel Regno Unito, il governo britannico ha assegnato all'asta “contratti per differenza” (CfD) per quasi 11 gigawatt (GW) di capacità di energia rinnovabile, quasi il doppio della capacità ottenuta nella precedente tornata di aste. L'asta ha visto anche prezzi record per l'eolico offshore, “contribuendo a ridurre la dipendenza del paese dai prezzi volatili dei combustibili fossili e ad alleggerire le bollette future di case e imprese”, scrive Bloomberg. Tutti i progetti entreranno in funzione nei prossimi cinque anni, fino al 2026/27, e genereranno elettricità a un prezzo medio di 48 sterline per megawattora (MWh). Si tratta di un prezzo quattro volte inferiore rispetto all'attuale costo di gestione delle centrali a gas, pari a 196 sterline/MWh. Secondo un’analisi del sito britannico Carbon Brief, “i progetti pre-approvati genereranno 42 terawattora (TWh) di elettricità all'anno, sufficienti a soddisfare circa il 13% dell'attuale domanda del Regno Unito” ed entro la fine del decennio “faranno risparmiare ai consumatori circa 1,5 miliardi di sterline all'anno”, riducendo il costo delle bollette medie annuali di 58 sterline.

Il piano quinquennale della Cina per le energie rinnovabili

Il nuovo piano cinese per le energie rinnovabili porterà a un picco anticipato delle emissioni? È quanto si chiede uno studio di Carbon Brief che ha analizzato il 14° piano quinquennale (FYP) per le energie rinnovabili, che delinea la tabella di marcia della Cina per il quinquennio 2021-2025.

L'impegno della Cina per il clima (il suo “contributo determinato a livello nazionale”, o NDC) mirava a 1.200 gigawatt (GW) di capacità di energia eolica e solare entro il 2030 e a soddisfare il 25% del consumo energetico con combustibili non fossili entro il 2030. Il raggiungimento di questi obiettivi dovrebbe garantire alla Cina di raggiungere il picco di emissioni di anidride carbonica (CO2) prima del 2030, ma di non completare il percorso verso la neutralità carbonica.

Sebbene non ci siano più obiettivi obbligatori di aumento della capacità di generazione, sotto alcuni aspetti, il nuovo piano è più ambizioso dei precedenti. Chiede infatti che almeno la metà dell'aumento della domanda di energia sia coperta dalle rinnovabili. Sulla base della crescita stimata della domanda e dell'espansione pianificata del nucleare e dell'idroelettrico, questo obiettivo significa che la generazione da eolico e solare debba aumentare di circa 150TWh all'anno tra il 2021 e il 2025, osserva Carbon Brief.

Inoltre, l'Amministrazione Nazionale dell'Energia ha annunciato che i permessi per le nuove centrali a carbone saranno rilasciati solo se i progetti sono complementari alle energie rinnovabili. Tuttavia, c'è ancora il rischio che la crescente capacità di produzione di carbone della Cina possa essere in contrasto con i suoi piani di decarbonizzazione del mix energetico. 

Da quando la Cina ha inserito per la prima volta un obiettivo sulle rinnovabili nel suo piano energetico, nell'11° FYP, la maggior parte degli obiettivi quantitativi per lo sviluppo del settore ha registrato una sovraperformance, in particolare gli obiettivi di crescita della capacità totale di energia eolica e solare.

Gli investimenti nelle energie rinnovabili sono stati un importante motore economico in Cina e svolgeranno un ruolo ancora più significativo nel rilanciare l'economia rispetto al passato, in un momento in cui la Cina deve affrontare l'impatto economico della COVID-19 e le incertezze causate dalla crisi ucraina. Secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA), nel 2021 gli investimenti cinesi in energia pulita hanno rappresentato oltre il 30% del totale degli investimenti globali e questa tendenza è destinata a continuare.  

Il piano di adattamento del Bangladesh agli effetti della crisi climatica

Reduce dalle “peggiori inondazioni a memoria d’uomo” che hanno costretto lo scorso giugno più 7 milioni di bangladesi a chiedere aiuto e riparo, il Bangladesh si appresta ad approvare il suo primo Piano nazionale di adattamento (PAN). L’obiettivo è presentarlo prima della prossima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà in Egitto a novembre.

