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Cina e coronavirus: a che punto siamo dopo tre anni di pandemia

6 Gennaio 2023 11 min lettura

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Cina e coronavirus: a che punto siamo dopo tre anni di pandemia

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In questi giorni ho cercato di capire cosa potrà succedere in Cina, dopo le proteste in piazza forse contro le strategie anti-covid del governo, forse contro il governo, dopo l'abbandono improvviso di quelle strategie, dopo l'ondata di casi con l'arrivo di omicron, iniziata prima dell'abbandono delle restrizioni ma sicuramente oggi facilitata dalle nuove politiche sanitarie rilassate.
Al solito, scrivere mi aiuta a capire. E per ragionarci su, per ricordare cosa è successo in passato, e che potrebbe succedere di nuovo, sono tornato ai primi giorni della pandemia. Lungo ma semplice.

A fine dicembre 2019 in Cina si segnalano dei casi di polmonite atipica, che non risponde agli antibiotici per cui si teme sia di origine virale. Le autorità cinesi cercano di ostacolare la diffusione della notizia sia all'interno che all'estero. Ma negare i fatti non gli impedisce di accadere, il virus si diffonde in fretta nella popolazione e le autorità agiscono in emergenza. Il 23 gennaio 2020, con 400 nuovi casi giornalieri, le autorità impongono un lockdown durissimo alla città di Wuhan, focolaio iniziale dell'epidemia. Isolando i soggetti infettati ed impedendo al virus di trovarne di nuovi, i casi scendono in fretta (Fig. 1, tratta da un vecchio articolo perché i dati di quei giorni non si trovano più) e mentre l'epidemia diventa pandemia, con i numeri che sappiamo, la Cina sparisce dai grafici (Fig. 2).

Figura 1
Figura 2

La strategia zero-covid voluta dal governo cinese basata su controlli rigidissimi, quarantene in entrata, utilizzo forzato delle app di sorveglianza, tamponi di massa e lockdown improvvisi di intere città sembra funzionare e mentre nel resto del mondo si contano più di 6 milioni di decessi, la Cina sembra vivere uno splendido isolamento, che però lascia molte perplessità sia sulla sua sostenibilità sociale sia sulla sua efficacia nel tempo.

Nel frattempo parte la corsa a trovare dei vaccini efficaci, alla quale ovviamente partecipa anche la Cina che rivendica anzi un ruolo di leader a livello globale nella loro produzione e di fatto molti paesi useranno i vaccini prodotti in Cina.

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Mentre le industrie cinesi puntano prevalentemente su tradizionali vaccini a virus inattivato in altri paesi vengono sperimentati vaccini basati su tecnologie come mRNA ed adenovirus ricombinanti.

Sono vaccini caratterizzati da efficacia altissima nel proteggere da malattia grave e morte. I vaccini cinesi prodotti da Sinopharm e Sinovac invece, sperimentati con trial condotti mediamente in paesi terzi perché la Cina non ha una circolazione virale sufficiente a garantire i soggetti necessari ad un trial di fase 3, hanno un'efficacia che oscilla tra il 50 e l’ 85% variando col paese in cui si effettua il trial. Vengono comunque approvati per uso in emergenza dall'OMS in quanto superano la soglia del 50% di efficacia. Emerge abbastanza rapidamente anche il fatto gli anticorpi neutralizzanti prodotti con quei vaccini, oltre a non essere molti, hanno una durata molto breve.

Mentre la campagna vaccinale parte nei diversi paesi con efficacia e velocità differenti, il virus continua a diffondersi rapidamente. A causa della grande capacità di trasmissione, del grande numero di contagi e quindi di replicazioni genomiche, la popolazione virale inizia ad accumulare mutazioni nucleotidiche che da sole o in combinazione caratterizzeranno ceppi varianti alcuni dei quali spariranno in fretta, altri si espanderanno.

A questo punto il discorso diventa un po' complesso ma ci serve a capire cosa può succedere oggi in Cina.

