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Combatti il terrorismo anche tu, comodamente da casa!

8 Febbraio 2013 7 min lettura

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Combatti il terrorismo anche tu, comodamente da casa!

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Terrorismo elettronico
"I gruppi terroristici hanno abbracciato Internet come mezzo di trasmissione della propaganda, per procurarsi denaro, per il reclutamento di nuovi membri e per comunicare con i loro attivisti". Così inizia uno degli studi sui quali si basa un progetto finanziato dalla Commissione Europea. Stiamo parlando di CleanIt, che mira a realizzare un accordo multilaterale per combattere il terrorismo online senza necessità di riforme legislative, progetto al quale di recente ha aderito anche l'Italia.

Progetto CleanIT
Gli studi dei partecipanti hanno prodotto un recentissimo Final Document. La premessa è la situazione attuale nella rete internet, dove i giornalisti hanno perso il monopolio delle notizie internazionali. Internet incoraggia il cosiddetto citizen journalism, la diffusione di notizie da parte di cittadini comuni, che più facilmente si trovano sul posto dell'evento. La possibilità di immettere contenuti online, tramite siti, blog, social network, sfruttando gli smartphone, ha mutato radicalmente il quadro della cronaca.
La conseguenza, secondo CleanIt, è che anche i gruppi radicali ed estremisti, spesso ignorati, oscurati, o censurati dai tradizionali mass media, hanno trovato in rete una vetrina che consente di rivolgersi direttamente al pubblico internazionale. Al Qaeda, Hezbollah, Eta ed altri, tramite internet hanno trovato un pubblico!
Dopo circa 2 anni di lavoro, e oltre 300.000 euro di finanziamento dalla Commissione europea, abbiamo quindi questo documento finale (si spera!) che ci spiega come ridurre l'uso terroristico di internet.

Ridurre l'uso terroristico di internet
Il documento riassume gli scopi assegnati al progetto della Commissione europea. Cioè avviare un costruttivo dialogo pubblico-privato per fissare delle regole comuni da seguire per ottenere un web più “pulito”.

Nel preambolo vengono stabilite le definizioni, competenza specifica dei governi. Si precisa, quindi, che l'“uso terroristico di internet” è riferito all'uso di internet per scopi terroristici, che sono illegali, comprendendo anche la propaganda, l'incitamento, l'istigazione, il reclutamento, la pianificazione e l'organizzazione di attività terroristiche. Le organizzazioni terroristiche usano la rete principalmente come risorsa, non certo per portare attacchi effettivi. L'uso terroristico di internet non è, in fondo, molto diverso dall'uso normale e legale della rete. Da cui l'evidente difficoltà nel classificare e trattare i casi di eTerror (electronic terrorism).
Il documento si sofferma, quindi, su una serie di "utilissime" regole generali che le aziende dovrebbero seguire per ridurre l'uso terroristico della rete, tra le quali una maggiore cura dei termini di servizio dei social network, una chiara spiegazione agli utenti di cosa è terroristico, e soprattutto strumenti più facili per poter segnalare un contenuto terroristico.
In tale prospettiva si suggerisce un flagging system, cioè un bottone (tipo il like di Facebook) da introdurre sui siti web, al fine di consentire agli utenti di segnalare un contenuto; addirittura si spinge fino a consigliare la realizzazione di un sistema di segnalazione da introdurre nei browser (Internet Explorer, Firefox....). Ovviamente perché tutto funzioni bene occorre che le aziende che operano online abbiano dei team con conoscenze adeguate su ciò che è terroristico. In tal senso si suggerisce di realizzare forme di cooperazione pubblico-privato, in modo che i governi istruiscano appropriatamente questi team.
Si potrà così realizzare un sistema di notice and take action, in base al quale un utente segnala un contenuto inappropriato, e il team verifica se è il caso di oscurarlo o meno.

Appare evidente che tale sistema ricalca perfettamente il notice and take down usato dalle multinazionali americane e disciplinato dal DMCA, la legislazione a tutela del copyright. Per cui le perplessità che generalmente suscita questo sistema, dovute agli innumerevoli abusi dell'industria del copyright, possono essere espresse anche in relazione al sistema antiterrorismo.
Questa impostazione, però, tradisce l'origine del progetto. Alla base c'è il timore per l'eccessivo spazio che i cittadini hanno online, per la facilità di immissione di contenuti e per l'impossibilità di un controllo capillare dell'informazione su internet. L'accesso ai media tradizionali è estremamente limitato, mentre invece in rete chiunque ormai può, a costi bassissimi, immettere dei contenuti e diffonderli velocemente.