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Il piano, preparato dal Ministero dell'Ambiente, delle Foreste e dei Cambiamenti Climatici, propone una serie di iniziative e politiche fino al 2050 che mirano a rendere il paese meno vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici intervenendo su infrastrutture, gestione dei fiumi e tempestività degli interventi.

La cementificazione delle strade ha fatto sì che ampie aree diventassero impermeabili ostacolando il drenaggio dell’acqua piovana in eccesso. Mentre la rapida erosione del terreno dovuta alla deforestazione e all’uso intensivo della terra ha causato la fuoriuscita di più sedimenti nei canali idrici del paese, riducendo la loro capacità di carico e rendendo più probabili le inondazioni.

Secondo la bozza del PAN, visionata dalla Thomson Reuters Foundation, lo sviluppo delle infrastrutture deve lasciare spazio al drenaggio delle inondazioni e dei fiumi, mentre nelle zone a rischio di inondazione sconsiglia la costruzione di case e attività commerciali. Le persone costrette a vivere in queste zone dovrebbero utilizzare materiali da costruzione resistenti all'acqua, erigere dighe di gomma intorno alle loro case o costruire su palafitte per mantenere le loro abitazioni al di sopra del livello delle inondazioni, spiega Khaled Hasan, professore di Scienza dei disastri e di resilienza climatica all’Università di Dacca.

In secondo luogo, il Piano nazionale di adattamento contiene suggerimenti per un sistema di allerta più tempestivo ed efficace attraverso il coinvolgimento delle comunità locali nel processo di diffusione delle informazioni sui disastri imminenti.

Infine, il PAN invita il Bangladesh a cooperare con i paesi limitrofi (come l’India) non solo per la gestione dei fiumi ma anche per la condivisione di informazioni per le previsioni e i modelli climatici. 

Cosa stanno facendo le città per affrontare le ondate di calore 

In queste settimane diverse città hanno attivato delle strategie per poter proteggere i cittadini dalle ondate di calore.

La capitale della Grecia, Atene, sta sperimentando un sistema per classificare le ondate di calore in base al livello di minaccia, proprio come avviene per gli uragani, ha dichiarato la sua Eleni Myrivili, consulente per la resilienza e la sostenibilità della città di Atene e per l’occasione “chief heat officer”. Attraverso un algoritmo che tiene conto delle previsioni meteorologiche e dei dati relativi alla mortalità negli anni passati in caso di ondate di calore, il sistema riesce a definire giorno per giorno il livello di rischio, spiega Myrivili.

A Tokyo, i funzionari stanno sperimentando gallerie del vento per aumentare il flusso d'aria nelle aree calde, mentre nelle piazze pubbliche di Tel Aviv è stato sperimentato l’uso di tende parasole in tessuto chiaro con pannelli solari che generano energia per illuminare le aree di notte, rendendole più sicure e fruibili 24 ore al giorno.

Città del Capo e Buenos Aires stanno installando tetti luminosi e altri sistemi di raffreddamento sugli edifici pubblici, mentre Kuala Lumpur sta studiando un sistema di “raffreddamento distrettuale” che utilizza energie rinnovabili e sistemi idrici naturali per pompare l'acqua di raffreddamento nelle case.

In alcune città australiane, gli operatori della Croce Rossa chiamano le persone vulnerabili nei giorni più caldi e inviano i servizi di emergenza se non ricevono risposta. In Spagna, alcuni Comuni hanno deciso di posizionare delle ambulanze in spiaggia in modo tale da poter intervenire immediatamente in caso di colpi di calore.

Anche il rafforzamento dei sistemi di approvvigionamento idrico ed elettrico di base - per mantenerli attivi durante le ondate di calore e dare alle persone gli strumenti necessari per rimanere più fresche - sono cruciali per salvare vite umane. Alcune città stanno escogitando modi per ridurre l'umidità, un fattore di rischio aggiuntivo nelle ondate di calore, piantando specie arboree che assorbono più umidità nell'aria o rilasciano meno acqua dalle foglie.