Nonostante tutti abbiamo letto su qualche post (e qualcuno avrà anche scritto) che "...si studia al secondo anno di medicina che non si vaccina in corso di epidemia", tutte le varianti che si sono selezionate nel corso dei mesi, nessuna esclusa, sono emerse in paesi in cui non si vaccinava perché non c'erano ancora i vaccini, oppure non si vaccinava per motivi socioculturali o economici. In pratica nessuna variante di SARS-CoV-2 è il prodotto della pressione selettiva imposta dai vaccini.

Quindi perché si sono selezionate tante varianti prendendo man mano il posto delle precedenti?

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La prima variante nota (non una VOC, Variant of Concern) è stata la 20E emersa a giugno 2020 in Spagna e caratterizzata dalla mutazione A222V in Spike. Non comportava alcun vantaggio in termini di replicazione, infezione o altro. Eppure a settembre si era diffusa in tutta Europa. Semplicemente si era trovata al momento giusto (prima delle vacanze estive) al posto giusto (in Spagna, una delle mete turistiche più frequentate dai cittadini europei). Si chiama effetto del fondatore. Se un virus con una mutazione A222E arriva in una popolazione tutta da infettare, tutti gli individui infettati avranno e trasmetteranno ai nuovi infettati un virus A222E.

Con l'aumentare dei contagi e della quantità di virus mutati in circolazione però all'effetto del fondatore si aggiunge la competizione tra popolazioni di varianti. Nessun ostacolo posto dai vaccini, solo una gara a chi corre di più, a chi replica più in fretta, a chi infetta più facilmente, avendo a disposizione ancora risorse (persone da infettare) quasi illimitate. A dicembre 2020 nel Regno Unito emerge alpha che si diffonde molto in fretta ma viene anche controllata bene dai vaccini in uso, efficaci quasi come con il virus originario. Alpha non avrebbe comunque avuto il tempo di modificarsi ulteriormente per rispondere alla campagna vaccinale in corso nel Regno Unito, perché intanto in India emerge delta che abbina una maggiore capacità di infettare e trasmettersi ad una certa tendenza all'immunoevasione. Che però non è ancora un fattore determinante. La stessa capacità di immunoevasione si ritrova infatti in altre due VOC emerse in Sudafrica (beta) e in Brasile (gamma) ma in quella fase della pandemia il numero di individui non immuni è ancora talmente grande che l'immunoevasività non risulta un fattore critico, l'immunità da infezione o da vaccini non è ancora un ostacolo per il virus. E infatti le due VOC che inizialmente preoccupano, non si espanderanno ma anzi nei paesi di origine saranno rapidamente soppiantate da delta perché infetta più facilmente. Inoltre la campagna vaccinale è partita da un po', e si inizia a capire che l'immunità data dai vaccini inizia a diminuire (ameno a livello di anticorpi neutralizzanti), tanto da rendere necessaria una terza dose booster negli anziani e nei fragili.

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A dicembre 2021 però a sorpresa da Botswana e Sudafrica si diffonde omicron (la cui origine non è stata ancora tracciata con certezza ma sicuramente non in popolazione vaccinata. L'ipotesi più convincente è che si sia selezionata in un paziente immunocompromesso, forse per infezione da HIV, probabilmente trattato con anticorpi monoclonali o plasma convalescente) che dall'inizio del 2022 sostituisce rapidamente delta praticamente ovunque. Non solo per la sua spiccata capacità di infettare, ma anche per la sua capacità di immunoevasione causata dalle molte mutazioni in Spike, che a questo punto della pandemia, con una popolazione abbondantemente vaccinata e dotata di immunità da infezioni precedenti diventa un fattore determinante consentendo al virus di infettare anche soggetti vaccinati e infettati in passato. Omicron tuttavia si diffonde molto anche perché, avendo apparentemente una minore tendenza a infettare i polmoni e provocare sindrome respiratoria acuta e polmoniti, viene affrontata con lo spirito di "convivere" con un virus che non ci fa più tanta paura. Per esempio il Governo italiano ha appena approvato una circolare secondo la quale ormai in caso di positività a SARS-CoV-2 basteranno 5 giorni di isolamento con due giorni senza sintomi e nessun tampone che attesti la negatività.

