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Dopo la vittoria della sinistra al governo, in Cile l’estrema destra vince le elezioni per scrivere la nuova Costituzione. Come è stato possibile?

9 Maggio 2023 5 min lettura

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Dopo la vittoria della sinistra al governo, in Cile l’estrema destra vince le elezioni per scrivere la nuova Costituzione. Come è stato possibile?

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In Cile si torna a parlare per la seconda volta di una nuova Costituzione, ma le regole del gioco sono cambiate. La popolazione è tornata alle urne questa domenica 7 maggio per scegliere i 50 Consiglieri, candidati tra le fila dei partiti politici rappresentati al Congresso, che dovranno approvare l’articolato di una nuova Costituzione scritto da una Commissione di esperti. La richiesta di un’assemblea costituente, che riempiva le piazze durante la rivolta dell’ottobre 2019, non potrebbe essere più lontano. 

Il risultato elettorale, che consegna una schiacciante vittoria al partito repubblicano, di estrema destra, su tutti gli altri settori politici superando anche le coalizioni, conferma una fotografia radicalmente diversa da quella delle piazze che rivendicavano dignità per il popolo cileno. Cosa è accaduto in questi tre anni?

Boric vince le presidenziali: “Il Cile ha sconfitto la paura”

Secondo lo storico Sergio Grez la sconfitta del precedente processo costituente, che è culminato con il rifiuto della nuova Carta Magna nel plebiscito del 4 settembre 2022, era già scritta fin dall’inizio, quando, nel dicembre 2019, l’arco politico rappresentato al Congresso – tra cui l’allora deputato Boric – firmò l’Accordo per la Pace: “Di fronte all’incapacità di fermare la rivolta solo con la repressione, in quel momento la casta politica ha negoziato un processo costituente pieno di limitazioni che si è poi rivelato un fiasco per il riformismo: si sono scavati la fossa da soli e ora viviamo un’involuzione conservatrice generalizzata della società”.

Il futuro del Cile al voto

All’indomani del fallimento della proposta di una nuova Costituzione, elaborata durante un intero anno da 155 rappresentanti con numerosi momenti di partecipazione pubblica, il presidente Boric ha convocato le Camere per riaprire il processo costituente, questa volta però cedendo alle richieste della destra, vincitrice del “rifiuto” al plebiscito, che chiedeva una nuova Carta Magna scritta da esperti. I membri della Commissione esperta sono stati selezionati dal Congresso all’interno dei loro partiti e a presiederla nel momento inaugurale è stato scelto Hernán Larraín, già ministro della Giustizia del governo Pinera, presidente dell'UDI che ha storicamente sostenuto la dittatura Pinochet e difensore dell’ex gerarca della Colonia Dignidad, Paul Schäfer, accusato di abuso sessuale di minori durante il regime militare. Come se non bastasse a snaturare e blindare il processo, è stato previsto anche un Comitato tecnico di ammissibilità, incaricato di verificare che il testo costituzionale votato dai consiglieri sia compatibile con 12 principi base già formulati e immodificabili. In sostanza, nessuna possibilità di uscire dal cammino già tracciato dal Congresso, dominato dalle destre sia per il numero di seggi che per la capacità di imporre l’agenda politica.

Javiera Arce, analista politica della Red de Politólogas, considera che “è stato un errore del governo Boric insistere con il processo costituente in questo momento, c’è grande disinteresse perché questo nuovo processo è del tutto verticale, elitista. Inoltre in questa elezione si sente il voto di punizione al governo” che ha portato l’elettorato a scegliere l’opzione repubblicana, rappresentata da Antonio Kast, principale contendente di Boric nelle ultime elezioni presidenziali. Aiutano a interpretare il voto anche l’alto livello di inflazione e il rincaro dei prezzi, la precarietà lavorativa lasciata dalla pandemia e la poca visione politica del governo Boric, che ha finito per adottare le politiche classiche della destra, tutte orientate sulla sicurezza, la protezione alle forze dell’ordine, la repressione del dissenso.

Fuori dalle urne a Santiago, in attesa di votare, Franco, 32 anni, ammetteva di non aver ancora scelto il suo candidato. Senza molta fiducia nel processo costituente, si augurava: “Speriamo che si dia priorità ai temi principali del Paese e non si discutano tanto le questioni interne dei partiti.” Elizabeth ha 67 anni e non le piace nessuno dei candidati di questo processo costituente, non avrebbe votato se non fosse obbligatorio. Anche lei in coda per entrare nell’urna, non aveva ancora deciso a chi dare la sua preferenza. Rodrigo ha 20 anni, non ha votato perché ha perso il suo documento d’identità, ammette che “mi sarebbe piaciuto informarmi di più sui candidati, sto studiando e non ho avuto il tempo.” Lo accompagna Erika, 58 anni, la sua idea è “anche se non ho fiducia in questo processo, bisogna votare per cambiare la Costituzione che abbiamo e che ci è stata imposta.”

In Cile l’affluenza alle urne è storicamente molto bassa, questa tendenza è cambiata con il voto obbligatorio e domenica alle urne si è presentato l’84% degli aventi diritto. Ma questa regola ha acuito il disorientamento di un elettorato che non è abituato a votare, davanti a una lista di candidati decisa a tavolino nelle sedi dei partiti, con poca informazione e una campagna elettorale infarcita di propaganda populista e slogan sicuritari. 

C’è però anche un altro dato rilevante che emerge dalle elezioni di domenica in Cile, il peso del voto nullo: più di due milioni di persone hanno scelto questa opzione, quasi il 17% dei votanti. Se si aggiungono i voti in bianco, questo settore di elettori raggiunge il 21%, lo stesso risultato ottenuto dalla coalizione della destra classica, che si colloca al terzo posto dopo il partito repubblicano (con il 35%) e la coalizione di governo (28%). 

È dal 1997 che in Cile non si vedeva un voto nullo così alto, è un indicatore dell’indignazione di fronte a questo percorso costituente che è stato dichiarato come una farsa da diversi settori politici: accademici e collettivi sociali lo hanno espresso con una lettera pubblica, settimane prima del voto, e perfino due deputati e un senatore hanno proposto questa posizione. 

Si tratta di una porzione della popolazione che non è disposta a legittimare questo processo definito antidemocratico, “una truffa costituzionale, un nuovo tentativo, ancora più sfacciato e aberrante di blindare l’eredità della dittatura” a cui potrebbe aggiungersi la disillusione di chi ha votato in questa occasione per il centro sinistra. Con la maggioranza assoluta ottenuta dal partito Repubblicano, “è probabile che vogliano introdurre temi molto più radicali di destra, grazie alla debolezza della coalizione di governo, e in questo caso la nuova Costituzione potrebbe essere peggiore della attuale” conclude Javiera Arce, “e sarebbe una responsabilità politica rifiutare il testo.” La battaglia, insomma, è ancora aperta fino al voto di dicembre dove si decide, per la seconda volta, se approvare o rifiutare la nuova Carta Magna.

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Aggiornamenti

Aggiornamento 9 maggio 2023: In una precedente versione dell'articolo avevamo erroneamente scritto che Hernán LarraÍn è stato ministro della Giustizia durante la dittatura di Pinochet. Abbiamo corretto

Immagine in anteprima: frame video TVN Chile via YouTube

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