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Quando la paura del coronavirus incontra i timori per il 5G

10 Aprile 2020 8 min lettura

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Quando la paura del coronavirus incontra i timori per il 5G

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Quando parliamo di teorie del complotto è difficile trovarne una i cui dettagli siano immutabili. Solitamente queste credenze sono come i racconti di tradizione orale: cambiano continuamente, dipendendo dall’oratore, dal contesto, dal pubblico e dal momento. Esistono quindi diverse versioni della stessa storia. A cosa servirebbero esattamente le famigerate scie chimiche? Ad avvelenarci, dicono alcuni. A controllarci, fanno eco altri. E se ci fosse un nesso con i vaccini? Massì, perché no?

Oppure pensiamo alla figura del magnate George Soros, calamita d’odio di nazionalisti e cospirazionisti di varia natura. Secondo questi, Soros è il burattinaio supremo dietro a ogni disgrazia ed è il protagonista delle malefatte più contorte, spesso legate all’attualità. È come il lupo delle fiabe: una rappresentazione simbolica del male, presa in prestito da diversi autori e riadattata alle esigenze narrative del momento.

Le teorie cospirative solitamente sono altrettanto malleabili perché, contrariamente alla “realtà ufficiale”, sfruttano l’ambiguità e il dubbio come valori fondanti, con l’obiettivo di presentarsi come denominatore comune per chiunque si senta smarrito, escluso o, più banalmente, deluso dai fatti. Ed è proprio grazie alla capacità di assumere forme distinte che queste credenze generano un senso di appartenenza tra persone, aiutandole a sentirsi meno sole, parte di una comunità migliore. Grazie a questa elasticità, le teorie del complotto possono fondersi tra loro e convivere simbioticamente: una persona che già crede che i vaccini provochino l’autismo, sarà più facilmente portata a credere che le malattie sono causate dai governi per obbligarci a vaccinare i nostri figli. E come fa il governo a causare le malattie? Con le scie chimiche e con il 5G, per esempio.

La mentalità cospirativa permette a chiunque di trovare le proprie risposte.

Milton William Cooper, per gli amici Bill Cooper, uno dei più grandi teorici del complotto americani degli anni Novanta, durante il suo programma radiofonico The Hour of the Time esortava i suoi ascoltatori a farsi le proprie domande e a trovare da soli le proprie risposte. Per quasi dieci anni ha diffuso in radio le teorie della cospirazione più assurde, spesso in contraddizione l’una con l’altra, ma ogni episodio iniziava con la stessa avvertenza, una regola a cui ogni ascoltatore era “obbligato a obbedire”.

“Non dovete credere a niente di quello che ascolterete durante questo show”, esordiva Cooper. E dopo aver esteso lo stesso monito a qualsiasi altro show radiofonico o televisivo, a qualsiasi politico di destra o sinistra, ripeteva più volte la regola d’oro del programma: “Ascoltate tutti, leggete tutto, non credete a niente, fino a che non sarete in grado di provarlo voi stessi con le vostre ricerche”. Chi non fosse disposto a quest’esercizio di “apertura mentale”, come lo definiva lui, era invitato a smettere di ascoltare. “Se non siete capaci di farlo o se semplicemente siete troppo pigri, posso assicurarvi che sarete i primi a marciare come schiavi docili del Nuovo Ordine Mondiale”. L’avvertenza terminava con Cooper che imitava il verso di una pecora “beeeeeeee beeeeeeee beeeeeeee beeeeeeee”.

Non credere a nulla è il primo passo per poter credere a qualsiasi cosa. Qualsiasi teoria è valida se l’onere della prova spetta a chi deve smentirla e non a chi la diffonde. E qualsiasi teoria è legittima se uno può diffonderla senza pretese sulla sua esattezza o sulla sua veracità. E quante volte, davanti a una smentita evidente di una di queste bufale, abbiamo ascoltato o letto la risposta “Sarà anche falsa, ma ciò che conta è il messaggio”. Nessuno di noi crede che Cappuccetto Rosso potesse davvero confondere un lupo con sua nonna, ma siamo tutti in grado di cogliere l'insegnamento della storia, no? La sospensione dell'incredulità gioca un ruolo fondamentale nelle opere di fantasia, così come nelle teorie cospirative. Sarà questa “l’apertura mentale” che pretendeva Cooper agli ascoltatori del suo programma radiofonico?