Riassumendo, in tre anni di pandemia abbiamo visto emergere e affermarsi varianti che non avevano maggiore fitness di altre (effetto del fondatore), varianti con maggiore capacità di infettare e varianti capaci di immunoevasione, ognuna avvantaggiata o meno rispetto alle altre in base alle caratteristiche della popolazione umana da infettare. L'evoluzione funziona così, una variazione non è meglio o peggio in assoluto ma dipende dal contesto con cui si confronta.

E ora torniamo in Cina dove, esaurita la prima ondata a marzo 2020, le altre varianti arrivano ma i numeri sono insignificanti rispetto agli altri paesi. Tutto questo fino a marzo 2022 quando omicron con le sue innumerevoli sottovarianti (in successione BA.1 poi BA.2 poi BA.2.75 poi BA.4, BA.5, BQ.1, XBB ma i dati sino solo indicativi perché le sequenze riportate sul database Gisaid sono pochissime) arriva anche in Cina e in pochi giorni si passa da 144.000 casi totali contati tra gennaio 2020 al 15 marzo 2022 (per confronto, in Italia erano 13,5 milioni) a 1,9 milioni del 25 dicembre (Fig. 3). Data oltre la quale le autorità cinesi non comunicano più i dati, almeno alla data in cui scriviamo, per cui non sappiamo oggi cosa stia succedendo. Anche riguardo ospedalizzazioni e decessi praticamente non ci sono informazioni. Ci sono stime teoriche, ci sono indiscrezioni, articoli smentiti dal governo cinese e, visto che l'argomento è pandemia e vaccini, nel web c'è un immediato fiorire di disinformazione che rende estremamente difficile capire cosa stia succedendo veramente.

Figura 3

Sappiamo però che la popolazione cinese fino ad oggi è entrata molto poco a contatto con il virus a causa della strategie zero-covid seguita in questi tre anni. Sappiamo che, forse perché il governo puntava più a controllare la diffusione del virus, la campagna vaccinale si è concentrata soprattutto sui giovani per cui gli anziani oggi risultano poco vaccinati (Fig. 4) e poco disposti a vaccinarsi per il timore di reazioni avverse. È significativa al riguardo questa notizia pubblicata su Global Times (sito controllato dal governo) in cui le autorità sanitarie cinesi si sforzano di evidenziare che i vaccini in uso sono efficaci ma soprattutto sono sicuri per gli anziani. Sembra tuttavia che i vaccini a virus attenuato abbiano un' efficacia ancora inferiore rispetto a quelli ad mRNA nei confronti di omicron.

Figura 4

Il timore di quanto descritto in un studio di maggio 2022 con dei modelli predittivi delle conseguenze di un improvvisa ondata di infezioni dovuta all'arrivo di omicron e all'ipotetico (era maggio) rilassamento delle misure di contenimento del virus, è quello solito già affrontato in passato in altri paesi, ovvero che quella percentuale di anziani non vaccinati o non sufficientemente protetti sia comunque tanto numerosa da mettere in ginocchio il sistema sanitario.

"...in the absence of strict NPIs, the introduction of the Omicron variant in China in March 2022 could have the potential to generate a tsunami of COVID-19 cases. Over a 6-month simulation period, such an epidemic is projected to cause 112.2 million symptomatic cases (79.58 per 1,000 individuals), 5.1 million hospital (non-ICU) admissions (3.60 per 1,000 individuals), 2.7 million ICU admissions (1.89 per 1,000 individuals) and 1.6 million deaths (1.10 per 1,000 individuals), with a main wave occurring between May and July 2022".

Non è quello che è successo, almeno non a giugno e luglio 2022, ma a dicembre il governo cinese ha eliminato molte misure di contenimento del virus, quindi forse è quello che sta succedendo oggi.

A noi ovviamente interessa anche sapere quali potrebbero essere le conseguenze di questa ondata di infezioni dal punto di vista evolutivo. Non sappiamo in dettaglio quali delle tante sottovarianti di omicron stiano circolando nel paese in questo momento. In base ai pochi dati disponibili, si tratta delle sottovarianti BF.7 e BA.5.2 (con relative sotto-sottovarianti) che giravano da noi alcuni mesi fa. Motivo per cui la precauzione di chiudere agli arrivi dalla Cina, o di volere un tampone negativo prima dell'imbarco o all'arrivo, non sembra particolarmante utile.

