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Il servizio del TGR Leonardo del 2015 non ha niente a che vedere con il nuovo coronavirus

25 Marzo 2020 7 min lettura

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Il servizio del TGR Leonardo del 2015 non ha niente a che vedere con il nuovo coronavirus

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Oggi è diventato virale il video di un servizio del TgR Leonardo del 2015 su un coronavirus ingegnerizzato in Cina. Il servizio parlava della creazione in laboratorio in Cina, per motivi di studio, di un supervirus polmonare, realizzato innestando una proteina presa dai pipistrelli sul virus della Sars, la polmonite acuta, ricavato da topi. Il servizio faceva riferimento a uno studio pubblicato su Nature sulla proteina SCH014, considerata responsabile della Sindrome Respiratoria Severa Acuta (SARS).

«Attraverso queste metodologie, per quanto eticamente discusse e discutibili, si conoscono meglio queste minacce – spiega la dottoressa e giornalista scientifica Roberta Villa – si scopre quali mutazioni potrebbero essere più pericolose e così via. In altre parole, ci si può far trovare meno impreparati». La sperimentazione fatta in Cina nel 2015, aggiunge a Repubblica Fausto Baldanti, virologo dell'università di Pavia e del Policlinico San Matteo, è figlia di un esperimento fatto qualche anno prima (nel 2013) in Olanda, quando un gruppo di ricercatori prese il virus della Spagnola da alcuni cadaveri conservati per un secolo nel permafrost in Alaska e lo modificò, aggiungendo dei frammenti di genoma che ne modulavano la virulenza, per «capire come mai quella pandemia fu così micidiale e prevenire il ripetersi di un evento simile». All'epoca ci si interrogò molto su cosa far prevalere fra conoscenza e sicurezza, ma si decise di andare avanti perché prevalse l'idea che «per sconfiggere il tuo nemico devi conoscerlo», prosegue Baldanti.

Tutto questo è stato sufficiente per rilanciare l'ipotesi del virus creato in laboratorio dai cinesi diversi anni fa senza che si facesse nulla sulle conseguenze pericolosissime per l'uomo. Questa tesi era già stata sollevata dal Fatto Quotidiano in un articolo del 2 marzo dal titolo "Wuhan, quel virus fatto in laboratorio".

Ma, come debunkato da Open in due occasioni (sia rispetto a quanto riportato dal Fatto che dal video del TgR Leonardo rilanciato oggi), il virus di cui si parla nel servizio del TGR Leonardo, ingegnerizzato in laboratorio non ha nulla a che vedere con il nuovo coronavirus SARS-CoV-2.

"Il virus di cui si parla nel servizio e nell'articolo del Fatto è stato realizzato facendo esprimere a un coronavirus adattato nei ratti la spike del virus dei pipistrelli. Questo virus – scrive Open – ha dimostrato di potersi replicare in vivo nei polmoni dei topi, facendo altrettanto nelle colture in vitro con cellule primarie delle vie respiratorie umane".

Nessuno scienziato che ha studiato il genoma di SARS-CoV-2, tuttavia, ha identificato il nuovo coronavirus con il virus utilizzato nel 2015 né ha mai fatto l'ipotesi dei topi come vettori.

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«Un virus naturale e uno creato in laboratorio sono perfettamente distinguibili», spiega ancora Baldanti. «L'esperimento del 2015 è avvenuto sotto gli occhi di tutti. Il genoma di quel microrganismo è stato pubblicato per intero. E non è lo stesso del coronavirus attuale». «Il virus attuale non deriva né dalla prima versione della Sars né tantomeno dai topi, per cui non può essere in nessun modo il virus creato nel laboratorio cinese di cui si parla nel servizio», aggiunge Giovanni Maga, direttore dell'Istituto di genetica molecolare del CNR di Pavia.

A febbraio 2020 è stato pubblicato uno studio su Emerging Microbes & Infection della Taylor & Francis secondo il quale non ci sono prove credibili a sostegno delle tesi di ingegnerizzazione in laboratorio di SARS-CoV-2. Inoltre, gli stessi editor di Nature hanno pubblicato una nota a marzo 2020 in cui scrivono di essere consapevoli che lo studio del 2015 "viene utilizzato come base per teorie non verificate secondo le quali il nuovo coronavirus, che causa COVID-19, è stato progettato in laboratorio. Non ci sono prove che questo sia vero; gli scienziati ritengono che un animale sia la fonte più probabile del coronavirus".

Anche il direttore della testata regionale Rai, Alessandro Casarin, ha spiegato che il servizio del 16 novembre 2015 andato in onda nella rubrica "Leonardo" della TgR che faceva riferimento a un super virus polmonare dai pipistrelli e topi studiato nei laboratori cinesi "è tratto da una pubblicazione della rivista Nature" e che "proprio tre giorni fa la stessa rivista ha chiarito che il virus di cui parla il servizio, creato in laboratorio, non ha alcuna relazione con il virus naturale Covid-19".

