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In Cisgiordania gli agricoltori e la sicurezza alimentare sono sotto attacco

15 Febbraio 2024 4 min lettura

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In Cisgiordania gli agricoltori e la sicurezza alimentare sono sotto attacco

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Il 50% degli agricoltori palestinesi in Cisgiordania non può accedere alle proprie terre per occuparsi del raccolto a causa delle intimidazioni e delle violenze dei coloni israeliani e dell’IDF - le Forze di Difesa Israeliane. A rivelarlo è un rapporto stilato dal Sindacato degli Agricoltori Palestinesi e pubblicato dall’International Land Coalition, un’organizzazione internazionale che si occupa di accesso alla terra.   

Secondo lo studio, al 24% degli agricoltori palestinesi in Cisgiordania è stato espressamente vietato di praticare attività agricole, il 16% ha subìto aggressioni fisiche - sia dall'esercito che dai coloni - e il 17% ha denunciato la distruzione delle colture o delle infrastrutture, come i sistemi di irrigazione e i generatori di energia elettrica.

Da ottobre, stando a quanto riporta Al Jazeera, sarebbero 393 i palestinesi uccisi in Cisgiordania, più di 7000 le persone arrestate e oltre 3000 gli ettari di terreno agricolo danneggiati - numeri che stanno avendo ripercussioni importanti anche sulla produzione agricola. Un rapporto dell'OHCHR, l'ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, conferma un incremento degli attacchi da parte di Israele in Cisgiordania dall’inizio della guerra. Nel periodo compreso tra il 7 ottobre al 20 novembre 2023, si legge nel rapporto, si è registrato “un aumento delle incursioni di mezzi corazzati e bulldozer nei campi profughi e in altre aree densamente popolate della Cisgiordania, che hanno provocato morti, feriti e danni ingenti a oggetti e infrastrutture civili”. 

Mentre a Gaza più di 2 milioni di persone soffrono la fame a causa dell’offensiva israeliana, si teme che un destino simile possa toccare anche ai cittadini palestinesi in Cisgiordania, come conseguenza dell'aumento degli attacchi e delle ripercussioni della guerra. 

Gli agricoltori hanno infatti denunciato che l’inasprimento del conflitto, avvenuto proprio nel periodo della raccolta delle olive, ha danneggiato in particolar modo la produzione di olio d’oliva che costituisce la più importante esportazione agricola della Palestina. 

Dalle 80.000 alle 100.000 famiglie in Cisgiordania vivono della produzione di olio d'oliva mentre altre 50.000 lavorano nelle aziende olivicole. Già a fine novembre, l’ONU aveva stimato che, a causa dell’inasprimento delle violenze, il raccolto di olive su circa 80.000 ettari di terreno sarebbe andato perduto, causando un danno economico totale di quasi 70 milioni di dollari.

Ad essere minacciata, tuttavia, non sarebbe solo la produzione di olio d’oliva, ma l’intera sicurezza alimentare della Cisgiordania, storicamente autosufficiente anche per quanto riguarda la produzione di verdure, uova e prodotti lattiero-caseari. L'80% degli agricoltori intervistati nel rapporto del Sindacato degli Agricoltori Palestinesi ha infatti riferito di aver subìto una diminuzione del reddito come conseguenza diretta del conflitto.

Oltre alla distruzione di colture e infrastrutture, dall’inizio della guerra il settore agricolo in Cisgiordania ha dovuto affrontare anche l’aumento dei prezzi delle materie prime, la diminuzione di manodopera proveniente da Gaza e la difficoltà di accedere ai mezzi di produzione agricola, come fertilizzanti e sistemi di irrigazione, che venivano per lo più importati dall’estero. Le stime preliminari dell'Ufficio Centrale di Statistica Palestinese prevedono una perdita di produzione giornaliera in Cisgiordania di circa 16 milioni di dollari.

Gli effetti del conflitto si sommano alle restrizioni storicamente imposte da Israele ai palestinesi in Cisgiordania, come l'accesso alle risorse idriche, che già prima del 7 ottobre creavano non poche difficoltà agli agricoltori. Negli anni, riporta l’organizzazione non governativa israeliana B’Tselem, il controllo delle risorse idriche ha permesso agli israeliani di avere accesso a tre volte la quantità d’acqua giornaliera di cui dispongono i palestinesi in Cisgiordania, con conseguenze evidenti sulle condizioni socio-economiche di quest'ultimi.

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Anche per quanto riguarda l’accesso ai terreni per la raccolta delle olive, le restrizioni israeliane risalgono a ben prima dell’inizio del conflitto. Per accedere alle proprie terre in aree ristrette vicino agli insediamenti israeliani, molti agricoltori palestinesi in Cisgiordania devono richiedere permessi israeliani. Con tempo, la percentuale di permessi rilasciata è scesa notevolmente fino ad arrivare al 24% nel 2020. Nemmeno la distruzione delle colture è cosa nuova: secondo Il Comitato Internazionale della Croce Rossa, tra il 2020 e il 2021, vennero distrutti più di 9300 ulivi appartenenti ad agricoltori palestinesi. Da ottobre 2023 la situazione è notevolmente peggiorata.

A gennaio, in una dichiarazione congiunta, i Relatori Speciali delle Nazioni Unite avevano già denunciato l’utilizzo del cibo, da parte di Israele, come arma contro il popolo palestinese, sostenendo che la distruzione dei terreni agricoli e della flotta peschereccia di Gaza stavano affamando la popolazione. Nonostante ciò, Israele non ha cambiato strategia, arrivando ad  impedire l’ingresso a Gaza dei convogli con aiuti alimentari. Se le violenze non accenneranno a diminuire, la crescente preoccupazione è che la sicurezza alimentare - anche in Cisgiordania - sarà sempre più a rischio.

Immagine in anteprima via Palestinian Farmers Union

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