C’era una volta il 5G e il coronavirus

Due anni fa le prime affermazioni prive di evidenze sui "complotti del 5G" (5G sta per Quinta Generazione e rappresenta l'ultimo standard tecnologico disponibile per la comunicazione mobile. Grazie all'impiego di onde elettromagnetiche ad alta frequenza differenti da quelle finora utilizzate, i nostri dispositivi si connetteranno alla rete in maniera più veloce e potranno dialogare tra loro) erano rimaste confinate alla nicchia dei cospirazionisti a tempo pieno come David Icke, che in un video aveva parlato di "Armageddon delle frequenze" e di un primo passo verso la sorveglianza e il controllo delle menti umane mediante l'intelligenza artificiale. Negli ultimi mesi però molte di queste paure sono diventate mainstream ed è nata una nuova teoria che mette in relazione la tecnologia 5G e la pandemia di coronavirus.

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Esistono, anche in questo caso, differenti versioni della stessa storia: secondo alcuni le antenne del 5G peggiorerebbero i sintomi del COVID-19, altre fonti assicurano che i sintomi sarebbero causati dal 5G e non da un virus, mentre altri ancora sostengono che non ci sia nessuna epidemia e che sia tutta una copertura per permettere l’installazione delle antenne 5G. Poi c’è chi dice che il virus sia stato creato in laboratorio dai cinesi per usarlo contro gli americani (o "gli occidentali"), durante “la guerra per il 5G”, ma che qualcosa “sia andato storto” a Wuhan. Ed esiste anche la versione speculare, secondo la quale gli americani avrebbero creato il virus per usarlo contro i cinesi, però gli sarebbe sfuggito di mano. Nel giro di pochi mesi, il 5G è diventato il MacGuffin di una serie potenzialmente infinita di rivendicazioni e intrighi strampalati.

È bene precisare subito che si tratta di teorie senza alcun senso, false e prive di evidenze scientifiche, come spiegato dall'Istituto Superiore di Sanità. Bisogna specificare anche che, al momento, non ci sono prove sufficienti per sostenere che le emissioni elettromagnetiche rappresentino un pericolo per la nostra salute. Qui un approfondimento sullo stato delle ricerche. Per questo motivo, ricorda la Fondazione Veronesi, parte della comunità scientifica è orientata ad applicare il principio di precauzione.

"Negli ultimi anni, diversi gruppi di ricerca hanno provato a fare una sintesi delle evidenze disponibili: a livello epidemiologico (in questo ambito gli studi di questo tipo sono considerati i più solidi) e tossicologico (condotti su modelli animali). Nel caso delle onde ad alta frequenza, le maggiori attenzioni sono puntate sui tumori cerebrali. Ma per il momento non ci sono conclusioni definitive. Secondo l'Istituto Superiore di Sanità, che nei mesi scorsi ha diffuso un parere per chiarire le evidenze scientifiche riguardanti il possibile rischio oncologico determinato dalle radiofrequenze, «la validità dei risultati degli studi su cellulari e tumori rimane incerta». «Dal momento che lo scenario è in evoluzione e che molte informazioni non sono ancora disponibili, occorre essere cauti»"

Eppure, ultimamente la disinformazione su 5G e coronavirus ha suscitato l'interesse di moltissime persone, anche in Italia. La bufala ha trovato addirittura spazio su alcuni media nazionali (come in questo articolo pubblicato da La Stampa e successivamente cancellato).

Già dalla scorsa estate si era notato un aumento di queste inquietudini. Questo filone cospirazionista negli ultimi mesi è evoluto, adattandosi al contesto odierno e incorporando nuovi elementi narrativi, e l’interesse (riscontrato usando Google Trends) verso il ruolo che avrebbe giocato il 5G nella propagazione della pandemia è aumentato a metà marzo con un picco il 4 aprile (primo grafico). In Italia, se guardiamo i grafici delle ricerche effettuate da gennaio a oggi, notiamo una situazione analoga, con un picco di interesse il 5 aprile per le ricerche che incorporassero entrambe le parole “5G” e “coronavirus” (secondo grafico).