Tuttavia, abbiamo visto come la circolazione incontrollata di questo virus, con un grande numero di infezioni e di replicazioni, sia stato fino ad oggi il fattore più importante per l'emergere di nuove varianti. È stato così per alpha in UK, per gamma in Brasile, per delta in India. In questo senso, le dimensioni della popolazione cinese e l'enorme numero di infezioni previsto potrebbero creare le condizioni ottimali di variabilità genetica per la selezione di varianti con caratteristiche che non possiamo proprio prevedere.

Lo studio delle innumerevoli sotto-sottovarianti di omicron in diversi paesi occidentali (Fig. 5) però ci dice che, al momento, ognuna di queste varianti, a seconda del pacchetto di mutazioni acquisite, ha caratteristiche un po' diverse dalle altre: perde qualcosa da un lato e ne acquista da un'altro, per cui c'è una sorta di equilibrio dinamico, ma fondamentalmente stiamo assistendo in diretta a un affascinante esperimento di convergenza evolutiva che si svolge sotto i nostri occhi. Le diverse sottovarianti omicron in circolazione tendono in pratica ad acquisire alcune mutazioni evidentemente critiche, sempre le stesse, ognuna indipendentemente dalle altre. La situazione sembrerebbe quindi abbastanza stabile. Tuttavia, negli Stati Uniti si sta diffondendo molto rapidamente XBB.1.5. che è una ricombinante tra BA.2.1 e BA.2.75 , il cui punto di forza, ancora una volta, più che la capacità di immunoevasione sembra essere la maggiore capacità di infettare. In particolare di legare il recettore ACE2.

Figura 5 – Fonte: https://twitter.com/dfocosi/status/1609105670523047937

È probabile quindi che una maggiore capacità di infettare sarà il fattore critico per l'emergere di una nuova variante anche in Cina.

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Il controllo degli arrivi dalla Cina potrebbe essere utile se fosse mirato non a impedire l'ingresso di altro virus oltre a quello già presente (in 3 anni ci abbiamo provato con WU1, con delta, con omicron, ma abbiamo imparato che è inutile. Confermato del resto proprio dall'arrivo di omicron in Cina nonostante tutti i controlli), ma a controllare quello che entra, facendo il sequenziamento di tutti i casi positivi in ingresso. O come qualcuno propone, applicando le stesse analisi che già si fanno per il monitoraggio delle acque reflue urbane agli scarichi delle toilettes degli aerei. E oggettivamente sarebbe utile farlo non solo per quelli in arrivo dalla Cina.

Ovviamente ormai ci è chiaro che sapere che da qualche parte c'è una nuova variante, non le impedirà di arrivare anche da noi. Ma sarebbe sicuramente meglio saperlo prima piuttosto che scoprirlo dopo e purtroppo l'esperienza pregressa ci ha insegnato che non possiamo contare molto sulla collaborazione del governo cinese.

...

Qualche lettura aggiuntiva che ho trovato interessante mentre scrivevo:

BBC: https://www.bbc.com/news/63798484

Asia Nikkei: https://asia.nikkei.com/Spotlight/The-Big-Story/Self-isolated-China-s-lonely-zero-COVID-battle-in-spotlight-as-Xi-seeks-third-term

Forbes: https://www.forbes.com/sites/georgecalhoun/2022/12/31/the-impact-of-chinas-zero-covid-exit-is-china-really-vaccinated

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Guardian: https://www.theguardian.com/world/2022/dec/29/why-did-china-relax-its-covid-policy-and-should-we-be-worried

Guardian: https://www.theguardian.com/commentisfree/2023/jan/03/china-is-now-the-epicentre-of-covid-the-world-should-be-watching-and-testing

Tomas Pueyo: https://tomaspueyo.medium.com/coronavirus-act-today-or-people-will-die-f4d3d9cd99ca

Immagine in anteprima via skynews

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