Il 17 marzo Nature Medicine ha pubblicato uno studio che, in base alle caratteristiche del nuovo coronavirus, esclude la manipolazione genetica in laboratorio. "Le nostre analisi mostrano chiaramente che SARS-CoV-2 non è stato costruito in laboratorio né è un virus manipolato appositamente", sono le conclusioni dei ricercatori. "Confrontando i dati genetici ad oggi disponibili per diversi tipi di coronavirus, possiamo risolutamente determinare che il Sars-CoV-2 si è originato attraverso processi naturali. (...) Le caratteristiche del virus, la sequenza genetica di Rbd ("l'uncino molecolare" con cui il virus si lega alle cellule umane) e la "spina dorsale" del virus ci portano a scartare l'ipotesi della manipolazione di laboratorio come possibile origine del Sars-CoV-2".

Sulla vicenda sono intervenuti anche il giornalista e conduttore di TgR Leonardo, Daniele Cerrato, e la caporedattrice del programma, Silvia Rosa Brusin. Cerrato ha ricordato che 5 anni fa il servizio fu costruito su una ricerca trovata su agenzie scientifiche nazionali e ha precisato che la «storia del virus "creato" in laboratorio si conferma una bufala colossale», alla luce proprio dell'ultimo studio delle sequenze genetiche del coronavirus pubblicato su Nature Medicine. «Attenzione, quindi, a non fare collegamenti da spy story. Siano gli scienziati a dire l’ultima», ha concluso Cerrato. Giovedì la trasmissione tornerà sull'argomento, come anticipato da Brusin: «Il COVID-19 è di originale naturale come la rivista Nature ha dimostrato decodificando la sequenza genica. In laboratorio si realizzano molti esperimenti per simulare ciò che potrebbe avvenire in realtà. (...) Quell’esperimento doveva suonare come un monito, ad esempio del pericolo della vicinanza con i pipistrelli, eppure nessuno ha fatto niente e non sono state prese le dovute precauzioni».

Durante la trasmissione, andata puntualmente in onda giovedì 26 marzo, la caporedattrice di TgR Leonardo, Silvia Rosa Brusin, ha intervistato il direttore dell’Istituto di biomedicina all’Università di Bellinzona, Antonio Lanzavecchia, uno degli studiosi che aveva partecipato allo studio pubblicato nel 2015 su Nature, condotto da Ralph Baric, dell’Università della North Carolina, da altri esperti dell’Harvard School of Medicine, dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti e due ricercatori del laboratorio di biosicurezza di Wuhan in Cina. A Brusin Lanzavecchia ha spiegato che il virus attuale è completamente diverso sia da SARS-1 sia dal virus chimera studiato nel 2015: «Le sequenze, le analisi che in modo sofisticato studiano come funzionano questi virus dimostrano che sono diversi, hanno origine diversa e che SARS-CoV-2 è emerso probabilmente sempre dai pipistrelli ma da un ceppo di virus completamente diverso da quello studiato in laboratorio». Inoltre, ha aggiunto il professore, quel virus creato in laboratorio non era affatto un “super virus”, come è stato erroneamente riportato, ma un virus in grado di vivere solo in laboratorio.

Baric – ricostruisce Lanzavecchia durante l’intervista – voleva sapere se in Cina nei pipistrelli circolavano ancora dei virus in grado potenzialmente di infettare l’uomo perché non c’era alcuna evidenza di questa possibilità. «Il nostro lavoro avrebbe potuto servire da monito che c’era la possibilità di questa infezione, ma la natura aveva già dimostrato per ben 2 volte che questi virus potevano infettare l’uomo».

Nel corso del programma è stato intervistato anche Enrico Bucci, biologo della Temple University a Philadelphia, negli Stati Uniti, e dottore di ricerca in Biochimica e Biologia Molecolare al Leibniz Institute on Aging, in Germania, con una tesi sul virus a RNA come il nuovo Coronavirus. Dopo aver spiegato quali sono le differenze che si vedono nel genoma di un virus ingegnerizzato in laboratorio e uno prodotto per selezione naturale, come nel caso di SARS-CoV-2 , Bucci ha spiegato che non è possibile sostenere che il nuovo coronavirus si sia evoluto in laboratorio e poi sia scappato da lì per due motivi: «Sars-CoV-2 presenta un certo di numero di differenze rispetto ai suoi progenitori in pipistrello. Affinché queste differenze si siano evolute c’è bisogno di due cose: o un grandissimo numero di pipistrelli o di un grandissimo numero di anni perché le mutazioni sono un fatto casuale. In laboratorio non abbiamo avuto né abbastanza tempo né abbastanza pipistrelli».

Il nuovo coronavirus, dunque, non ha nulla a che vedere con il virus chimera sperimentato in laboratorio nel 2015 come fatto intendere da Matteo Salvini nel suo tweet che rilanciava il servizio del TgR Leonardo di 5 anni fa. Ma, d'altra parte, siamo davanti all'eterno ritorno delle teorie del complotto.

Aggiornamenti

Aggiornamento 26 marzo 2020: Abbiamo aggiornato l'articolo con le interviste ad Antonio Lanzavecchia ed Enrico Bucci nel corso della trasmissione del TgR Leonardo del 26 marzo 2020.

Immagine in anteprima via rai.it

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