Tra le rivendicazioni più diffuse a sostegno della teoria c’è l’affermazione (falsa) che Wuhan sarebbe stata la prima città al mondo a sperimentare il 5G. In realtà, il Guardian precisa che Wuhan ha avuto il 5G ad agosto del 2019, circa 18 mesi dopo che la tecnologia fosse provata a Londra. Inoltre, molti paesi particolarmente colpiti dalla pandemia non hanno questa tecnologia. A questo proposito, ha fatto discutere in Italia un tweet di Gunter Pauli, consigliere economico del presidente del consiglio Giuseppe Conte, con il quale cercava di spacciare come "logica scientifica" una correlazione spuria (l'esatto contrario del metodo scientifico) tra due fatti, uno dei quali, come abbiamo visto, è completamente campato in aria.

Un'altra convinzione molto diffusa online è che il 5G faccia impazzire il nostro sistema immunitario e renda impossibile l'assorbimento dell'ossigeno da parte dell'emoglobina. Non solo è totalmente falso, ma sono affermazioni che non hanno alcun senso dal punto di vista scientifico.

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Con la diffusione di queste credenze, sono iniziati anche i primi attacchi alle installazioni del 5G, in Inghilterra. Gli incidenti hanno spinto i social network a prendere provvedimenti specifici per arginare la disinformazione e i suoi effetti. YouTube rimuoverà i video cospirativi che mettano in relazione il 5G e il COVID-19, mentre Facebook ha annunciato che cancellerà i post che, partendo da tali teorie, potrebbero procurare un danno fisico (per esempio i post che incitano a bruciare la antenne di telefonia o ad aggredire i lavoratori di una compagnia telefonica), ma si limiterà a smentire i post che divulgano le teorie cospirative.

Gli attacchi alle antenne sono un fenomeno a cui abbiamo già assistito quando il 3G era nell’occhio del ciclone per le stesse paure e gli atti vandalici alle installazioni erano il culmine delle proteste di cittadini preoccupati per la salute pubblica. I movimenti anti-antenna esistono da anni e una nuova generazione di telefonia mobile è aria fresca per le loro rivendicazioni. Qualsiasi nuova tecnologia nel campo delle emissioni elettromagnetiche ha causato allarmismi simili sin dagli anni Novanta: i cellulari, il 2G, il 3G, il WiFi, il 4G, etc. Senza che in nessun caso esistesse un consenso scientifico sui presunti rischi per la salute.

È l’ennesima teoria del complotto che ha abbandonato la sua nicchia di divulgazione per fare il salto verso il grande pubblico. In un momento così difficile, travolti da incertezze e informazioni contrastanti, molti di noi sono spinti a cercare le proprie risposte, come esortava Bill Cooper ai suoi radioascoltatori. Ed è comprensibile che le nostre facoltà critiche possano cedere quando siamo sommersi da sentimenti di confusione, paura, impotenza e solitudine. A volte siamo alla ricerca di un colpevole, altre volte stiamo semplicemente cercando di dare un senso a tutto questo. E senza accorgercene stiamo contribuendo a peggiorare la situazione.

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Come scrive Max Fisher in un articolo sul complottismo pubblicato sul New York Times: “La convinzione di essere in possesso di una conoscenza proibita, durante una crisi che ha capovolto il pianeta, genera una sensazione di certezza e di controllo. E condividere questa ‘conoscenza’ può dare alla gente qualcosa che è difficile trovare dopo settimane di lockdown e morte: un senso di libero arbitrio”.

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Articolo aggiornato il 10 aprile alle 12:00: Abbiamo inserito anche la vicenda delle affermazioni di Gunter Pauli.

Articolo aggiornato il 17 aprile alle 11:00: Su segnalazione di un lettore abbiamo corretto i grafici di Google Trends. In una prima versione dell'articolo avevamo utilizzato un termine di ricerca erroneo. Ci scusiamo con i lettori per l'errore.

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