Come il negazionismo climatico arriva nelle scuole grazie alle pressioni delle lobby dei combustibili fossili

In una sala riunioni di Austin, in Texas, i membri del Consiglio di Stato per l'Educazione stanno decidendo se agli studenti di scienze di terza media debba essere chiesto di “descrivere le azioni per mitigare il cambiamento climatico”. Seduti al tavolo, però, non ci sono solo docenti. Ci sono anche avvocati della Shell Oil Company. La decisione viene messa ai voti. Hanno la meglio gli avvocati della Shell. La proposta non passa.

Un articolo di Scientific American racconta come i rappresentanti di società di combustibili fossili stiano facendo pressioni sui consigli scolastici del Texas per manipolare i contenuti dei corsi e dei libri di testo sul cambiamento climatico, dalla scuola dell’infanzia fino alla nostra scuola media. Una decisione che ha poi ricadute su tutto il paese, perché il Texas è uno dei maggiori acquirenti di libri di testo degli Stati Uniti e per questo motivo le sue politiche condizionano le scelte degli editori scolastici. “Non ho mai sentito nessuno dire esplicitamente: ‘Non possiamo parlare di ambientalismo a causa del Texas’. Ma in un certo senso lo sapevamo tutti. Tutti lo sapevano”, racconta a Scientific American un ex autore di libri di testo di Scienze. 

La maggior parte degli americani è favorevole all’insegnamento a scuola della crisi climatica. Un sondaggio nazionale del 2019 condotto da NPR/Ipsos ha rilevato che quasi quattro intervistati su cinque - tra cui due repubblicani su tre - ritengono che gli alunni delle scuole debbano essere istruiti sul cambiamento climatico. Ma quando l'Agenzia per l'istruzione del Texas ha intervistato gli educatori scientifici di tutto lo Stato su cosa dovrebbe essere aggiunto agli standard, uno su quattro ha scritto chiedendo il cambiamento climatico o qualcosa di vicino, come le fonti alternative di energia. Nessuno ha chiesto più contenuti sui combustibili fossili.

“Come ho appreso guardando 40 ore di audizioni in diretta e in archivio, esaminando decine di documenti pubblici e intervistando 15 persone coinvolte nel processo di definizione degli standard, i membri dell'industria dei combustibili fossili hanno partecipato a ogni fase del processo di adozione degli standard scientifici del Texas, lavorando per influenzare ciò che i bambini imparano a favore dell'industria”, spiega l’autrice dell’articolo Katie Worth.

L'industria dei combustibili fossili lavora da decenni per far arrivare il proprio messaggio agli studenti delle scuole. Le compagnie petrolifere finanziano regolarmente corsi di formazione per gli insegnanti, incentivati da forniture gratuite per le classi. Le organizzazioni del settore hanno speso milioni di dollari per produrre e distribuire piani didattici sull'energia. Una volta, racconta Worth, “ho visto un dipendente dell'industria petrolifera e del gas tenere una presentazione in PowerPoint in cui minimizzava la crisi climatica a una classe di studenti di seconda media”.

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I libri di testo di scienze per le scuole medie più diffusi a livello nazionale trasmettono in modo più o meno sottile dubbi sul cambiamento climatico. In un libro di testo, presente nel 2018 in un quarto delle scuole medie nazionali, c’era scritto che “alcuni scienziati propongono che il riscaldamento globale sia dovuto a cicli climatici naturali”. In realtà, il numero di scienziati del clima a sostegno di questa teoria è praticamente pari a zero.

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A tutto questo, poi, si aggiunge un altro elemento di iniquità. Il Texas non è l'unico grande acquirente di libri di testo. Altri grandi Stati, come la California, hanno adottato standard che invece seguono la scienza del clima. E così gli editori dei libri di testo creano una serie di prodotti da vendere in Texas e negli Stati negazionisti climatici e una seconda serie di prodotti per gli Stati che seguono gli standard della California. E così, negli Stati Uniti, la formazione su un tema centrale per il mondo moderno, il cambiamento climatico, cambia a seconda dello Stato in cui si vive.

Immagine in anteprima: Jan Arrhénborg / AGA, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

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