Framework non legislativo
Negli Usa in genere si tende a rafforzare la tutela degli interessi economici delle grandi aziende, in Europa c'è più interesse ad un controllo dell'informazione, ma la convergenza degli interessi delle grandi aziende e dei governi, ha portato a presentare numerosi progetti di riforma legislativa, e trattati internazionali, che hanno il malcelato intento di ingabbiare in qualche modo la rete.
In questo quadro possiamo inserire: la SOPA americana poi non approvata, la Irish SOPA, la legge Sinde in Spagna, la delibera AgCom italiana anch'essa non approvata, la Hadopi francese, la DEA inglese e i trattati ACTA e CETA.
Il comune denominatore di queste normative è un approccio non legislativo per la regolamentazione di un settore, sia esso il copyright, la pedopornografia, oppure il terrorismo.
I primi tentativi puntavano a modificare in qualche modo le attuali leggi, lasciando al dialogo pubblico-privato la regolamentazione degli aspetti secondari, ma le aspre critiche dell'opinione pubblica, con le conseguenti bocciature dei progetti di riforma (ricordiamo ACTA), hanno ridimensionato le aspettative dei regolatori, che ora percorrono l'approccio non legislativo. CleanIT si inquadra perfettamente in questo percorso, e il sito chiarisce ampiamente che il suo scopo non è determinare delle modifiche alle attuali leggi. Il progetto si basa, quindi, su un dialogo pubblico-privato che dovrebbe portare ad una fissazione di regole comuni che le grandi aziende del web dovranno applicare nel gestire i contenuti immessi dagli utenti.
Il pubblico è quindi il governo che da le direttive, che controlla l'applicazione e che funge da braccio armato là dove le aziende non possono arrivare (esecuzione forzata delle sanzioni), il privato sono le multinazionali che valutano ed eseguono, con il supporto del pubblico. In nessun momento si prevede un apporto alla discussione da parte dei comuni cittadini, i quali si limiteranno a subire gli effetti di tale collaborazione.

Privatizzazione dei poteri di polizia
Insomma, la solita solfa dei provider quali sceriffi del web, e visto che tale approccio in materia di copyright ha portato a proteste dell'opinione pubblica un po' ovunque, determinate dagli abusi delle aziende, adesso si tenta con materia più soft. Del resto chi è che non vorrebbe eliminare il terrorismo? Difficilmente scatenerà proteste di massa (come abbiamo visto per ACTA). Se tutto si decide all'interno del dialogo governo-aziende, però, una volta introdotto il meccanismo potrebbe essere facilmente esteso ad altre materie.

Risulta davvero difficile poter credere che la Commissione Europea spenda quasi 400.000 euro per produrre dopo 2 anni di lavoro un documento che ci dice che è difficile distinguere tra contenuti terroristici e non, e che un buon sistema per ridurre il terrorismo online è di introdurre un pulsante sui browser: like, share, terror!
Dovremmo credere ad una deriva paternalistica della Commissione europea che invece di combattere seriamente il terrorismo, preferisce rimuovere un po' di contenuti online segnalati da cittadini qualunque (come la ricetta per la bomba fatta in casa per evitare al ragioniere del piano di sotto di vendicarsi del musicista troppo zelante del piano superiore!), mettendo lo sporco sotto il tappeto? Dovremmo ritenere che i terroristi veri si lasciano spaventare dal ban su un social o dall'eliminazione di qualche contenuto propagandistico online?
Anche perché dal documento si legge che gli estensori sono perfettamente coscienti delle problematiche nella distinzione tra contenuti legali ed illegali, precisando che spesso l'illegalità dipende dal contesto, e che mettono le mani avanti chiarendo che qualsiasi azione intrapresa per ridurre l'uso terroristico di internet deve essere conforme alle norme comunitarie e nazionali, oltre che rispettare i diritti fondamentali dei cittadini.

Certo, se il progetto in sé contribuisse seriamente alla rimozione di contenuti illegali e pericolosi sarebbe sicuramente utile, ma occorrerebbe una definizione seria di contenuto terroristico e non una tautologica: uso di internet per scopi terroristici, compreso propaganda, incitamento, istigazione, reclutamento, pianificazione e organizzazione di attività terroristiche.
Non dimentichiamo che quello che è terrorismo per alcuni, per altri potrebbe essere solo legittima opposizione politica, come accade in alcuni regimi mediorientali o africani; con la speranza che l'Europa non veda mai regimi dittatoriali o che tendono a sopprimere la libertà di espressione o di stampa (lo strumento proposto da CleanIt sarebbe molto utile!).

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L'approccio non legislativo per la regolamentazione di un settore, invece, consente di aggirare le “limitazioni” (principalmente il dover rendere conto politicamente agli elettori) del processo legislativo, e gestire in outsourcing la rimozione dei contenuti “illegali”; è stato introdotto ormai in quasi tutti i paesi - pensiamo alle autorità indipendenti che fissano talvolta anche norme primarie e derogatorie pur essendo solo autorità amministrative - e lentamente viene esteso. Un governo che si dice democratico, infatti, non potrebbe mai realizzare - né l'elettorato glielo consentirebbe - norme che giustificano l'eliminazione di contenuti che sono difficilmente classificabili come illeciti, mentre invece le multinazionali del web si possono permettere questo ed altro, rifugiandosi genericamente dietro la violazione dei termini di servizio. Quello che occorre loro è solo la sicurezza di non dover rispondere per la rimozione dei contenuti!
E, ricordiamoci che nel momento in cui si prevede il controllo dei contenuti online si entra pericolosamente nel campo del monitoraggio di tutte le trasmissioni telematiche, con le conseguenti ricadute in tema di privacy dei cittadini.

Quindi: un tasto per combattere il terrorismo comodamente dal divano di casa come fosse un videogame? Oggi risulta facile ironizzare sulla futilità della proposta di CleanIT, ma non dimentichiamoci cosa c'è realmente dietro.

 

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